Mercoledì 7 novembre. Nuovo incontro TERRAVIVA a Pedemonte


Nuovo ciclo di incontri a Brescia: Agricoltura, uso del territorio, impatto ambientale e salute

ISDE – sezione di Brescia In collaborazione con Fondazione Luigi Micheletti 
Sala di lettura della Fondazione, via Cairoli 9, Brescia  

Agricoltura e storia del ‘900 
Pier Paolo Poggio  
Fondazione Luigi Micheletti 
Lunedì 26 novembre 2018 ore 17,30-19,30 
 
Agricoltura industriale e biodiversità 
Carlo Modonesi  
Professore di Ecologia umana, Università degli Studi di Parma, ISDE Italia 
Lunedì 3  dicembre 2018 ore 17,30-19,30 
 
Fanghi in agricoltura impatto sulla salute 
Giuseppe Miserotti  
Medico di Medicina Generale – Membro della Giunta esecutiva ISDE e vice presidente ISDE Italia Nord. 
Lunedì 10 dicembre 2018 ore 17,30-19,30 
 
Agricoltura energia biomasse 
Gianni Tamino  
Docente di Biologia all'Università di Padova. 
Lunedì 14 gennaio 2019 ore 17,30-19,30 
 
Agricoltura utilizzo dell’acqua 
Alessio Picarelli 
Dirigente Gestione Risorse Idriche Autorità di bacino distrettuale del fiume Po 
Lunedì 21 gennaio 2019 ore 17,30-19,30 
 
Agricoltura di montagna e multifunzionalità 
Fausto Gusmeroli 
Fondazione Fojanini di Studi Superiori di Sondrio. Docente a contratto di Ecologia Agraria presso l’Università degli 
Studi di Milano. 
Martedì 29 gennaio 2019 ore 17,30-19,30 
 
Per un’agricoltura ecologica 
Alberto Berton 
Scuola di Bioeconomia, Bioeconomics Review, Dipartimento di Economia, Università degli Studi di Perugia 
Lunedì 4 febbraio 2019 ore 17,30-19,30 
 
Il valore agronomico della diversità nei sistemi alimentari  
Giuseppe de Santis 
Agronomo  collabora con la Rete Semi Rurali nell'ambito delle pratiche e ricerca della biodiversità coltivata 
Lunedì 11 febbraio 2019 ore 17,30-19,30 
 
La partecipazione è gratuita inviando una e-mail  per eventuali comunicazioni a 

Nuovo convegno TERRAVIVA il 23 Novembre a Verona


Venerdì 26 ottobre tutti al cinema con Terraviva




Conferenza su agricoltura biologica a Quinzano, sabato 27 ottobre alle ore 10


Biodinamica per il vino - edizione 2019

Siamo felici di segnalarvi l’edizione 2019 di Biodinamica per il vino, settimana intensiva di alta formazione in aula ed in campo che si terrà presso il Castello del Trebbio dal 4 al 10 marzo 2019. 

Il corso è organizzato da Cambium, associazione che si occupa di formazione, ricerca ed aggiornamento in Biodinamica applicata alla vigna e al vino ed è rivolto a professionisti, aziende vitivinicole, tecnici, studenti universitari e ricercatori.

Cambium offre una formazione professionalizzante di alto livello e si avvale della collaborazione di prestigiosi docenti, professionisti ed esperti in materia utilizzando un approccio plurale, basato sul confronto e la sintesi di diverse visioni, con l’obiettivo di trasferire competenze concrete.

Coordina la nostra didattica Adriano Zago, agronomo ed enologo in Biodinamica di prestigiose aziende, ricercatore e conferenziere presso istituti di ricerca, enti ed università internazionali.
Allegata alla presente la locandina ed il piano didattico dettagliato. 
Per maggiori informazioni rivolgersi a info@cambium.bio.



Interessante video di Terre de Demain



Una scomoda verità, secondo film del nostro ciclo il 26 ottobre



La grande sfida che attende l'umanità di fronte a tutti i cambiamenti 

che stanno avvenendo, non solo climatici, è ricostruire relazioni 
solidali di comunità, partendo dalla conoscenza di ciò che si sta 
prospettando nel nostro futuro.



Venerdì 26 ottobre ci sarà il secondo appuntamento del ciclo di serate: 
Cinema Comunità Ambiente



alle ore 20.45 presso il cinema teatro di Pedemonte 
verrà proiettato il film: 
Una scomoda verità.



Il cambiamento del clima è forse il fenomeno più preoccupante che 
l'umanità dovrà affrontare, per conoscere meglio quanto sta accadendo e 
quali sono le conoscenze scientifiche, proponiamo un "mini" ciclo di 
serate dedicate esclusivamente a questo tema all'interno dei due cicli 
di serate 2018 e il prossimo 2019, iniziamo con questo film-documentario 
del 2006 sul problema mondiale del riscaldamento globale, diretto da 
Davis Guggenheim, e avente quale protagonista l'ex vicepresidente degli 
Stati Uniti Al Gore.
Il film ha vinto il premio Oscar 2007 come miglior documentario.
Nel film vengono confutate le tesi di coloro che sostengono che il 
riscaldamento globale sia una falsa minaccia.
La scomoda verità raccontata nel film è che nel 2006 il 99% di tutti gli 
articoli scientifici concordavano che era in atto un cambiamento 
climatico, mentre il 53% degli articoli sui media mostravano che niente 
stava cambiando e che i fenomeni erano solo occasionali.
Da allora le condizioni del clima sono peggiorate ed ecco arrivare nel 
2017 un secondo film: Una scomoda verità 2 che vedremo nel prossimo 
ciclo di serate l'anno prossimo a cui seguirà il film Punto di non 
ritorno e successivamente una serata con uno scienziato del clima.


Stop agli animali allevati in gabbia: partita la raccolta di firme


l 16 ottobre, presso la Camera dei Deputati, le 19 associazioni italiane della più ampia coalizione europea "End the cage age” hanno lanciato la raccolta firme in Italia per mettere fine all’uso delle gabbie negli allevamenti, con una mostra dedicata che descrive la crudeltà dell’allevamento in gabbia, ancora praticato nell’Unione europea.
In Italia 21 milioni di galline, 24 milioni di conigli, 500 mila scrofe e circa 5 milioni di quaglie sono ancora allevate in gabbia. Nell’Unione europea gli animali allevati in gabbia sono 300 milioni.
E oggi sono più di 130 le associazioni della coalizione europea "End the cage age”, l’Iniziativa dei Cittadini europei (ICE) per chiedere la fine dell’uso delle gabbie negli allevamenti. Dovranno raccogliere un milione di firme nell’arco di un anno.
Le 19 associazioni sono italiane:  Amici della terra Italia, Animal Aid, Animal Equality, Animal Law, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Il Fatto Alimentare, LAC – Lega per l’abolizione della caccia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LEIDAA, Jane Goodall Institute Italia, OIPA, Partito Animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.
Perchè bisogna abolire le gabbie
«Tra tutte le forme d’allevamento, la gabbia di sicuro è la peggiore - spiegano i promotori dell'iniziativa - Troppo spesso si sente dire che la gabbia è un “male necessario” nell’allevamento. Ma anche se ancora al giorno d’oggi esistono persone che credono che infliggere crudeltà sugli animali possa essere in qualche modo giustificabile, sappiamo invece che si può fare diversamente. In Europa, circa 300 milioni di animali sono confinati in gabbie ogni anno. Sono immobilizzati e privati della possibilità di esprimere i loro comportamenti naturali. E’ una vergogna che ancora oggi vi siano sistemi così barbari per allevare gli animali. Dobbiamo evolverci e porre fine all’era delle gabbie».
E’ tempo di decidere
«Conigli, galline, scrofe, anatre e quaglie passano tutta la loro breve vita in gabbia - proseguono gli ideatori della campagna - Per molti di loro la gabbia significa isolamento, per molti altri essere ammassati con i loro consimili. Per tutti la gabbia significa non potere esprimere nessuno dei propri comportamenti naturali. E’ tempo di superare l’era delle gabbie e porre fine alla inutile sofferenza di milioni di esseri senzienti. Ogni generazione ha la responsabilità di decidere cosa non è più disposta a tollerare. Ora è il nostro momento di schierarci dalla parte degli animali ed unirci a End the Cage Age. Non ci sono scuse che tengano per continuare ad utilizzare un sistema d’allevamento così primitivo come quello delle gabbie».
Un problema globale
«In tutto il mondo milioni di animali si ritrovano a trascorre la propria vita in gabbie minuscule - proseguono le associazioni - Solamente in Europa, centinaia di milioni di animali passano la loro intera esistenza, dalla nascita alla morte, in una gabbia, avendo a disposizione uno spazio inferiore ad un foglio A4. Una gabbia è una forma estrema di limitazione della libertà, dalla quale è impossibile fuggire. Non esistono gabbie che favoriscono un alto livello di benessere per gli animali, anche in caso di ottima gestione dell’allevamento. Le gabbie arricchite e quelle in colonia soddisfano alcuni dei bisogni psicologici e fisici degli animali, ma si tratta ancora di una gabbia. Una gabbia è sempre una gabbia!».

https://ciwf-it.endthecageage.eu/?supporter.appealCode=CAECIWE_IT0918&_ga=2.76793302.2145756778.1539373934-816931930.1539373934




Affrontare la paura con la fotografia: Mattia Cacciatori a Badia Calavena

Mattia Cacciatori, fotografo con all’attivo numerosi reportage svolti in tutto il mondo, in questa intervista ci racconta la sua vita tra ricerca del proprio esserepaure affrontate e vittorie quotidiane. Il giovane, che oggi trova la sua essenza principalmente nell’attività pastorizia e nell’apicoltura, durante i suoi servizi fotografici negli anni passati si è trovato a vivere timori fisici e psicologi in territori di conflitti e guerre. La scelta consapevole dei suoi obiettivi,  che gli hanno dato la forza di affrontare le difficoltà, l’hanno portato a raggiungere quella luce che ti permette di andare avanti anche quando la strada è in salita. Per Mattia la vittoria più grande è quotidiana: ogni giorno bisogna vivere pienamente e incontrare se stessi nelle cose che si fanno. Buona visione. BePazzidiVita

bel video super consigliato
https://www.youtube.com/watch?time_continue=141&v=_LuPUV-PyIc


Il suolo agricolo e l’agricoltura biologica non possono essere la discarca di processi industriali inquinanti e pericolosi.L’articolo 41 del ‘Decreto Genova’ deve essere ritirato!!!

 Il Governo vara una norma che fissa a 1000 milligrammi per chilogrammo di tal quale (e non sulla sostanza secca) la presenza di residui idrocarburi pesanti (C10-C40) nei fanghi di depurazione da utilizzare in agricoltura. Così di fatto non si pongono limiti allo sversamento sul suolo agricolo di questi pericolosi inquinanti. Fino a questo decreto la normativa nazionale NON prevedeva limiti per gli idrocarburi nei fanghi di depurazione, cosa che invece succede per metalli ed altri contaminanti e tutti valutati sulla sostanza secca. In assenza di una normativa ogni regione ha regolamentato autonomamente. La Regione Lombardia ha posto un limite di 10.000 mg/kg di idrocarburi pesanti sulla sostanza secca. Una sentenza del TAR Lombardia ha accolto il ricorso di 40 Comuni ed ha dichiarato la norma illegittima ed affermando che in assenza di una norma nazionale vale l’allegato 5 del D.L.vo n. 152/2006, che identifica i limiti da salvaguardare per i suoli da bonificare. Non essendo in grado alcun depuratore di garantire tali livelli ed essendosi creata una situazione critica di accumulo di fanghi (come affermato esplicitamente art 41), il Governo ha inserito nell’art. 41 del “Decreto Genova” la disposizione che inserisce per gli idrocarburi un limite di 1000 mg/kg sul tal quale, che a questo punto vale ovviamente in tutta Italia, mantenendo invariati tutti gli altri parametri. Ma la toppa che è stata messa è peggiore del buco perché ponendo un limite sul "tal quale" e non sulla sostanza secca (quella su cui TUTTI gli altri parametri sono misurati) introduce una enorme aleatorietà in quanto non permette di conoscere a priori la percentuale di sostanza secca e quindi di idrocarburi che possono essere sversati per ettaro. Va ricordato che è consentito lo sversamento di 15 tonnellate di sostanza secca di fanghi per ettaro in tre anni ed in termini generali quindi, sul piano nazionale, se la percentuale di sostanza secca fosse del 10%, il limite dei 1000 mg/Kg del tal quale è del tutto sovrapponibile al limite dei 10.000 mg/kg sulla sostanza secca che aveva previsto la Regione Lombardia. Insomma l’art.41 introducendo il limite di 1000 mg/kg su tal quale, in pratica cancella per gli idrocarburi pesanti ogni limite, perché basta diluire e se ne può somministrare quanto se ne vuole! Va considerato inoltre che la quantificazione di 1000 mg/kg di tal quale pare non sia supportata da studi di impatto ambientale, sulla biodiversità e sulla salute (in caso di smentita ne saremo solo contenti…). Così si stima che potranno essere destinati ai terreni agricoli circa un milione di tonnellate di fanghi carichi di idrocarburi (oltre che di metalli pesanti ed altri inquinanti), derivanti da acque reflue di depurazione sia civili che industriali e che si sono accumulati in questi anni. Infine vi è da evidenziare che in questi ambiti una vera e propria criticità è rappresentata dalla mancanza di controlli capillari ed indipendenti, mancanza che desta se non altro problemi di trasparenza sulla produzione e sul trattamento di tonnellate e tonnellate di fanghi di depurazione. Di frequente succede infatti che, nell’Autorizzazione Integrata Ambientale degli impianti, le analisi di controllo sono previste all’interno del processo di autoverifica della stessa azienda produttrice. Non vorremmo che in queste condizioni queste terribili derivazioni possano anche arrivare alle coltivazioni biologiche, celate in sostanze organiche compostate, non meglio precisate. In passato è successo più volte che l’industria chimica legata alla fabbricazione delle armi con cui si sono fatte le guerre mondiali è stata convertita nella produzione di concimi chimici, pesticidi e diserbanti. Oggi ancora una volta si cerca di nascondere le malefatte della chimica industriale sui suoli agricoli, cioè sulla terra direttamente interessata alla produzione degli alimenti a nutrimento di milioni di persone, mettendo così a rischio le matrici organiche e le falde. Come produttori agricoli biologici non possiamo accettare questa assurda e rischiosa situazione. Chiediamo pertanto lo stralcio dell’articolo 41 del Decreto “Genova” e l’apertura di un tavolo di confronto Istituzionale allargato alle rappresentanze dei produttori agricoli, alle organizzazioni ambientaliste e della società civile. 

17 ottobre 2018. Ufficio stampa di UP Bio (info@upbio.it). 

La Repubblica dei veleni

Ed è proprio con queste basi che il giornale La Repubblica - già editore d'illuminanti articoli della Senatrice a vita Elena Cattaneo che difendono Ogm ed Nbt, scagionano il Glifosate, ridicolizzano l'agricoltura Biologica - stavolta da' la parola al Leader dei Verdi Angelo Bonelli che svela quel "codicillo" art. 41 del decreto "Genova" che aumenta di 20 volte la quantità di idrocarburi nei fanghi di depurazione da spargere sui terreni agricoli.
Bonelli annuncia a Repubblica un ricorso all'Unione europea: "E' un'autorizzazione a spargere un milione di tonnellate di fanghi carichi di idrocarburi e metalli pesanti sui suoli agricoli, un regalo alle imprese che trattano le acque reflue di depurazione sia civili che industriali e che in regioni come la Lombardia e il Veneto hanno accumulato scorte che non riescono a smaltire. La Lombardia aveva già provato a fissare un limite ancora più alto, ma il Tar ha bocciato la norma".
https://www.repubblica.it/ambiente/2018/10/13/news/quel_codicillo_nel_decreto_genova_che_mina_la_salute_dei_campi-208871713/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/15/decreto-genova-fanghi-con-idrocarburi-in-agricoltura-un-esperimento-chimico-sui-cittadini/4693538/

La verità, come ha commentato il Ministro Sergio Costa, è che "la gestione dei fanghi è stata regolata per 25 anni da un decreto che non conteneva limiti per gli idrocarburi. Nessun limite per 25 anni!"..." siamo arrivati al Governo in un momento di grande confusione sotto il profilo giuridico e amministrativo". Gli fa eco il Ministro Danilo Toninelli: "l'artcolo nel dicreto serve per giungere a una soluzione in emergenza e non definitiva. Ecco perchè si è utilizzato un veicolo normativo che implica necessità e urgenza". Il ministero sta già lavorando al nuovo decreto, che avrà senz'altro valori più rigorosi, ma ci sono tempi tecnici da rispettare e con il passaggio all'Ispra e quello in Conferenza Stato Regioni, prima di qualche mese non potrà essere emanato.

Il Tar della Lombardia con sentenza del 20 luglio 2018 ha annullato la delibera "Maroni" D.g.r 11 settembre 2017 n° X/7076 che portava il limite degli idrocarburi nei fanghi a 10.000 mg/kg di sostanza secca, riportandolo a 50 mg/kg prescritta dal D.lgs 152/2006 che non è nemmeno specifica per i fanghi di depurazione.
http://www.osservatorioagromafie.it/wp-content/uploads/sites/40/2018/07/tar-milano-1782-2018.pdf
Il limite di 50 mg/kg per gli impianti di trattamento fanghi in Italia è quasi impossibile da rispettare, durante tutta l'estate si sono accumulate queste sostanze a causa della sentenza del Tar Lombardia e dei ricorsi, perciò si è creata un'emergenza.
http://old.iss.it/binary/ampp/cont/INTEGRAZIONE_parere_36565_Class_rif_Idroc_ALL_09.pdf

Ciò che Repubblica e Bonelli non dicono è che la Regione Lombardia tratta ogni anno 600mila tonnellate provenienti da altre regioni, spargendone in tutto 800mila tonnellate.

La Toscana ad esempio, si stima che produca 10.000 tonnellate di fanghi al mese, un problema che ha investito il governatore Enrico Rossi e tutti i prefetti della regione, a partire da quello di Grosseto: facciamo l'esempio di quello di San Giovanni, 4.000 tonnellate all'anno di fanghi alle porte della città, verso Marina, in cui percolerebbero acque sporche nel mare.
La conferenza Stato-Regioni riunita il 1 agosto 2018 ha rispolverato il testo del Decreto Ministeriale Galletti che sanciva una totale assenza di controlli nel settore dei fanghi e rimandava alle calende greche il rispetto dei parametri nel settore. Le Regioni hanno approvato questo testo che sarebbe diventato legge se al tavolo ministeriale a fine agosto il governo non avesse chiesto ulteriori discussioni su dosaggio idrocarburi su sostanza secca – non tal quale – e tecniche di campionamento.

L'articolo nel decreto riprende i contenuti di un decreto del ministero dell'Ambiente – pronto ma non ancora emanato – per adeguare i valori soglia, superare la sentenza del Tar e sbloccare la situazione. "Per il parametro idrocarburi C10-C40, il limite di 1000 mg/kg tal quale si intende rispettato – si legge – se la ricerca dei marker di cancerogenicità fornisce valori inferiori a quelli definiti ai sensi della nota L, contenuta nell'allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008 richiamata nella decisione 955/2014/Ue, così come specificato nel parere ISS prot. n. 32074 del 23 giugno 2009″. L'ISS, inoltre, precisa anche che gli idrocarburi di origine vegetale non fanno definire mai il rifiuto come "pericoloso".....................
... il resto dell'articolo lo leggi su:

Interessante convegno a Venezia

http://www.protagonistiortofrutta.it




Chilometro zero, Gas, filiera corta non sono una moda. Entro il 2050 il 60% degli abitanti della Terra vivranno nelle città. E l’industria agroalimentare potrebbe contribuire al collasso del pianeta. Una rete europea in autunno

Filiera corta: nel nostro Paese ha quasi assunto una connotazione modaiola, ma è una modalità di produzione e consumo prevalentemente alimentare che ancora sfama fino all’80% delle persone nei Paesi più poveri. Anche in Europa un cittadino su 5, secondo un sondaggio promosso da Eurobarometro nel 2016, sosteneva che bisognasse rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera[i] e secondo uno studio condotto dal European Parliamentary Research Service (EPRS) il 15% dei contadini europei già allora vendeva ben la metà del suo raccolto molto vicino a dove lo produceva[ii].
Una necessità legata alla sopravvivenza dell’azienda, nel caso dell’agricoltura di piccola e media dimensione, la taglia d’azienda prevalente a livello globale, contrariamente a quanto comunemente si pensi. Secondo il Copa-Cogeca, l’associazione mainstream delle aziende agricole europee, gli agricoltori ricevono in media il 21% della quota del valore del prodotto agricolo mentre il 28% va ai trasformatori e fino al 51% ai dettaglianti.
E’ stato il precedente programma europeo di finanziamento della Politica agricola comune (2014-2020) che per la prima volta ha introdotto tra i fondi Pac degli strumenti specifici, e nel suo rinnovo attualmente in corso c’è una forte opposizione da parte dell’industria agroalimentare nel rifinanziamento di queste opportunità. La Commissione europea, secondo quanto ha spiegato di recente Euractiv[iii], ha in mente di lasciare agli Stati membri la possibilità di progettare programmi su misura con un 15% delle loro dotazioni PAC tra pagamenti diretti e sviluppo rurale, scaricando in qualche misura ad essi la responsabilità di decidere se scommettere o meno sulla piccola dimensione. [iv]
Una delle esperienze a livello europeo che potrebbe fare la differenza nella scelta degli Stati a favore di questo tipo di modelli è quella delle Csa: Comunità che Supportano l’Agricoltura che hanno superato in Europa un milione tra produttori e consumatori organizzati, in Francia le 2mila esperienze, stando ai dati più recenti raccolti dal loro network internazionale Urgency[v], in Italia come in altri Paesi europei come Belgio, Germania e Spagna sono intorno a 100[vi].
La CSA crea un rapporto diretto tra chi produce e chi consuma, dove i soci – spesso organizzati in Gruppi d’acquisto solidale -prefinanziano e/o partecipano ai lavori agricoli e quindi fruiscono dei prodotti della terra. La CSA fa sì che produttore e consumatore condividano, così, i rischi di chi coltiva la terra, sottraendo completamente la produzione dalle logiche e dalle strettoie della grande distribuzione e del mercato convenzionale.
Una delle esperienze-pilota in Italia di questa modalità di vivere la produzione agricola all’interno della comunità locale si chiama Arvaia, cooperativa agricola biologica nata nel 2013 a Bologna e strutturata come CSA[vii]. 40 ettari di terreno alle porte della città il cui raccolto di verdura, frutta, tuberi, legumi, cereali, oltre 75 varietà di ortaggi viene suddiviso tra i soci che hanno finanziato l’anno agricolo in corso.
Nel fine settimana del 23-24 giugno molte diverse CSA italiane, formate o in via di formazione, si sono incontrate presso gli spazi di Villa Bernaroli, adiacenti ai terreni di Arvaia, per confrontare le tante diverse sfaccettature in cui l’acronimo CSA ha preso corpo nei diversi territori, con lo scopo finale di creare una rete nazionale che si connetta a quella mondiale di Urgenci[viii].
E nella settimana intorno al 16 ottobre, quando la Fao celebra la Giornata mondiale dell’alimentazione, Urgenci chiamerà a raccolta molte di queste esperienze da tutta Europa per lanciare un messaggio chiaro: già oggi metà degli abitanti della terra vivono nelle città, e potrebbero arrivare al 66% entro il 2050. Se pensiamo che sarà l’industria agroalimentare a sfamarli, guardiamo a un modello che tra sprechi, impatto ambientale, impatto sociale potrebbe contribuire in modo determinante al collasso del pianeta.
Fairwatch, come coordinatore di uno dei progetti della Rete dell’economia solidale italiana, sosterrà la partecipazione di alcuni rappresentanti delle Csa italiane agli eventi di Urgency a Roma e al percorso di formazione[ix] che permetterà a queste esperienze italiane di essere sempre più integrate nella rete europea. Una forza necessaria per orientare la nuova Politica agricola comune, e i piani che ne discenderanno a livello nazionale e regionale, verso una prospettiva più sostenibile e lungimirante della produzione e del consumo di cibo.

*vicepresidente dell’Associazione Fairwatch

QUANTE MELE AL GIORNO TOLGONO IL MEDICO DI TORNO? CONFERENZA FEM A RIVA DEL GARDA

Ci sarà anche un intervento della Fondazione Edmund Mach nell’ambito del 51esimo congresso nazionale Siti, la Società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica, in programma dal 17 al 20 ottobre a Riva del Garda. La conferenza del professore Fulvio Mattivi, moderata da Patrizio Caciagli, direttore dell’Area servizi Apss di Trento e dell’Unità operativa multizonale di patologia clinica, dal titolo “Quante mele al giorno tolgono il medico di torno?” presenterà i risultati degli studi condotti dai ricercatori del Dipartimento Qualità Alimentare e Nutrizione della Fem finalizzati a capire il ruolo salutistico della mela. Le ricerche hanno seguito un percorso che ha utilizzato inizialmente un modello in vitro di fermentazione microbica intestinale, e successivamente condotto interventi nutrizionali sull’uomo con somministrazione di mela in acuto oppure prolungata per otto settimane. E’ stato coinvolto un ampio gruppo di ricercatori, coordinati da Fulvio Mattivi, Kieran Tuohy e Francesca Fava, e tutto ciò è stato reso possibile grazie al sostegno di progetti europei (FoodBall, Cabala_Diet&Health) e nazionali (Ager) ed alla collaborazione con i produttori nazionali (Melinda, Macè). “I risultati ottenuti – spiegano i ricercatori – indicano come le mele, ed in particolare la mela Renetta Canada, ma anche Golden Delicious e Pink Lady, abbiano la capacità di funzionare come efficaci pre-biotici in vitro, con un effetto sul microbiota intestinale superiore a quello indotto dalla fibra.  Inoltre il microbiota intestinale risulta avere un ruolo decisivo per assicurare la biodisponibilità dei polifenoli della mela, largamente mediato dai batteri intestinali. Gli studi ancora in corso stanno delucidando i meccanismi tramite i quali le mele Renetta Canada, assunte regolarmente, possono ridurre significativamente il colesterolo totale ed Ldl e alcune molecole di adesione vascolare importanti nell’insorgenza di ipertensione arteriosa”.

Ricerca di tecnologie genetiche in agricoltura o un nuovo sistema di armi biologiche? Inquietante articolo comparso su Science

Le tecnologie genetiche per l’agricoltura in genere raggiungono i loro obiettivi agronomici introducendo modifiche generate in laboratorio nei cromosomi delle specie bersaglio. Tuttavia, la velocità e la flessibilità di questo approccio sono limitate, poiché i cromosomi modificati devono essere ereditati verticalmente da una generazione all'altra. Nel tentativo di rimuovere questa limitazione, un programma di ricerca in corso finanziato dalla DARPA (Advanced Advanced Projects Agency Agency) degli Stati Uniti mira a disperdere i virus infettivi geneticamente modificati che sono stati progettati per modificare i cromosomi nelle colture direttamente nei campi. Questa è ingegneria genetica che prevede il trasferimento orizzontale, al contrario dell'ereditarietà verticale. Le implicazioni normative, biologiche, economiche e sociali della dispersione di tali agenti di alterazione genetica ambientale orizzontale (HEGAA) negli ecosistemi sono profonde. Inoltre, questo programma stabilisce che i mezzi il trasferimento di questi HEGAA virali nell'ambiente dovrebbero essere la dispersione basata sugli insetti.. Nel contesto degli obiettivi dichiarati del programma DARPA, secondo gli autori la conoscenza acquisita da questo programma appare molto limitata nella sua capacità di migliorare l'agricoltura degli Stati Uniti o di rispondere alle emergenze nazionali (a breve oa lungo termine). Inoltre, vi è stata un'assenza di adeguata discussione sui principali ostacoli pratici e normativi alla realizzazione dei benefici agricoli previsti. Di conseguenza, il programma può essere ampiamente percepito come uno sforzo per sviluppare agenti biologici a fini ostili e i loro mezzi di consegna, che, se fosse vero, costituirebbero una violazione della Convenzione sulle armi biologiche (BWC).


Mercoledì 17 ottobre, prima serata al cinema di Pedemonte in VALPOLICELLA


Tre milioni per la ricerca sul bio coinvolgendo le aziende



È stato firmato il decreto per la ricerca finalizzata allo sviluppo dell’agricoltura biologica, che prevede 3 milioni di euro di risorse per il finanziamento dei progetti. Lo fa sapere il ministero delle Politiche agricole, precisando che si avvia così ‘la selezione pubblica per la concessione di contributi a progetti rispondenti alle tematiche di Ricerca e Innovazione individuate nel Piano strategico nazionale per lo sviluppo del sistema biologico’.
‘È un passo importante per cominciare a costruire una nuova strategia di settore - ha dichiarato il sottosegretario Franco Manzato con delega all'agricoltura biologica -. La filiera ha chiesto a gran voce lo sblocco del provvedimento fermo da tempo, che ha tenuto conto delle indicazioni proposte da tutti gli stakeholder, in particolare prevedendo la partecipazione, in tutte le fasi progettuali, di almeno un’azienda biologica; questo - precisa il sottosegretario - per agevolare l'applicazione concreta dei risultati della ricerca alla realtà produttiva'. 

Secondo Manzato, la ricerca in agricoltura biologica risulta fondamentale per fornire risposte ad un settore che continua a crescere sia in termini di superfici che di fatturato. 

Molti i commenti positivi. Tra questi, quello di Domenico Furgiuele, deputato e segretario regionale della Lega per la Calabria: ‘Si tratta di una opportunità che sono convinto sarà colta con entusiasmo dagli attori di un mondo che ha bisogno di innovazione per mantenersi a livelli altamente competitivi'. 


tratto da:
http://www.greenplanet.net/tre-milioni-la-ricerca-sul-bio-coinvolgendo-le-aziende

Solo bio-agricoltura: il modello Sikkim si presenta a Roma




Pawan Kumar Chamlingprimo ministro dello stato indiano del Sikkim, che ha convertito al biologico il 100% della propria produzione agricola, e Vandana Shiva, presidente di Navdanya International e membro del comitato esecutivo del World Future Council sono a Roma in occasione dell’assegnazione del Future Policy Award, il premio dedicato alle migliori politiche globali per l’agroecologia, organizzato dalla FAO, dal World Future Council e IFOAM Organics International.

Entrambi hanno partecipato al Congresso Internazionale sulla Biodiversità, co-organizzato da Navdanya e svoltosi a Dehradun, India, dal 4 al 6 ottobre. 

Il primo ministro del Sikkim e Vandana Shiva, insieme ad altri partners internazionali quali IFOAM, CISSA,Shumei, UNDP, German Cooperation e Regeneration International hanno congiuntamente annunciato l’iniziativa per un Himalaya totalmente biologico e biodiverso, oltre ad un impegno congiunto mirato alla transizione globale verso un’alimentazione e un’agricoltura senza veleni entro il 2050.

Il modello costruito dal Sikkim, nell’arco di 15 anni, ha dimostrato come un modello agricolo 100% biologico e basato sui principi dell’agroecologia e dell’economia circolare locale sia non solo possibile, ma anche vantaggioso, in quanto le aziende agricole che praticano un’agricoltura biologica e biodiversa sono il 20% più produttive rispetto alle aziende monocolturali che utilizzano input chimici. Il modello agroecologico è in grado di dare vita ad un ciclo virtuoso tra agricoltori, ambiente, territorio e comunità. Il Sikkim diventa così un esempio concreto e riuscito di economia democratica e rappresenta un esempio guida per il resto del mondo, per il futuro della nostra alimentazione e della nostra economia. Navdanya ha collaborato all’iniziativa di convertire l'intero Paese al biologico, fornendo formazione agli agricoltori e ai responsabili istituzionali del settore agricolo.

La presentazione dell’iniziativa a favore della conversione dal sistema agro-alimentare convenzionale, avviene in seguito a una serie di dati recentemente raccolti rispetto alla maggiore profittabilità delle imprese che praticano il biologico all’interesse crescente dei consumatori nei confronti del settore, oltre all’evidenza degli effetti negativi dell’attuale sistema di produzione alimentare sull’ambiente e sulla salute, come ampiamente dimostrato dalla recente pubblicazione di Navdanya International, il Manifesto “Food for Health" (Cibo per la salute), edito da Terra Nuova Edizioni. 

Turismo sostenibile, l’Alto Adige nel network INSTO

Le destinazioni turistiche che si trovano in zone naturalisticamente delicate basano spesso il proprio sviluppo sulle indicazioni di un Osservatorio turistico, appartenente al network internazionale INSTOInternational Network of Sustainable Tourism Observatories. 

Attualmente sono 22 al mondo i membri di questo network, che appartiene all’organizzazione mondiale del turismo in seno alle Nazioni Unite (UNWTO). I 22 membri si sono impegnati a rilevare e analizzare dati turistici, socio-economici e ambientali rilevanti, valutando anche l’impatto che il turismo esercita su società, ambiente ed economia. Il 9 ottobre è stato autorizzato l’inserimento dell’Alto Adige come quarta località europea inserita nel network delle destinazioni già aderenti all’INSTO. Fino a questo momento il modello di sviluppo turistico sostenibile proposto dall’INSTO è stato adottato in Europa dalla costa dalmata, le isole dell’Egeo e la zona del Portogallo meridionale. Oltreoceano un altro dei membri aderenti è il distretto vinicolo di Sonoma in California. 

‘L’Alto Adige rappresenta già di per se stesso un benchmark in tema di sostenibilità e un metro di confronto per quanto riguarda l’efficienza' hanno spiegato il presidente della Provincia e l’assessore competente. Grazie alla diffusione a livello internazionale del concetto di green region applicato all’Alto Adige, la Provincia di Bolzano viene vista come un modello per molte regioni. I dati standardizzati servono unicamente a confermare l’efficacia di questo modello. Nel segno del motto dell’INSTO ‘rasure to better manage', ovvero 'Misurare per gestire meglio', è possibile analizzare e confrontare i numeri e lo sviluppo della stagionalità del turismo, della forza lavoro impiegata in questo settore, i vantaggi economici per la destinazione e la governance, la soddisfazione della popolazione e la gestione di energia, acqua e rifiuti.

L’INSTO prevede che ciascun osservatorio possa rilevare autonomamente ulteriori dati, qualora ritenuti strategici per la destinazione considerata. Per l’Alto Adige si è ritenuto significativo rilevare anche i dati relativi a mobilità, turismo invernale, innovazione, natura, paesaggio, urbanistica, infrastrutture, qualità, collaborazione fra istituzioni ed enti, agricoltura e regionalità. Il lavoro dell’Osservatorio durerà 3 anni e in seguito diventerà probabilmente un’istituzione permanente. 
Nel corso del primo anno (2019) il progetto costerà 132.940 euro, di cui la Provincia di Bolzano verserà 43.000 euro. La restante somma sarà a carico di IDM e di Eurac Research. Le previsioni per il 2020 e il 2021 parlano di una spesa annuale di 112.320 euro. 

In Francia si discute di 14 bambini nati senza mani

In Francia si parla da giorni di un caso che coinvolge la sanità pubblica e quattordici bambini nati senza braccia, avambracci o mani in tre zone rurali, tra il 2007 e il 2017. Tra il 2009 e il 2014 sette bambini nacquero con una di queste malformazioni vicino al paesino di Druillat, nel dipartimento orientale di Ain; le loro famiglie vivevano tutte in un raggio di 17 chilometri da Druillat, vicino a campi coltivati a mais e girasoli. Le stesse malformazioni si presentarono in altri tre bambini nati tra il 2007 e il 2008 nella città di Mouzeil, nella regione occidentale della Loira Atlantica. Tra il 2011 e il 2013 altri quattro bambini nacquero nella città di Guidel in Bretagna, senza braccia, mani o avambracci.
Sul caso è intervenuta l’autorità pubblica francese, che giovedì scorso ha pubblicato i risultati della sua indagine, facendo riparlare di questa storia. L’agenzia ha detto che i casi nell’Ain rientrano nella media nazionale, che è di meno di 150 bambini nati con malformazioni all’anno, mentre gli altri rappresentano una concentrazione superiore. L’agenzia ha escluso cause genetiche e cromosomiche, e ha incontrato le famiglie per stabilire se le madri in gravidanza avessero assunto un cibo, un farmaco, una droga o una bevanda alcolica in comune, cosa che non era successa. Non avendo trovato un’ipotesi comune per l’origine della malformazione, l’ente ha deciso di non proseguire le indagini.
La decisione è stata molto criticata soprattutto da Remera, il Registro delle malformazioni della regione Alvernia-Rodano-Alpi, che ha sede a Lione ed è uno dei sei registri simili istituiti in Francia. L’agenzia accusa l’autorità pubblica di aver fatto «errori» metodologici e sostiene, stando a un’indagine che ha condotto per conto suo, che l’incidenza dei casi sia superiore alla media, circa il 58 per cento in più. Secondo la sua direttrice, l’epidemiologa Emmanuelle Amar, le cause andrebbero ricercate nell’ambiente circostante, che è rurale in tutti i casi: potrebbe essere un pesticida o una medicina data agli animali. A Chalamont, un altro paesino nell’Ain, nello stesso periodo in cui nascevano bambini senza mani erano nati anche alcuni vitelli senza coda.
La tesi di Remera è stata accolta da altre associazioni e politici. L’eurodeputato francese dei Verdi Yannick Jadot sospetta per esempio l’uso di pesticidi dannosi, vista la vicinanza di queste famiglie ai campi di mais e girasole. L’epidemiologo Bertrand Gagnière, che ha guidato l’indagine in Bretagna, ha risposto che «non ci sono prove per dire che è l’ambiente o che è l’agricoltura. In assenza di ipotesi, non ha senso lanciare ricerche in campo aperto, lo sappiamo che non portano a niente».
tratto da:
https://www.ilpost.it/2018/10/08/francia-caso-bambini-senza-mani/

ASPARAGI, IL MERCATO LI CHIEDE BIOLOGICI

In crescita costante a livello mondiale, il comparto degli asparagi mostra enormi potenzialità, trainato da una domanda sempre più forte e ancora non pienamente soddisfatta: attualmente la produzione detiene un’area di 219.580 ettari, ma per riuscire a pareggiare le richieste del mercato dovrebbe occuparne almeno 270.000.
Tra i Paesi produttori, primo su scala globale è la Cina con il 35% della produzione totale. In Europa, la Germania, con le sue 120 mila tonnellate prodotte su un’area di 22.000 ettari, ha recentemente scalzato la Spagna dal gradino più alto del podio, che si ferma a volumi nell’intorno delle 60 mila tonnellate (80% bianco, 20% verde) raccolti in 13 mila ettari di superfici dedicate. Al terzo posto in questa particolare classifica c’è l’Italia, che con le sue 50 mila tonnellate e i suoi 9.500 ettari di asparagiaie (concentrati soprattutto al Sud ed in particolare nel foggiano) è leader indiscussa nella produzione dell’asparago verde.
In termini di stagionalità la produzione italiana inizia in coda a quella spagnola, è quasi contemporanea alla francese mentre anticipa di circa 10/15 giorni quella della Germania. Quest’ultima, produttrice per il 95% di asparago bianco, rappresenta il primo mercato di destinazione per gli esportatori italiani.
Alla domanda del Corriere Ortofrutticolo su quali siano le tendenze produttive in atto in Italia e nel mondo, Luciano Trentini, uno dei massimi esperti su scala internazionale del comparto, ha risposto: “I nuovi impianti sono predisposti per produrre asparagi bio e le nuove tecniche di produzione adottate stanno cercando di intercettare una richiesta di biologico che viene dal mercato internazionale. Ad oggi – continua Trentini – l’asparago è già percepito come un prodotto ‘green’, ed effettivamente lo è. La legislazione, infatti, ha tolto la possibilità di utilizzare tutti i prodotti chimici, dapprima a disposizione, cosicché la si può definire a tutti gli effetti una coltura a bassissimo impatto ambientale. Anche l’Italia sta seguendo tali tendenze e i produttori sono sempre più attratti dal biologico. Per questo motivo, e non solo, sarà dato ampio spazio alle nuove tecniche di produzione bio e biodinamiche durante l’International Asparagus Days, la manifestazione in programma dal 16 al 18 ottobre prossimi a Cesena Fiera. In particolare è previsto un convegno dal titolo ‘Asparagi per il mercato: prodotto convenzionale, biologico, biodinamico’, che si terrà nel pomeriggio di mercoledì 17 ottobre, durante il quale verrà presentata una relazione di CSO sui consumi in Italia e in Europa a cui seguirà una tavola rotonda con i rappresentanti della GDO e gli operatori dei Mercati Ortofrutticoli”. 
E se da una parte la produzione nostrana asseconda tale trend, dall’altra rimane ancorata – non a torto – alle tradizioni: sebbene a livello globale persista un enorme sbilanciamento verso l’asparago bianco, in Italia viene coltivato solo in Veneto. “L’asparago – spiega Trentini – è una coltura che soffre molto della tradizione. Quello bianco è nato in Veneto, dove attualmente occupa tra i 500 e i 600 ettari ed è in espansione. Al Sud, cuore pulsante della nostra asparagicoltura, invece, si continua a produrre il verde. Ciò tuttavia è un vantaggio per noi, poiché a livello globale è perlopiù prodotto il bianco mentre gli stranieri stanno incominciando ad acquistare anche il verde”.
TRATTO DA: http://www.corriereortofrutticolo.it/2018/09/28/asparagi-mercato-li-chiede-biologici/#prettyPhoto


Autunno: Rimedi di semplice erboristeria domestica

Corso erboristeria domestica
Sabato 27 ottobre dalle 15.00 alle 18.30
Relatrici: Silvia e Gloria di Nutrirsi con Amore
Corso di autoproduzione: autunno tempo di raccolto, si guarda l’anno passato e si prende coscienza di quali frutti ottenuti e quali no. Momento in cui si pianifica la direzione della nostra vita e si decide cosa allontanare da noi, lasciandolo cadere con amore come fa l’albero con le sue foglie.
Programma e argomenti trattati
Questo e molto altro vedremo nella prima parte del corso, guidati anche da una breve meditazione per sentire in noi l’energia e l’equilibrio che porta la stagione autunnale.
Nella seconda parte del corso invece conosceremo e realizzeremo dei rimedi naturali fai da te, che ci aiuteranno ad affrontare con dolcezza i vari malanni stagionali.
  • Tisana detox radice tarassaco, ortica, menta (degustazione della stessa).
  • Sciroppo per innalzare le difese immunitarie alla Rosa Canina, Cannella, Zenzero.
  • Gommasio all’equiseto e ortica utile per rafforzare tutti i tessuti del nostro corpo: pelle, capelli, muscoli, tessuti connetivi, ossa.
  • Unguento antidolorifico al peperoncino, curcuma per lenire i vari dolori articolari.
N.B. Ogni partecipante porterà a casa uno sciroppo alla rosa canina fatto con le proprie mani.
Dove e quando: Sabato 27 ottobre dalle 15.00 alle 18.30 presso la sede Biolca a Battaglia Terme (PD)
Relatrici:
 Silvia e Gloria di Nutrirsi con Amore, operatrici nell’ambito erboristico, esperte in rimedi naturali e riciclo creativo.
Quota di partecipazione: € 45,00 per i soci Biolca (i non soci devono aggiungere la quota associativa di E. 20 che dà diritto a ricevere il mensile Biolcalenda per un anno).
Per informazioni e/o iscrizioni: 049 9101155 (Biolca) o 345 2758337 (Martina) o info@labiolca.it