Arbizzano presso località Novare

Ad Arbizzano presso località Novare il sabato mattina è possibile trovare i prodotti bio di varie aziende agricole o piccoli produttori locali. 



Mercato della Terra Slow Food di Sommacampagna

Domenica 3 luglio Slow Food Garda Veronese festeggerà il IV° anniversario del Mercato della Terra di Sommacampagna con la presentazione di due novità: 

La CENA con un menù elaborato con i prodotti del Mercato della Terra al Ristorante Salgari dell’Hotel Saccardi di Caselle di Sommacampagna (prenotazioni: 045 8581400 - info@hotelsaccardi.it).
L’inaugurazione della DISPENSA SLOW FOOD, il nuovo progetto ideato dal Slow Food Garda Veronese con lo scopo di valorizzare i prodotti dei Mercati e presìdi Slow Food, all’interno del Bar dell’Hotel Saccardi nella stazione di servizio dell’Area Monte Baldo, che gode di una posizione strategica, affacciato com’è sull’autostrada A4 direzione Milano.
E se non puoi venire a cena non perderti il consueto appuntamento mensile con il Mercato della Terra in Piazza della Repubblica a Sommacampagna dalle ore 9 alle 13.






Iperico, domenica 10 luglio


 

A Fumane, mercatino autogestito


 

Veneto: verso una filiera corta bio dei cereali antichi

Riscoprire alcune specie antiche, coltivarle, lavorarle e trovare una loro collocazione sul mercato. Questo è quello che da anni molti esperti del settore, in Veneto, stanno facendo per valorizzare la cerealicoltura bio. Per far ciò è stata necessaria la collaborazione attiva degli agricoltori.

Da questa sinergia sono nati progetti come Crescent e Consemi presentati da Giandomenico Cortiana (Consigliere A.Ve.Pro.Bi) e da Tecla Soave (A.Ve.Pro.Bi) nel webinar “La cerealicoltura bio in Veneto. Sementi e cereali: esperienze e attività”, quarto appuntamento sull’agricoltura biologica previsto all’interno del progetto Veneto Biologico, finanziato dal PSR Veneto 2014-2020 e promosso da FederBio.

Il progetto Crescent si è posto l’obiettivo di creare una filiera corta biologica dei cereali antichi sul territorio venetoportata avanti, negli anni, da Consemi che ha studiato e messo in pratica alcuni strumenti utili per consolidare proprio le filiere cerealicole che si sono create. “Quello che è emerso di più durante questo percorso – ha sostenuto Tecla Soave – è la necessità di creare partecipazione attorno allo sviluppo delle filiere, condivisione di esperienze, formazione e informazione”. Non è un caso che a entrare in questa rete è proprio un gruppo di acquisto solidale (GAS) con cui è stata realizzata una comunità del cibo. TERA – acronimo di territorio ecosostenibile per il rispetto della biodiversità – ha unito insieme mondo agricolo, mondo produttivo e consumatori proprio per garantire alle varietà antiche la migliore presenza sul mercato. “È un percorso culturale e di forte formazione che ci consente di dare valore alla biodiversità che, seppure complessa, è una ricchezza”, afferma Giandomenico Cortina.

Ma non solo. Con Casa delle Sementi si è realizzato un vero e proprio luogo fisico e sociale di tutela della biodiversità agricola. 

I semi custoditi nella casa vengono gestiti collettivamente e democraticamente grazie al supporto di una rete di agricoltori distribuiti lungo tutto il territorio veneto. “È stato un percorso lungo fatto con l’Istituto di genetica e sperimentazione agraria Stampelli che ha portato a trasferire agli agricoltori esperienze e metodologie per gestire al meglio le varie tipologie di semi. Attualmente, sono custodite all’interno della Casa 25 varietà, 3 miscugli e 4 popolazioni. In 3 anni di progetto sono stati coinvolti 35 agricoltori e coltivate 300 particelle di coltivazione”, sostiene Valeria Grazian (Rete Semi Rurali). Tra questi anche giovani agricoltori come Matteo Caloi, che con la sua azienda agricola sperimenta e mette in campo gli strumenti proposti dai vari progetti.

Fonte: Vipiù

DA DIPENDENTI A IMPRENDITORI: LA SFIDA DI EL MAT IN VAL DI NONCON IL SUCCO DI MELA BIO

 Elia + Matteo = El Mat. Da dipendenti di un’azienda agricola a imprenditori. Ad una condizione: “volevamo essere biologici, era l’unico approccio con cui avremmo aperto la nostra azienda”.

L’azienda agricola “El Mat”, della Val di Non, produce succo di mela bio e nasce dall’interesse particolare di due ragazzi, Elia Bettelli e Matteo Andreis nei confronti del mondo agricolo e biologico. Abbiamo intervistato Elia Bettelli, uno dei due soci dell’azienda agricola El Mat. Ricopre un ruolo di rappresentante e responsabile della gestione aziendale, oltre ad occuparsi delle pratiche agricole.

Da dove deriva questo interesse per il mercato agricolo e del biologico?

Per Matteo è stata una passione fin da subito, infatti ha iniziato il suo percorso scolastico alla fondazione Edmund Mach, intraprendendo un percorso di formazione professionale agricolo, grazie alla quale ha fatto esperienze in aziende agricole strutturate in Germania.

E a te quando è arrivata l’intuizione?
Per me questo interesse è arrivato in un secondo momento. Ho seguito inizialmente un’altra strada. Ho avuto la possibilità di viaggiare molto. Sia prima che durante i miei studi ho lavorato e studiato a Sydney in Australia, dove ho trascorso un anno della mia vita, per poi tornare a Bologna, dove mi sono laureato in Economia, Marketing e Management, con 7 mesi di lavoro e studio a Lisbona, 6 ad Amsterdam e 6 a Monaco di Baviera. Per poi concludere il mio percorso scolastico con un Master in Sostenibilità Aziendale a Milano. Successivamente ho iniziato ad avvicinarmi al mondo dell’agricoltura nel territorio dove sono cresciuto, la Val di Non.

Come vi siete conosciuti tu e Matteo?
Abbiamo iniziato il percorso in due aziende simili e legate tra di loro e ci siamo conosciuti proprio lì. Dopo un po’ di tempo e ricerche varie, abbiamo deciso di provarci, abbiamo cercato dei terreni in affitto, e comprato i mezzi con un investimento importante. Fin da subito il trasformato è stato di nostro interesse e, quindi, abbiamo deciso di creare anche SUCCOBIO di azienda agricola El Mat

Cosa rappresenta per voi il biologico?
Il biologico è la base della nostra visione aziendale. Volevamo essere biologici. Era l’unico approccio con cui avremmo aperto la nostra azienda, sia per una visione di sostenibilità aziendale a livello ambientale, che gestionale. Per noi, la salvaguardia del territorio in cui viviamo è alla base dello sviluppo aziendale. Siamo anche molto interessati al mondo del Biodinamico.

Cosa troviamo nel vostro catalogo commerciale?
Ad oggi produciamo solo succo di mela biologico ma stiamo cercando di sviluppare nuovi prodotti, probabilmente, mousse di mele, mele secche e altri tipi di trasformato di mela.

Quali sono i vostri canali di vendita?
Tra poche settimane apriremo finalmente il nostro shop online, ma attualmente facciamo ordinazioni mensili nelle città di Bologna, Milano e Firenze serviamo direttamente il cliente.

Quali sono i principali risultati che avete raggiunto da quando è nata El Mat?
Il test dei succhi come prodotto di nicchia particolare è stato uno dei più grandi successi, ma sicuramente riuscire a sopravvivere, a livello economico gestionale, per quasi 2 anni dall’inizio, è il più grande successo, essendo partiti da zero senza terreni né macchinari.

Prevedete delle novità?
Sicuramente le novità ci saranno. Non siamo ancora pronti a parlarne perchè sono in via di sviluppo, ma, sia a livello gestionale tecnologico per il controllo e la gestione del prodotto, che a livello di tipologie di produzione, stiamo cercando di diversificare e migliorare.

Su quali valori si fonda l’azienda?
Per noi è fondamentale la trasparenza nei confronti dei nostri clienti e soprattutto della natura, cosa non scontata. Cerchiamo di minimizzare il nostro impatto ambientale, cosa, ammetto, molto complessa soprattutto all’inizio, ma ci stiamo riuscendo. Per noi è fondamentale la salvaguardia del nostro territorio, lo stesso che ci fornisce alimenti e vita.

All’insegna di quali parole immagina il futuro di El Mat?
Diversificazione, biologico innovativo, prodotti di nicchia particolari ed interessanti.

tratto da: https://greenplanet.net/da-dipendenti-a-imprenditori-lapproccio/

Da sabato 18.06 a sabato 10.09.2022 – San Bonifacio (Vr) – Programma delle «Escursioni tra natura, storia e fede»

 


Seminare fame, raccogliere profitti

Il G7 dovrebbe smettere di promuovere un sistema alimentare che crea fame e malnutrizione e sostenere i movimenti per la Sovranità alimentare e l'Agroecologia 

Fin dall’inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, si è diffuso l'allarme di una crisi alimentare globale. L'invasione in corso starebbe mettendo sotto pressione sia l'offerta globale che i prezzi globali dei prodotti di base, con un calo delle forniture alimentari globali poiché la Russia e l'Ucraina rappresentano il 25-30% del commercio globale di grano e più del 50% del commercio di olio, semi e farina di girasole. Il rischio paventato è che il "granaio d'Europa" non sia in grado di produrre nel prossimo futuro. Secondo la FAO, la Banca Mondiale e l'International Panel of Experts on Sustainable Food Systems (IPES), però, attualmente non c'è alcun rischio di scarsità di cibo a livello mondiale. Questo grazie a scorte di grano più alte del normale e a un buon rapporto scorte/utilizzo. Secondo il Ministero dell'Agricoltura ucraino, il Paese è riuscito a esportare i raccolti del 2021/2022, anch'essi superiori alla media, prima dell'invasione. Perché allora così tanti Paesi stanno affrontando un rischio maggiore di insicurezza alimentare e, nei casi peggiori, di carestia?

Nonostante l'adeguata offerta globale, nella settimana del 7 marzo 2022, i prezzi dei generi alimentari hanno raggiunto il picco più alto della storia. Le carestie e i prezzi dei generi alimentari erano già aumentati durante la pandemia COVID, ma a partire dall'invasione russa, la speculazione finanziaria sul mercato delle materie prime ha subito un forte incremento, in quanto massicce quantità di capitali sono state movimentate da società di investimento in cerca di profitto. L'eccesso di speculazione, l'aumento dei prezzi dei future sulle materie prime e la maggiore volatilità del mercato sono alla base della crisi. Il che significa maggiori guadagni per gli operatori finanziari e le grandi aziende agricole ma anche un'impennata dei prezzi reali degli alimenti.

Come afferma Vandana Shiva, presidente di Navdanya International, "ogni crisi nella storia è stata usata dai monopoli del grano per aumentare i loro profitti e il loro controlloIl cibo è stato trasformato in una merce, in un bene finanziario. La crescita finanziaria e la crescita del denaro generata dal casinò della finanza non portano a una crescita reale dei processi che supportano e sostengono la vita. La deregolamentazione ha invece destabilizzato il sistema finanziario e alimentare globale. Ha creato fondi di gestione patrimoniale come Blackrock e Vanguard. I fondi di gestione degli indici possono moltiplicare le finanze, non il cibo”. Ciò che viene trascurato dalla maggior parte delle analisi sull'attuale crisi alimentare è che il problema non risiede nella mancanza di offerta o di integrazione del mercato, ma nel modo in cui il sistema alimentare è strutturato e dai poteri forti che lo controllano.

Il mondo ha già affrontato una crisi alimentare e di malnutrizione molto prima dell'attuale conflitto. Dall'epoca coloniale, che ha visto l'inizio dell'estrattivismo e dello sfruttamento dei piccoli agricoltori, all'avvento della Rivoluzione Verde e alla concretizzazione del regime di libero scambio globalizzato, abbiamo assistito alla distruzione deliberata della sovranità alimentare a favore delle grandi aziende multinazionali. Non è quindi una coincidenza che oggi stiamo assistendo alla terza grande crisi alimentare degli ultimi 15 anni.

Il sistema agroalimentare globalizzato e industrializzato è responsabile di queste ripetute crisi alimentari, nonostante i suoi continui proclami di essere la migliore soluzione alla sicurezza alimentare globale. Il rigido sistema globalizzato basato sull'agricoltura industriale, sulla finanziarizzazione e sul dominio delle imprese, la mancata trasformazione dei sistemi alimentari, l’eccesso di speculazione e le conseguenze della pandemia, ci stanno esponendo al rischio di carestie.

A prescindere dalla sua evidente insostenibilità, le istituzioni internazionali, i governi e le multinazionali stanno usando la crisi attuale, come hanno usato ogni crisi, per consolidare ulteriormente questo modello fallimentare. Approcci fallimentari continuano a essere spacciati come soluzioni, fra cui "incrementare la produzione a tutti i costi", produrre grano OGM non testato, commercializzare un maggior numero di alimenti sintetici e aumentare la dipendenza dalla digitalizzazione.

In Europa, molti stanno spingendo per la deregolamentazione dei nuovi OGM e dei pesticidi come soluzione alla crisi alimentare. "Ogni disastro è stato sfruttato come un'opportunità dalla lobby degli OGM, che rappresenta lo stesso conglomerato che vende anche prodotti agrochimici tossici", commenta Vandana Shiva. "I cittadini europei devono insorgere e difendere la loro libertà di mangiare cibo senza OGM, il loro diritto alla biosicurezza. Devono scoprire il bluff dei governi che cercano di usare la guerra in Ucraina per scaricare sui cittadini europei OGM non testati e non regolamentati".

Oggi stiamo raggiungendo un punto di non ritorno. L'attuale crisi dei prezzi e la crisi del cibo non sono un sintomo di guerra, ma di un sistema che si è spinto troppo oltre. Nell’attuale stato di crisi multiple che si sovrappongono, spingere ulteriormente su questa strada continuerà a creare crisi globali sempre peggiori. Dobbiamo invece ripartire dal consenso internazionale sulla necessità di creare un'alternativa all'agricoltura industriale e al modello di distribuzione su larga scala.

La dottoressa Vandana Shiva spiega come ci siano altre soluzioni all’attuale crisi alimentare: "L'agroecologia basata sulla biodiversità produce più cibo se misurato in termini di nutrizione e non in termini di resa. I redditi netti degli agricoltori sono più alti quando coltivano la biodiversità per le economie alimentari locali, invece di prodotti di monocoltura ad alta intensità chimica per le catene di approvvigionamento globali. La biodiversità, l'assenza di sostanze chimiche e il cibo locale vanno a vantaggio degli agricoltori, dei cittadini e della Terra".

L'agroecologia non solo aumenta il reddito degli agricoltori, ma aumenta anche la qualità nutrizionale e la salute delle persone, rigenerando il suolo, tutelando l'acqua e la biodiversità e, allo stesso tempo, mitigando i cambiamenti climatici e migliorando la resilienza. Abbiamo bisogno di strategie radicalmente trasformative che riconoscano i bisogni dei popoli, accordino dignità, rispettino la natura, mettano le persone al di sopra dei profitti, si oppongano alla cattura delle imprese e lavorino collettivamente per un sistema alimentare equo e dignitoso per tutti. Abbiamo bisogno di creare Sistemi Alimentari Locali, Biodistretti e reti di economia sociale e inclusiva basate sulla democrazia economica, che includano programmi educativi e mercati agricoli per collegare gli agricoltori biologici locali con la comunità. I governi e le istituzioni regionali e internazionali devono sostenere questi percorsi per trasformare i sistemi alimentari aziendali attraverso l'agroecologia e la sovranità alimentare.

Il conflitto russo-ucraino ha messo ancora una volta a nudo la fragilità dei sistemi alimentari globalizzati e la rapidità con cui le fluttuazioni del mercato si ripercuotono sui più poveri. L'attuale impianto agroalimentare industriale e globalizzato crea crisi alimentari in modo sistematico.

Comunicato Stampa - Navdanya International. Organizzazione fondata 30 anni fa in India dalla Dott.ssa Vandana Shiva che diede origine ad un movimento per la difesa della sovranità alimentare, dei semi e dei diritti dei piccoli agricoltori in tutto il mondo.


Sabato 2 luglio a Parona



 

DA BIODISTRETTO VALPOLICELLA a Terre Biologiche Veronesi









Da Facebook:

Il nostro Biodistretto sta cambiando nome:

🤗 per essere più inclusivi geograficamente
🫵 perché più aziende si possano riconoscere facilmente in quello che facciamo
🤝per raggiungere più persone con iniziative di conoscenza, informazione e promozione
Dopo un processo di condivisione con soci e non, è stato deciso che ci chiameremo:
🌲🥦🥕🍇 TERRE BIOLOGICHE VERONESI 🌳🍒🍐🍎🥬🫑

Da ora, pertanto, le nostre pagine su Facebook ed Instagram cambiano nome......
ma siamo sempre noi, con gli stessi principi guida, con le stesse idee e con la stessa motivazione di promuovere un territorio sano con produzioni e consumi biologici.
🧑‍🌾👩‍🌾 Questa modifica di nome comporta anche una revisione del nostro logo: vi terremo aggiornati sui progressi 
 
💪 Scopri come sostenerci sul nostro sito: https://www.biodistrettovalpolicella.org/unisciti-a-noi.html

Webinar “IL VINO ARTIGIANALE NELLA RISTORAZIONE” mercoledì 29 giugno alle ore 11.00

 

mercoledì 29 giugno alle ore 11.00.

Durante il webinar saranno analizzati il ruolo del sommelier come ambasciatore di questa categoria di vino e la percezione del consumatore nei confronti di questo prodotto non convenzionale.
 

SPEAKERS

Matteo Circella
Sommelier

Classe 1990. È laureato in Economia e Commercio. Nel 2008 inizia i corsi per poi conseguire i Diplomi di Assaggiatore ONAV e di Sommelier Professionista AIS. In seguito, entra a far parte della Commissione di Assaggio per i Vini D.O.C. della Provincia di Genova e nel 2016 vince il concorso come miglior Sommelier della Regione Liguria. Nel 2018 diventa Responsabile Slow Wine per la Liguria. Nel 2021 vince il Premio Speciale Guida Michelin come miglior Sommelier d’Italia 2021, offerto dal Consorzio Brunello di Montalcino. Attualmente gestisce la cantina del BiB Gourmand Guida Michelin La Brinca.

Intervengono

Gilda Musetti
Vignaiola a Il Torchio

Gabriele Da Prato
Vignaiolo Podere Còncori

 

La partecipazione al webinar è gratuita, è possibile registrarsi entro il 28 giugno 2022 alle ore 18:00.

Mascagni (presidente di ECO-BIO Confesercenti): Basta con una visione romantica del bio

 “La situazione attuale della crisi dei negozi specializzati in biologico non è un problema che possa essere risolto dalla politica. È un discorso squisitamente economico in cui le aziende del settore, devono adeguarsi allo scenario di mercato mutato e attivare proprie strategie”. Così Marco Mascagni, presidente di ECO-BIO Confesercentila prima associazione dei dettaglianti specializzati in biologico, nata nel 2011 che vede tra i maggiori punti vendita associati, quelli legati alla catena EcoNaturaSì, ma che complessiva rappresenta una quindicina di aziende e/o insegne bio con i rispettivi store, commenta con favore la nascita della rete di imprese ‘Italia in Bio’.

Intanto, mentre il mercato si preparare a riorganizzarsi in base ai mutamenti nella geografia distributiva, la campagna di promozione del Bio, che partirà dall’autunno prossimo, realizzata dal MIPAAF, ISMEA e Assobio, si annuncia come un elemento importante non solo per la costruzione della domanda di prodotti bio, ma anche per la sopravvivenza degli stessi store specializzati che professano valori e logiche completamente diversi da quelli della grande distribuzione organizzata.

– Come considera la nascita della rete di imprese ‘Italia in Bio’ che si è appena costituita?

“Sono aggregazioni certamente necessitate dalla congiuntura di mercato particolarmente difficile, soprattutto per gli  store specializzati, visto l’ingresso nel settore della GDO che ne erode progressivamente quote di mercato. In passato, nella nicchia agroalimentare bio, composta prevalentemente da negozi e produttori indipendenti, alternativi e fieri di esserlo, si faceva fatica a creare massa critica distributiva proprio per il DNA stesso degli operatori del biologico; mentre adesso, si capisce la necessità di unirsi per far fronte comune e, quindi anche economie di scala, in risposta alla ‘massificazione’ del biologico derivata dall’ingresso della GDO tra i canali distributivi, negli ultimissimi anni”.

– I negozi specializzati denunciano una mancanza di rappresentanza politica. Come lo commenta?

“Non è vero. Innanzitutto c’è questa associazione che nata in sordina nel 2011-2012 ed è diventata a carattere nazionale nel 2015. Peraltro segnalo che la situazione attuale della difficoltà dei negozi specializzati non può essere risolta a livello politico ma è una questione strettamente economica che va affrontata sul mercato tenendo a mente che, una nicchia produttiva qual è il settore bio, non può pensare di avere chissà quale peso politico”.

– Gli obiettivi europei, però, spingono per fare uscire il bio dal concetto di nicchia di mercato…

“Vero e l’ingresso della grande distribuzione, tra i canali di vendita dei prodotti bio, ne è la prova. Tuttavia si fa fatica a fare aggregazione tra distributori come anche tra produttori, proprio per le caratteristiche che le dicevo prima. In passato si sono costituite tante iniziative aggregative e tutte sono naufragate, fino ad oggi. Alcuni operatori, come EcoNaturaSì, sono usciti dal concetto di negozio di nicchia per usare logiche di mercato e non solo più idealisticamente legate al mondo del bio. È necessario se non si vuole soccombere, iniziare ad efficientare la catena di fornitura e creare economie di scala che permettano di giocare sui margini”.

– In che senso?

“Pensando al funzionamento di NaturaSì e al suo rapporto con i tanti fornitori disaggregati, c’è bisogno di aggregazione anche sul fronte produttivo per rendere più agevole la catena di approvvigionamento dei punti vendita. In pratica un conto è avere a che fare con 100 piccoli produttori ognuno col proprio marchio e con il proprio prodotto; un altro, è avere a che fare con uno o, comunque, pochi, fornitori. Questo non è il momento di una visione romantica del bio. Dobbiamo fare i conti con le economie di scala che sono necessarie più che mai anche in considerazione del fatto che usciamo da due anni molto pesanti che hanno trasformato letteralmente le abitudini alimentari del consumatore e limitato in maniera significativa il suo potere di acquisto”.

– Qual è il target di acquirenti dei negozi specializzati?

“Noi abbiamo uno zoccolo duro fatto dal 20% dei nostri consumatori, che esauriscono tutta la spesa nei nostri negozi. L’80%, invece, viene per completare tra i nostri scaffali, il proprio paniere di spesa già realizzato per la gran parte in un supermercato”.

– Qual è stato l’impatto economico sugli specializzati derivato dall’ingresso della GDO nella distribuzione di bio?

“Parlo per le piazze di Bologna e Firenze che conosco meglio. Quello’80% di clienti, chiamiamoli impropriamente ‘generalisti’, è diminuita di circa il 3%”.

– Non sembra una perdita significativa…

“Al contrario. In un piccolo negozio, come sono la maggior parte degli specializzati, con fatturati, per capirci, che arrivano massimo ad un milione di euro l’anno, togliere il 5% del giro di affari significa manderli in forte difficoltà”.

– In che modo si può contribuire, come specializzati, al processo di costruzione della domanda che sta per partire con la mega campagna di promozione del bio che il Mipaaf sta per lanciare nell’autunno e che sarà guidata da Ismea in collaborazione con Assobio?

“Se cresceranno dei consumatori di bio, cresceranno, credo, per tutte le categorie di distributori. L’aumento della domanda verrà spalmata su tutti i canali”.

– Ma i nuovi consumatori, quelli che escono impoveriti dal covid e quindi guardano prima di tutto i prezzi, che si avvicinano per la prima volta al bio, come fanno a capire la differenza di filosofia che sta dietro alle logiche di un grande retailer che vende anche bio, rispetto ad una piccola insegna o a un singolo punto vendita che di Bio vive? Non pensa se la campagna di comunicazione non venga ben studiata possa contribuire a spostare l’asticella verso la GDO che non ha il controllo di tutte le filiere?

“Non penso che perderemo i clienti fidelizzati. Al massimo li aumenteremo. Ma dobbiamo necessariamente rispondere con un efficientemento delle nostre catene di fornitura, lasciando da parte i romanticismi e concentrarci sulle economie di scala”.

tratto da: https://greenplanet.net/mascagni-presidente-di-eco-bio-confesercenti-basta-con-una-visione-romantica-del-bio/

Se ne va un Po’ della nostra vita

Fa una gran paura, genera molta rabbia e una tremenda angoscia guardare le immagini di quel rigagnolo circondato da distese di sabbia. La più grave crisi idrica degli ultimi 70 anni, così ben rappresentata dal simulacro del più grande fiume del territorio italiano, non chiama solo in causa la fulminea progressione dell’avvicinamento degli effetti dei cambiamenti climatici, ignorati fino a ieri l’altro in questo piccolo pezzetto di mondo. Chiama in causa, soprattutto, la florida economia della pianura padana, consegnata mani e piedi al mercato. Oltre ad aver prodotto livelli di inquinamento capaci di rendere il serio problema sanitario prodotto dal Covid19 una tragedia di massa, quell’economia ha messo in campo un’idea di agricoltura, allevamento, industria e produzione energetica vocate al massimo rendimento nel minimo arco temporale. Una relazione predatoria nei confronti del suolo, dell’aria, dell’acqua, dell’energia e della salute delle persone che ha prodotto grandi risultati di fatturato per le industrie dell’agro-business e di utili in Borsa per le multiutility dell’acqua e dell’energia. È un po’ tardi, però, per cominciare ad accorgersi che c’è un conto da pagare.

Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo pesce mangiato, e l’ultimo fiume avvelenato, vi renderete conto che non si può mangiare il denaro». C’è chi attribuisce questa affermazione a Toro Seduto, capo tribù dei nativi americani Sioux Hunkpapa, che l’avrebbe pronunciata qualche mese prima della leggendaria battaglia del Little Bighorn. 

Toro seduto non era uno scienziato dell’Ipcc dell’Onu, ma quella sintesi meriterebbe di essere scritta in tutti gli edifici pubblici del Paese, in questo inizio estate che ci costringerà a fare davvero i conti con la profondità della crisi eco-climatica.

Paradigmatica è la situazione del Po, il più grande fiume italiano, il cui bacino attraversa la pianura padana e l’intera Italia del Nord. Sono le regioni in cui si sono storicamente concentrate un’agricoltura e un allevamento intensivi, una massiccia industrializzazione, la grande industria energetica, nonché grandi concentrati di popolazione urbana e metropolitana.

Tutte figlie del medesimo paradigma, che è la cifra del modello capitalistico: l’idea della crescita economica come termometro del benessere della società, accompagnata dall’uso di beni comuni presenti in natura dei quali si presuppone l’illimitata disponibilità.

Una situazione accelerata dal modello liberista e dal preponderante ruolo assunto dalla finanza, che ha visto il progressivo ritiro delle istituzioni pubbliche tanto dall’intervento diretto in campo economico, quanto da qualunque idea di programmazione e pianificazione dello stesso, delegate alla ‘autoregolazione dei mercati’.

Peccato che esista una contraddizione strutturale fra come la vita delle persone si organizza nello spazio e nel tempo rispetto a come si declina l’economia di mercato.

La vita delle persone si svolge dentro uno spazio limitato, la comunità di riferimento, e si dipana dentro un tempo lungo che attraversa l’intera esistenza.

Al contrario del mercato che si organizza in uno spazio potenzialmente infinito, l’intero pianeta, ma declina le proprie scelte dentro un tempo estremamente ridotto, l’indice di Borsa del giorno successivo. È questa differenza a far sì che gli interessi di mercato siano quasi sempre in diretto contrasto con i bisogni della vita delle persone.

L’economia della pianura padana lasciata al mercato, oltre ad aver prodotto pesanti livelli di inquinamento complessivo che hanno trasformato il serio problema sanitario prodotto dalla pandemia da Covid19 in una tragedia di massa, ha messo in campo un’idea di agricoltura, allevamento, industria e produzione energetica vocate al massimo rendimento nel minimo arco temporale. 

Una relazione predatoria nei confronti del suolo, dell’aria, dell’acqua, dell’energia e della salute delle persone che ha prodotto grandi risultati di fatturato per le industrie dell’agro-business e di utili in Borsa per le multiutility dell’acqua e dell’energia.

Permettendo alle stesse di comportarsi come quell’uomo del film “L’odio” che, cadendo da un palazzo di 50 piani, man mano che passa da un piano all’altro continua ripetersi «fino a qui, tutto bene», misurando il ‘qui ed ora’ della caduta e non l’esito dell’atterraggio. ......

.... il resto dell'articolo lo leggi su: https://comune-info.net/se-ne-va-un-podella-nostra-vita/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=Pace+con+mezzi+pacifici





Gli insetti nemici dell’orto: conoscerli per contrastarli

Quanti agricoltori, veri o per passione, hanno visto i propri sforzi produttivi vanificati dall’attacco improvviso di qualche parassita animale. Tenendo conto che la natura è imprevedibile e che d’altra parte noi amiamo l’orto naturale, tenendoci alla larga il più possibile dalla chimica, sarebbe opportuno conoscere i principali antagonisti del nostro orto per poter correre ai ripari in caso di una loro comparsa.

Ecco una breve lista di insetti parassiti con qualche consiglio per l’eradicazione.

Dorifora: un incubo per patate, melanzane, pomodori e peperoni. Il colorato coleottero nella foto, facilmente riconoscibile anche da un occhio inesperto per via delle strisce nere sul corpo. Dopo un periodo di inattività invernale, riemerge dalla terra in primavera e, con foga, si dedica alla ricerca e all’attacco dei vegetali prediletti. La lotta biologica con la coccinella, la pacciamatura del terreno (ricoprire di paglia il terreno), la rotazione colturale e l’utilizzo del tacchino, ghiotto divoratore di questo insetto, sembrerebbero i rimedi più naturali ed efficaci.
Noctua: con questo termine si indicano numerose specie di farfalle le cui larve deposte in gran quantità in primavera, si nutrono delle foglie delle orticole mettendo a rischio il raccolto. Il piretro, consentito anche in agricoltura biologica, è un’arma naturale da utilizzare contro questi fastidiosi ospiti.
Afidi: i pidocchi delle piante succhiano la linfa e producono danni molto gravi provocando infezioni e richiamando con la “melata”, un prodotto zuccherino, molti insetti (non sempre dannosi). Anche per questi la lotta biologica è la migliore arma: coccinelle e vespe solitarie sono le nostre alleate per eliminare il problema.


Acaro rugginoso: invisibile nemico dell’orto. In particolare il pomodoro avvizzisce, le sue foglie diventano gialle. Purtroppo la lotta biologica in questo caso dà scarsi risultati. Solo alcuni prodotti di sintesi o a base di zolfo sembrerebbero contrastare questa temutissima minaccia.
Questi alcuni insetti dannosi la cui comparsa e proliferazione molto spesso indica uno squilibrio dell’ecosistema. Infatti, in genere dove compaiono dovrebbero arrivare anche i loro nemici naturali in modo che si ristabilisca l’equilibrio naturale.
Non ci sono solo insetti però: funghi, batteri e altre piante possono causare danni al nostro orto. Ma di questo parleremo nei prossimi articoli.

Progetto Prendersi Cura della Terra a Fumane

















Foto delle attività nelle scuole medie di Fumane relative al progetto Prendersi Cura della Terra. Sono stati riciclati cassoni e i ragazzi dopo averli sistemati e dipinti hanno messo le piantine aromatiche e i fiori ovviamente c'é un lavoro di ricerca e sperimentazione che seguirà sulle "officinali " e sulle proprietà curative. La Biodiversità progetto di educazione ambientale promosso da Terra Viva e finanziato dalla Fondazione Cariverona in collaborazione con i Comuni di San Pietro e Fumane.

Domenica 26 giugno 2022 Bio-Escursione tra borghi e sapori dell'Alta Valpolicella

Una collaborazione tra: CTG VALPOLICELLA - Genius Loci - Antica Terra Gentile - Terre Biologiche Veronesi e con il patrocinio di Slow Food Verona

Partenza ore 9,15 da Gorgusello (Fumane) e arrivo a Gorgusello verso le 12,30 per uno spuntino a base di prodotti del territorio biologici
Costo: 15€ a persona
Iscrizione obbligatoria su: https://forms.gle/KgtXrQbxN1bXPAPq8
Per maggiori info:
Riccardo 349 5923868
Andrea 348 4010244



Con Benscelto.it degustazione gratuita di prodotti locali il 18 giugno

Si terrà sabato 18 giugno dalle 10 alle 13 la degustazione gratuita di prodotti locali organizzata da Benscelto.it nell’ambito del progetto camerale “La Buona Scelta si diffonde”. L’iniziativa si terrà all’Azienda Agricola La Folaga Rossa in via Lazzaretto a Verona. Saranno presenti realtà produttive locale che proporranno la degustazione gratuita di formaggi, trasformati con ingredienti biologici, frutta, verdura. In un momento storico di grande sensibilità nei confronti di uno stile di vita ecocompatibile nasce la necessità di valorizzare l’economia locale attraverso scambi e sane/umane relazioni di vicinanza. Il nostro obiettivo è stato quello di realizzare una snella piattaforma on-line che raggruppi le realtà veronesi promotrici di tali progetti.Offrendo i loro prodotti e servizi si prenderanno cura di chi vuole consumare consapevolmente.

L'Ue ignora le prove scientifiche del legame tra il glifosato e il cancro

La denuncia in un rapporto di esperti internazionali. Gli studi sugli animali relativi agli effetti dell'erbicida dimostrerebbero linfomi e tumori, ma il comitato di valutazione nega la connessione.













L'organizzazione ambientalista afferma di aver esaminato attentamente gli 11 studi sugli animali forniti dalle aziende produttrici di pesticidi nel 2019 e che fanno parte del dossier di richiesta del rinnovo della licenza. I due esperti coinvolti avrebbero riscontrato la comparsa di tumori statisticamente significativi, con risultati che supporterebbero la classificazione dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Airc) del glifosato come "probabile cancerogeno". "Linfomi maligni, tumori al rene e al fegato, cheratoacantomi della pelle...il glifosato alimenta il cancro e la lista continua. In dieci degli 11 studi sugli animali che facevano parte del dossier di riapprovazione del glifosato, abbiamo visto che gli animali hanno sviluppato tumori” ha dichiarato Christopher Portier, ricercatore indipendente nella progettazione, analisi e interpretazione dei dati sulla salute ambientale con particolare attenzione alla cancerogenicità.

Licenza in bilico

Il Gruppo di valutazione sul glifosato (Agg) e il Comitato di valutazione dei rischi (Rac) dell'Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) hanno dichiarato pubblicamente nei giorni scorsi che non ci sono prove sufficienti per dimostrare che il glifosato provochi il cancro. In base alla legge europea sui pesticidi, le sostanze che rientrano invece nella classificazione come presunti cancerogeni per la salute umana devono essere rimosse dal mercato degli Stati membri. Per questo se il glifosato fosse inserito nella lista questo provocherebbe il collasso di un business milionario legato alla sostanza, storicamente prodotta dal gigante dell'agrochimica Monsanto e oggi gestito principalemente dalla tedesca Bayer, dopo l'acquisizione nel 2018 della multinazionale statunitense. Con la guerra in Ucraina e la richiesta dell'Ue agli agricoltori europei di produrre di più, il giro d'affari connesso all'erbicida sarebbe aumentato, generando profitti enormi per l'azienda tedesca.

Prove scartate e decisioni rimandate

Per questo motivo Heal accusa gli organismi competenti di stare ignorando tutte le prove presentate da scienziati indipendenti e da gruppi della società civile. "Gli animali esposti al glifosato hanno sviluppato tumori con incidenze significativamente più alte rispetto al gruppo di controllo non esposto, un effetto considerato come prova di cancerogenicità dalle linee guida internazionali ed europee” ha affermato il dottor Peter Clausing, tossicologo e coautore del rapporto, aggiungendo: “Eppure, i valutatori del rischio dell'Ue hanno scartato tutti i risultati dei tumori dalle loro analisi, concludendo che si sono verificati tutti per caso e che nessuno di essi era effettivamente correlato all'esposizione al glifosato" L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), responsabile della revisione della valutazione del rischio del glifosato come pesticida, ha annunciato che ci sarà un notevole ritardo nella pubblicazione delle sue conclusioni.

Sconfiggere il cancro

Una decisione vista con grande sospetto, dato che in questo modo la licenza attuale che garantisce al glifosato di essere in commercio sarà inevitabilmente prorogata per un altro anno. Gli esperti reputano che questo differimento lascerà i gruppi vulnerabili a rischio di esposizione all'erbicida e ai potenziali effetti nocivi sulla salute. Sarà sulla base dei pareri incrociati dell'Echa e dell'Efsa che la Commissione europea e gli Stati membri decideranno sulla richiesta di rinnovo della licenza per i prossimi 15 anni. “Le istituzioni dell'Ue e gli Stati membri non possono più fare affidamento su questa disfunzionale valutazione scientifica per prendere le loro decisioni. La missione dell'Ue per sconfiggere il cancro inizia qui e ora con il divieto del glifosato" ha concluso la dottoressa Angeliki Lyssimachou, esperta scientifica di Heal e coautrice del rapporto.

tratto da: https://www.agrifoodtoday.it/salute/glifosato-cancro-prove-ignorate.html