La Bio-Borsa del 24 maggio 2018

Ortofrutta (1) - riunione del 24 maggio  2018

In ribasso gli asparagi verdi (-20 cent/kg) Nuova quotazione per i pomodori insalatari di nuovo diponibili sul mercato. In ribasso i pomodori a grappolo (-20 cent/kg). In rialzo (+10 cent/kg) le zucchine scure.
Esordio delle prime albicocche. In netto rialzo (+30 cent/kg) i limoni.
Cereali (2) - riunione del 24 maggio 2018
Stabili le quotazioni dei cereali bio alla Borsa merci della Cciaa di Bologna: nessuna variazione del listino registrata.
2) Prezzi listino Borsa merci di Bologna - Cciaa di Bologna.
Fonte: Agronotizie


Agricoltura: ok definitivo Ue a nuove regole su biologico

Si applicheranno a partire dal 2021


TRATTO DA:

BRUXELLES - Dopo il via libera del mese scorso in Parlamento Europeo, gli Stati membri Ue hanno dato l'ok definitivo in Consiglio alle nuove regole sui prodotti da agricoltura biologica. La nuova legislazione si applicherà dal 2021 e prevede, tra l'altro, la possibilità di certificare come bio nuovi prodotti (come sale, sughero, cera d'api), introduce disposizioni antifrode e per allineare gli standard dei prodotti importati a quelli Ue, e una certificazione di gruppo per le piccole aziende.
Con "le regole che abbiamo adottato oggi, il settore biologico continuerà a prosperare e i consumatori potranno continuare ad avere fiducia che i prodotti biologici che acquistano sono di altissima qualità", ha commentato Rumen Porodzanov il presidente di turno del Consiglio agricoltura.

ESPERIENZE: Dopo la crisi mi sono rimessa in gioco. E sono diventata imprenditrice di uova biologiche

TRATTO DA:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/17/dopo-la-crisi-mi-sono-rimessa-in-gioco-e-sono-diventata-imprenditrice-di-uova-biologiche/3805437/

Silvia Bambagini Oliva era montatrice per il cinema e la tv. Ma nel 2008 le richieste di lavoro si sono fatte più sporadiche. E così, insieme a sua mamma, ha deciso di avviare una nuova attività e di mettere a frutto i terreni di sua nonna, in Abruzzo. “Quando ripenso alle giornate trascorse davanti al pc mi rendo conto che la libertà che ho guadagnato è inestimabile”

Come si fa a uscire dalla crisi economica? Si può tenere duro, in attesa di tempi migliori. Oppure si prova a rovesciare il tavolo, per ritagliarsi un’esistenza nuova. Così ha fatto Silvia Bambagini Oliva, un passato da montatrice per il cinema e la tv, un presente da imprenditrice di uova biologiche con l’azienda “Silvia O.” e un futuro legato a doppio filo alla campagna abruzzese: “Dal 2008-2009 la crisi ha investito anche il mio settore e le richieste di lavoro si sono fatte più sporadiche – racconta -, nel frattempo mia madre era andata in pensione dall’insegnamento e aveva deciso di ristabilirsi in Abruzzo, a Massa D’Albe, dove era nata e cresciuta e dove io ho trascorso tutte le estati della mia infanzia”. Una combinazione di eventi che si è rivelata propizia: “Sia io che lei avevamo una gran voglia di rimetterci in gioco, così un giorno le ho chiesto: ‘Cosa ti andrebbe di fare?’ – ricorda – e lei mi ha risposto che le sarebbe piaciuto dedicarsi alla produzione di uova biologiche”. Silvia ha intuito subito il potenziale di quell’idea: “Era il periodo in cui cominciavano a uscire notizie sugli allevamenti intensivi e sul più basso consumo di carne – sottolinea -, così ho pensato che quella delle uova biologiche potesse essere una strada interessante e anche un modo per mettere a frutto i terreni di mia nonna”.
Nel marzo 2011 hanno presentato il progetto per ottenere dei fondi europei, ma il cammino sembrava tutto in salita: “Hanno impiegato quasi tre anni per approvarlo e per darci la prima tranche di soldi – spiega -, se non avessimo avuto dei risparmi da parte ora saremmo ancora alla fase embrionale”. Invece madre e figlia hanno avuto la determinazione necessaria a trasformare gli ostacoli in opportunità: “Dal 2015 abbiamo avviato il nostro allevamentodi galline, in cui operiamo in un’ottica di riconversione ambientale e alimentare”. Per trasformarle in esemplari biologici servono almeno otto settimane: “Arrivano da allevamenti più o meno intensivi e sono abituate a stare chiuse in gabbia tutto il giorno a una temperatura costante – spiega -, noi, passo dopo passo, cerchiamo di farle abituare alla vita in aperta campagna e intanto ci occupiamo della loro salute e della loro alimentazione”.

Banditi antibiotici e altre soluzioni artificiali: “Le loro cure e la loro alimentazione sono naturali al 100% – sottolinea -, ce ne occupiamo noi personalmente”. Ed è proprio muovendosi in questa direzione che Silvia è riuscita a fare un’interessante scoperta: “Quando ho saputo che i semi di canapa erano consigliati dai medici per abbassare i livelli di colesterolo nelle persone, ho pensato che lo stesso principio potesse valere anche per le galline”. Così ha avviato una sperimentazione con l’Istituto Zooprofilattico dell’Università di Teramo e i risultati le hanno dato ragione: “Per sei mesi abbiamo analizzato le uova di tre gruppi di galline, le prime alimentate normalmente, le seconde con l’aggiunta dei semi di lino e le terze con i semi di canapa – spiega – ed è venuto fuori che le uova di queste ultime erano molto più ricche di Omega3 e Omega6”.
Un valore aggiunto per i consumatori, che sta spingendo Silvia a intraprendere nuove strade: “Mi sono appassionata tantissimo alla materia e ho già messo in cantiere nuove sperimentazioni e collaborazioni”, spiega. Di nostalgia per il passato ne è rimasta ben poca: “A volte mi manca la parte creativa del mio vecchio lavoro, – ammette -, ma quando ripenso alle lunghe giornate trascorse davanti al computer mi rendo conto che la libertà che ho guadagnato è inestimabile”.Anche se le difficoltà non mancano e non mancheranno: “Ogni giorno ci imbattiamo in qualche nuovo problemaamministrativo e i tempi per trovare una soluzione sono sempre infiniti – sottolinea -, purtroppo ci scontriamo sempre con l’incompetenza e l’inadeguatezza degli uffici pubblici”. Ma questo tandem di donne ha imparato a non mollare: “Lavorare in famigliati dà sicurezza e rende il lavoro meno faticoso – conclude – e poi quando non c’è competizione si punta dritto all’obiettivo finale”.

Le bucce d’arancia ottimi filtri per l’acqua



Secondo alcune statistiche, ogni anno vengono raccolti nel mondo 3,8 milioni di tonnellate di residue di agrumi, in particolare quelli derivanti dalla produzione di succo d'arancia. Alcuni scienziati si sono impegnati da lungo tempo a cercare di trovare un modo per riciclare le scorze di agrumi - al netto delle buone e gustose bucce d’arancia candita che possono essere recuperate - e da poco dei ricercatori spagnoli hanno scoperto che quello che è ritenuto un residuo praticamente inutilizzabile può essere usato come un filtro per l'acqua, perché i test hanno rivelato che eliminerebbero perfettamente i metalli pesanti dall'acqua. Le bucce verrebbero essiccate, fatte in polvere e aggiunte ai filtri per l'acqua. Per il momento, questo procedimento è in fase di test, ma gli scienziati sono convinti che il futuro dei filtri alle bucce di agrumi potrà essere di grande beneficio non solo alle famiglie che dispongono di filtri per l’acqua, ma anche ai grandi impianti di trattamento biologico. Per Giovanni D’Agata presidente dello ‘Sportello dei Diritti', una nuova possibilità per non disperdere più, ciò che molti ritenevano un rifiuto. 

tratto da:
http://www.greenplanet.net/le-bucce-d’arancia-ottimi-filtri-l’acqua

Carta di San Michele all’Adige Appello per la tutela della biodiversità delle sottospecie autoctone di Apis mellifera Linnaeus

Fondazione Edmund Mach,
San Michele all’Adige, 12 giugno 2018

Appello per la tutela della biodiversità delle sottospecie autoctone
di Apis mellifera Linnaeus, 1758 in Italia
(Carta di San Michele all’Adige)

RIASSUNTO
Questo documento, stilato e firmato da esponenti della ricerca scientifica e da personalità
di rilievo del mondo dell’apicoltura e dell’ambientalismo, vuole sottoporre alle
amministrazioni politiche l’urgenza di accordare un’adeguata protezione faunistica all’ape
mellifica
1 (Apis mellifera Linnaeus, 1758) e, in particolar modo, alle sue sottospecie
autoctone. Questa specie, pur essendo gestita dagli apicoltori da molti millenni, non può
essere considerata un animale domestico e, in quanto insetto pronubo, svolge un ruolo
insostituibile per la conservazione della biodiversità e quindi nel mantenimento degli
equilibri naturali stessi, senza contare l’impatto sulle produzioni agricole.
A. mellifera è un insetto originariamente distribuito in gran parte dell’Europa, tutta l’Africa
(compreso il Madagascar), il Medio Oriente, parte della Penisola Arabica e alcune zone
dell’Asia Centrale. Dall’Europa l’ape mellifica è stata poi introdotta nelle Americhe, in Asia
ed in Oceania. Come per tutte le specie selvatiche, il percorso evolutivo e le attuali
caratteristiche biologiche dell’ape mellifica, rendono fondamentale per questa specie
l’adattamento all’ambiente in cui vive. Questo adattamento alla moltitudine di condizioni
ambientali presenti nel suo vasto areale originario, unitamente alle vicissitudini geologiche
e climatiche delle ere passate, ha determinato la suddivisione di A. mellifera in 31
sottospecie, ognuna originariamente ben adattata alla propria area geografica. Il Bacino del
Mediterraneo, per la sua grande varietà di ambienti, esprime la maggiore diversità
intraspecifica. Nell’ultimo secolo e mezzo, i progressi tecnologici generali e interni al mondo
dell’apicoltura stessa, hanno però involontariamente causato un devastante impoverimento
genetico di molti di questi popolamenti locali, con evidenti ripercussioni sotto l’aspetto
produttivo e sanitario, mettendo in serio pericolo la conservazione, in Europa, delle
sottospecie autoctone di A. mellifera. La valutazione di quanto il depauperamento delle
sottospecie di A. mellifera stia provocando ripercussioni negative sugli equilibri ecologici e
sul sistema di produzione degli alimenti è in corso, mentre sono noti ed evidenti gli effetti
negativi che questa problematica sta producendo all’apicoltura. In questo documento sono
esposti in modo puntuale gli argomenti scientifici a supporto di questa visione, sulla base
1 Il nome comune dell’Apis mellifera maggiormente consolidato in Italia è quello di “ape mellifica” derivante dal nome scientifico proposto dallo stesso Linneo nel 1761, Apis mellifica. Questo nome scientifico oggi non è accettato dal codice internazionale di nomenclatura zoologica per motivi di priorità. Il nome proposto inizialmente da Linneo significa “ape portatrice di miele” mentre quello proposto in un secondo momento significa “produttrice di miele” e sarebbe dunque più corretto.
dei quali si potrà procedere, secondo varie modalità operative, ad azioni concrete volte alla
salvaguardia dell’ape mellifica anche e soprattutto come entità biologica. Questo
documento non vuole contrapporsi alle azioni intraprese dal mondo dell’apicoltura, ma
contribuire ad una visione più globale del gravissimo problema del declino delle api
mellifiche.

INTRODUZIONE
L’ape mellifica, A. mellifera Linnaeus, 1758, è l’ape che da millenni è usata dall’uomo per
l’apicoltura. Oggetto sin da epoche preistoriche di predazione, ovvero di prelievo di miele,
larve e cera da alveari rinvenuti in ambiente selvatico come è avvenuto ed avviene
tutt’oggi per tutte le specie del genere Apis, ma anche per altri apoidei apiformi 3,4 nelle
zone tropicali del nostro pianeta, sono proprio le caratteristiche bio-etologiche di A.
mellifera che hanno permesso la nascita dell’apicoltura. Esiste una ricca testimonianza
iconografica e documentaria relativa a questa nobile attività umana, basata su reperti
archeologici, almeno a partire da 4.500 anni fa. Ad esempio, tra le numerose decorazioni
rinvenute nel Tempio di Shesepibre in Egitto, fatto edificare da Nyuserre Ini all’incirca nel
2.500 a.C., c’è la più antica raffigurazione di una complessa ed evoluta gestione delle api e
del miele, che indubitabilmente attestano un percorso di sviluppo delle tecniche apistiche
iniziato molto prima. È molto probabile, infatti, che l’apicoltura con l’ape mellifica sia nata
nella stessa regione e più o meno nello stesso periodo in cui, nella Mezzaluna Fertile
appunto, circa 10-12.000 anni fa si è affermata l’agricoltura, l’allevamento e la
domesticazione degli animali. Nel corso dei millenni l’apicoltura ha avuto uno sviluppo ed una diffusione straordinaria, giungendo ad una grande varietà di soluzioni tecniche, in gran parte conservatesi ancora oggi in diverse aree del Bacino del Mediterraneo e del vicino Oriente.
L’ape mellifica e le altre specie di apoidei eusociali, che vivono cioè in società complesse e
permanenti (come alcune api tropicali dei generi Trigona e Melipona), hanno inoltre ispirato
una serie di simbolismi, credenze e miti, e rivestono quindi un grande ruolo anche
nell’evoluzione spirituale, culturale e politica delle società umane di tutto il Mondo.
Nonostante questo lunghissimo e prolungato rapporto tra le api mellifiche e l’uomo,
possiamo però dichiarare con certezza che questo straordinario animale non è mai stato
domesticato.
Per domesticazione si intende, infatti, il processo attraverso il quale una specie animale o
vegetale è resa domestica, ovvero dipendente dalla convivenza con l'uomo e dal controllo
delle sue condizioni di alimentazione e di riproduzione da parte di quest'ultimo.
Sul fatto che l’ape mellifica gestita dagli apicoltori non fosse divenuta un animale domestico
si era espresso già Plinio il Vecchio (Gaius Plinius Secundus, 23-79 D.C.), nei primi paragrafi
del libro dedicato alle api della sua Naturalis Historia 5. Anche Charles Robert Darwin (1809-
1882), nella sua opera intitolata Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico,
giunse alla conclusione che sono proprio le peculiarità biologiche delle colonie di A.
mellifera ad aver impedito questo processo di domesticazione 6. Ma anche Eva Crane (1912-
2007), massima studiosa del XX secolo dell’apicoltura, anzi delle diverse apicolture a livello
mondiale, dando una chiara definizione dell’apicoltura ne evidenzia anche l’estraneità
rispetto all’allevamento di animali domesticati. Infatti Eva Crane 7 definisce l’apicoltura
come “il mantenimento di forti colonie sane di api in alveari progettati per la comodità
dell’operatore, e la rimozione dagli alveari (e la successiva trasformazione) dei prodotti
per i quali sono tenute le colonie” 8, 9. Ma ancor più straordinario è il paragone che questa
ricercatrice inglese propone tra l’apicoltura e l’unica altra attività umana ad essa simile:
“L’uso di api come micromanipolatori per la raccolta di cibo dalle piante ha forse il suo più
vicino parallelo nell’uso di cormorani (cui viene applicato un collare che impedisce loro la
deglutizione) per la pesca. L’apicoltore ha un vantaggio rispetto al pescatore in quanto le

MIPAAF, APERTO BANDO MENSE SCOLASTICHE BIOLOGICHE CERTIFICATE


È la prima volta in Italia che vengono definite e regolate le mense biologiche, dando così maggiori informazioni agli studenti e alle famiglie.
Già lo scorso dicembre erano stati presentati i criteri di classificazione, concordati con il Ministero dell’Istruzione, le Regioni e i Comuni, e i marchi che identificano le mense biologiche scolastiche. La norma, infatti, prevede che le scuole che vorranno utilizzare il marchio volontario dovranno inserire delle percentuali minime di utilizzo di prodotti biologici, dei requisiti e delle specifiche tecniche fissate.
Per le mense scolastiche biologiche è stato previsto anche un Fondo ad hoc. Il fondo, sulla base del numero dei beneficiari del servizio di mensa scolastica biologica, verrà ripartito tra le diverse Regioni, secondo quanto stabilito dal Decreto Mipaaf del 22 febbraio 2018.

La piattaforma è disponibile all’indirizzo:

http://servizionline.politicheagricole.it/mensescolastichebio/
tratto da:
http://www.corriereortofrutticolo.it/2018/05/25/mipaaf-aperto-bando-mense-scolastiche-biologiche-certificate/

Debutto a Parma e Rimini del Consorzio Bambù Italia

Presente per la prima volta alle recenti edizioni del Cibus di Parma e del Macfrut di Rimini, il Consorzio Bambù Italia (C.B.I.) ha fatto il suo ingresso in grande stile tra i protagonisti dell’agroalimentare nostrano.
È la prima azienda italiana interamente dedicata alla valorizzazione e commercializzazione del bambù certificato OnlyMoso, che garantisce una filiera sicura e controllata di quello che è stato definito ‘tra i cinque alimenti più salutari esistenti al mondo’ da una ricerca della Facoltà di Farmacia dell'Università di Bari. Tante le referenze in assortimento, dai vasetti di germogli di bambù sottolio declinati in vari gusti fino al pesto alla genovese con bambù e al bambù candito con lo zenzero; senza dimenticare la linea di prodotti da forno (grissini e cracker) aromatizzati al bambù. Le proposte - a marchio commerciale Bambita - sono presenti nella Grande Distribuzione, in molti punti vendita Conad, oltre che nel canale Horeca.
Ad oggi le piantagioni di bambù in Italia sono quasi 900, per un totale di circa 2.000 ettari. Per la sua particolare resistenza non richiede alcun genere di pesticidi; la coltivazione avviene rispettando i ritmi della natura e senza impatto ambientale, dando vita a veri e propri polmoni naturali poiché immettono nell’aria un elevato quantitativo di ossigeno e catturano molta CO2. I germogli ad uso alimentare - ‘naturalmente bio’ - sono caratterizzati da un elevato contenuto di fibre, vitamine B1 e B6 ed antiossidanti; inoltre aiutano ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue, migliorano la digestione e riducono le infiammazioni. Un vero prodigio nutrizionale adatto a diversi tipi di dieta alimentare.
Il C.B.I. garantisce ai consorziati il ritiro della produzione di canne e germogli al miglior prezzo di mercato (prezzo minimo garantito 2 euro/kg) e si impegna a promuovere e valorizzare il bambù italiano lungo le varie filiere commerciali (food e non-food) in Italia e all’estero.
Chiara Brandi 

tratto da:
http://www.greenplanet.net/debutto-parma-e-rimini-del-consorzio-bambù-italia

Festival del Biologico - Parma, domenica 27 maggio 2018

C/O Azienda Sperimentale Stuard, Strada Madonna dell’Aiuto 7/a – Parma

FederBio, in collaborazione con l’Azienda Agraria Sperimentale Stuard di Parma, organizza il Festival del Biologico, un evento di grande interesse per il territorio parmense e per le sue realtà produttive più significative con identità e merceologie differenti. In particolare, saranno presenti le aziende con produzioni biologiche certificate e quelle che si impegnano nell’innovazione e nel rispetto delle tipicità in ambito agroalimentare.


Il Festival del Biologico sarà inaugurato con i saluti del Sindaco di Parma Federico Pizzarotti e vedrà la presenza di numerose personalità. Sarà l’occasione per parlare di agricoltura biologica, delle sue prospettive e dell’importante ruolo che ricopre a sostegno del territorio. Ne parleranno Nicola D’Olio, Segretario dell’Assessorato all’Agricoltura e Pesca della Regione Emilia Romagna e Paolo Carnemolla,  Presidente di FederBio.

Durante la giornata verrà presentata una grande novità per il mondo bio: il Portale del Bio, la vetrina del Biologico della Regione Emilia Romagna, attraverso il quale sarà possibile:
  • conoscere dove sono e cosa producono i 5.000 operatori biologici in Emilia Romagna;
  • consultare video descrittivi dei processi produttivi delle principali Filiere Biologiche;
  • partecipare alla community online tra produttori bio e tecnici del bio;
  • essere aggiornati sulle news del mondo biologico.
  • La manifestazione, che si svolge in concomitanza con l’abituale mercato dei produttori, organizzato all’interno degli spazi dell’Azienda Agraria Sperimentale Stuard di Parma, prevede degustazioni e tante iniziative per conoscere e per imparare a scegliere in modo consapevole i prodotti e i produttori locali.

    PROGRAMMA EVENTO
    L’AGRICOLTURA BIOLOGICA A SOSTEGNO DELLO SVILUPPO LOCALE

    • Inaugurazione evento – Federico Pizzarotti, Sindaco di Parma
    • Prospettive dell’agricoltura biologica – Paolo Carnemolla, Presidente FederBio
    • L’agricoltura biologica in Emilia Romagna – Nicola D’Olio, Segretario Assessorato all’agricoltura e pesca della Regione Emilia Romagna
    • Sostegno dell’Azienda Stuard allo sviluppo dell’agricoltura biologica sul territorio – Roberto Reggiani, Azienda Agricola Stuard
    • Presentazione portaledelbio.it – Francisco Martinez, FederBio
    • Interventi delle aziende agricole biologiche di riferimento sul territorio di Parma

Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti: "La lista dei cibi da evitare per non morire avvelenati"

«La differenza tra una fiorentina e una bistecca texana, come quella tra il nostro olio extravergine e una margarina confezionata da qualche multinazionale nordica, può essere la stessa che passa tra la vita e la morte». Non è un’iperbole. Il ragionamento di Roberto Moncalvo (nella foto), presidente della Coldiretti, un milione e seicentomila associati, porta a questa conclusione. «Noi siamo quello che mangiamo», spiega l’uomo che gestisce la più grande organizzazione agricola europea. «Se l’Italia è finita prima nella classifica del 2016 mondiale su longevità e qualità della vita, lo dobbiamo alla qualità del nostro cibo e alla dieta mediterranea, che sono sotto attacco delle multinazionali, le quali ci fanno la guerra con la complicità dell’Europa».
Presidente, sostanziamo le accuse: chi ci attacca e come?
«Il primo nemico ce l’abbiamo in casa, è la Ue, che sacrifica l’agricoltura utilizzandola come merce di scambio per privilegiare altri settori negli accordi internazionali. E in particolare penalizza i prodotti mediterranei, visto che a menare le danze a Bruxelles sono la Germania e i Paesi nordici».

Faccia qualche esempio…
«L’olio tunisino, le fragole e i pomodori marocchini, i carciofi e le zucchine egiziani. Per privilegiare l’esportazione in settori considerati chiave come la farmaceutica e il comparto metalmeccanico abbiamo aumentato la quantità di prodotti ortofrutticoli importabili senza dazi da Paesi che utilizzano pesticidi che l’Italia ha messo fuori legge da decenni perché cancerogeni. Abbiamo fatto accordi commerciali sulla pelle dei cittadini, che sul banco si trovano prodotti a basso costo perché avvelenati e ottenuti con uno sfruttamento del lavoro al limite della schiavitù. Ma attenti anche al grano che arriva dal Canada: lì hanno poco sole e lo fanno seccare con il glifosate, che è cancerogeno».

Non dovrebbe essere vietata l'importazione di cibo avvelenato?
«Nel resto del mondo manca una cultura della salute legata all’alimentazione come quella che abbiamo noi, e certe politiche le fa la Ue, che privilegia sempre l’aspetto economico. La cosa che più mi irrita però è quando si spacciano prodotti nocivi per sani e i nostri alimenti genuini per dannosi».

Come avviene?
«Sei multinazionali americane stanno promuovendo in Europa un sistema di etichettatura nutrizionale a semaforo, fuorviante e discriminatorio, per sconsigliare l’acquisto di prodotti naturali a vantaggio di cibo preconfezionato. L’Inghilterra impone a ogni prodotto un’etichetta, verde, gialla o rossa a seconda di quanto faccia bene o male. Risultato? Il nostro prosciutto di Parma e le forme di Reggiano hanno il bollino rosso mentre la Diet Coke ha quello verde e l’export italiano di olio di oliva verso la Gran Bretagna è calato del 12% in un anno».

Una fake news alimentare? 
«Una balla confezionata dalla grande industria straniera per piazzare i propri prodotti, prendendo in giro i consumatori e cercando di manipolarne la cultura alimentare, indirizzandoli verso scelte sbagliate. Loro pensano che il semaforo alimentare li tuteli, invece li fa ammalare, pilotando gli acquisti su cibi artificiali e nocivi».

Come possiamo difenderci?
«Da tempo chiediamo che venga introdotto a livello europeo l’obbligo di indicare l’origine dei prodotti, il che ci agevolerebbe molto, visto che in tutto il mondo si sa che il cibo italiano è il più sano oltre che il più buono, e darebbe un’informazione onesta al consumatore. Purtroppo però la Ue dorme, si fa condizionare dalle lobby. Come nell’accordo Ceta con il Canada, che toglie valore alla stragrande maggioranza dei nostri prodotti Dop, costringendo i nostri prodotti tipici a convivere sullo scaffale con le loro imitazioni, per cui per esempio uno può fare il prosciutto in Quebec e chiamarlo “San Daniele” o fare il formaggio in Arkansas e chiamarlo “Parmesan”».

Perché l’Europa consente questa concorrenza sleale?
« La Germania ha pochi prodotti tipici, Est e Nord pure. La lotta alla pirateria alimentare non è una loro priorità e siccome i nostri governi non hanno saputo difenderci, oggi tra i salumi e i formaggi in vendita negli scaffali del mondo, per ogni prodotto made in Italy ce ne sono due che sono tarocchi, ma possono portare sulla confezione il tricolore come se li facessimo qui. Abbiamo parificato il vero al falso, ed è tutto legale».

San Marino vuole diventare il primo ‘Stato bio’


'Vogliamo che San Marino, entro 5 anni, produca solo alimenti biologici. Ma non solo: tutto lo Stato sarà bio, compreso il verde pubblico. E’ una sfida impegnativa. L'anno scorso la avevamo annunciata. Oggi possiamo affermare che il progetto è partito e l’obiettivo è portarlo a termine in cinque anni’. 
Lo ha dichiarato Augusto Michelotti, segretario di Stato Territorio, Ambiente e Agricoltura della Repubblica di San Marino il 15 maggio parlando a una platea di giornalisti. Michelotti ha aggiunto: 'Siamo partiti ufficialmente nel mese di aprile con il primo nucleo di agricoltori. Nell'arco di poco tempo coinvolgeremo tutti. Essere piccoli ha questo vantaggio, che dalle idee all'atto pratico, se c'è la volontà, passa poco tempo. Ed è più facile coinvolgere tutti’.
Sarà proprio così? Staremo a vedere. 


tratto da:
http://www.greenplanet.net/san-marino-vuole-diventare-il-primo-‘stato-bio’

FESTA DEL BIO. Il 23 Giugno a Verona



Cresce il pomodoro da industria biologico

E' una produzione in crescita e sempre più controllata quella del pomodoro da industria biologico del Nord Italia. Ad annunciarlo l’OI (Organizzazione Interprofessionale) del pomodoro da industria del Nord Italia che a Cibus ha presentato i numeri del settore e illustrato gli impegni che la filiera ha preso per garantire al consumatore un prodotto biologico salubre, sostenibile e di qualità.

Aumenta la domanda di prodotto, ma aumenta e si struttura anche l'offerta che propone un plus di affidabilità per il bio tanto che la filiera del Nord Italia, al termine di una serie di incontri tra produttori e trasformatori promossi dall'OI, ha previsto controlli aggiuntivi che vanno oltre quanto stabilito dalla normativa per la certificazione bio.
Nel Nord Italia dai 1.316 ettari coltivati a pomodoro bio del 2015 si è passati ai 2.310 del 2017, il valore è quasi raddoppiato e rappresenta una quota consistente dei 3.800 ettari stimati a livello nazionale, mentre per la campagna 2018, ormai alle porte, si stima che le superfici coltivate con pomodoro bio possano raggiungere al Nord Italia, in base a quanto contrattato, i 2.700 ettari.
Dal punto di vista produttivo si registra una sempre maggiore specializzazione da parte degli agricoltori e da parte della ventina di industrie di trasformazione del Nord Italia che, nel complesso, hanno lavorato nel 2017 162 mila tonnellate di pomodoro bio coltivato sul territorio italiano. 
Il pomodoro biologico viene trasformato principalmente in passate per 24.854 tonnellate, polpe 19.410, doppi concentrati 12.283, altri concentrati 2.378, surgelati 206, sughi 145 e fiocchi 24. Il canale di destinazione principale è quello della lavorazione industriale per ottenere altri prodotti pronti (56,9%), seguito dai prodotti per i piccoli consumatori (34,1%) e per la ristorazione (9%). 
Il quantitativo di bio è sempre più consistente. I 2.310 ettari di biologico registrati nel 2017 rappresentano il 6,6% dei 34.932 ettari coltivati complessivamente nel Nord Italia con la tecnica della produzione integrata, che si contraddistingue per un bassissimo impiego di fitofarmaci. L'Emilia Romagna è la regione nella quale si concentra la quota più consistente di produzione biologica. La prima provincia è quella di Ferrara dove, nel 2017, sono stati coltivati 1.500 ettari. Seguono le province di Ravenna (350), Parma (184) e Piacenza (76). 
‘Le organizzazioni di produttori e le imprese di trasformazione - spiega il presidente dell'OI Tiberio Rabboni - sono state coinvolte dall'OI in diversi incontri durante i quali ci si è confrontati sul tema dei controlli aggiuntivi che una filiera organizzata può assicurare, oltre a quelli previsti per la singola impresa dalle certificazioni di legge. Dopo aver redatto, su questa base, la Carta delle buone prassi biologiche di filiera abbiamo avuto la soddisfazione di vedere inserito uno specifico decalogo formale sul biologico nel nuovo Contratto Quadro 2018, siglato tra Organizzazioni di produttori (Op) e trasformatori industriali’.

tratto da:
http://www.greenplanet.net/cresce-il-pomodoro-da-industria-biologico

Neonicotinoidi: approvato il divieto permanente per tre insetticidi dannosi per le api. L’Italia tra i Paesi che hanno votato a favore della proposta


Api

Gli Stati membri dell’Unione europea hanno votato a favore del divieto permanente per i tre insetticidi neonicotinoidi più dannosi per le api – clothianidin, imidacloprid e thiamethoxan – in tutto il territorio dell’Ue. Con il voto favorevole del Comitato permanente dell’Ue su piante, animali, cibi e mangimi (Paff) è stata approvata la proposta della Commissione europea di proibirne ogni uso esterno. Ora il regolamento che vieta i tre neonicotinoidi sarà ora adottato formalmente nell’arco delle prossime settimane ed entrerà in vigore entro la fine dell’anno.
Sono solo quattro i Paesi europei che si sono espressi contro il bando totale dei tre insetticidi: Repubblica Ceca, Danimarca, Ungheria e Romania. Hanno invece votato a favore della proposta 16 Stati membri che rappresentano il 76,1% della popolazione europea: Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Italia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria, Svezia, Slovenia, Portogallo e Regno Unito. I restanti otto Stati si sono astenuti. In occasione dell’approvazione delle restrizioni all’uso dei tre insetticidi del 2013, l’Italia aveva votato contro il divieto temporaneo dei neonicotinoidi.
I tre insetticidi nel 2013 erano già stati colpiti da alcune restrizioni – usi esterni su alcune colture e in determinati periodi dell’anno – in seguito a una valutazione dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), secondo cui i neonicotinoidi sono un rischio per le api domestiche e selvatiche e per i bombi. Risultati confermati e aggiornati da un nuovo rapporto pubblicato nel marzo 2018, basato sulla revisione di oltre 700 studi e tutte le evidenze scientifiche più recenti. Il voto dei Paesi membri era atteso dal dicembre 2017, ma era stato rimandato proprio per aspettare la pubblicazione della nuova valutazione Efsa.
Per chiedere il bando degli insetticidi neonicotinoidi pericolosi per le api e gli altri insetti impollinatori, Greenpeace aveva lanciato una petizione, che ha raccolto oltre 140 mila sostenitori. L’associazione ricorda che rimangono autorizzati altri pesticidi potenzialmente dannosi per le api tra cui quattro neonicotinoidi.

tratto da:
http://www.ilfattoalimentare.it/api-divieto-neonicotinoidi-dannosi.html

Inquinamento dell’aria: Italia sotto accusa

La Commissione Europea ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia Europea per aver violato le norme europee antismog. La decisione, teda nota il 16 maggio, si riferisce alla ripetuta violazione dei limiti Ue per il particolato Pm10. Con la stessa motivazione, l’esecutivo UE ha deferito Ungheria e Romania e ha denunciato alla Corte anche Francia, Germania e Regno Unito per il superamento dei limiti di biossido di azoto (No2).
Il deferimento arriva nell'ambito di una procedura di infrazione cominciata nel 2014. L'Italia ha una seconda procedura di infrazione in corso sulla qualità dell'aria, avviata nel 2015, per il superamento dei valori limite di biossido di azoto (NO2). Il 31 gennaio scorso il commissario all’Ambiente Karmenu Vella aveva convocato a Bruxelles i ministri di 9 Paesi tra cui l’Italia, chiedendo l'adozione di misure per ridurre l'inquinamento atmosferico. La documentazione fornita dal Ministero dell’Ambiente italiano è stata sufficiente per evitare l’aggravamento della procedura di infrazione sull’NO2 ma non quella sul particolato, in quanto il piano italiano prevede una normalizzazione della situazione in tempi troppo lunghi.
L’Italia finisce davanti alla Corte di Giustizia Europea anche per i rifiuti radioattivi in quanto non è stata assicurata la piena conformità alla direttiva in materia, in particolare sul fronte della notifica dei programmi nazionali di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Roma aveva già ricevuto un parere motivato, secondo passo di una procedura d’infrazione, nel luglio 2017, insieme ad Austria, Croazia, Repubblica Ceca e Portogallo. Gli stati membri erano tenuti a notificare i programmi nazionali entro il 23 agosto del 2015. La direttiva UE istituisce un quadro per garantire la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, chiedendo provvedimenti adeguati in ambito nazionale per un elevato livello di sicurezza.
Tornando all’inquinamento dell’aria, esso provocherebbe in Italia ogni anno oltre 80 mila morti premature. Solo lo scorso anno sono stati 39 i capoluoghi italiani in cui almeno una centralina di monitoraggio dell’aria ha fatto registrare il superamento del limite annuale di 35 giorni con concentrazioni medie superiori a 50 μg/m3 (microgrammi per metro cubo). Tra queste città, ve ne sono addirittura 5 in cui i giorni di sforamento dei limiti di legge sono stati più di 100 (e ve ne sono molte altre con valori appena inferiori). La Pianura Padana, la Valle del Sacco nel Frusinate e altri territori della Penisola sono in piena emergenza ambientale e sanitaria. Lo sostiene l’Agenzia Europea dell’Ambiente. Si deve aggiungere che è molto grave anche l’impatto causato dal biossido di azoto, inquinante tipico del settore trasporti e dei diesel in particolare. Questo inquinante, in Italia, è responsabile di oltre 17 mila morti premature.  

Nella foto: Karmenu Vella, Commissario Europeo all'Ambiente

tratto da:
http://www.greenplanet.net/inquinamento-dell’aria-italia-sotto-accusa

Vandana Shiva a Firenze: ’Stop ai pesticidi’

‘L’attuale emergenza sanitaria ha radici nello stesso sistema che ha contribuito alla crisi ecologica’: è questo il commento di Vandana Shiva, presidente di Navdanya International, al termine della due giorni di lavori che ha visto esperti da tutto il mondo incontrarsi a Firenze per redigere il Manifesto ‘Food for Health' in prosecuzione del lavoro della Commissione Internazionale sul Futuro del Cibo e dell’Agricoltura. L’ecologista indiana ha puntato il dito contro l’agricoltura industriale: ‘La desertificazione, il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento delle acque, il 75% dei problemi ecologici e le nuove epidemie sono correlati alle agro-tossine e ai combustibili fossili usati in agricoltura’.

Vandana Shiva è entrata anche nella questione dei sistemi integrati: 'È importante trovare alternative utili sia per il pianeta che per le persone. La salute del pianeta e la salute delle persone sono una cosa sola. Le alternative esistono e si basano sul rigenerare la salute della terra, tramite l’agroecologia, la salvaguardia della biodiversità, la promozione della filiera corta e di sistemi alimentari a km 0. La salute, a partire da quella del suolo, fino a quella delle piante, degli animali e degli umani deve essere il principio organizzatore nonché il fine dell’agricoltura, del commercio, della scienza, della nostra vita e del commercio internazionale'.
La dichiarazione è stata rilasciata al termine del summit , conclusosi il 16 maggio con un evento pubblico a Piazza Santissima Annunziata, che ha visto specialisti internazionali di ogni settore, riuniti per lavorare collettivamente al Manifesto, il cui titolo completo, in italiano, sarà: ‘Cibo per la salute. Coltivare la biodiversità, coltivare la salute’. Il Manifesto, che una volta elaborato sarà diffuso ad agricoltori e cittadini di tutto il mondo, governi e stakeholder, ha come obiettivo mettere in evidenza l’inscindibile legame fra alimentazione e salute, elaborare strategie globali per superare il modello di agricoltura industriale, favorire la convergenza e l’azione dei movimenti per l’agro-ecologia e per la salute pubblica, per giungere a una visione comune di sviluppo sostenibile, equo e inclusivo.
Gli esperti del gruppo internazionale hanno fornito il loro contributo alla redazione del Manifesto. Hilal Elver, Commissario Speciale delle Nazioni Unite, ha denunciato la tossicità dell’attuale sistema di produzione agricola industriale: ‘Tutti gli studi e le analisi - si è chiesto - sono forse legati in qualche modo agli interessi delle multinazionali o sono realmente indipendenti?’. E ha aggiunto: ‘E’ un mito che l’utilizzo di agro-tossici, un mercato del valore di circa 50 miliardi di dollari/anno e in crescita, sia necessario per sfamare la popolazione mondiale'. Un concetto ribadito da Nadia El-Hage, già Divisione Clima e Ambiente della FAO: ‘Abbiamo bisogno di un approccio ecologico al cibo e all’alimentazione. Dobbiamo promuovere la consapevolezza dei danni che causa l’uso della chimica nell’agricoltura’. Anche Patrizia Gentilini, oncologa ed ematologa, membro del Comitato Scientifico di ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente - ha parlato dei danni causati a cittadini e ambiente: ‘Il problema dei pesticidi è un problema di salute pubblica. In pericolo sono soprattutto i bambini. Assistiamo ad un aumento dei casi di tumori infantili che, secondo un’indagine dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), sono passati da 124 casi per milione di bambini fra 0 e 14 anni nel 1980 a 140 casi nel 2010 a livello globale. I livelli di sicurezza relativi ai pesticidi si sono dimostrati totalmente inaffidabili, mentre si calcola un danno economico di 194miliardi Euro/anno solo in Europa. E’ ormai provato come un'agricoltura che rispetti e collabori con la natura sia la miglior forma di produzione alimentare, sia dal punto di vista del cibo ottenuto, sia delle ripercussioni sull'ambiente. E proprio per questo è fondamentale che l’agricoltura biologica diventi l'unica forma di produzione alimentare'.
 

tratto da:
http://www.greenplanet.net/vandana-shiva-firenze-’stop-ai-pesticidi’


Convegno sulla Biodiversità all'Accademia Scienze e Lettere di Verona


Fertilizzanti a base di rame e relativo impiego in agricoltura biologica


Premio Lombrico d’Oro 2018 terza edizione. RELAZIONE

Premio Lombrico d’Oro 2018 terza edizione nella bella cornice di Corte Torcolo messa a disposizione anche quest’anno dal comune di Cavaion – 5 maggio 2018

Ha organizzato il Coordinamento veronese "Stop glifosate" costituito da 26 Associazioni, in collaborazione col comune di Cavaion Veronese.

La manifestazione, rivolta ai Sindaci e alle Pubbliche  Amministrazioni, alle imprese del verde e alla popolazione, è iniziata con l’esposizione e le dimostrazioni sul campo di macchine per il diserbo meccanico o fisico in ambito urbano, in alternativa al diserbo chimico.
Erano presenti, ed hanno potuto illustrare ampiamente agli amministratori ed ai tecnici presenti, la ditta Mantovanelli con spazzole rotanti, e macchine a raggi infrarossi; le ditte Arcobaleno sas utilizzatrice, e la ditta Maito produttrice di macchine per il pirodiserbo e la ditta Tecnovap con macchine per il diserbo a vapore.
La parte convegnistica si è aperta con la presentazione da parte dell’agricoltore Tesini Antonio della cooperativa Cà Magre di Isola della Scala (VR) dei metodi di diserbo e di controllo delle infestanti in agricoltura biologica.

I medici Flavio Coato (Il Carpino) e Giovanni Beghini (ISDE medici per l’ambiente) hanno  illustrato le linee guida della Regione Veneto (dgr n. 1262 del 01/08/2006) per la riduzione dell’uso e del rischio dei pesticidi, i contenuti minimi che dovrebbero avere i regolamenti di polizia rurale dei Comuni nelle aree frequentate dalla popolazione; Beghini ha illustrato i suggerimenti per un regolamento di polizia rurale di qualità: deve essere frutto di partecipazione (non calato dall’alto) per tener conto anche delle esigenze della popolazione e deve aver come guida la prevenzione, il principio di precauzione e il principio che chi inquina paga; va previsto un piano di riduzione complessiva dei pesticidi, mentre Clorpirifos, Dimetoato e Glifosate vanno banditi da subito.

Carlo Modonesi docente e studioso di Ecologia dell’Università di Parma ha tenuto una lezione magistrale di elogio della biodiversità e del lombrico in particolare, che riveste un ruolo fondamentale per la fertilità della terra.
Le sindache premiate hanno illustrato le iniziative nei loro comuni per l'eliminazione del glifosate e dei pesticidi, con un importante coinvolgimento della popolazione. Michela Coan sindaca di Revine Lago in provincia di Treviso, ha approvato un regolamento di polizia rurale decisamente protettivo nei confronti della salute della popolazione, poiché esclude l’uso dei prodotti classificati “Tossici” e “Molto tossici” da tutto il territorio comunale.

Maria Grazia Bonfante, sindaca del comune di Vescovado, in provincia di Cremona, ha cercato di contrastare le recenti scelte di politica agricola che hanno privilegiato la produzione di biomasse destinate all’energia elettrica, una speculazione finanziaria possibile grazie agli incentivi, distogliendola dal suo naturale e millenario destino, la produzione di cibo sano. l rifiuti organici vengono convogliati negli impianti di compostaggio e il compost distribuito gratuitamente fra gli abitanti per gli usi colturali di orti e giardini: una quota è riservata agli affidatari degli orti urbani i quali, per regolamento, non possono usare prodotti chimici per far crescere la loro verdura.

Valentina Avantaggiato vicesindaca di Melpignano in provincia di Lecce non ha potuto essere presente ed ha mandato un saluto ed una sintesi delle iniziative avviate nel suo Comune. Da citare un regolamento di polizia rurale molto avanzato e preciso, la realizzazione di una mensa scolastica biologica a km zero e il recupero dell’asino per il controllo del verde.

I premi, tre sculture in marmo dell’artista Gabriele Gottoli, sono stati consegnati da Sabrina Tramonte sindaca di Cavaion Veronese, Filippo Bonfante preside dell’Istituto Agrario Stefeni-Bentegodi (interessante il nuovo corso di agricoltura biologica post-diploma di due anni) ed Elia Sandrini presidente del Collegio dei Periti Agrari e dei Periti Agrari Laureati della Provincia di Verona.
La mattinata è stata allietata dalla musica del cantautore Wainer Mazza e da un ottimo buffet offerto da Naturasì e dall’Albero del Pane e dall’azienda agricola Novaia.

Hanno partecipato circa cento persone tra cui una quindicina di amministratori della provincia di Verona. Il materiale sarà a disposizione sul sito lombricodoro.wordpress.com

Nota:
da Melpignano nasce una proposta anche per il nostro territorio: Mense bio e a km 0.     In principio fu Cesena, nel 1986, apripista in ambito internazionale con la prima mensa scolastica bio-mediterranea. Trent’anni dopo, nel 2016, il censimento BioBank ne ha contate 1.288, con un incremento del 7,7 per cento rispetto al 2012 e un numero di 1,2 milioni di pasti al giorno. Le province leader, tuttavia, sono tutte al nord: per densità (n. attività/ 1 mln abitanti), Trento, Udine, Piacenza, Gorizia, Pordenone. Alcune Regioni, come Veneto e Lombardia, si sono già dotate di proprie leggi per regolamentare il settore. Quest’anno, a maggio, il governo ha previsto un emendamento alla manovrina promosso dal ministro Maurizio Martina, creando un fondo pluriennale da 44 milioni per diffondere l’uso del bio nella ristorazione scolastica e ridurre i costi a carico degli studenti. Lo sforzo che Melpignano compie prova a fare un passo in avanti: non solo prodotti naturali, ma anche necessariamente locali. Anche per dare una mano all’economia etica del territorio.