Auguri di serene Festività. TerraViva Verona


Castelrotto in Valpolicella. 
Foto di Graziano Riolfi che ringraziamo per la gentile concessione.

Corso di microbiologia applicata all'agricoltura a Villa Bartolomea


Il corso, una novità assoluta per il nostro paese, aiuterà i tecnici e gli agricoltori a massimizzare le risorse dell’azienda agricola attraverso la riproduzione e l’applicazione dei microorganismi.

Il suolo aziendale viene usato come un vero e proprio magazzino di microorganismi, che in base alle diverse esigenze colturali, vengono allevati e applicati in campo per stimolare e proteggere le colture.


IL FORMATORE:

Rubén Borge, agronomo spagnolo titolare della società Rockinsoils, si è laureato all’università di León (Spagna) e si è specializzato in risorse idriche all’Università di Wageningen (Paesi Bassi).
È consulente per aziende, cooperative e organizzazioni di categoria in molti paesi di Europa, America Latina, Asia e Africa.
Da più di dieci anni si occupa di divulgare e applicare la produzione di mezzi tecnici, e soprattutto dei microorganismi, nelle aziende agricole e negli allevamenti per aumentarne la redditività e l’efficienza.

L'UE ha approvato oltre 100 pesticidi dal giugno 2011

● L'UE ha approvato oltre 100 pesticidi dal giugno 2011 (188 pesticidi secondo la banca dati della Commissione europea), quando è entrato in vigore il nuovo regolamento sui pesticidi che prevede di vietare i pesticidi che sono interferenti endocrini. Questo rapporto di PAN ha analizzato i requisiti di prova su 33 approvazioni ai sensi del nuovo regolamento. I risultati di questo sondaggio sono riportati nel rapporto di oggi.   ● In 31 dei 33 casi, non sono stati condotti test scientifici pertinenti per valutare l'impatto del pesticida sul sistema endocrino umano, nonostante siano disponibili test OCSE.   ● 7 dei 33 pesticidi campionati in questo rapporto sono stati trovati come interferenti endocrini (DE) dalla metodologia del CCR dell'UE nel 2016. Nonostante queste prove, sono stati respinti dalla Commissione come ED (i pesticidi Pendimethalin, Propyzamide, L-cyhalothrin ) o approvato per altri 10 anni con una semplice richiesta di fornire "informazioni" supplementari dal loro produttore (i pesticidi Epoxiconazole, Prochloraz, 2,4-D, Tetraconazole). Le informazioni aggiuntive fornite erano inconcludenti (epoxiconazolo, tetraconazolo), non presentate (prochloraz) o ancora in corso (2,4-D).   ● In modo preoccupante, laddove i test sugli animali hanno dimostrato che i pesticidi avevano potenziali proprietà dannose per il sistema endocrino, l'Agenzia europea per gli standard alimentari (EFSA), la Commissione e gli Stati membri hanno minimizzato questi effetti. Ad esempio, hanno notato l '"effetto indiretto" (del pesticida Fluopyram), o che l'effetto era "solo ad alte dosi" (per il pesticida 2,4-D, Flurochloridon. Eppure li ha ancora approvati senza che l'industria abbia condotto ulteriori test .

L’entomologia a Bologna tra didattica e ricerca


dal 28/11/2019 al 28/02/2020 
Biblioteca di Agraria “Gabriele Goidanich” (viale Fanin 40 - Bologna)

Giovedì 28 novembre 2019 è stata inaugurata la mostra “L’entomologia a Bologna tra didattica e ricerca”, allestita presso la Biblioteca di Agraria “Gabriele Goidanich” (viale Fanin 40 - Bologna), e organizzata in collaborazione con i docenti di Entomologia del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari. La mostra, che resterà aperta al pubblico fino al 28 febbraio 2020, propone ai visitatori un percorso tra passato, presente e futuro delle attività di ricerca e di didattica entomologica compiute, fin dal secolo scorso, presso il nostro Ateneo. Sarà un’occasione per ammirare documenti e strumenti storici, libri antichi, collezioni di insetti, ma anche fotografie al microscopio, macro, insetti vivi e materiale relativo a ricerche attualmente in corso. L’inaugurazione avrà inizio alle 16.30 presso l’Aula Magna del Dipartimento DISTAL e proseguirà con una visita guidata della mostra in Biblioteca. L’evento è gratuito e aperto a tutti gli interessati. 

In vigore le nuove regole sul passaporto delle piante

È entrato in vigore il 13 dicembre, il nuovo Regolamento UE 2016/2031 sulla salute delle Piante, che prevede obblighi per tutti i protagonisti della filiera, da chi importa a chi vende materiali vegetali.
L’obiettivo è scongiurare emergenze fitosanitarie come Xylella, che è costata milioni di euro di danni e ha messo a rischio le nostre produzioni alimentari.
Il regolamento fa parte di un pacchetto di sicurezza alimentare che si estende a tutti i settori e a tutti i player agroalimentari ed armonizza circa 70 precedenti direttive. Entro l’anno è prevista inoltre l’emissione, da parte della Commissione UE, di decreti attuativi che andranno a completare e rendere effettivo il quadro ancora incompleto sulla normativa della salute delle piante. Le nuove norme, inoltre, si applicheranno anche al Regno Unito in tutti i possibili scenari di Brexit, ossia sia nel caso di uscita dall’Unione con accordo che senza.
Per quanto riguarda il settore vegetale, la principale novità, riguarda l’entrata in vigore del nuovo passaporto delle piante. Dal 14 dicembre 2019, tutti i produttori, definiti “Operatori Professionali”, devono emettere un passaporto per i materiali prodotti secondo un formato che sarà unico per tutta la Ue e dovranno anche essere iscritti con un codice “uniforme” al nuovo registro.
L’obiettivo del passaporto non cambia rispetto al passato, a garanzia della sanità dei materiali prodotti. La novità è il maggior numero di soggetti coinvolti negli obblighi e l’estensione del passaporto a tutte le piante, prodotti vegetali e anche alcuni materiali utilizzati.
Sia il passaporto che l’iscrizione al RUOP, ossia il Registro Unico dei Produttori Professionali che riguarda tutti gli operatori della filiera, dovranno servire a ricostruire la catena delle responsabilità e evitare sia l’introduzione che la diffusione di fitopatie delle piante.
In pratica, il Passaporto delle piante è una etichetta ufficiale utilizzata per il trasporto e lo spostamento di determinati vegetali, prodotti vegetali e altri oggetti sul territorio dell’UE (inclusa la movimentazione all’interno di ogni Stato membro) e, se del caso, per la loro introduzione e la circolazione in una zona protetta. Il nuovo passaporto delle piante deve essere apposto sull’unità commerciale più piccola della merce (unità di vendita) come etichetta separata, integrato in etichette esistenti, stampato direttamente su vasi o sull’imballaggio. Sui documenti di accompagnamento (fattura, bolla di consegna etc.) non devono più figurare informazioni relative al passaporto fitosanitario.
Si legge in una nota esplicativa del nostro ministero dell’Agricoltura: “Le nuove prescrizioni relative al passaporto fitosanitario, porranno molte aziende di fronte a una sfida notevole, rendendo necessario un adeguamento dei sistemi e dei processi aziendali. Il SFN, Servizio Fitosanitario Nazionale, offrirà ogni informazione e garantirà il necessario supporto. Per promuovere la comprensione delle nuove disposizioni è stata predisposta una nota informativa ed alcuni esempi grafici inerenti il nuovo formato del passaporto delle piante, nonché una panoramica delle varie tipologie di passaporto e schemi esplicativi per una sua corretta applicazione”.
Il passaporto delle piante si applica a:
– tutte le piante destinate alla piantagione, ad esempio (elenco non esaustivo): piante radicate in vasi o non; talee radicate (e non); portainnesti; nesti, talee; marze; tuberi, bulbi, rizomi, colture di tessuti vegetali etc. La maggior parte delle sementi sono escluse dall’obbligo del passaporto fitosanitario poiché generalmente non rappresentano un rischio fitosanitario.
– le piante, i prodotti vegetali e gli altri oggetti, incluse le sementi di determinate specie (principalmente quelle oggetto di certificazione), elencati in specifici atti di esecuzione della Commissione (tale elenco è in corso di definizione da parte della Commissione e sarà reso disponibile sul sito del ministero).
– le piante, i prodotti vegetali e gli altri oggetti per i quali sono state stabilite prescrizioni particolari incluse le sementi di determinate specie (tale elenco è in corso di definizione da parte della Commissione e sarà reso disponibile sul sito del ministero entro la fine dell’anno).
– il passaporto è inoltre richiesto per l’introduzione e lo spostamento di alcune piante, prodotti vegetali e altri oggetti in determinate zone protette (ZP). Tale elenco è in corso di definizione da parte della Commissione e sarà reso disponibile sul sito del ministero entro l’anno.

tutto da:
https://www.freshcutnews.it/2019/12/13/vigore-le-nuove-regole-sul-passaporto-delle-piante/

Bottiglie bio, al via intesa per tutelare il vino

Siglata da FederBio e Unione italiana vini, mira anche a conservare e incrementare la biodiversità vegetale

Proteggere e migliorare l’ambiente: questo l’obiettivo primario della partnership appena firmata tra FederBio, la Federazione nazionale che da oltre 27 anni tutela e valorizza l’agricoltura biologica e biodinamica in Italia, e Uiv, Unione Italiana Vini, la più rappresentativa associazione del settore vitivinicolo nazionale. Conservare e incrementare la biodiversità vegetale anche attraverso l’ottimizzazione del “Made in Italy” alimentare, puntare sulla qualità e sull’autenticità del vino prodotto in Italia con metodo biologico e biodinamico, regolamentato e certificato, supportare l’internazionalizzazione delle imprese italiane del settore vitivinicolo. Questi gli altri temi al centro dell’accordo tra le due organizzazioni.
Le tematiche relative alla produzione di vino biologico verranno trattate all’interno del Tavolo Tecnico di Uiv già attivato. Inoltre le parti, secondo necessità, si consulteranno per definire insieme iniziative progettuali, divulgative, tecniche, formative e promozionali in Italia e all’estero che potranno svolgersi anche all’interno di sistemi fieristici del settore agro-alimentare.
Negli ultimi otto anni la viticoltura bio italiana è più che raddoppiata (+ 107%  dal 2011 al 2018), inoltre con un’incidenza pari al 15,8% l’Italia è il primo Paese per quota di vigneto biologico sulla superficie vitata totale.
Secondo i dati Sinab, i vini e gli spumanti biologici hanno fatto registrare un incremento sia per quanto riguarda il fatturato (+38,6% nel 2018) che come quota sul totale del comparto con un’incidenza dell’1,4%. Nei primi otto mesi del 2019 le vendite di vino bio nella grande distribuzione hanno raggiunto 35,2 milioni di euro con una crescita esponenziale del 363% rispetto al 2016 (Fonte: Osservatorio Bio Nomisma).
“La coltivazione biologica viene identificata sempre di più come un metodo avanzato che contribuisce a esaltare la qualità dei vini, in particolare quando parliamo di vini legati al territorio, anche nelle piccole denominazioni”. Lo dice la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini. “Data la complessità e la vastità degli obiettivi di sviluppo della vitivinicoltura biologica e biodinamica nazionale – aggiunge Mammuccini –  è importante attivare forme di collaborazione e sinergie come quella con l’Unione Italiana Vini. Questo accordo intende preservare e migliorare la qualità dell’ambiente rurale e rafforzare la capacità competitiva e d’innovazione delle imprese italiane del settore attraverso lo sviluppo dell’agricoltura biologica”

tratto da:
https://www.cambialaterra.it/2019/12/bottiglie-bio-al-via-intesa-per-tutelare-il-vino/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT

Per l’Europarlamento è urgente ridurre l’uso dei pesticidi nelle aree in cui vivono le api e occorre destinare più fondi alla ricerca

Tutela delle api con una riduzione dell’utilizzo dei pesticidi da una parte; obiettivi vincolanti in materia di biodiversità. Sono le due risoluzioni adottate dalla commissione Ambiente del Parlamento europeo, che dovranno essere messe ai voti durante la sessione plenaria che si svolgerà a gennaio.
Con 67 voti a favore, un’astensione e nessun voto contrario, la commissione Ambiente ha approvato la risoluzione che evidenzia l’urgenza di ridurre l’uso dei pesticidi nelle aree in cui vivono le api e dedicare più fondi per la ricerca con l’obiettivo di indagare sulle cause di declino degli impollinatori, sottolineando le “debolezze” dell’iniziativa Ue in materia che la rendono “inadeguata” ad affrontare le principali cause del problema in Europa.

Valutare l’efficacia delle misure nazionali

La commissione propone di stabilire una riduzione dell’uso di pesticidi come “indicatore comune” per valutare l’efficacia delle misure nazionali nella protezione delle api e di altri impollinatori. Indicatori della vitalità della colonia dovrebbero poi essere sviluppati per misurare se le azioni attuate hanno avuto successo. I deputati hanno anche proposto di considerare la riduzione dell’uso di pesticidi come “parte fondamentale” della nuova politica agricola comune (Pac).
Con 60 voti a favore, nove astensioni e nessun contrario, la commissione ha adottato anche la risoluzione che raccomanda di stabilire obiettivi vincolanti a livello globale ed europeo in materia di protezione della biodiversità in occasione della Cop15, il vertice delle Nazioni Unite che si terrà nell’autunno 2020 a Kunming (Cina).

Ripristinare ecosistemi degradati

In particolare, i deputati hanno chiesto che sia garantita la conservazione di tutte le aree naturali, che il 30% degli ecosistemi degradati venga ripristinato entro il 2030 e che la Cop15 per la biodiversità diventi l’equivalente della Cop21 sul clima che ha visto la firma dell’accordo di Parigi.
A tale proposito, hanno invitato sia la Commissione europea che i governi dell’Ue a impegnarsi in sforzi “immediati, sostanziali e supplementari”, sotto forma di obiettivi giuridicamente vincolanti, in materia di conservazione e ripristino della biodiversità. Nell’aprile 2018, l’Ue aveva deciso di vietare completamente l’uso all’aperto dei neonicotinoidi imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam. Tuttavia, diversi Stati membri hanno notificato deroghe di emergenza relative al loro uso.

tratto da
https://www.cambialaterra.it/2019/12/api-e-biodiversita-due-nuove-risoluzioni-ue/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT

Agroecologia

L’agroecologia è un paradigma emergente in grado di soddisfare tutti i criteri di sostenibilità dei sistemi agroalimentari (ambientale, economica e sociale) e si pone in alternativa all’agricoltura industriale, che in questo ha largamente fallito. L’agroecologia è al contempo una disciplina scientifica, un insieme di pratiche eco-compatibili di gestione agricola, e un’aggregazione di movimenti della società che promuovono azioni per la sostenibilità globale, la conservazione dell’ambiente, la salute umana e la sovranità alimentare. Come scienza, l’agroecologia studia le interazioni ecologiche tra diversi organismi al fine di disegnare sistemi produttivi agricoli che si autoregolino e che prevedano il minimo ricorso possibile ad input esterni (concimi, prodotti fitosanitari, medicinali veterinari, ecc.). Come pratica, l’agroecologia promuove sistemi agricoli diversificati basati su un uso consapevole della biodiversità e sui servizi ecosistemici ad essa associati (ad es. il controllo biologico dei parassiti). Come movimento, l’agroecologia sostiene l’agricoltura familiare, le filiere corte, l’uso delle risorse locali, lo scambio di conoscenze tra operatori, cittadini e scienziati, una giusta remunerazione per gli agricoltori e gli allevatori e la riconnessione tra città e campagna. Questo articolo presenta lo sviluppo recente dell’agroecologia a diverse scale (locale, nazionale e internazionale) e alcuni esempi tratti dalla letteratura scientifica che dimostrano come l’agroecologia e l’agricoltura biologica – il modello produttivo più noto tra quelli della galassia agroecologica - possano contribuire significativamente alla salvaguardia dell’ambiente e della salute senza pregiudicare la qualità delle produzioni agrarie, contrariamente a quanto sostenuto da parte dell’accademia. Parole chiave: agroecologia, biodiversità funzionale, sostenibilità. 

L’Agroecologia: per la produzione di cibo nel rispetto dell’ambiente e della salute

Al giorno d’oggi l’agricoltura deve affrontare tre grandi sfide: il cambiamento climatico, la disponibilità di energia e l’insicurezza economica globale. L’agricoltura è al contempo causa e vittima dei cambiamenti climatici e le scienze agrarie sono chiamate a trovare soluzioni tecniche che mitighino gli effetti del cambiamento climatico e si adattino ad esso. Le energie fossili si stanno esaurendo; dato che la produzione di biocarburanti non sembra essere una soluzione sostenibile ovunque, l’approccio migliore al problema è di ridurre l’uso dell’energia e aumentare la sua efficienza nei sistemi agricoli. Questo obiettivo può essere raggiunto sostituendo gli input di origine esterna (ad es. fertilizzanti e pesticidi) con risorse locali rinnovabili offerte dalla biodiversità a livello genetico, di specie e di habitat. Analogamente agli eventi climatici estremi, le fluttuazioni dei prezzi delle derrate agricole più importanti (commodities) si stanno accentuando, creando condizioni di difficoltà per gli agricoltori e i consumatori di larga parte del mondo, aggravate dalla perdurante crisi economica globale. Tutto questo è la conseguenza più o meno diretta del paradigma dominante in agricoltura, noto come “agricoltura industriale”, che ha l’obiettivo di massimizzare la produzione facendo largo uso di input e di energia fossile in aziende sempre più grandi che producono per il mercato globale, creando spesso gravi problemi ambientali e socio-economici e dimostrando, quindi, di essere insostenibile. E’ pertanto urgente cambiare radicalmente paradigma, a livello sia delle modalità di produzione agraria sia dei sistemi di distribuzione, commercializzazione e consumo degli alimenti. L’agroecologia sta emergendo come un nuovo paradigma in grado di soddisfare tutti i requisiti di sostenibilità e ricondurre la produzione di cibo in linea con il rispetto dell’ambiente, della salute e dei diritti degli agricoltori e dei consumatori. Semplificando, si potrebbe descrivere l’agroecologia come l’applicazione della teoria ecologica alla produzione agraria. In realtà, l’agroecologia è assai più di questo. La definizione attualmente più in voga di agroecologia la identifica al contempo come una disciplina scientifica, un insieme di pratiche agricole eco-compatibili e un movimento sociale per la sostenibilità e la sovranità alimentare dei popoli. Dal punto di vista scientifico, l’agroecologia studia le interazioni ecologiche tra i diversi organismi e componenti dell’agroecosistema (microrganismi, piante, animali, paesaggio, tecniche agricole) al fine di disegnare sistemi produttivi agricoli che si autoregolino e che prevedano il minimo ricorso possibile ad input esterni (ad es. concimi, prodotti fitosanitari, medicinali veterinari). Dal punto di vista delle pratiche, l’agroecologia promuove sistemi agricoli diversificati basati sull’applicazione dei concetti della biodiversità funzionale, cioè di quella parte della biodiversità in grado fornire servizi ecosistemici, compresa la produzione delle colture e degli allevamenti6. Ciò, ad esempio, prevede l’uso di rotazioni colturali ampie, di leguminose, compost e altre biomasse al posto dei concimi chimici e la modificazione dell’habitat al fine di attrarre i nemici naturali degli insetti dannosi, riducendo o eliminando l’uso di insetticidi. Dal punto di vista sociale, l’agroecologia sostiene l’agricoltura familiare, le filiere corte, l’uso delle risorse locali, lo scambio di conoscenze tra operatori, cittadini e scienziati, una giusta remunerazione per gli agricoltori e gli allevatori e la riconnessione tra città e campagna. In definitiva, l’approccio agroecologico, attraverso l’instaurazione di una complessa rete di relazioni ecologiche e sociali, punta all’ottenimento della sostenibilità tramite la diversità e la circolarità, ponendosi quindi esattamente all’opposto dell’agricoltura industriale, che è basata sulla semplificazione e sulla linearità7 . 

Il progresso recente dell’agroecologia 

La genesi dell’agroecologia dal punto di vista storico e geografico è ancora dibattuta, ma qui ci interessa soprattutto lo sviluppo recente di questo paradigma, che ha avuto una forte accelerazione negli ultimi 10 anni, grazie anche alla discesa in campo di importanti attori sul palcoscenico internazionale. L’inizio di questa dinamica si può far risalire al 2009, anno in cui viene pubblicato l’articolo di Wezel et al. che definisce l’agroecologia nelle sue tre componenti (scienza, pratica e movimento) illustrate nel paragrafo precedente, e che ha avuto un forte impatto sullo sviluppo dell’agroecologia in Europa. Il 20 dicembre 2010, durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, Olivier de Schutter, relatore speciale per il diritto al cibo, citò espressamente l’agroecologia come modello di riferimento in grado di garantire il diritto al cibo per tutti i popoli al mondo e di porre le basi per uno sviluppo sostenibile e duraturo dei sistemi agro-alimentari planetari. Il contenuto del suo discorso e il consesso in cui lo fece ebbero un forte impatto che, quattro anni dopo, culminò nella decisione del governo francese (il primo in Europa) di puntare sull’approccio agroecologico per lo sviluppo del proprio sistema agro-alimentare. L’anno successivo fu quello dell’Expo a Milano, che è stato un importante crocevia per la promozione dell’agroecologia, in Italia e all’estero. Il 13 e 14 luglio 2015 l’Expo, sotto l’egida del Joint Research Centre della Commissione Europea con sede ad Ispra (VA), ospitò un importante convegno internazionale su agroecologia, intensificazione ecologica e sostenibilità dei sistemi agro-alimentari, durante il quale si posero le basi di importanti azioni concretizzatesi nel triennio successivo. 
Tra queste, merita ricordare: 
- la nascita del settore di agroecologia presso la FAO, che si occupa di promuovere questo paradigma tramite l’organizzazione di eventi, seminari, corsi e varie azioni di comunicazione a livello mondiale (www.fao. org/agroecology); 
- la nascita di Agroecology Europe (www.agroecologyeurope.org), associazione europea per la promozione.
Agroecologia Agroecologia dell’agroecologia nelle sue tre forme di scienza, pratica e movimento;
 - le collaborazioni sempre più strette tra associazioni di ricerca italiane che si occupano di agricoltura biologica (es. RIRAB e GRAB-It) per la promozione dell’approccio agroecologico; 
- la nascita, a fine dicembre 2018, dell’Associazione Italiana Di Agroecologia (AIDA), che si pone gli stessi obiettivi di Agroecology Europe in un contesto nazionale. 

Agroecologia e agricoltura biologica 

Qual è la relazione tra il paradigma agroecologico e i vari modelli produttivi proposti per migliorare la sostenibilità dei sistemi agro-alimentari? Nella Figura 1 è rappresentata la galassia agroecologica, ovvero i modelli produttivi che, in maniera più o meno esplicita, si riconducono all’approccio agroecologico. Non è questa la sede per una disamina approfondita di queste relazioni, anche perché un loro studio sistematico non è stato sinora ancora realizzato. Questo rappresenta un limite alla comunicazione degli obiettivi e delle azioni dell’agroecologia al di fuori della cerchia di accademici, ricercatori e addetti al settore, un limite che dovrà essere superato al più presto in modo da ampliare il consenso e facilitare la transizione agroecologica dei sistemi agro-alimentari. Tuttavia, tra i modelli produttivi riconducibili all’agroecologia ve n’è uno che emerge sia perché rappresenta un caso di successo, soprattutto in Italia, sia perché è oramai ben conosciuto alla maggior parte dei consumatori: l’agricoltura biologica. La relazione tra agricoltura biologica ed agroecologia è sempre stata molto stretta: i quattro principi fondanti dell’agricoltura biologica secondo IFOAM (salute, ecologia, equità e cura) sono anche importanti pilastri dell’agroecologia. Nel nostro Paese, poi, questa relazione è ancor più stretta che altrove e possiamo dire che il recente sviluppo dell’agricoltura biologica in Italia ha facilitato la diffusione dell’agroecologia a livello di pratica e movimento. Dal punto di vista scientifico le basi dell’agroecologia erano già state poste dal lavoro di Girolamo Azzi a Perugia circa un secolo fa e di Alfonso Draghetti a Modena nell’immediato secondo dopoguerra e, prima ancora di loro, da Pietro Cuppari a Pisa a metà dell’800. Tutti questi sforzi sono stati colpevolmente ignorati per decenni da un’accademia focalizzata sulla “rivoluzione verde” come unico modello scientifico da perseguire8. Al giorno d’oggi, il rinsaldarsi della relazione tra agricoltura biologica ed agroecologia, al momento più evidente in Europa che altrove, è considerata un’azione strategica: l’agricoltura biologica può aiutare l’agroecologia a diventare un paradigma vincente, mentre l’agroecologia può aiutare l’agricoltura biologica a mantenersi fedele al proprio spirito fondante9 , evitando di cadere preda delle sirene della “convenzionalizzazione”, ovvero della semplificazione eccessiva delle tecniche produttive e del mercato, rischio che è stato più volte evidenziato10 e che – paradossalmente – deriva proprio dal successo dell’agricoltura biologica. Sintetizzando, si può dire che la principale differenza tra agricoltura biologica ed agroecologia sta nel fatto che la prima è regolamentata da un sistema di norme ben codificato a livello internazionale, europeo e nazionale, mentre la seconda rappresenta una cornice di riferimento all’interno della quale non esistono regole ben precise perché le singole tecniche devono essere ottimizzate in ciascun contesto locale.

Biodistretto Valpolicella e dintorni

da: Biodistretto Valpolicella e dintorni
Verona, 14/12/19
Con la presente invitiamo alla presentazione del "Biodistretto Valpolicella e dintorni" sabato 22 febbraio alle 14.30 2020 presso la sede di San Floriano dell'Istituto Agrario Stefani-Bentegodi, gentilmente concesso, in via Omero Speri 1.
Si tratta di una associazione che raccoglie aziende agricole che adottano già il metodo biologico o che sono in conversione al biologico, che è aperta al confronto ed al dialogo con tutte le altre aziende nell'ottica di una reale sostenibilità.
 Che vuole collaborare con le scuole, le istituzioni, le associazioni e le amministrazioni del territorio per migliorare l'ambiente, l'immagine ed i prodotti, la cultura, l’economia, le relazioni fra le persone, e fra le aziende agricole ed i cittadini. 
L'idea di fondo è di promuovere e far conoscere uno stile di vita di rispetto dell'ambiente e di solidarietà, iniziando dalla terra, con ricerche che diano i mezzi per puntare a migliorare la conoscenza delle problematiche, la fertilità del terreno e a migliorare la biodiversità.
Per questo ci pregiamo di avervi come ospiti insieme alle altre realtà del territorio che in questi anni hanno conseguito obbiettivi e valori coerenti con le finalità espresse poc'anzi.
Per l'occasione l'Istituto Agrario mette a disposizione lo spazio esterno all'aula magna e dei tavoli utili per far conoscere e promuovere le attività delle associazioni del territorio e sviluppare la rete di contatti indispensabili per incidere sulla nostra realtà.
Con l'occasione porgiamo i nostri più sinceri auguri di buone feste.

Il presidente
dott. Mattia Giovannini

per comunicazioni
Andrea 3484010244
info.biodistrettovalpolicella@gmail.com    

Le erbe infestanti contribuiscono a ridurre le perdite di produzione


da AVEPROBI

Mantenere un certo livello di biodiversità tra le piante infestanti che convivono con le colture agrarie contribuisce, al contrario di convinzioni diffuse nella comunità scientifica, a ridurre le perdite di produzione. Le malerbe insomma possono aiutare a ridurre concimazione e pesticidi. E’ il risultato di una ricerca triennale basata su una collaborazione internazionale tra il Gruppo di Agroecologia dell’Istituto di scienze della vita della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e il francese Institute National de la Rechérche Agronomique.
Questo approccio consente di guardare alle produzioni agrarie da una nuova prospettiva: basandosi sulla conoscenza delle interazioni tra specie diverse, si possono mantenere o migliorare le rese agricole, riducendo in maniera significativa concimi e pesticidi.

Leggi l'articolo completo qui
https://www.cambialaterra.it/…/le-malerbe-che-aiutano-a-p…/…
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Aveprobi diffonde la cultura del biologico con il progetto "Gal Patavino - Int. 3.2.1 - Capofila El Tamiso"
https://www.aveprobi.org/progetti/progetto-gal-patavino/

Soddisfazione di Federbio per la proposta del Green Deal UE

“Esprimiamo grande soddisfazione per la nuova strategia di crescita verde per l’Europa presentata al Parlamento EU da Ursula von der Leyen (in foto). Il Green Deal europeo è un vero e proprio cambio di paradigma e tra le proposte l’approccio agroecologico e la transizione verso l’agricoltura biologica per favorire la biodiversità e il contrasto al cambiamento climatico rappresentano alcuni dei punti fondamentali.  Inoltre, c’è una chiara indicazione affinché i piani strategici nazionali della Politica Agricola Comunitaria (PAC) riflettano pienamente l’ambizione del Green Deal e siano indirizzati a ridurre significativamente l’utilizzo dei pesticidi e dei fertilizzanti chimici nonché l’uso di antibiotici e a premiare gli agricoltori per il miglioramento delle prestazioni ambientali e climatiche. Auspichiamo che le direttive europee siano propulsive per una veloce approvazione al Senato della proposta di legge sull’agricoltura biologica, già approvata a grande maggioranza alla Camera”, ha così commentato Maria Grazia Mammuccini (nella foto), presidente FederBio, le 50 proposte della roadmap del Green Deal europeo presentate dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen.
Il documento portato in Commissione prevede anche l’incremento dei terreni coltivati ad agricoltura biologica oltre a una serie di iniziative volte a favorire l’economia circolare, gli investimenti verdi in Europa e la strategia “Dal produttore al consumatore” per progettare  un sistema alimentare giusto, sano e rispettoso dell’ambiente attraverso la diffusione di pratiche sostenibili come l’agricoltura e l’allevamento biologici.
FederBio – si legge infine a tal proposito in una nota della Federazione – valuta estremamente positivi anche i piani strategici finalizzati a ridurre significativamente l’uso di pesticidi chimici, fertilizzanti e antibiotici la cui attuazione non può prescindere dalla conversione al biologico.

Rendere l’economia una leva d’azione nel mondo


Intervista con Esther Duflo (in foto), la più giovane Nobel di sempre, la seconda donna a ottenere il premio in questa disciplina.

tratto da: https://ytali.com/2019/12/14/rendere-leconomia-una-leva-dazione-nel-mondo/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-settimana-ytaliana_2

ther Duflo, premio Nobel per l’economia 2019, è la persona più giovane di sempre e solo la seconda donna a ottenere il premio in questa disciplina. Duflo, professoressa al Massachusetts Institute of Technology (Mit), ha condiviso l’onore del Nobel di quest’anno col marito Abhijit Banerjee, anche lui del Mit, e il professore di Harvard Michael Kremer “per il loro approccio sperimentale per alleviare la povertà globale”, per usare la citazione del Nobel.
L’approccio dei tre ricercatori contempla verifiche random per misurare gli effetti di vari tipi d’intervento. “I loro metodi di ricerca sperimentale ora dominano interamente il campo dell’economia dello sviluppo”, afferma il comitato Nobel, citando l’impatto di queste ricerche sull’istruzione e sull’assistenza sanitaria in paesi come l’India e il Kenya.
Originaria della Francia, Duflo ha conseguito la laurea in storia ed economia, con una tesi sull’impiego della propaganda in Unione Sovietica. Studi e tirocini l’hanno poi convinta che “l’economia potesse essere una leva di azione nel mondo”.
Dopo aver completato un master in Francia, Duflo è arrivata al Mit per il dottorato di ricerca. E, da allora, ci è rimasta. Nel 2003, lei e Banerjee hanno co-fondato, sempre al Mit, l’Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab, un centro di ricerca per mettere in pratica le loro idee. Duflo ha ricevuto una serie di riconoscimenti e onorificenze, culminati col premio Nobel. Insieme a Banerjee, ha scritto L’economia dei poveri. Capire la vera natura della povertà per combatterla (Feltrinelli), una spiegazione del loro lavoro, e Good Economics for Hard Times, recentemente pubblicato, uno sguardo avvincente sui grandi temi di oggi.
Sono andato in auto da Madison, nel Wisconsin, a Milwaukee [la più grande città dello stato del Wisconsin, ndr] a metà novembre per incontrare Duflo alla Marquette University, dove doveva tenere un discorso sui temi del suo nuovo libro. Mi ha gentilmente concesso del tempo prima della presentazione e abbiamo chiacchierato in una sala conferenze, anche delle cose che ci accomunano, come il fatto che gran parte del suo lavoro sperimentale è stato condotto in India, anche nella città natale di mia moglie, Udaipur. Durante l’affollata conferenza, più tardi, Duflo ha riassunto con una frase il suo approccio nello studio dell’economia: “Non esistono formule magiche, ma solo una serie di misure magiche”
Che differenza farà il premio Nobel in economia per il tuo lavoro?
Potrebbe essere estremamente utile perché potrebbe darci molta più visibilità e rispettabilità con i politici. Forse può anche aiutare a catalizzare la nostra energia ed evidenziare i problemi che stiamo studiando e i metodi che usiamo per studiarli.
Ho avuto il privilegio nel 2010 di intervistare Elinor Ostrom, la prima donna a vincere il premio Nobel per l’economia, e ora sto intervistando te, la seconda donna a ricevere quest’onore. Fai parte di un club molto piccolo.
Ostrom però non c’è più [è morta nel 2012, ndr], quindi al momento è un club composto da una sola persona.
Perché l’economia è dominata così tanto dagli uomini?
Penso che ci siano due ragioni. La prima è che si tratta di una cultura alquanto aggressiva. Non credo sia di per sé sessista, ma arriva all’esterno come sessista. Qualcosa al riguardo si potrebbe fare. Non è così difficile cambiare il modo in cui le persone si comportano. L’altro motivo sono gli argomenti. Non tanto gli argomenti in sé su cui si lavora, ma la percezione di ciò su cui si lavora. Sono pochissime le donne che studiano economia. E, comunque, anche la rappresentanza delle minoranze non è migliore.
Certo. Il professor Banerjee è la terza persona di colore a cui sia mai stato assegnato il premio.
Però non c’è mai stato un premio Nobel africano-americano in economia.
Negli ultimi decenni si tende ad assegnare meno il premio Nobel per l’economia a coloro che sposano la prospettiva del libero mercato. L’economia è andata comunque più verso quella direzione, concentrandosi non solo sullo sviluppo, ma studiando tutti i tipi di problemi sociali negli Stati Uniti: assicurazione sanitaria, disuguaglianza, mercati del lavoro e simili. Ma non credo che si sappia. Di solito, il primo corso che le persone seguono spesso le scoraggia, perché non si arriva a parlare di queste cose. Quindi penso che dovrebbero essere cambiate le cose per far entrare più donne e minoranze.
Non mi è mai capitato di leggere un libro tempestivo com’è il tuo nuovo lavoro. Si occupa molto di ciò che sta accadendo attualmente negli Stati Uniti. Che opinione hai sui candidati presidenziali democratici, su come intendono affrontare la povertà?

25 anni di GranCan: da luogo di cura a esperienza di inclusione


“ANTHROPOCENE - L’EPOCA UMANA” Proiezione del film/documentario a San Pietro in Cariano


LUNEDI' 16 DICEMBRE 2019, ore 20:45

“ANTHROPOCENE - L’EPOCA UMANA” 
Proiezione del film/documentario. Di J. Baichwal, N. de Pencier, E. Burtynsky 
(Canada 2018, 87’, v.o. sott. It.) 

Anthropocene è l’ultimo, dopo Manufactured Landscapes (2006) e Watermark  (2013), di una trilogia di documentari sull’impatto delle attività umane sul nostro pianeta. Un viaggio in sei continenti, per accostare i diversi modi nei quali l’uomo sta sfruttando le risorse terrestri e modificando la Terra più di quanto facciano i fenomeni naturali stessi. Una testimonianza potentemente visiva di come l’uomo ha operato sull'ambiente negli ultimi 100 anni, tanto da far parlare di una nuova epoca geologica: l’Antropocene.

- Introduzione da parte dell'Architetto del paesaggio, Flavio Pasqualini ed intervento di un rappresentante dei Fridays For Future di Verona.

ore 20:45/Teatro Noi/via Chiesa, 19/San Pietro in Cariano

Ingresso ad offerta libera (si consiglia un minimo di 3,00 euro per sostenere le spese della serata). 
Ingresso Gratuito per i minorenni. 

PER CHI VOLESSE INOLTRE TESSERARSI (10 euro), FACCIAMO PRESENTE CHE TERRA VIVA SOSTIENE IMPORTANTI PROGETTI FORMATIVI DI EDUCAZIONE AMBIENTALE SUL NOSTRO TERRITORIO QUALI GLI ORTI DIDATTICI DELLE SCUOLE DELLA VALPOLICELLA E L’ORTO TERAPIA 

INFO  gruppoterravivaverona@gmail.com / 333 5213792 /   www.terravivaverona.org 


Incontro/presentazione di Legambiente Valpolicella

Presentazione del Circolo Legambiente Valpolicella e suoi obiettivi. Sarà presente Chiara Martinelli di Legambiente Verona che esporrà alcune tematiche ambientali legate al territorio. Previsto un brindisi per gli auguri di Natale e un piccolo pensiero eco-sostenibile. 

SABATO 14 DICEMBRE 
alle ore 16:00 

Villa Betteloni a Castelrotto  di San Pietro in Cariano.

Ma il legno è davvero sostenibile? Domenica 26 Gennaio 2020 alla Biolca




Domenica 26 Gennaio 2020 dalle 9.30 alle 17.30
Relatrice: Elena Vettore, architetto e autocostruttore
Il legno è presente ovunque all’interno delle nostre case, ma cosa sappiamo veramente di questo splendido e diffusissimo materiale?
In questo seminario indagheremo sui numerosi trattamenti e lavorazioni che il legno subisce prima di diventare oggetto di arredo per capire quando è sano e sostenibile.
Durante la giornata di seminario impareremo a coltivare l’innato legame emotivo che ci connette al legno, comprendendo allo stesso tempo cosa si nasconde oltre la superficie. Dedicheremo quindi particolare attenzione ai tipi di verniciatura e incollaggio, offrendo alternative sane e sostenibili e imparando, attraverso prove pratiche, come scegliere ed usare trattamenti naturali che curino il legno senza emettere sostanze dannose.
Il seminario è rivolto soprattutto a chi vuole creare un ambiente sano e sicuro per la propria famiglia e che cerca alternative pratiche e creative al paradigma “sano è costoso”.
Contenuti:
  • provenienza del legno, certificazioni FSC e PEFC;
  • derivati del legno: OSB, MDF, compensato, truciolare…
  • panoramica sulle diverse essenze ed effetti benefici sulla salute;
  • emissioni dannose di collanti e vernici;
  • pavimenti in legno (parquet, laminati…): rischi e alternative sostenibili;
  • porte e finestre in legno: come sono fatte?
  • mobili low cost o mobili di design: la sostanza non cambia;
  • accenni sul tema delle case in legno;
  • come avere mobili economici ma sani in legno massello;
  • accortezze da usare per mobili in pallet o cartone; parte pratica:
  • come scegliere e usare vernici e trattamenti naturali in commercio;
  • come creare colorazioni e trattamenti naturale fai da te;
Relatrice: Elena Vettore, architetto e autocostruttore, profondamente appassionata di permacultura e sostenibilità. Cura il sito 8plan.net
Dove e quando: Domenica 26 Gennaio 2020 dalle 9.30 alle 17.30 presso la sede Biolca a Battaglia Terme PD
Quota di partecipazione: € 60,00 per i soci Biolca (i non soci devono aggiungere la quota associativa di € 22,00 che dà diritto a ricevere il mensile Biolcalenda per un anno).
Nell’intervallo di mezzogiorno, possibilità di pranzare in sede con un menù biologico vegetariano (contributo € 10).
Adesioni: il corso è a numero chiuso e le adesioni verranno raccolte in base all’ordine di arrivo.
SCONTO SPECIALE per voi e ogni amico che porterete: regalerete ad entrambi uno sconto di 10€ (comunicarlo all’atto dell’iscrizione).


Per informazioni e/o iscrizioni: 049 9101155 (Biolca) o 345 2758337 (Martina)
o info@labiolca.it - BIOLCA in via G. Marconi 13 - 35041 Battaglia Terme - PD
049 910 1155

Fondazione MAST di Bologna. Da conoscere



ORARI FESTIVITA'

24.12.19 dalle 10.00 alle 16.00
25.12.19 dalle 12.00 alle 19.00 
26.12.19 dalle 10.00 alle 19.00
31.12.19 dalle 10.00 alle 16.00 
01.01.20 dalle 12.00 alle 19.00 

Fondazione MAST
Via Speranza, 42
40133 Bologna

www.mast.org

Con la Brexit arriva il pollo al cloro



Tra le conseguenze negative che i britannici subiranno per l’uscita dall’Unione Europea potrebbe esserci il ritrovarsi con livelli più elevati di pesticidi negli alimenti. Anche se il governo inglese ha dichiarato che gli elevati standard ambientali in materia previsti nella legislazione Ue saranno mantenuti nel post Brexit, sono molti a pensare che le cose potrebbero non andare così.
Per due ragioni.  Prima di tutto perché l’uscita dalla Ue potrebbe creare buchi normativi che consentirebbero – per esempio – l’utilizzo di maggior quantità di pesticidi. In secondo luogo perché, al di fuori delle regole Ue, il Regno Unito potrebbe stipulare singoli accordi commerciali che consentirebbero di importare alimenti contenenti quantità di residui oggi non permessi.
Il dato certo è che finora l’Ue è stata una sorta di volano delle politiche ambientali del Regno Unito: circa l’80% della normativa ambientale inglese riguardante inquinamento, rifiuti, pesticidi, emissioni ha origine dal recepimento della legislazione (direttive, regolamenti, decisioni) comunitaria. Nel momento in cui la Brexit diventerà realtà sarà necessario riordinare la normativa del Regno Unito in materia. Un processo lungo e complesso che creerà un vuoto normativo difficilmente colmabile prima del 2021.
“Finora la Commissione europea ha svolto un ruolo di stimolo e di inquadramento generale sulla normativa ambientale e sull’introduzione di standard di qualità elevata. Questo ruolo è tuttora fondamentale: se si dovesse indebolire – non solo per la Brexit ma anche in seguito a defezioni/allontanamenti di altri Paesi – si avrebbe un contesto che aprirebbe la strada a situazioni dove la convenienza di un singolo Paese potrebbe essere messa avanti alla sicurezza alimentare e alla tutela ambientale”, sottolinea Lorenzo Ciccarese, responsabile dell’Area per la conservazione e degli habitat e per l’uso sostenibile delle risorse agro-forestali di Ispra.

Brexit, ci sarà ancora un approccio precauzionale?

“Le norme dell’Unione europea, attualmente vigenti anche nel Regno Unito, adottano un approccio ‘precauzionale’ alla regolamentazione degli alimenti e dei manufatti: sono consentiti solo prodotti e processi che si sono dimostrati sicuri“, aggiunge Ciccarese. “Mentre ad esempio gli Stati Uniti – Paese con cui il Regno Unito intende aprire in futuro rapporti commerciali privilegiati, a partire dai prodotti agro-alimentari — usano un approccio diverso, autorizzando tutto ciò di cui non è stata ancora dimostrata la pericolosità. Come i polli trattati con soluzioni a base di cloro, ammessi negli Usa ma banditi nell’Ue, che gli inglesi potrebbero ritrovarsi in tavola”.
D’altronde i rischi ambientali posti dalla Brexit agiranno in entrambe le direzioni. Da sempre il Regno Unito ha spinto ad esempio per alzare le ambizioni climatiche all’interno dell’Ue, anche nei negoziati internazionali e di tutela della biodiversità in ambito Onu, sollecitando una politica agricola comune più verde.  L’Ue potrebbe avere difficoltà a mantenere lo slancio politico su questi temi con il Regno Unito non più parte dell’Unione.
Proprio per mettersi al riparo dagli effetti negativi di un’uscita disordinata dalla Ue, numerosi gruppi ambientalisti oltremanica stanno facendo pressioni sulle istituzioni affinché la Brexit possa diventare un’opportunità per definire un quadro regolatorio ancora più chiaro e severo in materia di pesticidi. In tale ottica va letta l’azione portata avanti da Pesticide Action Network e Soil Association nel rapporto “The Cocktail Effect”, nel quale  si sostiene come proprio l’uscita dalle Ue potrebbe essere l’occasione buona per ridurre l’uso di pesticidi e migliorare i sistemi di monitoraggio.

In 30 anni aumentati uso di pesticidi nel Regno Unito

Negli ultimi 30 anni infatti l’impiego di pesticidi ed erbicidi nel Regno Unito è decisamente aumentato con pesanti conseguenze per la salute e l’ambiente. A preoccupare in particolare è l’effetto cocktail visto che, secondo recenti studi, in alcuni prodotti alimentari presenti sul mercato inglese sono stati trovati fino a 14 differenti residui di pesticidi. Un problema che riguarda non solo la salute umana ma anche l’ambiente che è risultato contaminato con un cocktail di pesticidi nei due terzi dei terreni testati.
“Anche nell’ambito dalla ricerca le ripercussioni della Brexit o meglio di un sentire meno comune potrebbero essere disastrose”, conclude Ciccarese. “I programmi di ricerca europei  – penso a Horizon 2020 e a Horizon plus Europe che gli succederà – sono finanziati dalla Commissione: è chiaro che una Commissione meno coesa  è meno forte e meno in grado di mettere a segno studi e programmi in un’ottica di sostenibilità”.

tratto da: https://www.cambialaterra.it/2019/12/con-la-brexit-arriva-il-pollo-al-cloro/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT

Ogni mezz’ora perdiamo 500 ettari di terra fertile

Serve una gestione sempre più sostenibile del suolo. In occasione della sua giornata mondiale, FederBio ricorda l’importanza di tutelare la fertilità del terreno, preziosa risorsa dove si concentra gran parte della biodiversità del pianeta in termini di organismi viventi.
Dai dati Fao, si stima che oltre il 33% dei suoli mondiali sia moderatamente o fortemente degradato. Il fattore preoccupante è che, nel mondo, ogni mezz’ora vengono persi 500 ettari per erosione, inquinamento o cementificazione. Mentre per formare 1 centimetro di suolo fertile occorrono dai 100 ai 1000 anni.
L’agricoltura intensiva, la monocoltura, l’uso di diserbanti e concimi chimici di sintesi sono tra gli elementi che più impoveriscono il terreno, riducendo la materia organica e la concentrazione di microrganismi e quindi la fertilità.
Secondo un recente studio, l’erosione in Italia interessa un terzo della superficie agricola del Paese e genera una perdita annuale di produttività pari a 619 milioni di euro. Al contrario l’agricoltura biologica e le colture organiche regalano sostanze nutritive al terreno, invece che esaurirlo, e consumano il 45% in meno di energia. Il mantenimento della fertilità dei suoli nell’agricoltura biologica rappresenta infatti un presupposto fondamentale per consentire alle colture condizioni più salubri ed equilibrate e quindi la rinuncia all’impiego di input chimici di sintesi.

Suolo, Mammuccini: necessario e urgente impegno di tutela

“Un terreno degradato riduce la sua capacità di mantenere e immagazzinare carbonio, contribuendo a minacce globali come il cambiamento climatico”. Lo dice Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. È quindi necessario e urgente – continua – “un impegno finalizzato a prevenire il deterioramento irreversibile del suolo e ad accelerare l’attuazione delle misure di ripristino e per questo è fondamentale investire in termini strategici per la diffusione dell’agricoltura biologica e biodinamica basate proprio sull’aumento della fertilità del suolo. Anche la Fao indica come strategico l’approccio agroecologico di cui l’agricoltura biologica rappresenta il modello più avanzato ed efficiente, in grado di rispondere concretamente a obiettivi fondamentali come il contrasto al cambiamento climatico, la tutela della biodiversità e la fertilità dei terreni”.


Ultimo appuntamento 2019 di Terra viva Verona.



LUNEDI' 16 DICEMBRE 2019

“ANTHROPOCENE - L’EPOCA UMANA” 
Proiezione del film/documentario. Di J. Baichwal, N. de Pencier, E. Burtynsky 

(Canada 2018, 87’, v.o. sott. It.) 
Anthropocene è l’ultimo, dopo Manufactured Landscapes (2006) e Watermark  (2013), di una trilogia di documentari sull’impatto delle attività umane sul nostro pianeta. Un viaggio in sei continenti, per accostare i diversi modi nei quali l’uomo sta sfruttando le risorse terrestri e modificando la Terra più di quanto facciano i fenomeni naturali stessi.

Una testimonianza potentemente visiva di come l’uomo ha operato 
sull'ambiente negli ultimi 100 anni, tanto da far parlare di una nuova 
epoca geologica: l’Antropocene.
- Introduzione da parte dell'Architetto del paesaggio, Flavio Pasqualini ed intervento di un rappresentante dei Fridays For Future di Verona.

ore 20,45/Teatro Noi/via Chiesa, 19/San Pietro in Cariano

Ingresso ad offerta libera (si consiglia un minimo di 3,00 euro per sostenere le spese della serata). 
Ingresso Gratuito per i minorenni. 

PER CHI VOLESSE INOLTRE TESSERARSI (10 euro), FACCIAMO PRESENTE CHE TERRA VIVA SOSTIENE IMPORTANTI PROGETTI FORMATIVI DI EDUCAZIONE AMBIENTALE SUL NOSTRO TERRITORIO QUALI GLI ORTI DIDATTICI DELLE SCUOLE DELLA VALPOLICELLA E L’ORTO TERAPIA 

INFO  gruppoterravivaverona@gmail.com / 333 5213792 /   www.terravivaverona.org 



IL SUOLO: ECOSISTEMA COMPLESSO O SUPPORTO PER L’INDUSTRIA VEGETALE?

Dell’irresponsabile consumo di suolo per realizzare strade, quartieri urbani, villaggi turistici, parcheggi, aree industriali, artigianali e commerciali, si parla già da un po’, anche se segnali di una reale inversione di tendenza tardano a manifestarsi.
Grazie agli studi di ISPRA, oggi sappiamo anche che cosa ci costa tale consumo, in termini di perdita di servizi ecosistemici.
Si inizia appena a parlare, invece, di un altro fenomeno in rapida crescita, altrettanto inquietante: l’uso del suolo sempre più come semplice sostegno “meccanico” delle produzioni agricole (sorrette da un fiume di apporti esterni di acqua e chimica, spesso racchiuso in ambienti artificiali) anziché come ecosistema complesso, vitale, attivo, del quale la parte vegetale coltivata rappresenti una parte perfettamente integrata, secondo natura “agroecologica”, come si definisce.
Nel primo sistema, oltre all’inevitabile inquinamento che la dispersione in aria e in falda dell’eccesso di chimica comporta, si perdono due preziose funzioni che il sistema agricolo potrebbe fornire: ancora servizi ecosistemici da un lato e la salubrità e ricchezza nutrizionale dei prodotti agricoli dall’altro, come emerge da recenti studi sulla loro composizione legata a differenti pratiche agricole.
Non ci sarà futuro agricolo se LA BUONA PRATICA del ripristino della qualità dei suoli come ecosistemi complessi non diventerà obbiettivo primario di tutte le politiche di sostegno e sviluppo del settore.
https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/food-farming-fisheries/key_policies/documents/cap-specific-objectives-brief-5-soil_en.pdf

Invito a chi desidera collaborare con noi in Rete provinciale

da Daniela di Terraviva Verona. 

Buongiorno  a tutti,  vi inoltro la lettera ricevuta da Rete Humansfirst di Verona di cui siamo partner avendo già collaborato partecipando a laboratori nelle Scuole e Istituti Superiori sul tema della  Sostenibilità nel Territorio. Tutte le Associazioni aderenti  hanno concordato di costituirsi in Associazione Unica affinché
 possa avere più " voce " nel rappresentarci . 
Vi invito a leggere la bozza  dello Statuto e se qualcuno di voi fosse interessato a partecipare all'incontro di giovedì 12 dicembre ore 12.30 è pregato di avvisarmi.

Grazie. Daniela 
L'associazione prende forma! 


Carissimi,
come vi avevamo anticipato, alcuni tra i partner hanno espresso il desiderio di formalizzare la rete #Humansfirst e di arrivare alla costituzione di un soggetto unico che ci possa rappresentare. Ebbene, abbiamo lavorato alla stesura dello statuto e dell'atto costitutivo della nuova associazione e ci troveremo con i partner interessati alla costituzione giovedì 12 dicembre dalle 12.30 alle 14.30 presso la Sede FEVOSS, Via Santa Toscana 9, per giungere insieme alla stesura definitiva definendo il nome e le attività dell'associazione e fissare la data dell'Assemblea costitutiva all'inizio del nuovo anno. 
Ovviamente l'invito è aperto a tutte a tutti, sia come cittadini che come organizzazioni... l'idea è costituire un soggetto formato da tutti noi che ci spendiamo quotidianamente sui temi della sostenibilità, per parlare e agire unitariamente nella nostra città per un futuro sostenibile e per la costruzione di valore condiviso e di Bene Comune. 
In allegato trovate la bozza dello Statuto che potete leggere prima dell'incontro.
A presto!
Coordinamento #HF

Agricoltura industriale ed economia circolare a confronto


CONVEGNO

Venerdì 20 dicembre dalle ore 14.30 alle ore 16.30 
presso l'Aula Magna dell'I.I.S. "Stefani-Bentegodi"
Viale dell'Agricoltura 1 - Buttapietra (Vr)

La lezione rientra tra le attività di formazione dei Docenti dell'I.I.S. Stefani-Bentegodi e degli Allievi del corso biennale "Agricoltura biologica e biodinamica" ITS Academy della sede di Buttapietra.
Vista l'attualità e l'importanza dell'argomento
la lezione è aperta a tutti!

(da AVEPROBI)

Calendario biodinamico 2020



È disponibile il nuovo Calendario delle semine, dei trapianti, delle potature e delle lavorazioni 2020. Quest'anno parliamo in modo particolareggiato delle siepi e delle tipologie di piante che possiamo utilizzare. Tutti i contenuti sono costruiti coinvolgendo nella stesura dei consigli, orticoltori, agricoltori, vivaisti, apicoltori, un gruppo di esperti in grado di riportare risultati e confrontarli per una maggiore attendibilità. Si configura come un vero e proprio calendario, che si può appendere al muro e che riporta ogni mese le indicazioni per le semine e le lavorazioni, uno spazio per le annotazioni giornaliere e una serie di consigli utili derivati dalle esperienze in campo dei nostri collaboratori.

Disponibile presso la sede Biolca e si può richiedere anche tramite tel/fax 049 9101155 o al cell. 3452758337 (Martina) o tramite mail a info@labiolca.it

Non è necessario produrre di più

1. L’orizzonte dell’inclusione è scomparso

Nella storia del capitalismo post-Rivoluzione d’Ottobre ha chiaramente vinto la tesi secondo cui esiste una sorta di proporzionalità inversa tra diseguaglianza sociale e degrado ecologico: ciò significa che per migliorare le condizioni di vita della maggioranza della popolazione l’unica strada percorribile è aumentare a dismisura la pressione sulla biosfera.
Ciò che il New Deal negli Stati Uniti e le politiche dei Trenta Gloriosi in Europa Occidentale, ma anche la pianificazione economica Sovietica, avevano in comune era infatti l’idea che l’inclusione sociale delle classi subalterne potesse avvenire solo attraverso la crescita economica (misurata attraverso il PIL, la cui nascita è datata 1934, non casualmente), intesa come aumento della produzione, e che questa prevedesse necessariamente un’intensificazione dell’impatto ambientale. L’obiettivo teorico dell’inclusione ha guidato le forme dell’agire politico oltre che la rappresentazione pubblica del potere. La grande crisi iniziata negli anni Settanta ha ormai ridotto drasticamente la capacità di funzionare di questo ideale regolativo e sta rendendo evidente il funzionamento reale del sistema. Si tratta di un mutamento radicale che è destinato a segnare la fine della prospettiva di inclusione: l’orizzonte di miglioramento sociale non esiste più, ma persistono lo sfruttamento delle risorse e il degrado ambientale. È diventato evidente che l’assoluta maggioranza della popolazione mondiale è destinata a restare stabilmente esclusa dalla ricchezza e adesso anche a pagare le conseguenze della crisi ecologica e di quella climatica.

2. Le minoranze rumorose hanno determinato il problema politico

Il discorso cambia però se si presta attenzione alle minoranze “rumorose”. Prendendo per esempio in considerazione la grande stagione delle lotte contro le nocività industriali (in particolare 1968-1973) o considerando l’esplosione recente dei conflitti per la giustizia ambientale in diverse aree del pianeta, non è esagerato sostenere che la crisi ecologica sia divenuta un problema specificamente politico grazie e non malgrado la conflittualità operaia e sociale. L’idea che per costruire società più egualitarie fosse necessario produrre di più e quindi aumentare l’impatto negativo sull’ambiente ha sempre guidato l’azione delle socialdemocrazie ed è invece stata sempre avversata dagli ambientalisti (che hanno spesso accettato il corollario di questo ragionamento: a un ambiente più sano avrebbe fatto da contraltare una società più diseguale). Mentre soprattutto nella storia europea si è prodotta un’evidente frattura anche tra l’ortodossia marxista dei grandi partiti e la reinterpretazione operaista del problema, che ha portato diverse esperienze di movimento a partecipare alle battaglie ambientaliste con posizioni molto radicali. È stata una stagione in cui la conflittualità aperta riguardava proprio l’idea dello sviluppo attraverso l’industrializzazione, la questione che solo l’aumento numerico della classe operaia avrebbe potuto garantire il cambiamento sociale. Quella stagione e quella rappresentata dai movimenti attuali hanno mutato l’oggetto del contendere.

3. Il negazionismo reazionario è una delle soluzioni neoliberali

In questo quadro, quasi tutte le forze politiche tradizionali, ormai interne al quadro neoliberale, hanno assunto un atteggiamento che oscillava fra l’aperto negazionismo e l’indifferenza: prima bisognava concentrarsi sulle questioni relative alla Guerra Fredda, poi bisognava sostenere la costruzione del mondo globalizzato. È chiaro che da questo punto di vista non esiste alcuna prospettiva di estinzione della specie umana né sono interessanti i richiami alla sesta estinzione di massa, l’idea del limite si pone infine solo per i gruppi sociali più deboli, non per il sistema nel suo complesso. La scelta del negazionismo in campo climatico o ecologico è perfettamente coerente con il grande progetto reazionario neoliberale, in cui non esiste nulla al di fuori dello spazio di mercato. In assenza di una strategia di sviluppo capace di trasformare il problema ecologico da fattore di crisi a opportunità di profitto, la risposta delle élite al protagonismo dei movimenti sociali è rimasta l’inversione di tendenza rispetto alla forbice sociale: aumentare la polarizzazione sociale ad ogni passaggio della crisi. La contraddizione tra capitalismo e democrazia è stata risolta all’interno di questo disegno: si è operata la riduzione dell’autonomia e la capacità di azione dei sistemi politici e degli Stati anche allo scopo di estrarre liberamente tutte le risorse necessarie.

4. La conversione verde è un’altra soluzione neoliberale

Il progetto neoliberale implica anche il rafforzamento di una particolarità del sistema, cioè la tendenza del capitalismo ad assorbire tutte le anomalie per renderle conformi ai principi dell’accumulazioneLa categoria di sviluppo sostenibile (1987) non si è sottratta a questo schema, indica ormai chiaramente una possibile compatibilità tra accumulazione del capitale e cura dell’ambiente. Verso la metà degli anni Novanta, l’idea di green economy ha permesso di fare un passo in più, riuscendo a presentare la crisi ecologica non più come un ostacolo allo sviluppo, bensì come una sua fondamentale condizione di possibilità (si pensi per esempio a come viene normalmente presentata l’economia circolare nel dibattito pubblico). C’è un ragionamento sottile che accompagna tale svolta, perché a causare il degrado ambientale non è il capitalismo, è la povertà o, meglio, sono i poveri. Essi devono essere messi in condizione di non nuocere, ed è per questo che le politiche di green economy si incrociano con quelle di deportazione delle comunità di nativi nel Sud globale, di espulsione di contadini dalle loro terre e di gentrificazione delle città. L’idea di fondo, dal sapore tardo ottocentesco è, in fin dei conti, che la diseguaglianza sociale sia necessaria alla salubrità dell’ambiente. Ciò perché se bisogna liberarsi dal welfare state e dalle preoccupazioni sociali, lasciando libere le élite di investire per salvaguardare gli equilibri ambientali, si torna di fatto all’idea che solo i ricchi possono salvare il pianeta. È una posizione ideologica che serve a preparare una nuova grande ondata di accumulazione che segue esattamente il modello di espropriazione delle precedenti e si realizza sul corpo di donne, migranti, lavoratori e lavoratrici. Questa idea fondamentalmente neoliberale possiede anche un risvolto politico, perché a farsi carico della stabilità ambientale – e in particolare climatica – saranno esperti illuminati e non le comunità: la partecipazione democratica diviene dunque un fattore di limitazione rispetto a politiche pubbliche definite come ecologiste.

5. Il mercato ha fallito, viva il mercato

Si tratta di pratiche di governo che sono state implementate a partire dal 1997, anno della firma del Protocollo di Kyoto. Il riscaldamento globale è stato rappresentato come un fallimento del mercato (che non ha saputo contabilizzare le cosiddette “esternalità negative”) e quindi l’unica originale soluzione presentata è stata ricorrere di nuovo al mercato. Bisogna ribadire che l’invenzione dei nuovi mercati delle emissioni è al momento l’unica soluzione proposta e l’unica prospettiva di politica economica entro cui si muove la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici dell’ONU. Il vero dato interessante ci sembra però che l’ampio consenso sociale e geo-politico rispetto a questa opzione di governo del clima sia scomparso. Non solo dal punto di vista degli apparati statali, che hanno chiaramente dimostrato la loro assoluta impotenza in questo contesto. Lo si è visto chiaramente all’ultima conferenza delle parti a Katowice, dove il fronte negazionista (Stati Uniti, Brasile, Arabia Saudita, Kuwait), che si muove secondo schemi politici classici, ha di fatto sconfessato l’IPCC, cioè l’istituzione scientifica incaricata di fornire i dati a partire dai quali la negoziazione propriamente politica si sarebbe poi dovuta sviluppare. Bisognava rinegoziare, ma in un mercato libero, assumendo che le emissioni sono una merce da gestire secondo un metodo consolidato, ossia nessuna regola, ma soprattutto non devono esserci istituzioni nella contrattazione, ma le grandi aziende. In quella occasione è emersa anche la crisi di buona parte delle ONG, che ha finalmente deciso di cambiare il campo di confronto politico, soprattutto di fronte a risultati empirici sconsolanti: a più di vent’anni da Kyoto le emissioni sono aumentate, non diminuite e sono andate di gran lunga oltre ogni limite oggetto di contrattazione (è il punto fondamentale dei vari interventi di Greta Thunberg).
In questo scenario, sono stati i movimenti socio-ecologici a scompaginare tutto il quadro politico, occupando lo stesso spazio che avevano avuto in passato, cioè determinando il problema politico e ponendo le basi per la nascita di uno spazio politico globale del tutto nuovo. Il numero incredibile di conflitti per la giustizia ambientale evidenzia un percorso in cui il quadro è totalmente sovvertito, le questioni poste sono totalmente differenti da quelle discusse nei summit sul clima e gli attori in campo sono nuovi. Sta scomparendo l’orizzonte statale delle rivendicazioni e soprattutto non c’è alcuno spazio di mediazione sul fatto che il problema è il capitalismo, non gli esseri umani.

6. La transizione la paghino i ricchi

Dopo la presentazione della proposta da parte del partito democratico statunitense, un’area della sinistra mondiale si sta ricompattando intorno alla proposta di un Green New Deal, senza però avere realmente presentato un progetto concreto né fattivamente risolto il problema rappresentato dalla proposta di investimento pubblico in settori che vengono rigorosamente mantenuti privati. Governi come quello italiano e spagnolo, per esempio, hanno inserito la proposta tra i propri obiettivi, senza ovviamente chiarire cosa intendano fare. Le opposizioni di Stati Uniti e Gran Bretagna presentano progetti un po’ meno vaghi, ma sempre molto generici. Il problema di fondo rimane lo stesso, non è dato investimento di tipo keynesiano all’interno di un progetto neoliberale, altrimenti l’intera faccenda si risolve nell’ennesimo trasferimento di denaro pubblico ai privati. Finché la discussione rimarrà finalizzata a sostenere l’uscita dalla crisi nel campo capitalista i risultati potranno essere compatibili solo con la proposta di una nuova grande ondata di accumulazione verde. Esistono in realtà già proposte alternative, molto concrete, costruite sull’idea che il “Green New Deal” sia un percorso da realizzare dal basso, soprattutto finalizzato all’eguaglianza sociale e non alla riproduzione del sistema. L’inversione dello schema neoliberale si risolve infatti proprio in questo, nell’idea che la riduzione delle diseguaglianze è la condizione necessaria per la transizione ecologica, dall’una dipende l’altra. Un sistema costruito sulla sopraffazione non può realizzare alcuna transizione ecologica se non in termini di sottrazione di libertà. Ciò significa che non è necessario produrre di più, bensì distribuire diversamente e privilegiare la partecipazione popolare e democratica. In fin dei conti è anche quello che dicono in questi mesi i gilets jaunes, la cui lotta possiede evidenti connotazioni ambientali: la transizione ecologica la vogliamo, ma non a spese di chi è già impoverito: la paghino i ricchi.

tratto da:
https://comune-info.net/non-e-necessario-produrre-di-piu/