I sussidi che minacciano la biodiversità
Erbicidi, insetticidi, fungicidi e fertilizzanti chimici ricevono un mucchio di soldi in agevolazioni fiscali, 750 milioni di euro. Briciole per l’agricoltura bio come denunciato da tempo da Cambia la Terra
di Goffredo Galeazzi
Prodotti fitosanitari (erbicidi, insetticidi, fungicidi, e altri) e fertilizzanti chimici ricevono un mucchio di soldi in agevolazioni fiscali e in sussidi diretti, quasi 750 milioni di euro. All’agricoltura biologica, al contrario, vanno le briciole dei sussidi ambientalmente favorevoli. A mettere nero su bianco i dati di quanto venga favorita l’agricoltura convenzionale rispetto alla produzione biologica, danneggiando la biodiversità, è il ministero dell’Ambiente con l’edizione 2017 del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad) e di quelli ambientalmente favorevoli (Saf). Una conferma di quanto è emerso anche dal Rapporto 2018 di Cambia la terra, progetto promosso da Federbio, con il sostegno di Isde, Legambiente, Lipu, Wwf.
I sussidi Sad infatti esercitano un forte impatto sulla biodiversità: dal cambiamento climatico ai gas serra, al cambiamento nell’uso del suolo, all’inquinamento, al sovrasfruttamento delle risorse. I sussidi comprendono gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati e le esenzioni. I sussidi favorevoli sono stimati per il 2017 in 15,2 miliardi di euro, quelli dannosi in 19,3 miliardi.
Obiettivo del Catalogo è sostenere il Parlamento e il governo nella definizione delle politiche ambientali tese ad accogliere le raccomandazioni comunitarie e internazionali. Quest’ultima edizione identifica sussidi favorevoli stimati per il 2017 in 15,2 miliardi di euro, mentre quelli dannosi sono stimati in 19,3 miliardi.
Sussidi, l’aliquota ridotta del 10% per i fitosanitari
Ai prodotti fitosanitari utilizzati dalla agricoltura convenzionale si applica una aliquota Iva ridotta del 10% rispetto a quella ordinaria del 22%. Il che ha comportato una perdita di gettito fiscale – e quindi si tratta di un sussidio indiretto – di 191,23 milioni di euro nel 2015, 202,31 nel 2016 e di 206,35 milioni nel 2017. Sebbene l’agevolazione Iva secondo la Commissione europea non rappresenti un sussidio ma una aliquota differenziata, osserva sempre il ministero, la misura ha effetti economici e ambientali rilevanti.
L’agevolazione Iva per erbicidi, insetticidi e fungicidi, risulta un sussidio gravemente dannoso per l’ambiente (Sad) perché “favorisce gli effetti ambientali e sanitari associati al loro utilizzo e riduce lo stimolo di prezzo per un loro uso il più possibile circoscritto e limitato, a discapito di pratiche agricole biologiche”. Per questi prodotti, altamente nocivi per la salute umana e la biodiversità, si legge nel Rapporto, l’Iva “dovrebbe essere aumentata rispetto alla media, invece che ridotta”.
I danni provocati dai pesticidi
Tanti i danni provocati dall’utilizzo di prodotti fitosanitari. Un eccessivo uso di pesticidi “è associato ad una riduzione di specie e genetica dei micro-organismi del terreno (soil biota, la componente vitale del suolo) fondamentali per la regolazione dei cicli dei nutrienti e per ridurre lo sversamento dell’azoto nelle falde sotterranee”. Inoltre “è anche responsabile della riduzione di impollinatori e predatori di parassiti delle piante fondamentali per la produttività agricola, oltre che del declino della popolazione di uccelli, insetti ed anfibi”.
L’Iva agevolata al 4% (invece del 22%) per i fertilizzanti (escluso il biologico) ha comportato un forte calo delle entrate fiscali: 447,8 milioni di euro nel 2015, 494,94 mln nel 2016 e 534,53 mln nel 2017. Analoga aliquota Iva agevolata è applicata agli per organismi utili per la lotta biologica. Ma nonostante sia considerato un sussidio ambientalmente favorevole, qui siamo alle briciole: 24,62 milioni di euro nel 2015, 24,75 mln nel 2016 e 26,73 mln nel 2017. Anche i sussidi diretti all’agricoltura biologica rappresentano poca cosa: la misura 11 dei Piani di sviluppo rurale 2014-2020 ha assegnato 129,75 milioni di euro nel 2016, 317,93 milioni nel 2017 e addirittura una diminuzione a 244,65 milioni nel 2018.
Aumentano le emissioni di azoto
L’Iva agevolata per i fertilizzanti chimici fa aumentare le emissioni di azoto e quindi viene considerata ambientalmente dannosa. Al contrario l’Iva agevolata per i fertilizzanti utili alla lotta biologica consente una riduzione delle emissioni di azoto e preserva il biota del terreno.
Sono le attività produttive umane ad aver determinato un grandissimo incremento nelle emissioni globali di azoto, tra le più nocive per gli equilibri fisici degli ecosistemi. In particolare creano una minaccia ecologica l’uso di fertilizzanti chimici per incrementare la produttività delle aree agricole, le deiezioni negli allevamenti intensivi, la combustione di combustibili fossili e di biomassa. In particolare, nonostante una riduzione del 17,7% rispetto al 1990, il settore agricolo continua ad emettere circa 342,2 migliaia di tonnellate di azoto equivalente all’anno.
La tossicità per le specie, incluso l’uomo
Gli impatti diretti causati da un aumento del rilascio di azoto sugli ecosistemi sono, si legge nel Rapporto, “la tossicità per le specie (incluso l’uomo), l’eutrofizzazione, l’acidificazione e l’aumento di vulnerabilità ad altri fattori di stress, perdita di specie sensibili, l’omogeneizzazione genetica delle specie vegetali”. Allo stesso modo un eccesso nell’uso di pesticidi è associato ad una riduzione di specie e genetica dei micro-organismi del terreno (soil biota) fondamentali per la regolazione dei cicli dei nutrienti e per ridurre lo sversamento dell’azoto nelle falde sotterranee. Un uso eccessivo di pesticidi è anche responsabile della riduzione di impollinatori e predatori di parassiti delle piante fondamentali per la produttività agricola oltre che del declino della popolazione di uccelli, insetti ed anfibi. Il riconoscimento di questi effetti negativi sulla biodiversità trova conferma in alcuni indicatori obbligatori di monitoraggio presenti nel Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, quali l’indice di popolazione di uccelli sensibili ai fitosanitari e la mortalità di impollinatori causati dall’uso di pesticidi.
tratto da:
https://www.cambialaterra.it/2019/07/i-sussidi-che-minacciano-la-biodiversita/?fbclid=IwAR0BZBG99X5BQKCC1k9yCs7GcyuytJ9AiXSAJ5fNZMJQNQFUijlGOvPSIsg
ECONOMIA SOSTENIBILE19.03.2019 Un patto tra cittadini e contadini per un’agricoltura sana e giusta
Forse non tutti sanno che… cos’è l’agricoltura civica. E tuttavia migliaia di persone nel mondo la praticano. Perché sa sposare le coltivazioni locali col bisogno di cibo delle comunità urbanizzate, con l’attenzione alla sostenibilità ambientale, all’economia circolare, ai diritti del lavoro, alle istanze di partecipazione. Ambiti interconnessi e principi alti che, applicati al lavoro della terra, possono tradursi in attività note (gruppi di acquisto solidale e agricoltura sociale, ad esempio). Oppure nella forma, qui meno conosciuta, della community-supported agriculture (CSA e, in italiano, agricoltura sostenuta dalla comunità), modello di origine anglosassone diffuso a livello globale, soprattutto negli Stati Uniti e nelle nazioni dell’Europa centro-settentrionale..... il resto dell'articolo lo trovi su: https://valori.it/un-patto-tra-cittadini-e-contadini-per-unagricoltura-sana-e-giusta/
PAC 2021-2027: i fondi calano. Andranno ancora all’agroindustria?
Quanto vale l’agricoltura europea nel bilancio dell’Unione europea? Molto. Anzi moltissimo. Circa il 30% del bilancio comunitario. Ma meno di prima. Perché, complice la fuoriuscita del Regno unito dopo Brexit, e quindi l’assenza dei suoi contributi alla Ue, c’è una sforbiciata in vista per la prossima Politica Agricola Comunitaria (PAC). Ovvero provvedimenti e stanziamenti che dovranno regolare il settore agricolo tra il 2021 e il 2027.
Lo scorso primo giugno la Commissione europea e Phil Hogan, Commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, hanno pubblicato le proposte per la PAC 2021-2027. Una sorta di colpo di pistola in aria che ha dato il via ufficiale alle strategie nazionali per indirizzare i fondi, alle pressioni delle lobby per favorire l’interesse economico dei gruppi di riferimento, alle iniziative di attivisti e ambientalisti.
Quanto vale l’agricoltura europea nel bilancio dell’Unione europea? Molto. Anzi moltissimo. Circa il 30% del bilancio comunitario. Ma meno di prima. Perché, complice la fuoriuscita del Regno unito dopo Brexit, e quindi l’assenza dei suoi contributi alla Ue, c’è una sforbiciata in vista per la prossima Politica Agricola Comunitaria (PAC). Ovvero provvedimenti e stanziamenti che dovranno regolare il settore agricolo tra il 2021 e il 2027.
Lo scorso primo giugno la Commissione europea e Phil Hogan, Commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, hanno pubblicato le proposte per la PAC 2021-2027. Una sorta di colpo di pistola in aria che ha dato il via ufficiale alle strategie nazionali per indirizzare i fondi, alle pressioni delle lobby per favorire l’interesse economico dei gruppi di riferimento, alle iniziative di attivisti e ambientalisti.
#RivoluzioneBio
DALLA RIVOLUZIONE VERDE ALLA RIVOLUZIONE BIO: IL BIOLOGICO TRA PRESENTE E FUTURO è la nuova iniziativa - promossa da BolognaFiere in collaborazione con FederBio e AssoBio, RIVOLUZIONE BIO è un’occasione unica di incontro tra operatori del settore, esperti internazionali e istituzioni per favorire il confronto e, soprattutto, offrire un quadro sempre aggiornato su opportunità di mercato e sfide future.
RIVOLUZIONE BIO è l'ideale prosecuzione del proficuo confronto iniziato a EXPO Milano 2015 - promosso da BolognaFiere, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e del Turismo, ICE e dalle organizzazioni del settore da cui ha preso avvio il percorso che ha portato all'adozione del Piano Strategico nazionale del biologico che si concluderà nel 2020 da parte della Conferenza Stato Regioni.
RIVOLUZIONE BIO intende rappresentare un’iniziativa per elaborare proposte e raccomandazioni per i decisori pubblici e per affermare ancora una volta distintività e rilevanza di un settore cruciale per l’economia italiana. RIVOLUZIONE BIO sarà il primo importante momento di riflessione sul ruolo del biologico per l’agricoltura italiana, soprattutto ora che è fondamentale pensare al settore come leva determinante per affrontare le sfide cruciali dello sviluppo sostenibile, del futuro delle prossime generazioni e della salvaguardia dell’ambiente. Biodiversità, protezione delle acque, benessere degli animali, climate change sono solo alcune delle aree di lavoro cruciali.
RIVOLUZIONE BIO si svolgerà a Bologna e si aprirà il 5 settembre con una giornata di lavori – articolata in 4 sessioni tematiche – presso il Palazzo dei Congressi (BolognaFiere). Il 6 settembre seguirà una Tavola Rotonda, evento di apertura di SANA 2019.
Foglie di banano come packaging, negozi plastic free e prodotti sfusi: tutte le novità della lotta alla plastica
La lotta alla plastica continua e si arricchisce di nuove idee. In Asia sta prendendo piede la soluzione forse più originale: foglie di banano per impacchettare frutta e verdura. L’ideatore della confezione eco-compatibile e garantita senza pesticidi, sembra essere stato il supermercato Rimping a Chiang Mai, in Tailandia, e grazie ai post entusiastici dei clienti sui social, l’idea si è diffusa rapidamente in altri punti vendita del continente.
Alcune grandi catene di supermercati in Vietnam, come Lotte Mart, Saigon Co.op, e Big C, si sono interessate e hanno riproposto, per adesso solo in fase di test, il nuovo packaging con foglie di banano per i prodotti dell’ortofrutta. Le prime impressioni sembrano positive tanto che un rappresentante della catena Lotte Mart ha dichiarato che, superato il periodo di sperimentazione, l’intenzione è di sostituire la plastica in tutti i punti vendita a livello nazionale e non solo per frutta e verdura, ma anche per incartare (o imbananare) i prodotti a base di carne fresca.
I virtuosi si trovano anche in Italia, come a Ossana (Tn), in Val di Sole, dove una giovane imprenditrice locale, Patrizia Pedergnana, ha vinto il bando del comune per aprire un supermercato con prodotti a km zero e plastic-free. Per assicurare il basso impatto ambientale del negozio, i vincoli da rispettare sono particolarmente rigidi. Per esempio i prodotti alimentari secchi si possono vendere o senza confezionamento (per una quota di almeno il 70%) o usando vetro (per almeno il 20%). I prodotti liquidi (olio, vino e altre bevande) devono essere venduti sfusi per almeno il 90% e per il 75% dovranno essere stati prodotti o trasformati entro 110 chilometri dal punto vendita.
Norme analoghe per frutta e verdura fresca e i cibi nel banco frigo. Certo, si tratta di una piccola realtà locale ma, come nel caso asiatico, potrebbe fare da apri pista per altre aziende e amministrazioni pubbliche che hanno a cuore la sostenibilità.
Tra i supermercati da sempre più sensibili alle tematiche ambientali spicca ancora una volta NaturaSì che dopo l’eliminazione delle bottiglie di acqua in plastica dagli scaffali e la scelta dei sacchetti riutilizzabili per l’ortofrutta, continua la sua lotta alla plastica seguendo l’esempio dei già esistenti “negozi leggeri”. È di questi giorni il comunicato in cui l’azienda annuncia il ritiro dagli scaffali di 22 prodotti che progressivamente saranno venduti esclusivamente sfusi tramite erogatore come cereali, legumi, zuppe, muesli, fiocchi d’avena, semi misti, frutta secca. Oltre all’eliminazione del packaging in plastica e alla possibilità di acquistare solo la quantità desiderata, i consumatori apprezzeranno la riduzione del prezzo del 10% rispetto a quelli confezionati. L’obiettivo è quello di aumentare il numero degli alimenti venduti sfusi nei prossimi anni.
tratto da: https://ilfattoalimentare.it/foglie-di-banano-packaging.html
I 13 signori globali dei semi. Prossimi obiettivi: mais e ibridi
L'industria globale dei semi raggiunge solo il 10% dei piccoli agricoltori. Zero investimenti in biodiversità e sicurezza alimentare essenziali per gli Obiettivi Onu di sviluppo sostenibile
Di Corrado Fontana
Ci sono un thailandese, uno svizzero, un americano, un tedesco e un arabo di Dubai, e da loro dipende buona parte del futuro dell’agricoltura. Niente di più lontano da una barzelletta: quelle citate sono le nazionalità dove hanno sede le società che occupano i primi cinque posti dell’Access to Seeds Index, indice che analizza non tanto le performance economico-industriali quanto gli sforzi delle compagnie nel raggiungere i piccoli agricoltori e svilupparne la produzione.
Una top five di merito, quindi, nella quale si leggono anche i nomi di alcuni tra i maggiori gruppi sementieri del mondo, anche se il gruppo è guidato da East-West Seed (la realtà più piccola in termini di ricavi). A seguire, due giganti come Syngenta e Bayer (quest’ultima valutata prima dell’acquisizione di Monsanto, ad agosto 2018, per 66 miliardi di dollari), e infine Corteva Agriscience e Advanta. La classifica tuttavia arriva ad includere 13 società, tra multinazionali del seme e aziende specializzate (Rijk Zwaan, Bejo, Enza Zaden), relativamente alle loro attività nel periodo 2015-2017.
GRAFICO la classifica delle migliori 13 compagnie dell’indice Access to Seeds Index 2019
Delle corporations sono stati esaminati numerosi aspetti: il modello di business, la presenza e l’impatto sull’attività dei contadini e l’economia agricola, la ricerca genetica e il trattamento della proprietà intellettuale, la produzione e commercializzazione dei prodotti. Voci definite attraverso decine di indicatori, che contribuiscono a formare il ranking complessivo. Ad elaborarlo, la Access to Seeds Foundation, organismo non profit con base ad Amsterdam, finanziato da Bill & Melinda Gates Foundation, ministero degli Affari esteri olandese e Agricord.
L’industria dei semi non aiuta abbastanza i piccoli produttori…
L’industria dei semi non aiuta abbastanza i piccoli produttori…
Pensando alla prospettiva da cui nasce l’indice (evidenziare le corporations del settore più capaci di portare servizi e prodotti efficaci ai piccoli agricoltori), un dato su tutti emerge come dissonante: Access to Seeds, infatti,denuncia il fallimento dell’obiettivo. Ci dice infatti che il 90% dell’agricoltura su piccola scala non entra in contatto con i top 13 di questa filiera, e sconta così una «mancanza di accesso a semi di qualità», specialmente nelle economie emergenti.
MAPPA aziende agricole a conduzione familiare, studio su 98 Paesi – fonte “The State of Family Farms in the World”, 2016
Un aspetto su cui si potrebbe discutere, naturalmente. Sia sotto il profilo della “qualità” dei semi che dell’opportunità che i contadini debbano accedervi attraverso i colossi dell’agribusiness (da tempo e spesso abbiamo approfondito il tema su Valori). Ma che, nell’ottica delle strategie di sicurezza alimentare e nutrizionale delineate dall’indice, e mutuate dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite, risulta essere senz’altro un limite gravissimo.
Il rapporto sottolinea infatti come le “magnifiche 13” investano sì per ampliare la propria filiera, ma stiano privilegiando una decina di Paesi, e cioè una decina di mercati. E, dal punto di vista commerciale, viene registrato che la loro presenza non è poi così capillare come ci si aspetterebbe, vista la quantità di risorse di cui dispongono.
MAPPA i 10 Paesi in cui le 13 compagnie sementiere globali maggiormente investono – fonte Access to Seeds 2019
MAPPA presenza commerciale delle 13 compagnie sementiere globali – fonte Access to Seeds 2019
MAPPA presenza commerciale delle 13 compagnie sementiere globali – fonte Access to Seeds 2019
…e trascura l’agricoltura che produce il 70% del cibo
Non abbastanza per un Pianeta dove si stima che la popolazione umana dovrebbe superare i 9 miliardi di persone entro il 2050, e dove proprio ai piccoli agricoltori è attribuito un ruolo cruciale nella creazione e nella crescita di sistemi alimentari sostenibili. Basti pensare che il 98% delle aziende agricole globali ha una superficie di 10 ettari o meno (anche in Italia la media è intorno agli 8 ettari), e quasi tutte queste piccole fattorie si trovano nei Paesi in via di sviluppo, dove sostengono circa 2 miliardi di persone. Nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia meridionale l’80% dei terreni agricoli viene coltivato da piccoli proprietari.
GRAFICO distribuzione aziende agricole per regione e per reddito su dati World Bank 2012 – fonte ‘The Number, Size, and Distribution of Farms, Smallholder Farms,and Family Farms Worldwide’, 2015
Più precisamente, stando ad un’analisi pubblicata su «The Lancet», dei 570 milioni di aziende agricole in tutto il mondo (il 74% di esse si trova in Asia e il 9% nell’Africa sub-sahariana), 475 milioni sono aziende agricole da meno di 2 ettari. Queste piccole e piccolissime fattorie lavorano circa il 12% della superficie agricola mondiale e producono alcune delle principali materie prime consumate nel mondo. Fornendo dal cibo oltre il 70% dell’apporto di calorie per le persone che vivono in quelle regioni.
Ibridi, mais e poche varietà: la biodiversità non fa profitto
Ibridi, mais e poche varietà: la biodiversità non fa profitto
Eppure, ignorando gli allarmi sul pericoloso combinato disposto tra calo della biodiversità e impatto del climate change, le compagnie concentrano l’attività «su colture universali come mais, riso, sorgo, soia e girasole, che sono suscettibili di ibridazione o, nel caso della soia, GM (cioè geneticamente modificate, ndr)». Ridotto invece è l’impegno verso altre colture importanti come grano, legumi e patate.
Approfondimento
Carne e clima non vanno d’accordo: gli Inglesi tasseranno il cibo inquinante?
Un boom di produzione mai visto. Insostenibile l'impatto su clima e salute. Il Regno Unito pensa a una tassa per disincentivarne il consumo
Al mais viene lasciato il ruolo di principale motore commerciale: così fa, ad esempio, Corteva Agriscience, per cui il granoturco rappresenta la fonte di raccolto più importante in tutte le regioni, ma anche Advanta e Limagrain. A differenza di quanto avviene per il grano che, pur presente nel portafogli di sei società, non è mai coltura principale.
E lo stesso vale per i legumi. Questi ultimi, pur essendo un’ottima alternativa proteica e a basso impatto ambientale rispetto alla carne, sono in gran parte mancanti nell’offerta dei Paesi trattati dall’indice. Oppure sono prodotti su cui le aziende – chiamate a collaborare – non hanno fornito sufficienti informazioni riguardo i canali di reale distribuzione. Così come accade per patate e sesamo, importanti colture agricole per i piccoli agricoltori delle aree esaminate.
GRAFICO ibride o da impollinazione aperta, i tipi di semi e colture nel portafoglio delle 13 compagnie sementiere – fonte Access to Seeds 2019
Inoltre, a partire da un’altra scelta commerciale che domina il portafoglio sementi delle 13 società, ovvero di puntare su semi ibridi invece che da libera impollinazione (OPV, open-pollinated varieties), la variabilità delle specie, e quindi la biodiversità generale, vengono ulteriormente depresse. E gli agricoltori sono così privati di semi che «possono salvare e riutilizzare». Minando non solo la loro capacità di autosostentamento ma quella di adattamento ai cambiamenti climatici dell’intero sistema agricolo globale.
RETE BIO INNOVATIVA
Si rinnova a Padova il progetto di aggregazione per il Veneto di Coldiretti. La rete già costituita due anni fa, con un numero minore di aderenti, si rinnova e assume un contorno più preciso, come aggregazione di imprese e soggetti istituzionali, una cinquantina di realtà della produzione, trasformazione e distribuzione, compresi i servizi e la ricerca. Il tutto sotto l’ombrello di Coldiretti che rappresentando da sempre il mondo agricolo italiano, oggi ne vuole seguire l’evoluzione e i vantaggi nel biologico.
“L’interesse è alto”, ha dichiarato il presidente Martino Cerantola, primo firmatario del contratto, sottoscritto in sede notarile, insieme al direttore Pietro Piccioni. “Il Veneto bio conta migliaia di operatori e 15.800 ettari certificati, che sono però destinati ad aumentare sensibilmente considerato il successo delle misure agroambientali a cui già lOmila addetti ai lavori hanno fatto ricorso”.
Una partita ghiotta che ha l’esigenza di strumenti e competenze professionali che servono ad un mondo agricolo, legato a Coldiretti, troppo spesso ancorato a pratiche superate. Non per niente, oltre ai buoni propositi culturali, la ricerca e l’innovazione, serve competenza per l’elaborazione di progetti anche di filiera che potranno essere finanziati con fondi europei, regionali o statali.
Tra gli aderenti, oltre alle realtà più conosciute nel mondo bio del territorio, anche soggetti istituzionali come l’Università di Padova, lo luav di Venezia, la Fondazione Univeneto, etc.
tratto da: http://lavitabio.it/rete-bio-innovativa/
Di seme in meglio; interessante pubblicazione
ed. Pentàgora e Rete Semi Rurali, Savona 2019, 12 euro
Di seme in meglio nasce dal desiderio condiviso tra Pentàgora e Rete Semi Rurali di pubblicare un manuale, pratico e comprensibile, specificamente rivolto a chi si voglia dedicare a moltiplicare le proprie varietà attraverso l’autoproduzione delle sementi.
Con Alice Pasin, conservatrice di ortive locali e insegnante di tecniche di riproduzione che ne ha curato l’impianto generale, sono stati coinvolti coltivatori ed esperti disponibili a condividere esperienze e saperi pratici: i loro contributi hanno permesso, per alcune specie, di elaborare schede particolarmente puntuali e più dettagliate di quelle riguardanti altre specie per le quali, non essendo ancora stata raccolta una testimonianza specialistica e pratica, ci si è limitati a indicazioni semplici, generiche e pur tuttavia necessarie.
Pertanto, questa è la prima edizione di un manuale in divenire, auspicabilmente suscettibile di approfondimenti e integrazioni di informazioni (e anche di specie, qui ancora mancanti) grazie ai suggerimenti e ai contributi che potranno essere inviati alla curatrice o all’editore: alicepasin@virgilio.it / angelini.ge@gmail.com.
La Goletta dei Laghi sul Garda Veneto: solo un punto su sei è risultato fuori dai limiti
È questo, in estrema sintesi, il bilancio del monitoraggio microbiologico realizzato dai tecnici della Goletta dei Laghi nei giorni scorsi, in occasione dell’arrivo sulla sponda veneta del Lago di Garda della campagna di Legambiente, realizzata in collaborazione con il CONOU (Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati) e Novamont.
Da 14 anni la Goletta dei Laghi rileva le principali fonti di criticità per gli ecosistemi lacustri: gli scarichi non depurati e inquinanti, la cementificazione delle coste, la captazione delle acque, l’incuria e l’emergenza rifiuti, in particolare l’invasione della plastica, che non riguarda soltanto mari e oceani, ma anche fiumi e laghi.
I risultati del monitoraggio sono stati presentati stamane a Verona nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato Chiara Martinelli, presidente di Legambiente Verona, e Lorenzo Albi, di Legambiente Verona.
Il lavoro dei tecnici si è concentrato principalmente su due fronti di indagine: quello delle microplastiche in acqua e quello dell’inquinamento microbiologico.
I DETTAGLI DELLE ANALISI MICROBIOLOGICHE SUL GARDA
Quello di Legambiente è un campionamento puntuale che non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, né pretende di assegnare patenti di balneabilità, ma restituisce comunque un’istantanea utile per individuare i problemi e ragionare sulle soluzioni.
La qualità delle acque del Lago di Garda è un elemento imprescindibile per lo sviluppo del territorio, soprattutto per quanto riguarda la vocazione turistica. Nelle analisi della Goletta dei Laghi vengono prese in esame le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che si trovano lungo le rive dei laghi, punti spesso segnalati dai cittadini attraverso il servizio SOS Goletta. Queste situazioni sono i veicoli principali di contaminazione batterica di origine fecale, dovuta all’insufficiente depurazione che, attraverso scarichi e corsi d’acqua, arriva nel lago.
In questi giorni sono stati sei i punti campionati sul Lago di Garda, lungo la costa veneta. Il solo punto risultato “inquinato”, secondo i parametri di Goletta dei Laghi, è quello a Castelnuovo del Garda, nella località Ronchi. Il punto del rilevamento è stata la foce del Rio Dugale dei Ronchi.
Sull'articolo trovi la tabella con tutte le località: https://www.legambienteverona.it/la-goletta-dei-laghi-sul-garda-veneto-solo-un-punto-su-sei-e-risultato-fuori-dai-limiti/
“Sorpresa positiva per i rilevamenti nelle acque venete, che rispetto agli scorsi anni non presentano marcate criticità”, afferma Lorenzo Albi, di Legambiente Verona. “Ma ci riserviamo il beneficio del dubbio in conseguenza delle scarse precipitazioni registrate, che hanno impedito all’eventuale carico contaminante di raggiungere dall’entroterra le acque del lago.” Albi continua: “Non smetteremo quindi di vigilare sulle criticità del lago anche grazie alla collaborazione con l’Azienda Gardesana Servizi (AGS), con la quale portiamo avanti attività di campionamento durante tutto l’arco dell’anno.”
A completamento della campagna Goletta dei Laghi 2019, giovedì 18 luglio presso la sede dell’Ordine degli Ingegneri di Verona in via Santa Teresa 12 dalle 17,00 alle 20,00 Legambiente e AGS organizzano un convegno per approfondire i temi che riguardano lo stato e la qualità delle acque e delle rive del Garda, con analisi dei dati di Goletta e dello studio sulla qualità delle acque superficiali dell’entroterra. In anteprima i tecnici di AGS presenteranno il progetto definitivo del nuovo collettore per la sponda veronese del Garda, occasione unica e fondamentale per la riqualificazione del territorio gardesano.
IL MONITORAGGIO RELATIVO ALLE MICROPLASTICHE
Per il quarto anno consecutivo, grazie alla collaborazione con ENEA, è stata monitorata anche la presenza di microplastiche nelle acque dei laghi, focalizzando l’attenzione sull’apporto degli impianti di trattamento delle acque reflue rispetto alla quantità di microplastiche presenti. Nel 2018 il Lago di Garda ha riportato una densità media di oltre 36 mila particelle di microplastiche per chilometro quadrato.
Per il monitoraggio sul lago di Garda, partner tecnico che ha messo a disposizione l’imbarcazione, è stata la rete di imprese Garda Green Club, che vede aderenti strutture ricettive che adottano un disciplinare ecologico per ridurre l’impatto ambientale sull’ecosistema lacustre.
“È fondamentale continuare gli studi non solo per il fenomeno in sé, ma anche per comprendere le potenziali conseguenze della presenza di microplastiche nelle acque”, sostiene Chiara Martinelli, presidente Legambiente Verona. “Con il passaggio della Goletta lanciamo un appello a tutti i comuni e a tutte le strutture ricettive del lago con l’intento di avviare un percorso verso il plastic free.”
“Gli studi effettuati in questi anni dal team del Cigno Verde”, continua Chiara Martinelli, “e in generale le ricerche della comunità scientifica mondiale, confermano che la matrice principale delle microplastiche in acqua sia la cattiva gestione dei rifiuti urbani. Scegliere di ridurre massicciamente la plastica e, in particolare, il monouso, può essere determinante per mitigare il fenomeno.”
Diverse le novità della Goletta dei Laghi quest’anno, tra cui l’analisi della presenza di microplastiche fino a 50 metri di profondità, e la ricerca di comunità microbiche sulle microplastiche rinvenute – la cosiddetta plastisfera, potenziale veicolo di elementi patogeni dannosi per l’ecosistema e per l’uomo – grazie alla collaborazione con l’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche (Irsa-Cnr).
Per l’edizione 2019 partner della Goletta dei Laghi sono il CONOU (Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati) e l’azienda chimica Novamont.
Da oltre 35 anni il CONOU è il punto di riferimento italiano per la raccolta e l’avvio a riciclo degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale. L’olio usato – che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli – è un rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente che, se smaltito indiscriminatamente, può determinare gravi effetti inquinanti. Negli anni di attività il CONOU ha raccolto 6 milioni di tonnellate di olio usato, avviandone a rigenerazione 5,3 milioni e consentendo la produzione di 3 milioni di tonnellate di olio rigenerato e un risparmio sulle importazioni di petrolio di circa 3 miliardi di euro, ponendo così l’Italia in vetta al settore a livello europeo.
Novamont è un’azienda che porta avanti l’ambizioso progetto di integrare chimica, ambiente e agricoltura. Prodotto di punta di Novamont è il Mater-Bi, la versatile e innovativa bioplastica con cui si realizzano soluzioni biodegradabili e compostabili che si incontrano nella vita di tutti i giorni.
Dopo la tappa che ha attraversato i laghi di Garda e Santa Croce, la Goletta dei Laghi si dirigerà verso il fiume Isonzo, tappa speciale del tour 2019. Per la prima volta infatti la campagna di Legambiente monitorerà le acque mobili.
Muroni: che fine ha fatto il Pan Pesticidi?
Quando sarà reso noto il nuovo Piano di azione per l’uso sostenibile dei fitofarmaci (Pan)? Quali le cause del ritardo della sua pubblicazione? La sua impostazione seguirà il principio di precauzione che assicura la massima tutela delle persone e della natura, a iniziare dagli stessi agricoltori? Con una interrogazione a risposta scritta, la deputata di Leu Rossella Muroni si rivolge ai ministeri delle Politiche agricole, dell’Ambiente e della Salute per sapere come mai del nuovo Pan “non ci sono più notizie”. Sebbene vada reso pubblico dai tre ministeri per essere sottoposto a una consultazione pubblica.
Un piano “bloccato”…
Dopo i pareri favorevoli dei ministeri dell’Ambiente e della Salute al testo proposto dal Comitato tecnico-scientifico, ricorda Muroni, il nuovo piano che detta le regole per l’uso dei pesticidi non solo in agricoltura ma anche per la gestione del verde pubblico e la manutenzione di strade e ferrovie “resta ad oggi bloccato nelle stanze del ministero delle Politiche agricole”.
FederBio, Lipu, Legambiente, Isde e Wwf – le associazioni che promuovono la campagna Cambia la Terra – plaudono all’iniziativa, ricordando che il nuovo Piano, scaduto lo scorso 12 febbraio, è ancora incredibilmente bloccato nelle stanze del ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo. E parlano di “un vero e proprio insabbiamento” denunciato nelle ultime settimane dal Wwf Italia.
“Lo stop del nuovo Pan pesticidi da parte del ministro Centinaio ha dell’incredibile – commentano le associazioni di Cambia la Terra – perché impedisce di fatto la soluzione di gravi problemi legati all’uso dei pesticidi noti oramai a livello territoriale e segnalati da numerosi comitati di cittadini esasperati dall’esposizione ai rischi per la propria salute. In alcune aree, ad esempio nel viterbese, ci sono situazioni di vera e propria emergenza sociale che hanno indotto l’intervento dei prefetti e ordinanze dei sindaci per anticipare le possibili soluzioni che dovrebbero invece essere fornite a livello nazionale dal nuovo Pan Pesticidi”.
Distanze di sicurezza dalle abitazioni e da aree sensibili frequentate da bambini, anziani e donne in gravidanza; contaminazione accidentale delle coltivazioni biologiche; adeguata informazione sui giorni, gli orari e i principi attivi utilizzati nei trattamenti; divieto di utilizzo di principi attivi tossici e nocivi per specie di flora e fauna selvatiche nei siti Natura 2000 e altre aree naturali protette: sono i principali problemi che il nuovo PAN dovrà risolvere con urgenza, secondo FederBio, Legambiente, Lipu, Isde e Wwf. Ponendo limitazioni che secondo Muroni “probabilmente non sono gradite all’industria dell’agrochimica e alle associazioni agricole”.
Pan pesticidi, serve risposta esaustiva da Centinaio
Le associazioni di Cambia la Terra auspicano una risposta esaustiva e convincente da parte del ministro Centinaio all’interrogazione parlamentare di Rossella Muroni che chiede le cause di un ritardo che ostacola la consultazione pubblica e protrae una situazione che ha gravi conseguenze sulla salute e sull’ambiente. Si chiede inoltre se l’impostazione del nuovo Pan Pesticidi seguirà lo stesso principio di precauzione a cui si è uniformata l’Austria vietando sul suo territorio l’utilizzo del glifosato, assicurando la massima tutela delle persone e della natura, a iniziare dagli stessi agricoltori che sono i più esposti ai rischi legati all’uso delle sostanze chimiche di sintesi.
Interrogazione parlamentare sulle “bugie” contro il biologico
Tre deputate denunciano informazioni “incentivate e diffuse da parte di chi, diffondendo certi messaggi, mette a rischio la salute pubblica e il territorio”
di Maria Pia Terrosi
“Il biologico non è un sistema ecologicamente sostenibile”; “nessuna produzione nazionale di elevato prestigio deriva dal metodo biologico”; “imporre regole ferree e disciplinari come quello del biologico risulta penalizzante per le varie condizioni dove gli imprenditori agricoli si trovano a operare”. Sono alcuni dei commenti contenuti in una lettera aperta che Roberto Defez, ricercatore del Cnr di Napoli, ha inviato ai parlamentari chiamati a decidere in merito alla legge sul biologico (disegno di legge 988), ora in discussione al Senato.
Per capire se le affermazioni di Roberto Defez siano a carattere personale o se questa presa di posizione contro il biologico sia condivisa dal Cnr, tre deputate (Sara Cunial come prima firmataria, Gloria Vizzini e Veronica Giannone) il 10 luglio hanno presentato un’interrogazione rivolta al ministero dell’Ambiente, al ministero della Salute e al ministero delle Politiche agricole. Chiedendo inoltre, come si legge nel testo dell’interrogazione, quali iniziative i ministeri “intendano adottare per evitare che pericolose informazioni in tale ambito siano incentivate e diffuse da parte di chi, diffondendo certi messaggi, mette a rischio la salute pubblica e il territorio.”
Legge sul biologico occasione preziosa
“Sono affermazioni – ha scritto Sara Cunial in un post su FB – che sembrano avere l’unica valenza difensiva di settori produttivi connessi a particolari forme di agricoltura convenzionale/integrata e dei pesticidi che vengono utilizzati con questi metodi. Sono ormai numerosi gli studi scientifici che hanno evidenziato come l’esposizione ai pesticidi (in Italia ne vengono utilizzate 130 mila tonnellate all’anno) aumenti il rischio di sviluppare patologie ormonali, metaboliche, neurodegenerative, alterazioni dello sviluppo neuro cognitivo dei bambini e cancro”.
Invece la legge sul biologico può essere un’occasione preziosa per il superamento del metodo convenzionale, in direzione di un’agricoltura più sana e priva di pesticidi. Ormai è evidente a tutti – ha aggiunto Sara Cunial – che “la tutela del clima, della salute delle persone, della terra e delle acque, nonché della nostra economia e del Made in Italy passi inevitabilmente per l’abbandono dei veleni in agricoltura. Sempre più studi lo dimostrano ed evidenze empiriche lo confermano giorno dopo giorno, tant’è che nel nostro Paese il biologico è uno dei pochi settori in crescita che sopravvive e prospera praticamente in assenza di finanziamenti pubblici. Al contrario dell’agricoltura convenzionale che senza la stampella dei fondi cospicuamente elargiti dallo Stato non potrebbe vivere un giorno ancora.”
Vivere nella casa comune
15 Luglio 2019
Aristotele aveva definito l'”oikonomia” come l’arte di vivere, differenziandola dalla “crematistica”, l’arte di fare soldi. Oggi l’economia, spiega Vandana Shiva, “è diventata solo una brutale macchina da soldi che sta distruggendo le case dei poveri e la nostra casa comune. È diventata una guerra contro le persone e il pianeta… Anche il significato originale di ricchezza è benessere e felicità, non denaro… I beni comuni e le comunità sono al di là dello Stato e del mercato, sono auto-organizzati, sono autopoietici: la vera ricchezza è allora la nostra capacità di creare, produrre e fare ciò di cui noi, e le nostre comunità, abbiamo bisogno per assicurare il nostro benessere…”
La parola “economia” affonda le sue radici nella parola greca“oikos”, che in origine si riferiva alla casa o alla famiglia, alle sue attività quotidiane e alla sua manutenzione.L’economia, che deriva dall’oikonomia, è quindi la gestione della casa. Oggi, abbiamo bisogno di interpretare “oikos” sia in relazione alle nostre proprie case, sia al pianeta inteso come nostra casa comune, e alla Famiglia della Terra come una famiglia di tutti gli esseri e persone sulla Terra. Oikonomia, o Economia, per essere fedele al suo nome e alle sue radici, dovrebbe dunque essere la cura e la gestione della Terra come nostra casa.
Aristotele ha definito “Oikonomia” come l’arte di vivere. Come arte di vivere, l’economia è allineata ai processi vitali della natura e della società. Ha differenziato “Oikonomia” dalla “Crematistica”, l’arte di fare soldi. Oggi, l’Economia ha perso la sua strada. È diventata una brutale macchina da soldi che sta distruggendo le case dei poveri e la nostra casa comune. È diventata una guerra contro le persone e il pianeta.L’Economia deve allora essere riportata al servizio della terra e l’armonia con l’Ecologia, le leggi della Terra, deve essere ripristinata (c’è anche chi rifiuta di utilizzare il concetto di economia, come Serge Latouche.
La natura è stata sottomessa al mercato come semplice fornitore di materie prime industriali e discarica di rifiuti e inquinamento. Si sostiene falsamente che lo sfruttamento della terra crea valore economico e crescita economica, e questo migliora il benessere umano. Il benessere umano viene, in questo modo, invocato per separare gli esseri umani dalla terra e giustificare il suo illimitato sfruttamento. Ma mettere l’uomo contro la natura non è semplicemente antropocentrico, è corporativo-centrico. Le grandi corporazioni multinazionali rimodellano parte dell’umanità come consumatori dei loro prodotti. I consumatori perdono la loro identità di cittadini della terra, come co-creatori e co-produttori con la natura.La povertà non è lo stato originale della natura o delle comunità locali. I piccoli agricoltori si stanno impoverendo perché le aziende verticalmente integrate stanno rubando il 99% del valore che producono. Diventano sempre più poveri perché il “libero scambio” promuove il dumping, la distruzione dei mezzi di sussistenza e la depressione dei prezzi agricoli.
Anche il significato originale di ricchezza è benessere e felicità, non denaro. E il denaro non è finanza, sicuramente non è finanza digitale che permette ai miliardari di fare soldi con il denaro mentre colonizza le economie locali auto-organizzate. La vera ricchezza è la nostra biodiversità e i semi, il nostro suolo e la nostra terra, l’acqua e l’aria pulita, il cibo e la nostra salute. Non si tratta di proprietà da possedere e scambiare a scopo di lucro, né di materie prime da usare e gettare via come spazzatura e rifiuti, inquinando e degradando il pianeta. I beni comuni e le comunità sono al di là dello Stato e del mercato. Sono auto-organizzati. Sono autopoietici. La vera ricchezza è allora la nostra capacità di creare, produrre e fare ciò di cui noi, e le nostre comunità, abbiamo bisogno per assicurare il nostro benessere. Il lavoro crea ricchezza. Come co-creatori e co-produttori con la natura proteggiamo la ricchezza della terra creando capacità e valorizzando le nostre. Creiamo vera ricchezza quando viviamo come cittadini della Terra nelle economie terrestri, consapevoli del potenziale della Terra di creare abbondanza ma anche dei suoi limiti che pongono, a loro volta, dei limiti alle nostre attività.
Parliamo quindi di economie circolari che conoscono e mantengono i cicli della natura. Tutte le crisi ecologiche sono la rottura dei cicli naturali e la trasgressione di quelli che sono stati chiamati confini planetari. Quando restituiamo materia organica alla natura, lei continua a darci cibo. Il lavoro di restituzione è il nostro lavoro. Dare cibo è un lavoro complesso della natura – attraverso il suo suolo, la sua biodiversità, la sua acqua, il sole, l’aria. Nell’economia circolare restituiamo alla società. La ricchezza è condivisa e circola.
Fiori edibili
Anche voi potrete creare piatti profumati e gustosi con i fiori commestibili. Un piatto ornato con la viola del pensiero, assume tutta un’altra aria, colore, profumo e significato. Ma possiamo decorarlo anche con i nasturzi. O con vellutati petali di rosa. I fiori commestibili non sono solo una festa per gli occhi, ma anche per il palato. La borragine sa di cocomero, la calendula aggiunge un po’ di aspro, i bei fiori della rucola un pizzico pepato.
Ora, mangiar fiori può sembrare un po’ strano, ma certamente ognuno di noi ne ha mangiati, magari senza pensarci: i broccoli, i carciofi, i cavolfiori, sono tutte infiorescenze delle piante di cui siamo golosi. Cucinare con i fiori può anche sembrare una novità, invece in effetti dietro c’è una certa storia: i Cinesi li usano da migliaia di anni, e ci sono testimonianze del loro uso da parte dei Romani. In Inghilterra, nel periodo Vittoriano, le rose erano usate per una gran varietà di piatti.
Oggi assistiamo a un bel rinascimento di quest’idea. Ma prima di andare nel giardinetto sotto casa a raccogliere fiori, occorre fare attenzione! Alcuni fiori sono velenosi, perciò consultate il nostro elenco (e un anche un manuale fotografico per poter riconoscere i fiori) prima di cospargere di petali la vostra insalata!
Quali fiori commestibili scegliere
Sono commestibili i fiori di: achillea, aglio selvatico, arancio, basilico, borragine, calendula, camomilla, caprifoglio, carota, centaurea, crisantemo, dente di leone, dalia, erba cipollina, fiordaliso, garofano, gelsomino, geranio, girasole, iris, lavanda, lillà, magnolia, malva, margherita, menta, mirto, nasturzio, papavero, passiflora, pesco, primula, robinia, rosa, rosmarino, rucola, salvia, sambuco, senape, tiglio, trifoglio, tulipano, viola del pensiero, zucca, zucchina.
Iscriviti a:
Post (Atom)