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Passa alla Camera il testo unificato sul biologico
La Camera dei Deputati ha approvato a grande maggioranza la sera dell’11 dicembre il testo unificato delle proposte di legge ‘Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico’.
La legge, che dovrà seguire l’iter di approvazione al Senato, prevede anche l’introduzione di un logo nazionale che valorizzi le coltivazioni italiane. Il testo unificato messo a punto dalla Commissione Agricoltura della Camera rispecchia il quadro normativo europeo che riconosce che la produzione biologica è basata sulle migliori pratiche ambientali, su prassi di azione per il clima, su un alto livello di biodiversità, sulla salvaguardia delle risorse naturali e sull’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali.
‘In un momento in cui i consumatori chiedono al sistema di certificazione del biologico maggiori garanzie di integrità, l’istituzione di un logo nazionale è un primo passo importante per sviluppare un sistema di tracciabilità e controllo più efficace per i prodotti biologici nazionali', ha commentato Paolo Carnemolla, presidente di Federbio. ‘
La norma, attesa da tre legislature, prevede l’integrazione di azioni di promozione istituzionale dei prodotti biologici che fino a ora sono mancate, intensificando così anche le verifiche sui prodotti importati dai Paesi fuori dall’Unione Europea. Ci fa particolarmente piacere che sia stato finalmente inserito anche il riconoscimento del valore ambientale dell’agricoltura biologica, accanto a quello economico e sociale e che il testo unificato abbia sviluppato un confronto politico positivo con un sostegno trasversale di maggioranza e opposizione’.
Cinghiali: la caccia non è una soluzione
Il territorio montano e collinare della provincia di Verona è troppo vasto e troppo complesso per poter essere controllato da pochi e sprovveduti cacciatori.
Per affrontare seriamente il problema c'è bisogno di uno studio approfondito, di un piano complessivo di controllo, di finaziamenti adeguati e di personale preparato.
Lunedì scorso è andato in scena il consueto tentativo di buttare in caciara l'assemblea pubblica convocata a Caprino da Giacomo Brunelli. Consueto perché si ripete ogni volta che qualcuno tenta di aprire la discussione sulla gestione delle specie selvatiche e delle aree protette. Una malsana mescolanza di leghisti fanatici e di cacciatori esagitati ha tentato di imporre la parola d'ordine concordata: I cinghiali si eliminano con la caccia, che deve essere praticata tutto l'anno, anche dopo il tramonto, anche nei Parchi e nelle aree protette. Il moderatore è stato bravo a tenere in mano la situazione e a permettere che tutti, relatori e pubblico, potessero esprimere serenamente la propria opinione.
Anche perchè gli studi effettuati negli ultimi anni in tutta Europa dimostrano che la caccia, a dispetto delle diverse metodiche adottate, non è riuscita a controllare la popolazione dei cinghiali, che sono cresciuti in maniera esponenziale.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25512181
I ricercatori hanno evidenziato come la mortalità naturale (pressioni climatiche, malattie e predazione (soprattutto da parte del lupo), incidendo in gran parte sulle classi giovanili, mantiene una struttura della popolazione più stabile e determina una minore dispersione di individui. L'attività venatoria, al contrario, colpisce soprattutto gli adulti e innesca risposte compensative tra i cinghiali, producendo una loro aumentata diffusione nel territorio.
Nello studio si sottolinea che il tasso di aumento medio della popolazione di cinghiali in Europa è stato quasi sempre superiore a 1 con picchi sino a 1,46. Vuol dire che, dai primi anni ‘80 del secolo scorso a oggi, l'attività venatoria non ha in alcun modo contenuto la crescita numerica delle popolazioni. Senza mai dimenticare che le immissioni per la caccia, legali e non, hanno al contrario contribuito ad aumentare il numero dei cinghiali. Già nel 1993 un documento tecnico dell'allora Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi confluito nell'ISPRA) sottolineava come l'attività venatoria "è responsabile di ripopolamenti più o meno massicci e di introduzioni con individui provenienti da regioni geograficamente molto distanti"
ISPRA (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha pubblicato questo importante lavoro:
In questa pubblicazione viene sottolineata l'esigenza di uno studio approfondito sulla popolazione dei cinghiali e di un piano di gestione complessivo per il loro contenimento.
E' interessante sottolineare questo capoverso a pag. 11 del pdf:
"Oggi invece la situazione risulta complessivamente caratterizzata da una carenza di criteri di gestione faunistica omogenei ed uniformi, che permettano un controllo programmato e "responsabile" della specie. L'attuale prassi gestionale normalmente non è in grado di perseguire obiettivi a medio-lungo termine definiti in base a scelte precise; come conseguenza la densità delle popolazioni, la loro struttura e la loro dinamica sono sostanzialmente correlate al rapporto prelievi/immissioni voluto dalla componente venatoria piuttosto che al mantenimento di una situazione accettabile anche in funzione dell'impatto esercitato localmente dal Cinghiale sulle coltivazioni agricole e sulle altre componenti delle biocenosi. Ciò dipende anche dal fatto che in diverse realtà del Paese le squadre di caccia al Cinghiale sono venute assumendo una connotazione di "blocco sociale" in grado di condizionare le scelte di gestione faunistica operate dagli amministratori locali e, di fatto, la gestione faunistica e la fruizione ambientale di vasti territori".
Il WWF nazionale è intervenuto più volte su questo tema:
https://www.marsicalive.it/emergenza-cinghiali-wwf-problema-creato-dal-mondo-venatorio-paghino-gli-atc/
"Due sono i punti fermi da tenere in debito conto: il primo riguarda le responsabilità della attuale situazione e i relativi conti da pagare. Il problema cinghiali esiste perché, a partire dagli anni '50 del secolo scorso e sino a pochi anni fa ci sono state immissioni a scopo venatorio. I cinghiali si sono moltiplicati in Italia col solo scopo di consentire a una minoranza di cacciatori di divertirsi sparando e uccidendo. Il risarcimento dei danni da cinghiale va di conseguenza attribuito interamente agli ATC, gli Ambiti Territoriali di Caccia.
Il secondo punto da tenere ben fermo riguarda una constatazione sotto gli occhi di tutti: l'attuale sistema di controllo della popolazione dei cinghiali è risultato del tutto fallimentare visto che i danni non sono affatto diminuiti. Chi mai del resto affiderebbe la riparazione di un danno proprio a chi questo danno lo ha creato?
La gestione del cinghiale è una sfida che si può vincere. C'è necessità però di cambiare approccio e di fare "gioco di squadra" tra i vari soggetti che a diverso titolo hanno un ruolo attivo. Ognuno con le proprie competenze e responsabilità deve concorrere, nel rispetto della normativa e del lavoro di tutti, ponendo in essere azioni convergenti verso gli stessi obiettivi".
Il punto è proprio questo: per risolvere il problema cinghiali non basta la caccia, che anzi in molti casi si è dimostrata controproducente. Bisogna mettere in campo una serie di competenze, di risorse e di interventi che devono coinvolgere anche la popolazione colpita da questo flagello, in primo luogo i coltivatori e gli allevatori. Oltre alla caccia possono essere utilizzati vari sistemi di cattura: trappole mobili, trappole fisse (chiusini), recinti di cattura. Questi sistemi hanno bisogno del coinvolgimento dei proprietari dei fondi frequentati dai cinghiali, proprietari che con ogni probabilità saranno ben felici di collaborare alla cattura.
Ma per arrivare a questo bisogna che la Regione Veneto si faccia carico di questo problema, destinando personale e finanziamenti per lo studio degli areali, acquisto di materiali, formazione del personale e dei coltivatori/allevatori coinvolti, gestione degli interventi.
Appare evidente poi che in questo contesto toccherà alle Provincie il compito di coordinare i vari interventi sul territorio, quelle stesse provincie che negli anni scorsi sono state svuotate di risorse, di personale e di competenze.
http://www.provincia.vr.it/newweb/Organi-di-governo/Giunta-Provinciale/Deliberazioni-della-Giunta-provinciale/Deliberazi6/Giunta-del20/Deliberazione-n.-80.pdf
http://www.provincia.vr.it/newweb/Organi-di-governo/Giunta-Provinciale/Deliberazioni-della-Giunta-provinciale/Deliberazi9/Giunta-del14/Deliberazione-n.-63.pdf
In alcuni stati europei è stata anche sperimentata la sterilizzazione, sia chirurgica che chimica, e addirittura una pillola anticoncezionale. Entrambi gli interventi richiederebbero delle strutture sanitarie che da noi sono di là da venire.
Anche perchè gli studi effettuati negli ultimi anni in tutta Europa dimostrano che la caccia, a dispetto delle diverse metodiche adottate, non è riuscita a controllare la popolazione dei cinghiali, che sono cresciuti in maniera esponenziale.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25512181
I ricercatori hanno evidenziato come la mortalità naturale (pressioni climatiche, malattie e predazione (soprattutto da parte del lupo), incidendo in gran parte sulle classi giovanili, mantiene una struttura della popolazione più stabile e determina una minore dispersione di individui. L'attività venatoria, al contrario, colpisce soprattutto gli adulti e innesca risposte compensative tra i cinghiali, producendo una loro aumentata diffusione nel territorio.
Nello studio si sottolinea che il tasso di aumento medio della popolazione di cinghiali in Europa è stato quasi sempre superiore a 1 con picchi sino a 1,46. Vuol dire che, dai primi anni ‘80 del secolo scorso a oggi, l'attività venatoria non ha in alcun modo contenuto la crescita numerica delle popolazioni. Senza mai dimenticare che le immissioni per la caccia, legali e non, hanno al contrario contribuito ad aumentare il numero dei cinghiali. Già nel 1993 un documento tecnico dell'allora Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi confluito nell'ISPRA) sottolineava come l'attività venatoria "è responsabile di ripopolamenti più o meno massicci e di introduzioni con individui provenienti da regioni geograficamente molto distanti"
ISPRA (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha pubblicato questo importante lavoro:
E' interessante sottolineare questo capoverso a pag. 11 del pdf:
"Oggi invece la situazione risulta complessivamente caratterizzata da una carenza di criteri di gestione faunistica omogenei ed uniformi, che permettano un controllo programmato e "responsabile" della specie. L'attuale prassi gestionale normalmente non è in grado di perseguire obiettivi a medio-lungo termine definiti in base a scelte precise; come conseguenza la densità delle popolazioni, la loro struttura e la loro dinamica sono sostanzialmente correlate al rapporto prelievi/immissioni voluto dalla componente venatoria piuttosto che al mantenimento di una situazione accettabile anche in funzione dell'impatto esercitato localmente dal Cinghiale sulle coltivazioni agricole e sulle altre componenti delle biocenosi. Ciò dipende anche dal fatto che in diverse realtà del Paese le squadre di caccia al Cinghiale sono venute assumendo una connotazione di "blocco sociale" in grado di condizionare le scelte di gestione faunistica operate dagli amministratori locali e, di fatto, la gestione faunistica e la fruizione ambientale di vasti territori".
Il WWF nazionale è intervenuto più volte su questo tema:
https://www.marsicalive.it/emergenza-cinghiali-wwf-problema-creato-dal-mondo-venatorio-paghino-gli-atc/
"Due sono i punti fermi da tenere in debito conto: il primo riguarda le responsabilità della attuale situazione e i relativi conti da pagare. Il problema cinghiali esiste perché, a partire dagli anni '50 del secolo scorso e sino a pochi anni fa ci sono state immissioni a scopo venatorio. I cinghiali si sono moltiplicati in Italia col solo scopo di consentire a una minoranza di cacciatori di divertirsi sparando e uccidendo. Il risarcimento dei danni da cinghiale va di conseguenza attribuito interamente agli ATC, gli Ambiti Territoriali di Caccia.
Il secondo punto da tenere ben fermo riguarda una constatazione sotto gli occhi di tutti: l'attuale sistema di controllo della popolazione dei cinghiali è risultato del tutto fallimentare visto che i danni non sono affatto diminuiti. Chi mai del resto affiderebbe la riparazione di un danno proprio a chi questo danno lo ha creato?
La gestione del cinghiale è una sfida che si può vincere. C'è necessità però di cambiare approccio e di fare "gioco di squadra" tra i vari soggetti che a diverso titolo hanno un ruolo attivo. Ognuno con le proprie competenze e responsabilità deve concorrere, nel rispetto della normativa e del lavoro di tutti, ponendo in essere azioni convergenti verso gli stessi obiettivi".
Il punto è proprio questo: per risolvere il problema cinghiali non basta la caccia, che anzi in molti casi si è dimostrata controproducente. Bisogna mettere in campo una serie di competenze, di risorse e di interventi che devono coinvolgere anche la popolazione colpita da questo flagello, in primo luogo i coltivatori e gli allevatori. Oltre alla caccia possono essere utilizzati vari sistemi di cattura: trappole mobili, trappole fisse (chiusini), recinti di cattura. Questi sistemi hanno bisogno del coinvolgimento dei proprietari dei fondi frequentati dai cinghiali, proprietari che con ogni probabilità saranno ben felici di collaborare alla cattura.
Ma per arrivare a questo bisogna che la Regione Veneto si faccia carico di questo problema, destinando personale e finanziamenti per lo studio degli areali, acquisto di materiali, formazione del personale e dei coltivatori/allevatori coinvolti, gestione degli interventi.
Appare evidente poi che in questo contesto toccherà alle Provincie il compito di coordinare i vari interventi sul territorio, quelle stesse provincie che negli anni scorsi sono state svuotate di risorse, di personale e di competenze.
http://www.provincia.vr.it/newweb/Organi-di-governo/Giunta-Provinciale/Deliberazioni-della-Giunta-provinciale/Deliberazi6/Giunta-del20/Deliberazione-n.-80.pdf
http://www.provincia.vr.it/newweb/Organi-di-governo/Giunta-Provinciale/Deliberazioni-della-Giunta-provinciale/Deliberazi9/Giunta-del14/Deliberazione-n.-63.pdf
In alcuni stati europei è stata anche sperimentata la sterilizzazione, sia chirurgica che chimica, e addirittura una pillola anticoncezionale. Entrambi gli interventi richiederebbero delle strutture sanitarie che da noi sono di là da venire.
tratto da:
http://www.veramente.org/it/notizie/2018-cinghiali-la-caccia-non-risolve.html
NATALE SUL LAGO DI GARDA CON IL RADICCHIO DI VERONA IGP
È iniziato il conto alla rovescia per il Natale e sul Lago di Garda la rassegna di eventi “Dal sei al sei” si è aperta con il re dell’inverno, il radicchio rosso di Verona, rigorosamente I.G.P. Come da tradizione, anche quest’anno, il Consorzio di Tutela del Radicchio di Verona I.G.P. si è fatto promotore di questo preziosissimo ortaggio con degustazioni appetitose. Partendo dal risotto al radicchio di Verona I.G.P. si è passati alla pasta. Grande successo per le fettuccine che hanno unito l’inconfondibile sapore dolce amaro della nostra cicoria al tipico tastasale. Il formaggio e l’olio d’oliva locali hanno sposato il radicchio nelle sfiziose bruschette mentre la dolcezza ha avuto il suo tripudio nella sbrisolona al radicchio di Verona I.G.P. Ha attirato numeroso pubblico lo show cooking a tema “radicchio”. Qui lo chef Andrea Cesaro, professore di tecniche di cucina presso l’Istituto Manfredini di Este, ha proposto poesie da gustare. La sua capacità di narrare i piaceri del palato e di incantare attraverso l’arte culinaria ha attratto la persone a passeggio sul bellissimo lungolago di Bardolino. Nel valore del legame con la terra si riconosce il Consorzio che si fa promotore di un prodotto, qual è il radicchio di Verona IGP, anch’esso autentico e imprescindibilmente legato al suo luogo d’origine: i prosperosi campi a Sud di Verona, oggi esteso alle province di Vicenza e Padova.
MELA VAL VENOSTA RINUNCIA AI REGALI DI NATALE PER SOSTENERE UN PROGETTO SOCIALE
Mela Val Venosta, promotrice di valori etici solidali ed orientati al bene comune, è orgogliosa anche per questo Natale 2018 di affiancare la Comunità Comprensoriale della Val Venosta e di rinunciare alla realizzazione dei classici regali natalizi ai propri dipendenti e partner commerciali al fine di sostenere il Progetto “Mobilità in Alto Adige”. Prosegue l’impegno di VI.P verso la Comunità Comprensoriale della Val Venosta per portare avanti una collaborazione pubblico-privato in linea con la ex L.328/2000: “Mobilità in Alto Adige” ha infatti consentito alla Comunità di dotarsi di un automezzo modificato ed attrezzato che è stato utilizzato quotidianamente dai volontari dei servizi sociali per il trasporto di persone con disabilità, con malattia psichica o in grave disagio sociale. Da marzo 2018 sono 6.000 i chilometri percorsi in Val Venosta dall’automezzo che quotidianamente è impegnato per l’accompagnamento socio-pedagogico abitativo, un insieme di prestazioni dell’area socio-pedagogica rivolta all’acquisizione allo sviluppo e/o al mantenimento dell’autonomia delle persone nella gestione della propria vita quotidiana. “Abbiamo confermato subito questo progetto di solidarietà – spiega Wielander, direttore generale di VI.P – l’Associazione delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta – perché, siamo molto sensibili alle tematiche sociali, specialmente se si tratta di dare sostegno tangibile ed utile alla Comunità Comprensoriale della Valle. Un legame di vicinanza e condivisione con la nostra zona di produzione che si traduce in un aiuto concreto al territorio.”
L’aloe vera aiuta la shelf life dell’uva. Lo scopre un giovane siciliano
Con un mix di acqua semplice e succo al 100% di aloe vera nella soluzione di lavaggio dell’uva di IV Gamma si può allungare la shelf life degli acini deraspati, senza l’uso di sostanze chimiche, fino a 29 giorni. È il risultato a cui è arrivato con la sua tesi di laurea, del 2012, un giovane agronomo di Chiaramonte Gulfi, in provincia di Ragusa, nell’areale produttivo dell’uva di Mazzarrone. La sua idea permetterebbe di attivare un’intera filiera di IV Gamma altamente innovativa ma non riesce a realizzarla perché per costruire un magazzino di trasformazione del fresh cut ci vogliono troppi soldi. Così, per il momento, ha messo da parte il suo progetto ed ha continuato a dedicarsi all’azienda agricola di famiglia, Fratelli Giardina, 33 ettari dedicati alla produzione di uva da tavola, all’olivicoltura e una piccola parte alla vitivinicoltura. Il risultato a cui è arrivato quasi per caso, in realtà, garantisce un metodo di conservazione naturale ed efficace, alternativo a quello chimico attualmente impiegato nel mercato e basato sull’uso di anidride solforosa (SO2) che estende la shelf-life dell’uva da tavola dai 30 a 90 giorni dopo il deraspamento andando così a recuperare tutti gli acini che si staccano dal raspo con le operazioni di raccolta. “Cercavo un modo naturale per conservarla – spiega Giovanni Giardina (nella foto), che gestisce l’azienda con un fratello -. Sapevo che non sarebbe stato facile e mi bastava arrivare alla soglia minima di shelf-life, 30 giorni, garantita dalla SO2. Così ho proposto la tesi al mio professore, Giuseppe Muratore, che è docente di Agricoltura dell’alimentazione e ambiente all’università di Catania, che ha anche coordinato i lavori di ricerca. In due mesi siamo arrivati ai primi risultati”. Sei le varierà di uva su cui è stato testato il trattamento: tre precoci e tre tardive. I campioni sono stati sottoposti a quattro tipi di test: senza alcun trattamento, addizionando solo SO2, addizionando solo aloe vera e addizionando un mix di SO2 e aloe vera. “I risultati prodotti dal campione testato con aloe vera e SO2 – continua Giardina – non erano molto diversi da quelli ottenuti con la sola aloe vera, sicché ci siamo concentrati solo su quest’ultima arrivando a estendere la shelf-life dell’uva deraspata, per le varietà Black Magic, Italia, Red Globe e Vittoria, fino a 29 giorni. Avrei voluto avviare un’azienda di IV gamma per l’uva ma, non potendo investire nel magazzino di trasformazione, almeno per il momento, ho provato a contattare alcuni trasformatori del territorio ma non siamo riusciti a trovare un accordo. Sono comunque aperto a ragionare su ogni possibilità di mercato per portare avanti il mio progetto”.
Nasce il Coordinamento Marcia Stop Pesticidi
Domenica16 dicembre 2018, a Venezia, le delegazioni dei Comitati Marcia di Verona, Treviso, Bolzano e Trento, di Navdanja International , Isde, Legambiente Verona, Aveprobi hanno avviato la formazione del COORDINAMENTO MARCIA STOP PESTICIDI e deciso di organizzare nel mese di maggio 2019 la Giornata della Marcia Stop Pesticidi. Nei prossimi giorni sarà pubblicato il nuovo Manifesto del movimento e sarà sviluppata la costituzione del Coordinamento con tutte le realtà che negli ultimi due anni hanno sostenuto la Marcia Stop Pesticidi e la sua piattaforma.
Ultimo appuntamento 2018: teatro per bambini in Valpolicella
La storia di Ciccio, il pinguino sognatore, in missione per salvare il mondo.
Ciccio è un pinguino che non sa nuotare, è un cucciolo pauroso, buffo e a lui il compito di intraprendere un lungo viaggio per riunire una tribù di animale e bambini, i futuri abitanti del pianeta terra, e portare loro il messaggio che il mondo è malato. Ciccio non si dà per vinto e con coraggio e l'aiuto dei suoi amici affronta ogni avversità.
Ciccio è un pinguino che non sa nuotare, è un cucciolo pauroso, buffo e a lui il compito di intraprendere un lungo viaggio per riunire una tribù di animale e bambini, i futuri abitanti del pianeta terra, e portare loro il messaggio che il mondo è malato. Ciccio non si dà per vinto e con coraggio e l'aiuto dei suoi amici affronta ogni avversità.
Il suono e le bio-frequenze - alla Biolca a Battaglia Terme (Padova)
Domenica 16 Dicembre 2018 dalle 9.30 alle 17.30
Relatore: Roberto Modelli, ricercatore per lo sviluppo e l’equilibrio del potenziale umano.
Relatore: Roberto Modelli, ricercatore per lo sviluppo e l’equilibrio del potenziale umano.
Una giornata dedicata all’apprendimento teorico/pratico di questo sistema per l’equilibrio psico-fisico e la gestione delle problematiche fisiche. Un sistema antico/moderno per la cura personale di piccoli e grandi disturbi.
Si utilizzano le onde sonore che rientrano nella gamma uditiva per regolare l’organismo e creare così una condizione ottimale per una determinata cellula o un determinato organo.
Ogni oggetto, sia esso vivo o inanimato, possiede un suo campo elettromagnetico che, nel momento in cui interagisce con altri campi di questo tipo, produce reazioni opposte, complementari o neutre. Una risonanza equilibrata rappresenta la condizione di salute ottimale mentre la disfunzione, è dovuta a una situazione di dissonanza tra le parti degli organi coinvolti.
Si utilizzano le onde sonore che rientrano nella gamma uditiva per regolare l’organismo e creare così una condizione ottimale per una determinata cellula o un determinato organo.
Ogni oggetto, sia esso vivo o inanimato, possiede un suo campo elettromagnetico che, nel momento in cui interagisce con altri campi di questo tipo, produce reazioni opposte, complementari o neutre. Una risonanza equilibrata rappresenta la condizione di salute ottimale mentre la disfunzione, è dovuta a una situazione di dissonanza tra le parti degli organi coinvolti.
La tecnica Suono Equilibrium si serve principalmente di un sistema con micro diffusori per riportare l’organismo in una condizione di equilibrio tramite la trasmissione di frequenze risonanti. Questi segnali passano attraverso i tessuti “sani”, e ristabiliscono la giusta risonanza in quelli “non sani”.
Vengono così regolate le frequenze sonore percettibili in modo che, una volta applicate al corpo tramite il contatto diretto con la parte interessata, o attraverso i meridiani dell’agopuntura, possano avere un effetto stimolante, calmante, o rigenerante.
Vengono così regolate le frequenze sonore percettibili in modo che, una volta applicate al corpo tramite il contatto diretto con la parte interessata, o attraverso i meridiani dell’agopuntura, possano avere un effetto stimolante, calmante, o rigenerante.
Le ricerche, cominciate nei primi del ‘900 da menti illustri, si sono sviluppate fino ad oggi portando risultati significativi sia nella medicina tradizionale che in quella non convenzionale.
Materiale necessario: un computer portatile, o un tablet o smartphone con sistema Android, un paio di cuffie adatte al proprio apparecchio, si consiglia abbigliamento comodo e un cuscino o tappetino.
Relatore: Roberto Modelli, ricercatore per lo sviluppo e l’equilibrio del potenziale umano. Trent’anni di ricerca ed esperienza sulle tecniche di meditazione per lo sviluppo psichico e la Coscienza: Maestro nell’Arte della Meditazione.
Dove e quando: Domenica 16 Dicembre dalle 9.30 alle 17.30 presso la sede Biolca a Battaglia Terme (PD)
Quota di partecipazione: € 90,00 per i soci Biolca (i non soci devono aggiungere la quota associativa di 20 E che dà diritto tra l’altro a ricevere il mensile Biolcalenda per un anno). Nell’intervallo di mezzogiorno possibilità di pranzare in sede con un menù biologico vegetariano (contributo € 10).
Relatore: Roberto Modelli, ricercatore per lo sviluppo e l’equilibrio del potenziale umano. Trent’anni di ricerca ed esperienza sulle tecniche di meditazione per lo sviluppo psichico e la Coscienza: Maestro nell’Arte della Meditazione.
Dove e quando: Domenica 16 Dicembre dalle 9.30 alle 17.30 presso la sede Biolca a Battaglia Terme (PD)
Quota di partecipazione: € 90,00 per i soci Biolca (i non soci devono aggiungere la quota associativa di 20 E che dà diritto tra l’altro a ricevere il mensile Biolcalenda per un anno). Nell’intervallo di mezzogiorno possibilità di pranzare in sede con un menù biologico vegetariano (contributo € 10).
Per informazioni e/o adesioni: 049 9101155 (La Biolca) o 345 2758337 (Martina) o info@labiolca.it
[da: News WWF Veronese] Campagna europea #ProtectWater
Care Amiche, Cari Amici,
è partito lo scorso 17 settembre e durerà sino al 4 marzo l'importantissimo fitness check sulla Direttiva Quadro Acque. Si tratta di una Consultazione pubblica europea il cui esito potrà essere determinante per le sorti di questa importante normativa per la protezione degli ecosistemi d’acqua dolce. In molti in Europa stanno cercando di rendere completamente inefficace la Direttiva Quadro Acque e ci sono proposte per posticipare ulteriormente i termini per raggiungere il “buono stato ecologico” dei corpi idrici (peraltro già prorogato dal 2015 al 2027! ). La situazione delle nostre acque interne è allarmante: solo il 43% dei 7494 fiumi, considerati nell’ambito dei Piani di gestione acque, è in un “buono stato ecologico”, come richiesto dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE), mentre il 41% è ben al di sotto dell’obiettivo di qualità e un 16% non è stato nemmeno classificato. Ancora più grave la situazione dei 347 laghi, di cui solo il 20% è “in regola” con la normativa europea.
Una coalizione di oltre 23 associazioni si è formata in Italia (analogamente a quanto sta avvenendo a livello europeo) per tutelare la Direttiva che, se mai, dovrebbe essere applicata con maggior determinazione ed efficacia. E’ stata così lanciata la Campagna europea #ProtectWater lo scorso 9 ottobre, ma c’è assoluto bisogno della massima diffusione della notizia e di partecipazione alla consultazione.
Vi chiedo quindi l’impegno a diffondere i contenuti della Campagna e a promuovere la partecipazione anche attraverso tutti i vostri contatti (mailing, siti WEB, pagine FB, ecc.).
qui di seguito il link alla nostra pagina di Campagna: https://www.wwf.it/protectwater.cfm
In questa fase di cambiamenti climatici é nostro dovere tutelare i corsi d'acqua del nostro territorio.Ove possibile, è indispensabile liberare fiumi e torrenti per favorire la loro esondazione naturale ed evitare che siano i corsi d’acqua a trovare le vie dove sfogare la loro irruenza.
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CILIEGIE FLAGELLATE DALLA DROSOPHILA SUZUKII, CONVEGNO A VERONA IL 12 DICEMBRE
Non è onnivora come la cimice asiatica, ma anche la Drosophila Suzukii ha fatto stragi di frutta a bacca rossa e ciliegie, soprattutto quest’estate in tutta la provincia. Per questo e anche per aggiornamenti sulle evoluzioni colturali, la Camera di Commercio di Veronachiama a raccolta i massimi esperti sul tema della “Criticità e prospettive della cerasicoltura nel Nordest” nel convegno che si terrà mercoledì prossimo 12 dicembre, nell’auditorium Domus Mercatorum dalle ore 9.
“Verona è la prima provincia del veneto per produzione di ciliegie e la terza in Italia – spiega Claudio Valente, componente di Giunta della Camera di Commercio di Verona – nel 2017 la produzione è stata di 120.970 quintali, molto meno nel 2018 funestato dalla drosophila nonostante l’introduzione della lotta biologica. Esistono alcuni insetti autoctoni antagonisti del temibile moscerino ma ci vorranno due o tre anni perché si diffondano a sufficienza per poter tutelare il raccolto. Intanto quella che è una coltivazione storica delle colline veronesi rischia di essere abbandonata. Interverranno esperti quali Enzo Gambin, sulla cerasicoltura nel veronese mentre Sergio Franchini della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige porterà l’esperienza della coltivazione in Trentino. A completare il quadro della situazione nelle principali aree produttive interverrà Walter Monari del Consorzio Ciliegia Vignola Igp, direttore del mercato ortofrutticolo di Vignola. Per gli aspetti più strettamente scientifici sul rapporto cerasicoltura-drosophila la parola passerà a Nicola Mori di Dafnae dell’Università degli Studi di Padova. Toccherà poi a Gianluca Fregolent, Direttore Agroambiente della Regione Veneto, fare il punto sul ruolo e le iniziative dell’ente. Il convegno, moderato dal Dirigente Area Affari Economici della Camera di Commercio, sarà chiuso dalle riflessioni di Claudio Valente.
NASCE UN LABORATORIO PER RECUPERARE LE ECCEDENZE DI ORTOFRUTTA A FAVORE DEI POVERI
“Frutta che Frutta non spreca” ha come obiettivo quello di ridurre gli sprechi attraverso il riutilizzo delle eccedenze ortofrutticole grazie alla creazione di un laboratorio di trasformazione e confezionamentogestito da alcune organizzazioni no profit del terzo settore (Acli di Roma e Isola Solidale). Il progetto è in linea con l’obiettivo SDG2 della FAO in quanto nasce non solo con l’obiettivo di ridurre gli sprechi, ma si propone anche di aiutare gli indigenti e garantire una loro sana e corretta alimentazione. Infatti, frutta e verdura spesso sono carenti nella dieta delle persone in difficoltà.
- Presenta il progetto: Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati.
Intervengono:
- Matteo Guidi, amministratore delegato di Last Minute Market impresa sociale.
- Lidia Borzì, presidente delle ACLI di Roma e provincia.
- Alessandro Pinna, presidente dell’associazione Isola Solidale.
Chiude l’incontro Felice Assenza, Direttore generale delle politiche internazionali e dell’Unione europea del MIPAAFT e presidente del tavolo nazionale per la lotta agli sprechi e all’assistenza alimentare.
Coordina Andrea Segrè, presidente del Centro Agroalimentare Di Bologna e di Last Minute Market impresa sociale.
http://www.corriereortofrutticolo.it/2018/12/10/nasce-un-laboratorio-recuperare-le-eccedenze-ortofrutta-favore-dei-poveri/
LA FILIERA DEL FOOD PARLA AL FEMMINILE: IN ITALIA IL 22% DELLE AZIENDE SONO CONDOTTE DA DONNE
Da sempre, le donne sono custodi della cultura alimentare. E non più soltanto in ambito domestico: in Italia sono oltre 600.000 quelle alla guida di un’impresa agroalimentare e rappresentano il 29% del totale della filiera. Con il 18%, il settore è al terzo posto tra quelli con maggiore concentrazione femminile, dopo commercio e servizi. Il talento al femminile e le sue declinazioni nel settore food sono al centro dell’evento “Il Cibo è Donna – Il Fattore Rosa secondo Pink Lady®”, occasione per presentare i risultati di una survey nazionale che l’Associazione Pink Lady® Europe, in sintonia con questa visione, ha commissionato alla società di ricerca SWG al fine di indagare un tema quanto mai attuale: “L’imprenditoria al femminile nella filiera del food”(1).
Le imprese femminili crescono, ma resta un “gender gap”
L’indagine, che ha coinvolto un panel di imprenditrici e un campione di donne di età compresa tra i 29 e i 65, parte da un dato confortante. In Italia, nel 2017 le imprese al femminile erano oltre 1.331.000, pari al 21,86% del totale: 10.000 in più rispetto all’anno precedente e quasi 30.000 in più sul 2014. Eppure, secondo i dati raccolti dalla Commissione Ue, nei 28 paesi membri le donne titolari d’impresa guadagnano in media il 6% in meno dei colleghi uomini: il “gender gap” resiste anche nell’imprenditoria.
Fiumi inquinati da pesticidi e antibiotici, record Ue a Brescia: allevamenti sotto accusa
Fiumi inquinati da pesticidi e antibiotici, record Ue a Brescia: allevamenti sotto accusa
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Fiumi inquinati da pesticidi e antibiotici, record Ue a Brescia: allevamenti sotto accusa
„I risultati sono stati pubblicati nel nuovo rapporto dell'associazione ambientalista "Il costo nascosto della carne". La metà dei campioni Ue esaminati conteneva livelli di nitrati superiori alla soglia considerata sicura per gli organismi acquatici più vulnerabili, anche se le concentrazioni erano inferiori al limite Ue di 50 mg per litro oltre il quale i governi devono intervenire per proteggere fiumi, laghi e vita acquatica. In tutti i campioni sono stati trovati residui di pesticidi: 104 in totale, di cui 28 ormai vietati in Ue. “
Potrebbe interessarti: http://www.agrifoodtoday.it/ambiente-clima/fiumi-inquinati-allevamenti-brescia.html?fbclid=IwAR3QXVygiSbNK7_3ZVa4lBl8aOviWM4zqqy1LXbSXCx9uXrm379PmR1iWXw
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Un totale di 11 diversi tipi di farmaci, 7 dei quali antibiotici. Il numero più alto trovato in un singolo campione, quello prelevato in provincia di Brescia (Roggia Savarona) nell'ambito delle analisi effettuate da Greenpeace su 29 tra fiumi e canali irrigui di 10 Paesi europei, che scorrono in aree ad elevata presenza di allevamenti intensivi.
E' il triste record messo a segno dall'Italia in un contesto, quello europeo, che non risulta comunque essere più roseo. Numerosi pesticidi e antibiotici, infatti, sono risultati essere presenti nei corsi d'acqua superficiali europei. Le analisi effettuate dall'associazione ambientalista hanno rinvenuto antibiotici in oltre due terzi dei campioni analizzati, una presenza costante che potrebbe contribuire alla diffusione di batteri resistenti agli antibiotici stessi.
“Fiumi inquinati da pesticidi e antibiotici, record Ue a Brescia: allevamenti sotto accusa
„I risultati sono stati pubblicati nel nuovo rapporto dell'associazione ambientalista "Il costo nascosto della carne". La metà dei campioni Ue esaminati conteneva livelli di nitrati superiori alla soglia considerata sicura per gli organismi acquatici più vulnerabili, anche se le concentrazioni erano inferiori al limite Ue di 50 mg per litro oltre il quale i governi devono intervenire per proteggere fiumi, laghi e vita acquatica. In tutti i campioni sono stati trovati residui di pesticidi: 104 in totale, di cui 28 ormai vietati in Ue. “
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Governo. Culle vuote riempite da fantasiose promesse
La fantasia al potere era uno slogan che circolava in Europa nel ’68, e alla nostra classe politica la fantasiosità non ha mai fatto difetto. Un nuovo esempio ci è stato offerto giorni fa da alcuni ministri in forza Lega col loro progetto di una via agreste allo sviluppo demografico ed economico del Paese. Il 30 ottobre scorso, il ministro Gian Marco Centinaio, Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, ha reso noto che con i colleghi Erika Stefani, ministro per gli affari regionali e le autonomie, e Lorenzo Fontana, ministro per la famiglia e le disabilità, stanno lavorando a una proposta di legge per incentivare la natalità italiana. La proposta prevede che il cinquanta per cento dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, e il cinquanta per cento dei terreni abbandonati, o incolti, del Mezzogiorno, siano concessi gratuitamente per un periodo non inferiore a vent’anni a famiglie con un terzo figlio nato negli anni 2019, 2020, 2021. Ma solo a quelle che dimostrino di avere le necessarie competenze per poter gestire un’azienda agricola, e siano residenti in Italia da almeno dieci anni. La proposta prevede anche un mutuo fino a 200.000 euro, per la durata di vent’anni, senza interessi, per l’acquisto della prima casa in prossimità del terreno assegnato. L’annuncio del ministro Centinaio è stata una sorpresa visti i grandi propositi espressi solo lo scorso febbraio dal vicesegretario generale della Lega Lorenzo Fontana, attuale ministro per la famiglia, nel suo libro “La culla vuota della civiltà”, scritto con l’economista Ettore Gotti Tedeschi (editrice Gondolin, con e prefazione di Matteo Salvini), e quanto riportato nel più recente contratto di governo al punto 17: Ma sentir parlare di assegnazione di terre demaniali in amene località agresti, con casa, attrezzature, investimenti e spese per i nuovi nati a carico delle famiglie, e proposte di taglio del bonus bebè ci ha fatto temere un rapido ritorno al disinteresse passato. Una crudele burla rispetto a quanto promesso dal ministro Fontana in campagna elettorale. In questi giorni ci sono giunte notizie più confortanti. Il ministro per la famiglia ha presentato il “pacchetto famiglia”, nel quale si conserva il bonus bebè introdotto dal governo Renzi, gli ottanta euro per le spese dei pannolini, si prevede più flessibilità per congedi parentali e l’emissione di voucher per il baby sitting. Che siano stati utili i suggerimenti di Maurizio Crozza? Siamo ancora lontani dal programma promesso dal ministro in campagna elettorale, ma è un bel passo avanti rispetto al programma “casa nella prateria”, con casa e prole a carico della famiglia.
In questo articolo spiegherò perché il progetto casa nella prateria non può apportare un contribuito significativo al problema denatalità, e s’appresta a essere un ulteriore spreco di tempo e risorse. Cercherò inoltre di riassumere le principali problematiche che condizionano la natalità italiana, contrapponendo i risultati dagli studi nel campo dalla diagnosi che ne fanno il nostro ministro per la famiglia e l’economista Gotti Tedeschi nel loro irreale “saggio”.
IL FLAGELLO DELLA CIMICE ASIATICA. “UN ALTRO ANNO COSÌ E MOLTE AZIENDE CHIUDERANNO”
È onnivora, ghiotta di frutta e semi, sverna al caldo infestando abitazioni e macchinari. La cimice asiatica è un vero è proprio flagello per le colture e le coltivazioni di tutti i tipi dato che schiude le uova ad aprile, si accoppia a maggio e colpisce fino all’arrivo del freddo. Si confida nella scoperta di insetti parassitoidi della cimice, autoctoni e alloctoni, tra cui la samurai wasp, ma gli studiosi prevedono un periodo di ricerca sugli effetti dell’introduzione di tali insetti di almeno un anno. Quindi anche per il prossimo anno l’unico sistema di difesa valido rimane il ricorso alle reti antigrandine e alle reti antinsetto. Se ne è parlato in un affollatissimo incontro svoltosi in Camera di Commercio a Verona dedicato alla “Cimice asiatica e le produzioni agricole: aggiornamenti sulla ricerca e sulla difesa”. Una grave minaccia, “Verona rappresenta oltre il 60% della produzione ortofrutticola regionale ed è la terza provincia italiana per esportazioni. In quanto a produzione, è nella top five italiana per 16 prodotti ortofrutticoli. La presenza di quasi 400 imprenditori qui oggi testimonia quanto – ha commentato Claudio Valente, componente di Giunta della Camera di Commercio di Verona – sia sentito il problema che colpisce prevalentemente la media e bassa pianura scaligera. Un altro anno così ed alcune aziende, soprattutto le ortofrutticole saranno costrette a chiudere e tante come quelle che producono soia a convertire le produzioni. Chiediamo una forte attenzione alle istituzioni pubbliche”. Difficile difendersi quindi, come hanno spiegato gli esperti intervenuti: Massimiliano Pasini del Centro studi Agrea, Alberto Pozzebon dell’Università degli studi di Padova e Luca Casoli del Consorzio Fitosanitario Provinciale di Modena. Gli esperti sono stati tutti concordi nell’affermare che l’insetto preferisce i filari di bordura dei frutteti e che occorre controllare anche le siepi e il verde vicino, è attirato di più dalle piante a maggior fioritura, ha un’elevata mobilità. Come difendersi? La stratega di intervento deve agire su più fronti, preparando difese attive, lotta integrata, e passive, reti anti insetto, prima che la cimice schiuda le uova ma dopo l’impollinazione. Ma come ha sottolineato Gabriele Zecchin dirigente Regione Veneto, Osservatorio regionale malattie delle piante, è fondamentale il monitoraggio continuo della presenza dell’insetto fatto nell’orario in cui è meno mobile, tra le quattro e le sei del mattino.
tratto da:
http://www.corriereortofrutticolo.it/2018/11/29/flagello-della-cimice-asiatica-un-altro-anno-cosi-molte-aziende-chiuderanno/
Rapporto Cambia la Terra 2018: ecco le richieste
Se si vuole combattere l’effetto serra, la desertificazione, il degrado dei suoli, occorre scegliere l’approccio agroecologico che produce beni per tutti i cittadini. E per farlo, occorre che - oltre al mercato - anche le politiche si indirizzino con chiarezza allo sviluppo dell’agricoltura biologica. Oggi, oltre il 97% degli incentivi pubblici europei viene destinato nel nostro Paese a sostenere forme di agricoltura che diffondono nell’ambiente sostanze chimiche dannose all’ecosistema e alla salute umana. Mentre meno del 3% delle risorse pubbliche va a sostenere il ruolo di difesa ambientale e sanitaria svolto a molti livelli dagli agricoltori bio che pagano costi economici più alti per produrre in maniera pulita: più lavoro per produrre senza concimi e diserbanti di sintesi chimica, maggiori costi amministrativi e burocratici, costi aggiuntivi per difendersi dalla contaminazione accidentale e una produzione più contenuta. Occorre quindi passare a un sistema di incentivi che tenga conto dell’importanza dei servizi forniti dall’agricoltura biologica: suolo, acqua e aria puliti; assorbimento del carbonio atmosferico e quindi lotta al cambiamento climatico; difesa della biodiversità; conservazione dei suoli. Occorre passare dal pagare i modelli di produzione agricola e zootecnica inquinanti a sostenere quelli che forniscono cura dell’ambiente, del paesaggio e anche dell’occupazione (nel biologico il lavoro incide per circa il 30% in più sulla produzione lorda vendibile rispetto al convenzionale). Occorre dare luogo alle dichiarazioni di principio e investire con decisione in agricoltura pulita, passando dal 15,4% di superficie coltivata a bio in Italia a fine 2017 al 40% di campi biologici entro il 2027, a conclusione del periodo di programmazione della nuova PAC. Vietare l’utilizzo dei prodotti chimici più dannosi - ad esempio il glifosato - tanto per cominciare nei parchi e in special modo nelle aree protette dalle direttive europee, i siti Natura 2000 e rimuoverlo da tutti i disciplinari di produzione che lo prevedono per escludere dai premi dei PSR chi ne fa uso. Attivare normative volte a prevenire il rischio di contaminazione accidentale con misure adeguate a carico di chi fa uso di prodotti chimici di sintesi nei terreni confinanti con quelli coltivati con il metodo biologico, applicando correttamente il principio 'chi inquina paga’. Queste le proposte alla politica scaturite dal Rapporto Cambia la Terra 2018 ‘Così l’agricoltura convenzionale inquina l’economia (oltre che il pianeta)’, presentato il 27 novembre alla Camera dei Deputati a due mesi dalla sua pubblicazione da Maria Grazia Mammuccini, dell’ufficio di presidenza di FederBio e da Daniela Sciarra, responsabile Filiere alimentari di Legambiente e discusso da Susanna Cenni e Filippo Gallinella, rispettivamente vicepresidente e presidente della Commissione Agricoltura della Camera assieme ai membri del comitato dei garanti di Cambia la Terra, un progetto voluto e promosso da FederBio, ISDE- Medici per l’Ambiente, Legambiente, WWF e Lipu.
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Latte in polvere contaminato, si estende lo scandalo Lactalis
Latte in polvere contaminato, si estende lo scandalo Lactalis
„Latte in polvere contaminato, si estende lo scandalo Lactalis
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„Latte in polvere contaminato, si estende lo scandalo Lactalis
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Il colosso europeo dei prodotti caseari, travolto quasi un anno fa dallo scandalo del latte per neonati contaminato, si trova nuovamente al centro della bufera. Stando a quanto documentato dalle autorità sanitarie francesi, due tipi di salmonella sono stati rilevati nei prodotti provenienti dalla torre numero 2 degli stabilimenti di Craon, nel nord-ovest della Francia. I nuovi elementi a disposizione degli inquirenti complicano ulteriormente la situazione della Lactalis, i cui vertici hanno sempre assicurato che la contaminazione dell’impianto era limitata alla torre numero 1. L’allarme sul latte in polvere era scattato dopo che 35 neonati erano stati ricoverati dopo aver contratto la salmonellosi a causa del latte in polvere. Lo scandalo si allargò poi a decine di Paesi, in molti dei quali si poteva ancora trovare il latte contaminato sugli scaffali dei supermarket settimane dopo l’allarme diffuso dalle autorità francesi. In Italia, dove Lactalis controlla il gruppo Parmalat, non furono rilevate irregolarità. Quentin Guillemain, presidente dell'associazione delle famiglie vittime del latte contaminato, ha dichiarato che le nuove rivelazioni sulla torre 2 sono “un nuovo importante elemento in quanto Lactalis ha sempre assicurato che il fenomeno della contaminazione era limitato alla torre 1 della fabbrica che allora era stata bloccata. La torre 2 aveva invece ripreso la produzione a luglio. Contattato dall’agenzia francese AFP, il direttore della comunicazione di Lactalis, Michel Nalet, ha dichiarato di non conoscere i nuovi dati e di non essere in grado di rispondere immediatamente alle domande dei giornalisti.
tratto da:
http://www.agrifoodtoday.it/notizie/latte-polvere-contaminato.html
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