Non c’è solo il glifosate: le ultime da Bruxelles sugli altri agrofarmaci e non solo
Sicurezza alimentare
Nella riunione del 16-17 giugno scorso a Bruxelles, in una pausa dal tormentone Glifosate, i rappresentanti dei 28 (ancora per poco) Paesi membri Ue hanno discusso di sicurezza alimentare. Vediamo gli argomenti più interessanti.
Dimetoato: allarme definitivamente rientrato, ma in Francia il divieto alle importazioni di ciliege resta
La commissione ha intimato alla Francia, che l’11 giugno scorso ha bloccato le importazioni di ciliege provenienti da Austria, Bulgaria, Croazia, Lussemburgo1, Romania, Repubblica Ceca, Canada, Stati Uniti e Turchia, dove il dimetoato è ancora autorizzato sulla coltura, di calmare i suoi bollenti spiriti e di limitarsi a fermare quelle partite con residui superiori ai limiti, in quanto non è detto che in questi Paesi i coltivatori usino necessariamente il celebre fosforganico sulle ciliege anche se è autorizzato. Nessun problema per le nostre esportazioni e quelle degli altri stati membri della Ue, oltre ad Argentina e Cile. La revisione dei limiti massimi di residuoè stata poi velocizzata, per chiarire le incertezze sui metaboliti che, come da sempre succede, sono state usate come pretesto in una guerra tutta commerciale.
Clorati negli alimenti: altro che glifosate!
Distratti dalla querelle tutta politica sul glifosate, i rappresentanti e la commissione hanno discusso su quale sia l’approccio normativo più efficace per rispondere all’emergenza dei clorati nei cibi, derivanti dall’uso del cloro per la disinfezione delle attrezzature e delle acque nell’industria alimentare.
L’Efsa nel 2015 ha stimato per i clorati una Tdi (Tolerable Daily Intake, dose giornaliera tollerabile) di 3 µg per kg di peso corporeo, livello da non superare per prevenire gli effetti della sostanza sull’uomo e soprattutto sui bambini, in quanto limita l’assorbimento dello iodio, sostanza indispensabile per la tiroide. Se lo confrontassimo con le Adi (Acceptable Daily Intake) dei principi attivi usati in fitoiatria, si collocherebbe nel 10% dei prodotti più pericolosi, per cui merita assolutamente molta più attenzione di quanto ne ha adesso. L'agenzia ha evidenziato come un limite massimo di residuo di 0,7 mg/kg, descritto come “ipotetico” ma probabilmente molto ricorrente nelle analisi provenienti dalla Germania, dove è scoppiato il caso, non garantirebbe una protezione sufficiente delle fasce più deboli di consumatori.
Limiti massimi di residui delle sostanze attive bandite
Quando una sostanza attiva viene revocata in Europa, la normativa comunitaria prevede che qualche tempo dopo la scomparsa dei formulati dal mercato, i suoi limiti massimi di residuo sulle derrate alimentari vengano abbassati al limite inferiore di determinazione analitica. Tutto ciò in teoria, in quanto accordi internazionali prevedono il mantenimento di alcuni limiti per consentire l'importazione di derrate alimentari dai Paesi extracomunitari. Le autorità comunitarie sono quindi chiamate sia a decidere se mantenere in vigore qualche limite massimo di residuo o per consentire le importazioni o di rimuoverli quando le sostanze spariscono anche fuori dall'Europa. Per questo motivo nel 2016 si parla ancora di Lindano: in particolare è stato deciso di considerare separatamente i residui dei tre isomeri di questa vetusta sostanza.
Glifosate
Non possiamo farne a meno: questa volta si è iniziato a discutere dei residui del glifosate nei mangimi e della loro conseguenze sulla salute animale. Indipendentemente da cosa succederà entro la fine di giugno, l'argomento verrà affrontato anche nelle prossime riunioni di questo gruppo di lavoro.
Regolamenti votati
Tradizionali argomenti di discussione del gruppo di lavoro residui, l'assemblea ha approvato 3 regolamenti riguardanti diverse sostanze attive, due di variazione dei limiti massimi di residuo (aclonifen, deltametrina, fluazinam, methomyl, sulcotrione, thiodicarb, cimoxanil, sali di fosfano e fosfuro, sodio 5-nitroguaiacolato, sodio o-nitrofenolato e p-nitrofenolato) e uno di esenzione dai limiti stessi (carvone, fosfato diammonico, Saccharomyces cerevisiae ceppo LAS02 e siero).
Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi
Fonte: AgronotizieNella riunione del 16-17 giugno scorso a Bruxelles, in una pausa dal tormentone Glifosate, i rappresentanti dei 28 (ancora per poco) Paesi membri Ue hanno discusso di sicurezza alimentare. Vediamo gli argomenti più interessanti.
Dimetoato: allarme definitivamente rientrato, ma in Francia il divieto alle importazioni di ciliege resta
La commissione ha intimato alla Francia, che l’11 giugno scorso ha bloccato le importazioni di ciliege provenienti da Austria, Bulgaria, Croazia, Lussemburgo1, Romania, Repubblica Ceca, Canada, Stati Uniti e Turchia, dove il dimetoato è ancora autorizzato sulla coltura, di calmare i suoi bollenti spiriti e di limitarsi a fermare quelle partite con residui superiori ai limiti, in quanto non è detto che in questi Paesi i coltivatori usino necessariamente il celebre fosforganico sulle ciliege anche se è autorizzato. Nessun problema per le nostre esportazioni e quelle degli altri stati membri della Ue, oltre ad Argentina e Cile. La revisione dei limiti massimi di residuoè stata poi velocizzata, per chiarire le incertezze sui metaboliti che, come da sempre succede, sono state usate come pretesto in una guerra tutta commerciale.
Clorati negli alimenti: altro che glifosate!
Distratti dalla querelle tutta politica sul glifosate, i rappresentanti e la commissione hanno discusso su quale sia l’approccio normativo più efficace per rispondere all’emergenza dei clorati nei cibi, derivanti dall’uso del cloro per la disinfezione delle attrezzature e delle acque nell’industria alimentare.
L’Efsa nel 2015 ha stimato per i clorati una Tdi (Tolerable Daily Intake, dose giornaliera tollerabile) di 3 µg per kg di peso corporeo, livello da non superare per prevenire gli effetti della sostanza sull’uomo e soprattutto sui bambini, in quanto limita l’assorbimento dello iodio, sostanza indispensabile per la tiroide. Se lo confrontassimo con le Adi (Acceptable Daily Intake) dei principi attivi usati in fitoiatria, si collocherebbe nel 10% dei prodotti più pericolosi, per cui merita assolutamente molta più attenzione di quanto ne ha adesso. L'agenzia ha evidenziato come un limite massimo di residuo di 0,7 mg/kg, descritto come “ipotetico” ma probabilmente molto ricorrente nelle analisi provenienti dalla Germania, dove è scoppiato il caso, non garantirebbe una protezione sufficiente delle fasce più deboli di consumatori.
Limiti massimi di residui delle sostanze attive bandite
Quando una sostanza attiva viene revocata in Europa, la normativa comunitaria prevede che qualche tempo dopo la scomparsa dei formulati dal mercato, i suoi limiti massimi di residuo sulle derrate alimentari vengano abbassati al limite inferiore di determinazione analitica. Tutto ciò in teoria, in quanto accordi internazionali prevedono il mantenimento di alcuni limiti per consentire l'importazione di derrate alimentari dai Paesi extracomunitari. Le autorità comunitarie sono quindi chiamate sia a decidere se mantenere in vigore qualche limite massimo di residuo o per consentire le importazioni o di rimuoverli quando le sostanze spariscono anche fuori dall'Europa. Per questo motivo nel 2016 si parla ancora di Lindano: in particolare è stato deciso di considerare separatamente i residui dei tre isomeri di questa vetusta sostanza.
Glifosate
Non possiamo farne a meno: questa volta si è iniziato a discutere dei residui del glifosate nei mangimi e della loro conseguenze sulla salute animale. Indipendentemente da cosa succederà entro la fine di giugno, l'argomento verrà affrontato anche nelle prossime riunioni di questo gruppo di lavoro.
Regolamenti votati
Tradizionali argomenti di discussione del gruppo di lavoro residui, l'assemblea ha approvato 3 regolamenti riguardanti diverse sostanze attive, due di variazione dei limiti massimi di residuo (aclonifen, deltametrina, fluazinam, methomyl, sulcotrione, thiodicarb, cimoxanil, sali di fosfano e fosfuro, sodio 5-nitroguaiacolato, sodio o-nitrofenolato e p-nitrofenolato) e uno di esenzione dai limiti stessi (carvone, fosfato diammonico, Saccharomyces cerevisiae ceppo LAS02 e siero).
Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi
- Report della riunione dello Standing Committee on Plants, Animals, Food and Feed, tenutosi a Bruxelles il 16 e 17 giugno.
- Opinione Efsa sui residui di clorati sulle derrate alimentari
1Sì: avete letto bene: Lussemburgo, che nell’ultima rilevazione Fao, risalente al 2012, poteva contare su di un’area coltivata di ben 4 ettari!
tratto da: http://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2016/06/29/non-crsquoe-solo-il-glifosate-le-ultime-da-bruxelles-sugli-altri-agrofarmaci-e-non-solo/49423
VIAGGIO IN ISRAELE / PALESTINA 11 – 16 NOVEMBRE 2016 CON A.Ve.Pro.Bi.
A.Ve.Pro.Bi. (associazione veneta dei produttori biologici e biodinamici) abbiamo organizzato un bellissimo viaggio tecnico / culturale / religioso in Israele e Palestina, nelle date 11 – 16 novembre 2016.
Il viaggio in Israele è stato impostato su tre direttive: informativo / formativo, visitando alcuni famosi kibbutz in cui si pratica l’agricoltura biologica “a tutto campo”, e sperimentale per consocere sperimentazioni e ricerche. Vedremo e verremo informati sulle ultime novità in campo bio.
Il viaggio prevede poi lo spostamento in Palestina dove si incontreranno varie realtà contadine, con tutti i loro problemi dovuti sia alla difficoltà del territorio, sia all’occupazione delle loro terre da parte dei coloni e dell’esercito. Non mancherà poi una visita ai luoghi legati alla storia di Gesù Cristo; sarà con noi anche Silvano Nicoletto del Monastero del bene comune di Sezano che ci informerà sulla storia dei luoghi di culto della cristianità.
Di seguito il programma di viaggio. Il viaggio è aperto a tutti, ma affrettatevi ad iscrivervi perchè i posti sono limitati.
VIAGGIO IN ISRAELE / PALESTINA
11 – 16 NOVEMBRE 2016
1° - ITALIA / TEL AVIV / NAZARETH. Partenza con volo aereo per Tel Aviv. Arrivo all'aeroporto di Tel Aviv proseguimento per Nazareth.(Programma variabile in base agli operativi aerei finali). Sistemazione in hotel notte.
2° - NAZARETH / VALLE DI HULA/ KIBBUZT YIFTAH / NAZARETH. Prima colazione in albergo e partenza per il nord del paese per la visita alla stazione di ricerca Hula valley in cui si sperimentano nuove varietà di alberi da frutto resistenti alle malattie e visita al laboratorio per la difesa biologica. Si prosegue poi con la visita al centro studi per l’irrigazione di Netafim presso il kibbutz Yiftah in Alta Galilea ( sulle problematiche legate alla micro irrigazione e gestione idrica applicata alle colture ed alle ultime novità tecnologiche sull’utilizzo della micro irrigazione e fertilizzazione in ambito dell’agricoltura biologica). Pranzo in corso di escursione. Rientro a Nazareth, visita ai resti archeologici dell’antico villaggio di Nazareth e alla basilica dell’Annunciazione. Cena e pernottamento a Nazareth.
3° -: NAZARETH / LAGO DI TIBERIADE/ KIBBUZ DI ELIYAU / MAR MORTO/ BETLEMME
Prima colazione in albergo, partenza per il lago di Tiberiade, visita ai notevoli resti archeologici della cittadina di Cafarnao con la casa di san Pietro, proseguimento per il monte delle Beatitudini e della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Al termine delle visite si raggiunge il vicino Kibbutz di Eliyau dove si pratica l’agricoltura biologica “a tutto campo” dalla coltivazione di alberi da frutto a ogni tipo di vegetali, all’allevamento bovino ed avicolo ecc… il Kibbutz, grande come un paese, (circa 700 membri residenti) ha sviluppato una ricerca all’avanguardia sul biologico con centri di ricerca al suo interno come il Bio-Bee ( controllo biologico e impollinazione naturale delle colture).Pranzo presso il Kibbutz. Nel pomeriggio, seguendo il fiume Giordano si raggiunge Gerico ed il mar Morto. Breve sosta per un bagno nelle sue acque “miracolose”. In serata si raggiunge Betlemme, sistemazione in hotel, cena e notte.
www.stopglifosato.it è online
Gli elementi essenziali della campagna (cos’è il glifosato, chi siamo, le istanze etc.) sono distribuiti su una “one page” per una lettura semplice e di facile comprensione e per rendere l'esperienza di navigazione intuitiva e piacevole. Le call to action sono evidenziate da icone, posizionate al centro della pagina, che suggeriscono e invitano l’utente (cittadino o organizzazione) a compiere le azioni per diffondere i messaggi della campagna e raggiungere gli obiettivi prefissati. Ampio spazio è stato dato ai social network attraverso icone e link e con una sezione “News” rappresentata proprio da una “vetrina” sulla nostra pagina facebook (news dalla coalizione) e su twitter (notizie dal mondo). La seconda parte sito è rivolta agli utenti che desiderano approfondire i contenuti della campagna e il tema glifosato/pesticidi ed è suddivisa in due macroaree “Approfondimenti” e “Comunicazione”. Nella prima è possibile consultare documenti scientifici, tecnici e divulgativi: http://www.stopglifosato.it/letture-e-approfondimenti/
In “Comunicazione” ci sono tutti i documenti (lettere e comunicati) che esprimono le azioni politiche e verso la stampa svolte dalla coalizione (http://www.stopglifosato.it/comunicazione/comunicati-stampa/
Per quanto riguarda le attività sui social network in vista del prossimo appuntamento europeo del 23 giugno, vi invitiamo a divulgare i banner che riportano i claim della campagna scaricabili dal sito in più versioni (social media kit):http://www.stopglifosato.it/comunicazione/materiali/
Infine, invitiamo a chi non l’avesse ancora fatto ad aggiornare i materiali di comunicazione StopGlifosato sui propri siti (in particolare l’ultima versione del manifesto, logo e banner) scaricandoli dalla sezione “Kit di comunicazione
Burocrazia suicida: chi usa meno pesticidi viene multato!

Spiego meglio. Tra gli obblighi del P.A.N., Piano Nazionale per l’uso sostenibile dei pesticidi, c’è la compilazione del Quaderno di Campagna, in cui l’agricoltore deve registrare i trattamenti effettuati per difendere la coltura dai parassiti. Nel quaderno si indica la superficie trattata, la coltura, l’avversità contro la quale si tratta, il prodotto impiegato e i dosaggi. Le etichette dei fitofarmaci, tra le altre cose, riportano le dosi di prodotto da impiegare per ettolitro di acqua e/o per unità di superficie. Una dosa minima e una massima.
Tali indicazioni, almeno per quanto riguarda le dosi minime, sul piano tecnico sono da intendersi come puramente indicative, come sanno tutti i tecnici e gli agricoltori, in quanto nella realtà vanno modulate in relazione a diversi fattori: prima di tutto lo sviluppo stagionale della chioma, perché stante che su una foglia deve andare una certa quantità di prodotto per essere efficace, è palesemente diverso trattare tre foglie oppure tremila. O no? Poi dipende dalla tecnica di distribuzione, più o meno efficiente: le irroratrici a tunnel, che rappresentano la più avanzata tecnologia di distribuzione in quanto recuperano il prodotto che non si deposita sulla chioma bersaglio, annullando la deriva nell’ambiente, abbattono, in questo modo, la quantità di prodotto distribuito per ettaro, soprattutto all’inizio della stagione, quando la chioma, essendo poco sviluppata, intercetta poco, e quindi gran parte della miscela viene recuperata, fino ad oltre il 70%. Quindi, per fare un esempio concreto, se l’etichetta di un certo prodotto parla di un chilogrammo per ettaro come dose minima, questa è da intendersi per un trattamento a chioma piena e con una macchina irroratrice di tipo tradizionale, non innovativa. Bene, se io registro sul quaderno di campagna una dose più bassa, e per i motivi che ho detto può essere più bassa anche del 70%, mantenendo l’efficacia del trattamento, l’ispettore sanitario mi multa. Si parla di sanzioni da 30.000 euro già irrogate nell’anno in corso per questo motivo.
Non credo che sia necessario aggiungere altro per spiegare la totale assurdità di una situazione in cui un comportamento virtuoso per la salute dell’operatore e dell’ambiente viene sanzionato come illegale da parte della stessa autorità sanitaria. La riduzione dei dosaggi, tra l’altro, abbinata al miglioramento dell’efficienza di distribuzione, è uno degli strumenti chiave per ridurre sia il rischio di residui sul prodotto finale sia il rispetto di alcune regole sull’accumulo nell’ambiente, in particolare i 6 kg per ettaro all’anno di rame per la viticoltura biologica e ora anche per la produzione integrata.
L’unico vero rischio che può comportare un sottodosaggio è la selezione di ceppi resistenti di parassiti, in particolare quando si utilizzano principi attivi sistemici e citotropici ad azione mono-sito (analogamente a quanto può accadere con gli antibiotici), prodotti con la chimica di sintesi, ma anche in questo caso il concetto di sottodosaggio va rapportato alla situazione reale e non a quella teorica. Nessun problema invece per i tradizionali prodotti di contatto come il rame o lo zolfo: il peggio che può succedere è una riduzione dell’efficacia, ma anche questa deve essere valutata in relazione alla pressione del parassita e alle condizioni meteorologiche che lo favoriscono, o meno. Inutile sparare ai passeri con il cannone.
Quindi, fino a che il Ministero della Sanità non avrà emanato un decreto (o forse basta una circolare) che esclude la possibilità di sanzionare il sottodosaggio, per non incorrere nelle sanzioni gli agricoltori hanno due possibilità: la prima, spruzzare nuvole di pesticidi in largo eccesso anche quando non necessario; la seconda, falsificare il quaderno di campagna e scrivere che, avendo 10 ettari, ne ho trattati soltanto tre.
La stupidità della burocrazia non ammette una terza possibilità.
Maurizio Gily è direttore di Millevigne e docente presso il Master di in Cultura italiana del Vino
tratto da:
http://www.slowfood.it/slowine/burocrazia-sudicia-usa-meno-pesticidi-viene-multato/
In pesticidi sostanze che alterano ormoni, nuovi criteri Ue

LA RIVOLTA DEL PAESE DEL PROSECCO: BASTA PESTICIDI SULLE VIGNE!
In tempi di crisi economica e occupazionale, è una notizia che impressiona: nel trevigiano un intero paese si scaglia contro la proliferazione delle vigne per la produzione di prosecco attraverso la chimica. Nonostante sia uno dei vini italiani più conosciuti al mondo, per gli abitanti di Revine Lago, è ora di porre un limite alle coltivazioni che appestano l’ambiente e aggravano la salute con i pesticidi. Il piccolo centro in provincia di Treviso conta 2000 residenti, e già in 800 hanno firmato un appello a Maurizio Martina, per fermare la loro terra “dall’invasione dei pesticidi”.
ASSEDIATI DAI PESTICIDI
A guidare la rivolta contro l’eccesso di chimica nei campi della zona è un produttore biologico, Luciano De Biasi,fondatore del comitato “Basta vigneti”, che si lamenta l’impossibilità di coltivare in modo biologico a causa della pesante presenza di pesticidi. ”Sono costretto – dice De Biasi, come riportato da Repubblica – a consegnare l’uva alla cantina come se fosse prodotta in modo convenzionale in quanto risulta contaminata da pesticidiprovenienti dai vigneti confinanti. Anche lo scorso anno ho fatto analizzare un campione di uve ed è risultato non conforme al decreto ministeriale n. 309 del 13.01.2011 perché è stata riscontrata la presenza di ben quattro pesticidi sopra i limiti consentiti”. A questo si aggiunga che ogni volta che piove, vengono passate ulteriori dosi di fitofarmaci sulle vigne. La questione è delicata, il prosecco docg è una potenza economica, lo scorso anno ha venduto a livello internazionale più bottiglie del diretto competitore, lo champagne. Eppure gli abitanti di Revine Lago, incluso il sindaco, sono determinati ad andare avanti con la battaglia, se non proprio fino a vietare l’uso dei pesticidi, permettendo solo la coltivazione biologica, almeno fino a limitarne pesantemente l’uso.
IL PRECEDENTE DEL MANCOZEB
Del resto, non è la prima volta che gli abitanti della zona si rivoltano contro l’eccessivo uso di pesticidi. Già nel 2012, come raccontava Giulio Meneghello sul Salvagente, furono forti le proteste contro l’uso del mancozeb, un anticrittogamico riconosciuto ufficialmente come interferente endocrino e già allora dichiarato “verosimilmente cancerogeno per l’uomo”, che veniva utilizzato regolarmente nelle colline della Valdobbiadene. Trecentomila chili di un prodotto potenzialmente causa di ipotiroidismo o ipertiroidismo, cancro alla tiroide e danneggiare sia le donne incinte che i loro feti, sparsi anche con l’utilizzo degli elicotteri, nonostante fosse vietato dal 2007. Allora nonostante gli studi scientifici sul mancozeb fossero già conosciuti era stata concessa l’autorizzazione a finire le scorte del prodotto già acquistato, e questo quando persino il Consorzio del Prosecco aveva sconsigliato l’uso di quel pesticida. Eppure il mancozeb non è mai stato ritirato dal commercio e risultata ancora in uso tra quelle colline.tratto da:
http://www.testmagazine.it/2016/06/08/la-rivolta-del-paese-del-prosecco-basta-pesticidi-sulle-vigne/9179/
LE ALTERNATIVE ALL’USO DEL RAME IN AGRICOLTURA
I metalli pesanti non sono soggetti a ulteriori degradazioni nell'ambiente, e anche il rame rientra in questa categoria. Questo metallo è utilizzato soprattutto in viticoltura (ma non solo) per il controllo della peronospora, ed il suo uso a dosi elevate nel tempo ne determina un progressivo accumulo all'interno del suolo con particolare riferimento ad aree a vocazione vitivinicola.
Un agricoltore che voglia coltivare nel rispetto dell’ambiente dovrà applicare strategie e metodi di controllo per ridurre l’uso dei sali di rame, anche tramite il ricorso a sostanze alternative.
Il rame viene utilizzato in agricoltura come antifungino, ed il suo uso è autorizzato anche in agricoltura biologica. In agricoltura biodinamica il suo utilizzo non è consentito sulle colture orticole, ma è ammesso in frutticoltura e viticoltura in caso di necessità; rientra infatti nei prodotti ammessi solo per colture speciali e permanenti, e per piante ornamentali. Il dosaggio non dovrà comunque essere superiore ai 3 kg di rame metallo per ettaro all’anno (ogni formulato commerciale contiene una percentuale variabile di rame metallo, in base al tipo di prodotto).
I 3 kg/ha/anno vanno calcolati nella media di un arco di tempo di 5 anni usando preferibilmente al massimo 500 gr. per ogni trattamento. Nell’arco di un quinquennio non dovranno essere superati i 15 kg/ha/anno, nel caso vi sia un’annata sfavorevole (disciplinare Demeter). Si tratta di un basso dosaggio.
I prodotti rameici devono essere utilizzati in via preventiva, in relazione ai momenti critici determinati da temperature, umidità relativa e piovosità. Mentre per ottimizzare efficacia e quantitativi sarà opportuno utilizzare attrezzature idonee ed efficienti: occorre nebulizzare il getto in maniera adeguata per poter garantire una buona copertura della foglia (sopra e sotto) e della vegetazione. Durante i trattamenti sarà fondamentale evitare il punto di gocciolamento dovuto ad un accumulo eccessivo di liquido sulla foglia; questo accumulo potrà determinare la caduta a terra del liquido con conseguente spreco del prodotto, favorendo anche e soprattutto il bioaccumulo del metallo nel terreno. A tal proposito è consigliabile l’uso di appositi ugelli antideriva per effettuare i vari trattamenti. Mentre una stesura omogenea sulla foglia fornisce risultati migliori garantendo una copertura ottimale, completa ed uniforme. Questo vale comunque per ogni tipologia di trattamento fogliare.
Un uso eccessivo e sconsiderato di questo metallo può portare ad una serie di problematiche non indifferenti, depositandosi nei primi strati di terreno con ripercussioni negative per la vita microbica e lo sviluppo di batteri, funghi e lombrichi, determinando anche una selezione dei lieviti. Il rame è di fatto un metallo pesante ed il suo accumulo nel suolo può avere conseguenze negative, come evidenziato anche da Stefania Tegli, ricercatrice del Dipartimento di scienze delle produzioni agroalimentari e dell’ambiente dell’Università di Firenze: “Il rame che viene utilizzato come antiparassitario tende in pratica ad accumularsi nell’ambiente, in particolare nel suolo. E, dal terreno, può raggiungere e inquinare le falde acquifere, determinando gravissimi rischi ambientali ed ecotossicologici su un ampio spettro di organismi e microrganismi”. Oltre a questo inconveniente, spiega Tegli, vi è un ulteriore rischio: “Il rame determina un aumento allarmante, nella microflora degli agroecosistemi, della percentuale di batteri resistenti agli antibiotici, che finiscono col costituire una sorta di serbatoio di geni per l’antibiotico-resistenza. Questi geni sono presenti su elementi mobili del loro genoma, i plasmidi, che possono essere trasmessi con facilità anche ai batteri patogeni di uomo e animali, rendendoli così a loro volta resistenti agli antibiotici e vanificandone di fatto l’azione profilattica e terapeutica in medicina umana e veterinaria”.
Uno dei settori maggiormente interessati è senza dubbio la viticoltura, per quanto riguarda il controllo della peronospora, nella quale il rame viene utilizzato da circa 130 anni.
Altro problema riguarda la mancanza di vitalità e di attività biologica di molti terreni, privi di humus e sostanza organica, i quali non sono più in grado metabolizzare e degradare eventuali molecole nocive (ovviamente sempre entro certi limiti). Questa azione di filtro e bonifica da parte del suolo è data anche dalla presenza della flora. Un terreno sano e vitale copre un ruolo ecologico molto importante, arrivando a svolgere la funzione di vero e proprio “organo”.
Il rame è comunque un metallo pesante ed è difficile da degradare; per questo sono in corso attività di ricerca per poter individuare strategie e sostanze alternative al suo uso. Non è cosa semplice sostituire il rame poiché rimane (tra i vari rimedi ammessi in agricoltura biologica e biodinamica) quello più efficace. Non è cosa semplice, ma non impossibile. È comunque possibile limitarne i quantitativi.
Elevate concentrazioni di rame all’interno del terreno potrebbero altresì generare fenomeni di tossicità su alcune colture, soprattutto in suoli leggeri e acidi. Questo fenomeno è quasi nullo, invece, in presenza di colloidi umici (humus) grazie al sequestro del metallo, ed anche in terreni argillosi e calcarei. In questi terreni il rame rimane bloccato grazie alla presenza di sostanza organica umificata che immobilizza il metallo.
RIMEDI
La riduzione dei quantitativi di rame si ottiene indiscutibilmente attraverso l’applicazione di una buona agronomia complessiva di base. Ciò è valido per tutte le colture interessate (e non). In agricoltura biodinamica vanno applicati rimedi che siano a favore degli equilibri, evitando quei rimedi pensati invece contro un problema (insetti-cida, fungi-cida, anti-parassitario ecc.), creati per eliminare, debellare, distruggere.
La resistenza delle piante alle malattie è condizionata principalmente da fattori ambientali e agronomici. Sicuramente quello che è l’andamento climatico e stagionale può condizionare fortemente la pressione di una malattia fungina (temperature, umidità, piovosità). Anche la collocazione di un terreno ha una notevole rilevanza in questo senso (esposizione, ventosità, aerazione, luminosità).
a) Il primo elemento da considerare è senza dubbio il terreno. La qualità del suolo, la sua fertilità, la sua vitalità, la sua struttura (così come la biodiversità ipogea) sono fattori centrali per il sano sviluppo di una pianta. La capacità drenante di un terreno rappresenta un fattore determinante poiché i ristagni favoriscono le varie malattie fungine. Lo stesso inerbimento sotto questo aspetto, per quanto riguarda le colture arboree, rappresenta un vantaggio. Un efficace copertura erbacea previene il ristagno idrico (l’altezza della vegetazione dovrà rimanere bassa). Andrà dunque favorito il drenaggio.
A tal proposito sono da evitare passaggi ripetuti e frequenti con macchine pesanti, soprattutto su terreno umido e bagnato. Ciò determina compattamento e asfissia con conseguenze negative per la fertilità e la vitalità del suolo. Sono da privilegiare macchine leggere utilizzate in maniera appropriata.
b) Una fertilizzazione corretta ed equilibrata favorisce la qualità della linfa delle piante, stimolando le naturali autodifese ed una buona formazione dei tessuti. Le migliori opzioni sono (da impiegare in base alle possibilità o necessità): compost biodinamico ben trasformato, sovesci plurispecie, humus di lombrico. Senza mai dimenticare i preparati biodinamici, ed in particolar modo il 501 a base di Silicio. Il Silicio stimola la formazione dell’acido ialuronico incrementando le naturali autodifese. Tramite il Silicio è auspicabile un indurimento dei tessuti vegetali con aumento della resistenza agli attacchi parassitari. Viceversa l’uso di concimazioni azotate spinte determina una eccessiva vigoria delle piante con conseguente indebolimento delle pareti cellulari, arrivando a limitare le naturali capacità di difesa. Un eccesso di vigoria può essere determinato anche da abbondante disponibilità idrica. Proprio le malattie fungine sono favorite da tessuti poco sviluppati o non lignificati correttamente (più appetibili ai patogeni). Dunque la resistenza delle pareti cellulari è determinante, e questa resistenza potrà essere garantita da un ottimale equilibrio vegeto-produttivo. Inoltre una eccessiva disponibilità di sostanze azotate (non elaborate) riduce nei vegetali la produzione di polifenoli.
c) Tramite l’applicazione di potature sensate è possibile migliorare lo stato fitosanitario della pianta. Decisivo sarà il microclima all’interno della chioma che dovrà permettere la circolazione dell’aria ed un ottimale ingresso della luce. Ombreggiamento e umidità, invece, potranno favorire la formazione di patologie. Anche il sesto d’impianto dovrà garantire una adeguata circolazione dell’aria e permettere l’ingresso della luce solare. Le potature verdi possono offrire ottimi vantaggi, così come un corretto diradamento.
d) Sarà necessario utilizzare Varietà e Cultivar idonee al clima e all’ambiente di coltivazione.
Per quanto riguarda le sostanze alternative al rame (che possono permettere di ridurne i dosaggi) è possibile utilizzare vari rimedi. Di seguito alcuni di questi.
Bentotamnio (500-600 grammi per ettolitro). È un prodotto a granulometria fine (polvere) costituito da bentonite, alghe litotamnio e farina di roccia potassica. Si tratta di un corroborante potenziatore delle difese naturali dei vegetali. La bentonite è un’argilla di origine vulcanica costituita principalmente da Ossido di Silicio, Alluminio (fillosilicati) e da micronutrienti naturali. Mentre le alghe litotamnio apportano Carbonato di calcio, Magnesio e numerosi microelementi di origine marina. Oltre a migliorare lo sviluppo dei vegetali il bentotamnio crea una barriera protettiva sulla superficie fogliare utile nella prevenzione di crittogame e fitofagi.
Pròpoli per uso agricolo di qualità. L’efficacia e la validità della Pròpoli dipende dalla sua qualità.
Decotto di Equiseto (Equisetum arvense). Grazie al contenuto di Silicio e Sali solforici rinforza la pianta e previene le micosi. Eventualmente utilizzare Equiseto raccolto nel proprio territorio nel mese di giugno; è possibile conservare tramite essiccazione.
Aggiornamento contenimento AFIDE DEL CIPRESSO
Progetto:
Contenimento
dell’Afide del Cipresso (Cinaria cupressi)
con tecniche a basso impatto ambientale
Nota di aggiornamento
A partire dalla primavera
2016 l’Università di Padova e Agrea hanno effettuato un intenso monitoraggio su
cipressi
presenti nell’area del Lago di Garda, alta pianura e colline veronesi.
Dalle
osservazioni condotte fino ad oggi non sono state individuate
colonie vive di
C. cupressi in nessuno dei siti
campionati ed in particolare:
· non si sono trovate colonie vive di afidi, neanche su esemplari
fortemente sintomatici;
· si notano ancora presenza
di esuvie segno della presenza passata
dell’afide
· sono frequenti, sui rametti
in prossimità dei ricacci e lungo il tronco, emissioni di resina che potrebbero essere
ricondotte alla risposta della pianta allo stress subito.
Questi
risultati sono compatibili con l’andamento stagionale della scorsa estate,
particolarmente caldo e secco che, come noto, limita fortemente lo sviluppo
dell’afide ch invece ama estati miti e piovose.
In
questo contesto appare inutile procedere con la sperimentazione prevista per la
verifica dell’efficacia di prodotti a basso impatto impiegabili per il
controllo dell’afide, e si propone di rimandarla al prossimo anno.
Può
essere comunque interessante procedere con il test in un unico sito con
l’obiettivo di raccogliere comunque delle prime informazioni circa la
fitotossicità dei prodotti e l’eventuale efficacia su colonie tardive di C.cupressi che potrebbero comparire, anche
senza fare danni, a fine estate.
Vi
terremo informati dei prossimi sviluppi.
Dr.
Lorenzo Tosi
AGREA
S.r.l. – Centro di Saggio
Membro
del Comitato Tecnico Scientifico
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In relazione alla iniziativa:
"Contenimento dell’Afide del Cipresso (Cinaria cupressi)
con tecniche a basso impatto ambientale"
promossa dalla Fondazione Il Vittoriale degli Italiani e dall’Associazione Terra Viva Verona,
si comunicano agli enti patrocinanti i primi risultati (rassicuranti) elaborati dal comitato scientifico (Università di Padova e Centro di Saggio Agrea srl)
Vi terremo al corrente degli sviluppi futuri e nel contempo Vi porgiamo i nostri più cordiali saluti
Dr Vittorio Betteloni
per l’Associazione Terra Viva Verona
Enti patrocinanti:
IRVV (Istituto Regionale Ville Venete)
Comune Marano
Comune Peschiera del Garda
Acque vive Sona e Somma Campagna
Comune Cavaion
Comune Lazise
Consorzio Vini Bardolino
Comune di Malcesine
Comune Negrar
Comune Gardone Riviera
Comune di Dolce
Comune di San Pietro in Cariano
Comune di Costermano
Comune di Sona
Comune di Mozzecane
Scuola di Agraria di Monza
Comune di Gorizia
Comune di Garda
Consorzio Vini Valpolicella
Garda Musei
Glifosate: possibile divieto dal 1° luglio
Tuttavia l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) la pensa in modo opposto in base ad altri studi, e proprio per questo i dubbi degli Stati membri sono elevati: continuare o no a utilizzare il glifosate?
Il problema è che la Commissione europea ha scelto di non decidere. Gli Stati membri, infatti, non hanno ancora trovato un accordo nonostante i tempi siano molto stretti. E così, è molto probabile che Bruxelles decida di lasciare ai singoli Stati membri la facoltà su cosa fare nel proprio paese.
I rischi di questa direzione sono molteplici: dal 1° luglio, alcuni paesi potrebbero già vietare l'utilizzo del glifosate, scatenando notevoli disparità all'interno dell'Ue e soprattutto compromettendo l'attività lavorativa di migliaia di aziende agricole, che per il momento non hanno una sostanza alternativa al glifosate.
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