Tra le conseguenze negative che i britannici subiranno per l’uscita dall’Unione Europea potrebbe esserci il ritrovarsi con livelli più elevati di pesticidi negli alimenti. Anche se il governo inglese ha dichiarato che gli elevati standard ambientali in materia previsti nella legislazione Ue saranno mantenuti nel post Brexit, sono molti a pensare che le cose potrebbero non andare così.
Per due ragioni. Prima di tutto perché l’uscita dalla Ue potrebbe creare buchi normativi che consentirebbero – per esempio – l’utilizzo di maggior quantità di pesticidi. In secondo luogo perché, al di fuori delle regole Ue, il Regno Unito potrebbe stipulare singoli accordi commerciali che consentirebbero di importare alimenti contenenti quantità di residui oggi non permessi.
Il dato certo è che finora l’Ue è stata una sorta di volano delle politiche ambientali del Regno Unito: circa l’80% della normativa ambientale inglese riguardante inquinamento, rifiuti, pesticidi, emissioni ha origine dal recepimento della legislazione (direttive, regolamenti, decisioni) comunitaria. Nel momento in cui la Brexit diventerà realtà sarà necessario riordinare la normativa del Regno Unito in materia. Un processo lungo e complesso che creerà un vuoto normativo difficilmente colmabile prima del 2021.
“Finora la Commissione europea ha svolto un ruolo di stimolo e di inquadramento generale sulla normativa ambientale e sull’introduzione di standard di qualità elevata. Questo ruolo è tuttora fondamentale: se si dovesse indebolire – non solo per la Brexit ma anche in seguito a defezioni/allontanamenti di altri Paesi – si avrebbe un contesto che aprirebbe la strada a situazioni dove la convenienza di un singolo Paese potrebbe essere messa avanti alla sicurezza alimentare e alla tutela ambientale”, sottolinea Lorenzo Ciccarese, responsabile dell’Area per la conservazione e degli habitat e per l’uso sostenibile delle risorse agro-forestali di Ispra.
Brexit, ci sarà ancora un approccio precauzionale?
“Le norme dell’Unione europea, attualmente vigenti anche nel Regno Unito, adottano un approccio ‘precauzionale’ alla regolamentazione degli alimenti e dei manufatti: sono consentiti solo prodotti e processi che si sono dimostrati sicuri“, aggiunge Ciccarese. “Mentre ad esempio gli Stati Uniti – Paese con cui il Regno Unito intende aprire in futuro rapporti commerciali privilegiati, a partire dai prodotti agro-alimentari — usano un approccio diverso, autorizzando tutto ciò di cui non è stata ancora dimostrata la pericolosità. Come i polli trattati con soluzioni a base di cloro, ammessi negli Usa ma banditi nell’Ue, che gli inglesi potrebbero ritrovarsi in tavola”.D’altronde i rischi ambientali posti dalla Brexit agiranno in entrambe le direzioni. Da sempre il Regno Unito ha spinto ad esempio per alzare le ambizioni climatiche all’interno dell’Ue, anche nei negoziati internazionali e di tutela della biodiversità in ambito Onu, sollecitando una politica agricola comune più verde. L’Ue potrebbe avere difficoltà a mantenere lo slancio politico su questi temi con il Regno Unito non più parte dell’Unione.
Proprio per mettersi al riparo dagli effetti negativi di un’uscita disordinata dalla Ue, numerosi gruppi ambientalisti oltremanica stanno facendo pressioni sulle istituzioni affinché la Brexit possa diventare un’opportunità per definire un quadro regolatorio ancora più chiaro e severo in materia di pesticidi. In tale ottica va letta l’azione portata avanti da Pesticide Action Network e Soil Association nel rapporto “The Cocktail Effect”, nel quale si sostiene come proprio l’uscita dalle Ue potrebbe essere l’occasione buona per ridurre l’uso di pesticidi e migliorare i sistemi di monitoraggio.
In 30 anni aumentati uso di pesticidi nel Regno Unito
Negli ultimi 30 anni infatti l’impiego di pesticidi ed erbicidi nel Regno Unito è decisamente aumentato con pesanti conseguenze per la salute e l’ambiente. A preoccupare in particolare è l’effetto cocktail visto che, secondo recenti studi, in alcuni prodotti alimentari presenti sul mercato inglese sono stati trovati fino a 14 differenti residui di pesticidi. Un problema che riguarda non solo la salute umana ma anche l’ambiente che è risultato contaminato con un cocktail di pesticidi nei due terzi dei terreni testati.“Anche nell’ambito dalla ricerca le ripercussioni della Brexit o meglio di un sentire meno comune potrebbero essere disastrose”, conclude Ciccarese. “I programmi di ricerca europei – penso a Horizon 2020 e a Horizon plus Europe che gli succederà – sono finanziati dalla Commissione: è chiaro che una Commissione meno coesa è meno forte e meno in grado di mettere a segno studi e programmi in un’ottica di sostenibilità”.
tratto da: https://www.cambialaterra.it/2019/12/con-la-brexit-arriva-il-pollo-al-cloro/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT