Il 29 maggio in Val Borago


 

29 MAGGIO FESTA DEL FORMAGGIO


 

MERCATINI campagna amica


 

Altroconsumo, ricerca comparata sulla presenza di pesticidi: il bio vince sul convenzionale

 Non si occupa di truffe nel biologico, Altroconsumo, ma in quanto associazione a tutela dei consumatori, ha di recente realizzato una serie di test con l’obiettivo di mettere a confronto, sotto vari punti di vista, prodotti biologici e convenzionali, per cercare di riequilibrare le opinioni delle persone, talvolta non accuratamente documentate, ed offrire uno specchio di realtà.

Di certo il biologico “vince” sul convenzionale sul piano dei residui di pesticidi, “ma non è detto che vinca sempre sul fronte dei valori nutrizionali”, fa sapere Emanuela Bianchi, team coordinator di Altroconsumo. E quando ad esempio accade che “in un prodotto biologico venga trovato un pesticida non autorizzato, è importante che chi produce sia in grado di dimostrare che non è stato volutamente aggiunto”, scandisce Bianchi.

L’inchiesta di Altroconsumo si è concentrata su prodotti freschi – fragole e pomodori – e trasformati – confettura e polpa – per verificare la presenza eventuale di pesticidi (ne sono stati cercati oltre 400) e le caratteristiche nutrizionali (sali minerali, vitamine e antiossidanti).

“È emerso che non è sempre vero che i prodotti biologici sono più ricchi di determinati nutrienti, ma questo per ragioni precise – fa sapere Bianchi – Si trovano infatti valori diversi se i prodotti vengono coltivati in campo con metodo biologico o senza; diverso è se vengono acquistati dal supermercato perché, talvolta, possono essere rimasti un certo numero di giorni nei frigoriferi per il trasporto”. Il punto è, quindi, che “ad influenzare il contenuto di nutrienti non è, dunque, il metodo di coltivazione, ma altri fattori, come le caratteristiche genetiche della pianta, il tipo di suolo su cui è cresciuta, le variazioni climatiche, le con- dizioni di trasporto e così via”.

La presenza più o meno ricca di certi nutrienti dipende molto dal suolo in cui i prodotti sono stati coltivati: “Se il prodotto biologico e quello convenzionale vengono cresciuti sullo stesso tipo di terreno da cui assorbono gli stessi nutrienti, allora certamente la differenza si nota, a favore del biologico”, precisa la team coordinator e product management line di Altroconsumo. D’altro canto, se le condizioni di partenza non sono le medesime, allora può succedere anche che – sul piano dei valori nutrizionali – “vinca” il convenzionale.

Un esempio può essere la vitamina C: “Degrada molto facilmente e, se il prodotto – anche biologico – ha impiegato del tempo per arrivare sullo scaffale, è probabile che contenga meno vitamina di uno convenzionale”.

Sebbene le truffe vere e proprio, invece, vengono “evidenziate attraverso le analisi dei documenti” e siano compito dei NAS dell’ICQRF, l’Ispettorato centrale repressioni frodi del MIPAAF, dalle analisi di laboratorio fatte da Altroconsumo si riscontra chiaramente una quantità di pesticidi superiore nei prodotti convenzionali rispetto ai biologici, anche se comunque sempre nei limiti consentiti. Si legge nell’inchiesta: “Per quanto riguarda i pesticidi, i campioni bio sono quasi sempre a residuo zero mentre quelli convenzionali no”. Andando nello specifico dei prodotti analizzati, “i pomodori bio contengono meno residui di pesticidi rispetto a quelli convenzionali (3 su 8 contro 7 su 8). Nessuno, nei due gruppi, sfora i limiti di legge. Per quanto riguarda il valore nutrizionale la bilancia pende a favore dei pomodori convenzionali, più ricchi di licopene e potassio. Vitamina C alla pari”.

Sfogliando ancora la ricerca “dalle analisi sulla qualità nutrizionale dei prodotti non emergono differenze significative tra prodotti bio e non bio. Le fragole biologiche, ad esempio, contenevano più vitamina C e antiossidanti, mentre quelle convenzionali erano più ricche di sali minerali”. Per ciò che riguarda i pomodori, invece, “erano i campioni convenzionali ad avere una quantità maggiore di nutrienti benefici, anche se minima “. Infine, “le analisi sulle conserve rivelano alcune differenze nella ricetta, ma non nella materia prima: le confetture di fragole biologiche contengono zero pesticidi, mediamente più frutta e meno zucchero di quelle convenzionali; quelle convenzionali, invece, contengono più antiossidanti”.

tratto da: https://greenplanet.net/inchiesta-di-altroconsumo-il-bio-vince-sul-convenzionale/

Domenica 29 Maggio - Festa di Primavera - Giornata aperta delle fattorie didattiche

 


Il 26 maggio alle 9:00 un convegno in Gran Guardia per celebrare quarant’anni di attività nel sociale de La Genovesa

 


CORO EL VESOTO, ASSOCIAZIONE LIBERT'ART, CORO NEGRITELLA - EVENTO 4 giugno 202

 


A contrada Scalchi di Erbezzo


 

20 MAGGIO - GIORNATA MONDIALE DELLE API, LE PALADINE DELLA BIODIVERSITÀ

La Giornata Mondiale delle Api è stata istituita nel 2017 dalle Nazioni Unite per ricordare l’importanza delle api e di altri impollinatori per l’ambiente, l’economia e la biodiversità. La data scelta, il 20 maggio, coincide con la data di nascita di Anton Janša che nel XVIII secolo fu un pioniere delle tecniche di apicoltura moderne nel suo paese natale, la Slovenia, il paese che ha proposto questa giornata.

Istituita nel 2017 dalle Nazioni Unite, è importante per la salvaguardia di questi piccoli insetti e vitali per l'ambiente e l'economia

La giornata precede di due giorni quella dedicata alla biodiversità e questo ci ricorda l’importante ruolo di questi piccoli insetti che sono dei veri e propri “custodi dell’ambiente”: volando di fiore in fiore, infatti, trasportano il polline e raggiungono più di 170 mila specie vegetali garantendo così la loro riproduzione e la biodiversità dell’ecosistema. Senza le api la produzione dei frutti della natura sarebbe molto più lenta, gli ecosistemi naturali sarebbero gravemente minacciati così come la sopravvivenza di molte specie sulla terra, compreso l’uomo. Purtroppo, il numero e la varietà degli impollinatori sono fortemente diminuiti negli ultimi decenni, quindi i rischi a cui andiamo incontro non sono più solo ipotetici ma già in atto.

Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api. Inoltre, esse contribuiscono direttamente alla ricchezza e al benessere dell’uomo grazie alla produzione di miele e di altri prodotti quali, ad esempio, il polline, la cera, la propoli e la pappa reale.

Negli ultimi 10-15 anni gli apicoltori hanno riferito un impoverimento del numero di api e la perdita di colonie, tanto in Europa quanto in altre zone del mondo. Secondo gli studiosi, il numero degli impollinatori è in calo in tutto il mondo, ma il bisogno di impollinazione è in aumento, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Le principali minacce che mettono in pericolo le api sono legate alle attività umane che modificano il loro habitat: l’uso massiccio di pesticidi e prodotti chimici, l’urbanizzazione, l’inquinamento, la riforestazione naturale legata all’abbandono delle aree rurali, la diffusione di parassiti e malattie veicolate da nuove specie invasive, i cambiamenti climatici.

Difendere le api, e con loro tutti gli insetti impollinatori, deve essere una priorità perché la loro sopravvivenza è in pericolo e con loro rischiamo di perdere tutti i benefici che apportano alla nostra vita e all’ambiente.

Le api: compagne di vita che non possiamo perdere. Molte testimonianze e reperti ci dimostrano che la storia delle api sul nostro pianeta è molto antica.

Una pittura rupestre scoperta nei pressi di Valencia in Spagna testimonia che già circa 10 milioni di anni fa l’uomo conosceva le api e faceva uso del miele: viene raffigurata infatti una persona sospesa su una liana con una bisaccia e numerose api che le volano intorno mentre sta raccogliendo alcuni favi da un anfratto di roccia.

Erano quindi apprezzati i suoi prodotti, primo fra tutti il miele, ma all’ape veniva riconosciuta anche una valenza simbolica, legata al rapporto con il divino, e le venivano associate alcune virtù come la laboriosità, la purezza, la nobiltà.

Per gli antichi Egizi, le lacrime d’amore del dio Sole Ra cadendo a terra si trasformarono in api che crearono il loro alveare e iniziarono a produrre il miele. Le api, dono degli Dei per l’uomo, andavano quindi protette tanto che si ritiene che furono proprio gli Egizi a creare lungo il Nilo arnie cilindriche di rami, canne e fango intrecciati poste l’una accanto all’altra: una prima forma di apicoltura. Il miele veniva utilizzato in molti modi: sia nei rituali di morte per il suo carattere sacro e per la capacità d conferire al defunto un incarnato dorato come la pelle degli dei, che per le sue proprietà cosmetiche e terapeutiche.

Anche per i Greci il miele era il “cibo degli dei”. Lo stesso Zeus era stato nutrito da latte e miele, mentre nettare e ambrosia erano per gli dei garanzia di immortalità. I Romani recepirono queste tradizioni e importavano grandi quantità di miele da Creta, da Cipro, da Malta e dalla Spagna per utilizzarlo come dolcificante, sia crudo che cotto, nei dolci, in salse agrodolci e per la preparazione di bevande come la birra e l’idromele.

Il legame con le api e con i loro prodotti è così stabile che ancora oggi si mantengono alcune tradizioni che risalgono al passato. Ad esempio la “luna di miele” si collega all’usanza dei Babilonesi per cui il giorno delle nozze il padre della sposa donava al futuro genero una quantità di idromele che bastasse per una luna, ossia un mese, per dare forza e vigore alla coppia e come auspicio di fertilità e prosperità.

L’apicoltura, praticata in maniera artigianale durante tutta l’antichità, ebbe un grande sviluppo nel Medioevo, quando Carlo Magno istituì l’obbligo che in ogni podere lavorasse anche un apicoltore con il compito di badare alle api, produrre miele, idromele, cera. Nel Rinascimento il miele era protagonista nei sontuosi banchetti degli aristocratici e per i maestri dell’arte culinaria rappresentava un ingrediente per dare prestigio nelle tavole delle grandi famiglie.

Le pratiche di allevamento delle api sono un vero patrimonio di conoscenze da passare di generazione in generazione, un’”arte” che si è tramandata fino ai nostri giorni. E mai come oggi l’alleanza tra uomo e ape ha un valore fondamentale per la difesa dell’ambiente e la tutela della biodiversità. L’ape aiuta l’uomo nella salvaguardia del territorio indicandone, purtroppo sempre più di frequente, le condizioni di degrado. L’apicoltore, dal canto suo, con la sua passione e la sua professionalità si fa custode di questo prezioso insetto e di tutti i benefici di cui è portatore.

Le aziende e i Mercati di Campagna Amica sono i luoghi più adatti per conoscere, direttamente dalle parole di chi se ne occupa ogni giorno, questo mondo così piccolo ma così ricco e affascinante.


“Per corti e cascine” nel mantovano

Un ritorno allungato per questa edizione di “Per corti e cascine”, giornata di fattorie a porte aperte, che quest’anno per dare a tutti i partecipanti la possibilità di viversi l’evento in sicurezza, si svolgerà in più giornate, nelle date di domenica 15 e 22 maggio. 

La maggior parte degli eventi saranno a ingresso libero mentre per alcuni è richiesta la prenotazione. Sul sito
il programma dettagliato offerto dalle singole aziende e le eventuali modalità di prenotazione.






La manifestazione da più di vent’anni offre a tutti l’occasione per avvicinarsi alla campagna mantovana e conoscere le aziende agricole del territorio. Quest’anno, in particolar modo abbiamo bisogno di spazi aperti e contatto con la natura e gli eventi saranno dedicato al mondo dell’agripicnic, della scoperta dei vini del territorio e dei percorsi in bicicletta. 

Durante tutte le giornate dell’evento, le varie aziende agricole ci invitano a riscoprire la maestria contadina, il paesaggio rurale e le produzioni tradizionali. Tantissime le proposte per conoscere “sul campo” i segreti della campagna. 

Sarà anche un’ottima occasione per arricchire le vostre dispense acquistando i prodotti direttamente dai produttori. 
Chi lo desidera, potrà anche fermarsi per il pranzo o trascorrere la notte, senza dimenticare però di prenotare! 

Partite alla scoperta del gusto autentico della campagna mantovana attraverso incontri indimenticabili!

https://www.percortiecascine.it/it/

Da Eataly si studia e mangia l'agricoltura simbiotica, ultima frontiera tra le filiere "green" dalla terra al piatto.

Eataly introduce un percorso di sostenibilità che si traduce in un sistema di produzione agroalimentare certificato che sfrutta i benefici della relazione fra il microbiota del suolo – ovvero l’insieme dei microorganismi che lo popolano – e i vegetali.



Viene definita simbiotica poiché nasce dall’utilizzo di tecniche colturali sostenibili e fondate su un sistema di arricchimento del suolo attraverso batteri, funghi e minerali zeolitici, da cui i microorganismi del terreno traggono nutrimento.

Dal successivo lavoro delle imprese agricole si ottengono prodotti certificati che, ora, trovano spazio nell’hub alimentare: latte, uova, formaggi, insalate e carne provenienti da una rete di piccole aziende alle quali Eataly dà la possibilità di confrontarsi con il grande mercato.

I canoni dell’agricoltura simbiotica sono stati al centro anche di una tavola rotonda a Eataly Milano Smeraldo. Tra gli interventi, quello di Sergio Capaldo, ideatore della certificazione Agricoltura Simbiotica, che ha evidenziato come un suolo in salute produce piante più forti e sane in grado di:

  • trattenere più carbonio nel suolo,
  • essere più resistenti allo stress idrico e alle malattie,
  • essere meno bisognose di trattamenti, con conseguenti benefici per l’ambiente, per gli animali e per l’uomo.

La simbiosi è il più grande successo di relazioni e collaborazioni tra microbi, microfauna, funghi e piante.

“Crediamo che il piglio pionieristico degli attori più piccoli della filiera possa contagiare i più grandi” – ha sintetizzato Nicola Farinetti, amministratore delegato di Eataly – “contribuendo ed elevare gli standard produttivi, la qualità dell’ambiente e della nostra alimentazione”.

L’universo dell’agricoltura sostenibile è affascinante e ricco di benefici per l’uomo. SaperInTavola aiuta piccoli e grandi imprenditori a comunicare le proprie “imprese green”, attraverso un’offerta di servizi su misura


Giornata mondiale della biodiversità 2022 | Lazzaretto di Verona

 


Diretta facebook lunedì 23 maggio: l'allevamento biologico in Veneto

Pensando di farvi cosa gradita, inoltriamo il programma della diretta facebook di lunedì 23 maggio dalle ore 13 alle ore 14 sulle esperienze dell'allevamento biologico in Veneto. 










L'evento è organizzato in collaborazione con Federbio, i soci Guglielmini/Brollo, Dalla Brea, il Consigliere Volanti.

Un ringraziamento a Latterie Vicentine per la loro disponibilità.

Potete collegarvi alla pagina di Feberbio oppure Veneto Biologico.

Cordiali saluti,

ELENA ROLLO
responsabile amministrazione/progetti
Associazione Veneta dei Produttori Biologici e Biodinamici
Centro di Salutogenesi - Via Adamello 6  Villafranca di Verona
p.iva 02908680230 - c.f. 02355810280
www.aveprobi.org

L’occhio dei NAS sul biologico, anche i carabinieri contro le truffe

Dove non arriva l’ICQRF arrivano i Nuclei antisofisticazioni e tutela della salute, che operano in seno all’arma dei Carabinieri e contribuiscono, insieme all’Ispettorato centrale repressioni frodi del MIPAAF  a verificare e controllare la veridicità delle certificazioni sul bio. Ovviamente i NAS possono intervenire anche a seguito di segnalazioni.

“Il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute svolge compiti di verifica e indagini su materie riconducibili alla sicurezza alimentare e veterinaria, al settore sanitario, ospedaliero ed assistenziale, alla filiera del farmaco e prodotti ad uso sanitario”, fa sapere il Tenente colonnello dei NAS Pasqualino Clemente. Continua illustrando un quadro delle attività principali del Comando: “In particolare, nell’ambito della filiera alimentare, le verifiche sono finalizzate principalmente alla tutela della salute e della sicurezza del consumatore per ciò che riguarda l’ambito delle acque e delle bibite, degli alimenti dietetici, di carni e allevamenti, di conserve alimentari, farine, pane e pasta; latte e derivati; olio e grassi; prodotti fitosanitari e per l’agricoltura; prodotti ittici, vini e alcolici e la ristorazione”.
Fatte queste premesse, è coretto sostenere che il Comando Carabinieri per la tutela della salute “concorre nella vigilanza dei prodotti biologici, verificando la sussistenza e veridicità delle certificazione bio e la loro conformità alla normativa di settore nell’intera filiera di produzione, trasformazione, commercializzazione, vendita e somministrazione di prodotti biologici”, spiega ancora il Tenente colonnello.

Le irregolarità maggiormente riscontrate riguardano, quindi, “gli illeciti penali riconducibili alla produzione di atti e documenti falsi, come ad esempio la falsità materiale di una certificazione biologica, la truffa e la frode nell’esercizio
del commercio – sottolinea Clemente – In diversi casi è stato altresì riscontrato l’utilizzo di agrofarmaci non autorizzati per determinate culture, in violazione delle normative amministrative di settore”.

Tra il 2021 e il 2022, i NAS hanno effettuato una serie di attività nel mondo del biologico.

A novembre 2021, ad esempio, è stato denunciato il legale responsabile di un’azienda agricola biologica, nella provincia di Lecce, responsabile di aver posto in vendita pesto al basilico, di produzione propria, invaso da muffe; in quell’occasione sono stati sequestrati 6 kg di pesto.

Sempre lo scorso anno è stato segnalato all’Autorità sanitaria ed amministrativa il titolare di un’attività di produzione e vendita di prodotti bio, a Parma, “responsabile di aver detenuto materie prime e prodotti alimentari (farina, condimenti a base vegetale, sciroppi e prodotti da forno), destinati al ciclo produttivo, in parte recanti in etichetta la data di scadenza decorsa ed in parte privi delle indicazioni obbligatorie riguardanti la rintracciabilità (nome ed origine del prodotto, data di produzione, ecc.)”. Nel corso del controllo sono state riscontrate carenze igienico sanitarie, soprattutto nel magazzino e nel laboratorio di produzione: ragnatele e prodotti alimentari a diretto contatto con il pavimento.

Ancora nel 2021 sono state sequestrate 172 confezioni di confettura  commercializzate da una società agricola che si trova nella provincia di Vicenza: in questo caso gli alimenti erano etichettati come biologici benché l’azienda fosse sprovvista di certificazione bio. Nella provincia di Rovigo un’altra attività di produzione di conserve vegetali di pomodoro e di frutta biologiche è stato segnalato per le scarse condizioni igienico-strutturali.

L’attività più recente risale al gennaio 2022, quando i NAS di Torino hanno sequestrato 297.700 kg di avena biologicache si trovava in un deposito non autorizzato in pessime condizioni igieniche e 195.000 kg di “avena convenzionale”, anche in questo caso collocata in un deposito non autorizzato, proveniente dalla Lituania, ma etichettata, per la commercializzazione, come “avena biologica”; e ancora 280.000 kg di avena contenuta in silos sprovvisti di indicazioni relative a tipologia e tracciabilità e 5.900 kg di scarto di prodotto alimentare derivante da precedenti lavorazioni, destinato alla rimacinatura per la successiva commercializzazione come “pasta secca biologica” (vedi news). Rispetto a quest’ultimo caso, tuttavia, ci viene segnalato che nel procedimento penale conseguente a tale sequestro, il Pubblico Ministero della Procura di Torino ha accolto in data 7 febbraio il dissequestro integrale di quanto sequestrato dai NAS, per poi procedere con l’archiviazione del procedimento e delle accuse in data 3 marzo 2022.

Andando indietro di qualche anno i NAS di Bologna avevano intrapreso nel 2018 un controllo sulla filiera biologica e in quel caso erano state sequestrate materie prime destinate alla produzione di integratori alimentari in una ditta all’ingrosso del cesenate.

tratto da: https://greenplanet.net/l-occhio-dei-nas-sul-biologico-anche-i-carabinieri-contro-le-truffe/

A Camposilvano il 5 Giugno


 

Domenica 22 Maggio


 

A Campofontana - Selva di Progno


 

VINO BIO: TREND E SFIDE









Ricordiamo che hai tempo fino a lunedì 23 maggio alle 18:00 per iscriverti gratuitamente al Webinar

 

“VINO BIO: TREND E SFIDE”
martedì 24 maggio alle ore 11:00
 

L'evento, promosso da FederBio e AssoBio e curato da Nomisma-Wine Monitor, presenterà i più recenti aggiornamenti su posizionamento e prospettive di sviluppo del vino Bio in Italia e sui mercati internazionali.
 

Speaker

Roberto Zanoni, Presidente AssoBio
Silvia Zucconi, Responsabile Market Intelligence NOMISMA
Emanuele di Faustino, Senior Project Manager NOMISMA

Walter Stassi, Responsabile area vini GRUPPO PAM PANORAMA
Andrea Di Fabio, Direttore Generale CANTINA TOLLO
Daniele Piccinin, Titolare e Enologo LE CARLINE
Michele Manelli, Presidente CANTINE SALCHETO
Luciano Sbraga, Vice Direttore FIPE-CONFCOMMERCIO

Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBio
 
Modera: Lorenzo Tosi, giornalista EDAGRICOLE
 
A seguire, la tavola rotonda dedicata all’esperienza delle imprese leader del vino e della Distribuzione Moderna.
La partecipazione al webinar è gratuita, tutti gli speech saranno tenuti in lingua italiana.

Sabato 28 maggio a Sommacampagna

 


Video APOCALIPSE WIVE: discorso civile sul "Paesaggio incongruo"

 https://www.aveprobi.org/notizie/video-apocalipse-wive-discorso-civile-sul-paesaggio-incongruo/ 

Vi invitiamo a vedere il video realizzato dagli studenti di una classe IV di un Istituto di San Bonifacio (Vr) sulla distruzione di un paesaggio per creare nuovi vigneti.
E' potente, intenso, da non perdere e da far girare! (da AVEPROBI)




Truffe nel bio, ecco come l’Ispettorato del MIPAAF controlla e sanziona

 È un insieme di soggetti, di passaggi e di controlli a vigilare sulla sicurezza e la veridicità del biologico italiano e di quello in arrivo da altri Paesi, anche extra UE. E se è vero che capita – seppur di rado – che la cronaca riferisca di casi di truffa in questo settore, è altrettanto vero che la macchina dei controlli esiste ed è ben strutturata. Ma i consumatori, sebbene nel tempo più consapevoli rispetto alla salubrità di ciò che mangiano, sono ancora timorosiquando si trovano davanti ad un prodotto bio negli scaffali.

L’ICQRF, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, è l’organismo, tra i più importanti a livello europeo, che per il MIPAAF, il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, ha il compito del controllo sul settore agroalimentare. E quindi anche sul biologico, in linea con la normativa europea che ha stabilito sia le regole che le modalità per poterle mettere in atto nei Paesi membri.

Ma come avvengono i controlli? Dall’ICQRF fanno sapere innanzi tutto che, “per quanto concerne l’applicazione dell’intero pacchetto di regole, la normativa unionale stabilisce che ogni Paese debba individuare un’’autorità competente’ al proprio interno che ha il compito di far rispettare e di controllare la corretta applicazione delle norme dell’UE in materia di prodotti biologici”, scandisce il Capo dipartimento di ICQRF, Felice Assenza. Questa autorità, a sua volta, può delegare il proprio ruolo ad organismi di controllo privati, autorità di controllo pubbliche o adottare un sistema misto. La prima opzione è quella adottata dal MIPAAF in Italia, ma è fondamentale sottolineare che “tali organismi privati devono, comunque, superare le procedure di riconoscimento e accreditamento da parte dell’organismo di accreditamento (ACCREDIA)”, il cui ruolo è stabilito dal Governo. Questi soggetti vengono “periodicamente sottoposti a rigida vigilanza e supervisione da parte dello stesso Ministero e delle Regioni al fine di controllare la regolarità del loro operato nell’ambito del sistema di controllo e certificazione del biologico”, aggiunge il capo dipartimento dell’ICQRF. La certificazione biologica riguarda tutti i livelli della filiera produttiva: “Non solo chi produce, ma anche chiunque venda prodotti etichettati come biologici, deve essere sottoposto al controllo, con ispezioni in loco, per la verifica del rispetto dei requisiti imposti dalla normativa”, scandisce Assenza. Inoltre, vengono effettuate apposite analisi chimiche per la rilevazione di eventuali residui di prodotti chimici non ammessi per la produzione biologica. Questo è il quadro generale all’interno del quale l’ICQRF ha “competenze centrali”: “L’Ispettorato provvede infatti alla valutazione e riconoscimento delle strutture di controllo private delle produzioni biologiche e alla relativa valutazione e conseguente approvazione dei piani di controllo e dei tariffari per gli operatori assoggettati”, spiega ancora il dirigente dell’Ispettorato. E afferma ancora: “A questa fase si aggiungono anche le competenze relative alla vigilanza sul corretto operato delle attività degli organismi privati, lavoro che viene effettuato in coordinamento e cooperazione anche con le amministrazioni regionali.  Quest’ultima attività viene condotta annualmente attraverso ispezioni presso le sedi degli stessi organismi di certificazione e visite in situ presso gli operatori da loro controllati secondo criteri di analisi del rischio”.

I controlli vengono poi fatti anche presso le aziende di produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti bio, grazie al lavoro compiuto dalla rete territoriale dell’ICQRF costituita da 29 uffici periferici e sei laboratori di analisi che si concentrano sui prodotti della filiera agroalimentare e dei mezzi tecnici di produzione.

Il settore biologico assorbe gran parte dell’attività complessiva dell’ICQFR, per ciò che riguarda il controllo a tutela del consumatore e della filiera. Oltre all’attività condotta dagli organismi di controllo delegati, nel 2021, l’Ispettorato ha effettuato più di seimila controlli nell’ambito della filiera del bio, sottoponendo a verifica 3.355 operatori e 5.040 prodotti; a ciò si somma l’attività di vigilanza annualmente condotta sugli stessi organismi di controllo: “Ciò ha comportato, sempre nel 2021, diciotto office audit e 314 review audit e witness audit”, fa sapere Assenza.

Solo il 5% dei campioni bio prelevati è risultato irregolare alle determinazioni analitiche riguardanti i residui di prodotti non ammessi in agricoltura biologica; se si considera, infatti, il 9% di irregolarità riscontrate in media per i prodotti agroalimentari sottoposti ad analisi presso i laboratori ICQRF, lo “stato di salute” del settore bio può essere valutato in modo relativamente positivo, secondo l’Ispettorato. Tuttavia, non sono mancati casi degni di attenzione da parte degli ispettori ICQRF che, sempre nel 2021, hanno emesso 22 notizie di reato all’autorità giudiziaria, 311 contestazioni amministrative, 22 sequestri di prodotti non conformi e 143 diffide.

Probabilmente anche grazie all’intenso lavoro di controllo sul settore bio, incrementato ulteriormente dall’ICQRF negli ultimi anni, la scoperta di vere e proprie truffe non è un fenomeno frequente. Assenza ricorda tuttavia “la recente operazione – denominata ‘Bad Juice’ – con cui è stata sventata un’attività criminosa condotta da aziende che importavano dalla Serbia semilavorati per succhi di frutta e per il baby food e che commercializzavano come prodotti biologici e di origine UE (vedi news).

C’è da dire, tuttavia, che la legge sul biologico da poco approvata, si rivela di grande importanza, cruciale e strategica. “I cambiamenti previsti dalla nuova normativa comunitaria nel sistema dei controlli sono, infatti, finalizzati ad accrescere la fiducia del consumatore nei prodotti biologici – sottolineano dall’ICQRF – considerata l’importanza strategica riconosciuta all’agricoltura biologica per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità di tutto il settore agricolo”.

Le maggiori novità riguardano norme più stringenti e puntuali in fase di controllo relativamente all’importazione di prodotti biologici da Paesi terzi. “Nello specifico occorre ricordare che l’implementazione del sistema informativo TRACES – su cui transitano tutte le informazioni e la documentazione relativa al flusso di merci in arrivo, agli importatori ed esportatori nonché ai loro organismi di certificazione – rende tutti i passaggi più trasparenti. Inoltre, tutte le importazioni, dal 2026, dovranno avvenire secondo il criterio della conformità al sistema di produzione biologico dell’UE”, chiariscono dall’Ispettorato.

La legge, poi, al contempo, semplifica e snellisce i controlli per i piccoli agricoltori che possono adesso usufruire della certificazione di gruppo per ridurre gli oneri amministrativi. Così come, in base all’analisi del rischio secondo il Regolamento UE 625/2017, la percentuale dei controlli può essere ridotta in assenza di non conformità a carico dell’operatore negli ultimi tre anni o, più in generale, se viene ritenuto basso il rischio di non conformità. Infine, da gennaio 2022, Ministro e ICQRF hanno già attivato il nuovo sistema di regole di controllo all’importazione, in linea con la normativa unionale, attraverso la collaborazione dell’Agenzia delle Dogane e grazie ad una intensificazione delle attività analitiche dei laboratori e degli uffici periferici (vedi news).

tratto da https://greenplanet.net/truffe-nel-bio-ecco-come-lispettorato-del-mipaaf-controlla-e-sanziona/

Un ex immigrato di successo: il kiwi commensale delle nostre tavole con molte virtù

Siamo abituati a conoscerlo come frutto neozelandese ma oggi la produzione italiana è seconda solo alla Cina. E, a guardare gli apporti utili alla nostra dieta e i benefici per la salute, il kiwi merita il posto che occupa sulle nostre tavole

Leggenda vuole che il dio neozelandese della foresta, l’albero Tane Mahuta, ringraziò un uccello per la perdita delle ali, mentre salvava tutti gli alberi, dedicandogli un frutto salvifico e unico chiamato kiwi. Ecco spiegato perché un uccello e un frutto convergono su uno stesso nome. È anche considerato fra i frutti meno belli, ma come esistono i “bruttiboni” mandorlati di Prato così dietro una modesta livrea si cela un vero tesoro di proprietà salutistiche. Per concludere questa chiosa iniziale, l’Italia produce oggi circa 450.000 tonnellate di kiwi, superando la Nuova Zelanda ed è seconda solo alla Cina. Un frutto che ha trovato nei nostri terreni, nel nostro clima e nelle nostre capacità agronomiche spazio in Lazio, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna facendone la sua terra promessa. Vediamolo da vicino nei Miti Alimentari di questa settimana.

Il kiwi nasce in Nuova Zelanda e poi si diffonde in tutto il mondo

VERO Una grande donna e insegnante neozelandese di nome Isabel Fraser nel 1904 visita in Giappone la sorella Katie per poi andare in Cina dove scoprirono il kiwi e presero dei semi da coltivare. I suoi primi frutti vennero chiamati “uva spina cinese” ma è solo nel 1928  che l’orticoltore Hayward Wright sviluppò una nuova varietà che aveva una forma ovale, un sapore succoso e pieno e assicurava la conservazione per un lungo periodo. Quell’anno nasce il kiwi verde ma solo nel 1952 al Covent Garden di Londra riscosse un grande successo e per questo motivo assunse un nuovo nome “kiwi” proprio in onore dell’uccello rappresentativo della Nuova Zelanda. Al contrario di quanto successo ai Maneskin, il grande successo all’estero fece importare i frutti in Italia nei primi anni ’60 e da allora il suo mercato è cresciuto in maniera tale e ha selezionato frutti sempre più buoni da potere considerare questo frutto anziché “esotico” come un “Made in Italy” ad honorem con tanto di IGP  Latina

Conosco solo il kiwi verde, penso che le altre varietà siano poco diverse

FALSO Il kiwi o kivi è una bacca commestibile, prodotta da numerose specie di piante arboree del genere Actinidia di cui si conoscono bene tre varietà: Actinidia deliciosa a polpa verde, Actinidia chinensis a polpa gialla e Actinidia arguta a polpa rossa. La più diffusa è la verde con buccia pelosa e semi piccoli e neri, la varietà gialla o gold è più affusolata e non ha peli sulla buccia mentre la varietà rossa, o mini kiwi, con frutti piccoli e buccia liscia è ancora molto rara nei mercati, ma sta trovando il suo spazio e sicuramente avrà sempre più fan al suo attivo. La verde è la varietà più diffusa con dimensioni anche molto grandi ed è molto conservabile anche se dipende dalla specie scelta. Esiste anche una varietà gialla italiana creata all’Università di Udine nel 1997, Soreli, precoce e con colore molto brillante e una varietà neozelandese, Zespri Gold, che è più simile al verde, con un gusto più dolce e leggero rispetto alla variante italiana, ma si raccoglie da settembre a dicembre. A differenza dei verdi che sono sempre disponibili nell’anno salvo i mesi da giugno a settembre. I kiwi a polpa rossa sono di solito neozelandesi o cinesi, con un sapore molto dolce e succoso, colori molto belli della polpa e risultano essere molto interessanti dal punto di vista salutistico. L’area di produzione li rende ancora commercialmente poco economici per le distanze da coprire, ma dopotutto si disse lo stesso per i verdi che oggi hanno un costo contenuto perché dopo essersi acclimatati in Italia in maniera perfetta possono spuntare prezzi più economici. Concludiamo dicendo che non è un agrume, ricco di vitamina C come arance o limoni, contiene poco acido citrico per cui non è acido e viene considerato alla pari di un frutto subtropicale come la feijoa, il fico o i litchi. Il consiglio è di mangiarlo al cucchiaio, senza pelarlo o affettarlo, dall’alto come fosse un gelato: minore spreco e maggiore gusto.

Il kiwi è veramente uno scrigno da inserire nella propria alimentazione

VERO È ricco di vitamine A, C, E, di acido folico, ma anche di sali minerali, come il magnesio, il potassio e il rame. Fornisce solo 61 kcal per etto, di solito la porzione è di circa 150 g, ed è naturalmente ricco di fibre con circa 3 gr per etto per cui una porzione di questo frutto ne dona 4,5 grammi. Le fibre potenziano le proprietà lassative naturali del kiwi dovute anche al contenuto di acqua, 80% del frutto. Questi frutti sono utili anche per chi debba introdurne a basso indice glicemico e controllare il proprio peso. Inoltre, i suoi 25 ug per etto di folati, quanto peperoni oppure le more, e la presenza di fibre, lo rendono benvoluto dalle donne in gravidanza che così possono ridurre i fastidi della naturale stitichezza, un buon consiglio è quello di mangiare frutti ben maturi. Grazie alla vitamina C, quasi 100 mg per etto, aiuta a rendere la pelle più tonica ed elastica e giovane probabilmente a scapito della sua buccia che invece sembra molto vintage. Basterebbe una porzione al giorno per soddisfare i nostri bisogni di questa vitamina così importante. Troviamo anche vitamina A, utile per la vista e vitamina E che funziona benissimo come protezione per le patologie cardiovascolari. Il comune verde, tenero ma aspro come sapore, supporta bene anche il sistema immunitario e può svolgere il ruolo di merenda per spezzare la fame e per sorridere grazie alla sua capacità di stimolare la serotonina o ormone della felicità.

Qualcuno mi ha detto che il kiwi è un frutto “furbo”

VERO Non dipende dal fatto che la varietà a polpa rossa è chiamata Actinidia arguta ma è la sua naturale ricchezza di vitamina C ad aiutarci. È noto da tempo che la vitamina C fa assorbire meglio il ferro rendendolo disponibile per il nostro organismo, tant’è che amiamo aromatizzare con succo di limone della carne o magari gli spinaci così da catturare quanto più ferro possiamo da questi piatti. Non potendo fare una “premuta di kiwi” sulla bistecca possiamo ovviare chiudendo il pranzo con una macedonia dove le sue fette la fanno da padrone. Se fate caso, il posizionamento nelle macedonie già preparate è sempre al top così da sfruttare la sua ricchezza di vitamina C per proteggere gli altri frutti che si trovano più in basso nella preparazione. È l’unico frutto che contiene l’actinidina, un enzima che aiuta la digestione delle proteine, ma che può dare delle forme di allergia verso questo frutto. Contiene oltre 300 mg per etto di potassio, circa il 60% di quello presente nelle banane, il che rende le confetture di kiwi perfette negli abbinamenti con antipasti a base di salumi e di formaggi specie se cremosi.

Dai kiwi deriva solo del bene

FALSO Michelangelo diceva “Il bene non è mai tutto da una parte. Tutt’al più lo è il male” per cui anche se i kiwi sono molto ben tollerati e non hanno grosse controindicazioni possono essere allergici o irritare la bocca e dare mal di stomaco. Stranamente chi è allergico a lattice o polline di betulla è più probabile che sia allergico anche ai kiwi per una forma crociata di risposta allergica, ma spesso tutto si limita a un po’ di prurito. La diarrea si può spiegare con la ricchezza di fibre che fungendo da lassativi naturali possono dare problemi se sono consumati in eccesso. L’irritazione o il pizzicore alla bocca può invece essere dovuto alle forme di allergia, ma talvolta, è la proteina Actinidina che dà prurito degradando in parte le proteine che si trovano nella saliva e sulla lingua e a cui si aggiunge l’aiuto dell’acido ossalico che da composto appena acido produce questi effetti. I frutti maturi hanno meno actinidina e danno meno pizzicore così come se mangiati dopo un pasto ricco di grassi, quest’ultimi fanno da crema protettiva e non fanno sentire il pizzicore sulla lingua.

Conclusioni

A volte si accolgono sulla tavola dei frutti esotici solo perché da affabulatori ci fanno sognare luoghi lontani e un mondo diverso dal nostro e i kiwi, nati nell’emisfero opposto al nostro, rappresentano bene. I kiwi sono uno degli esempi più lampanti che dimostra come l’accoglienza verso uno sconosciuto in Italia sia un dono da offrire per ricevere in cambio molto più di quanto ci aspettassimo tanto da considerarlo un Made in Italy. Un qualcosa di simile accadde quando un grande giocatore, pur nascendo nell’emisfero opposto, arrivò e fu adottato da una città diventandone forse il simbolo più forte e donandole più di quanto avesse ricevuto; lascio a ognuno pensare la soluzione.

tratto da: IL SALVAGENTE

Uva, mele, Kiwi: il libro che racconta come i brevetti stanno ingabbiando l’agricoltura italiana

Nel suo ultimo libro “Chi possiede i frutti della terra”, Fabio Ciconte racconta come tramite le varianti “club” di piante brevettate, i produttori di mele, uva senza semi, kiwi e altri frutti si trovino privati di molta libertà. E anche lo stato italiano fa poco per difendere la biodiversità

In un certo senso, come ben racconta Fabio Ciconte, direttore di Terra!, nel primo capitolo del suo nuovo libro “Chi possiede i frutti della terra” (ed. Laterza), la storia dello scontro tra biodiversità e brevetti in agricoltura è tutta nel paragone tra due tipi opposti di pionieri americani: John Chapman, detto John seme di mela, che per decenni andò in giro per gli Stati Uniti piantando meli di diverse varietà e curandoli, e Lloyd Stark, di quella stessa famiglia che nel giro di qualche decennio avrebbe costruito un impero, che trova un melo con frutti dal sapore eccezionale (che diventerà la varietà brevettata Gold Delicious) in una sperduta fattoria del West Virginia, lo compra, e gli costruisce una gabbia intorno per impedire che altri possano replicarlo altrove.

Fabio Ciconte, oggi chi controlla le piante?
Diversi soggetti. Chi mi preoccupa di più sono i gruppi industriali che hanno il controllo della varietà genetica, e che diversamente di quanto avveniva in passato, controllano tutta la filiera.

Cosa cambia?
Diversamente da Monsanto e simili, che controllano solo il seme, se prendi Pink Lady (mele), Zespri (Kiwi), o tutto il nuovo mondo della frutta senza semi hanno il controllo totale di tutta la filiera. Addirittura affittano le piante agli agricoltori che devono restituire il frutto alla casa madre che ne fa quello che vuole. L’agricoltura diventa una specie di grande negozio di franchising.

Danno i semi?
Danno la piantina direttamente. L’investimento e il rischio d’impresa è dell’agricoltore, il ricavo è del marchio. Se oggi metto un ettaro di kiwi nell’agropontino, mi costa 50mila euro. Se mi va bene, bene. Se arriva una grandinata e mi falcidia tutto, quelle spese le ho fatte io. L’elemento più allucinante, che non conosce nessuno, sono quelli che vengono chiamati le varietà “club”.

tratto da: https://ilsalvagente.it/2022/05/12/156334mele-ciconte/

MAGGIO NELL’ORTO

Il mese di maggio rappresenta il culmine della primavera, caratterizzato da giornate molto lunghe e quindi da un aumento di luminosità. Piante di ogni genere sono in fiore, pronte per la successiva produzione di frutti, il giardino è rigoglioso di vegetazione e di colori. L’orto non è da meno! In questo mese, infatti, sono molte le colture che potremmo coltivare in piena terra e quelle già coltivate nei mesi precedenti sono pronte per la raccolta e, a seconda della specie, possono portare ulteriori frutti almeno fino all’arrivo del gran caldo.

Nei mesi scorsi abbiamo concentrato la nostra attenzione sulle operazioni di semina, invece in questo mese è opportuno parlare di trapianti e delle tempistiche di maturazione.

Maggio è il mese giusto per effettuare semine di varie colture ortive direttamente in piena terra o in semenzai all’aperto secondo un calendario lunare.

Vediamo cosa possiamo fare in base ai cicli lunari.

Luna nuova: seminare a dimora zucca, sedano e rapa; piantare i gerani; seminare le piante biennali come primule e althee.

Luna crescente: seminare a dimora carote, cicoria, scarola, radicchio, fagioli, fagiolini e spinaci; tra piantare peperoni, cavoli, melanzane e pomodori.

Luna piena: potare i getti del fusto delle piante da frutto.

Luna calante: innestare meli e peri; estirpare le piante infestanti; trapiantare la lattuga; mettere a dimora basilico, borragine e maggiorana; seminare la melissa.

AIAB contro l’Unione Italiana Vini: “Non c’è sostenibilità senza bio”

In un’intervista rilasciata il 3 maggio al Sole 24 Ore, il presidente dell’Unione Italiana Vini Lamberto Frescobaldi aveva sollevato il tema del raccordo tra il metodo di coltivazione biologica e il concetto di sostenibilitàchiedendosi se il primo non fosse ormai assorbito dal secondo aggiungendo inoltre che “biologico e sostenibilità possono in qualche caso essere addirittura in contrapposizione, laddove l’agricoltura biologica richiedendo spesso lavorazioni, con macchine, ripetute nel vigneto possa in qualche caso essere responsabile anche di maggiori emissioni di CO2”.

A queste dichiarazioni AIAB – Associazione italiana per l’agricoltura biologica ha così risposto: “Lamberto Frescobaldi non ha chiaro che gestire un’azienda con ‘metodo biologico’ significa adottare tutti i principi della sostenibilità e che non si può parlare di sostenibilità senza il metodo bio”.

“Il non utilizzo di prodotti di sintesi – ha aggiunto il presidente di AIAB Giuseppe Romano – è una delle conseguenze del metodo bio e non il punto di partenza, come ancora alcuni credono. A testimoniare i traguardi raggiunti ci sono tanti vignaioli biologici di successo. L’oggetto della certificazione non è il prodotto bio ma il metodo con cui l’azienda produce ed è basato sulla conservazione o il ripristino dell’equilibrio dell’agroecosistema, preservando la biodiversità, la fertilità e la qualità dei suoli”.

Il biologico agisce infatti “in prevenzione, proprio per questo consente di fare a meno della chimica di sintesi, non solo nella difesa dai parassiti e dalle malattie, ma anche nel controllo della flora spontanea, trasformando le ‘malerbe’ in preziose alleate. Lo stesso avviene anche nella fertilizzazione e in cantina, se parliamo di vino”.

“L’applicazione del metodo biologico – prosegue Aiab – è uno strumento che consente ai vignaioli biologici di raggiungere alte espressioni di tipicità, quelle che i consumatori apprezzano. Forse anche questo sfugge al neopresidente, i viticoltori biologici sono tanti e nei territori vocati lo dimostrano con esempi eccellenti. Sfugge anche a Frescobaldi l’importanza di lavorare e vivere in un ambiente meno contaminato come avviene nei biodistretti, dove i vigneti condotti in biologico rappresentano oltre il 50% della superficie”.

“Speriamo di aver fatto chiarezza sul bio –  ha concluso Romano – che è la vera concretizzazione della sostenibilità e della resilienza, parole purtroppo usurate dall’abuso lessicale, tanto da aver perso il loro reale spessore. È il bio che include tutti gli elementi della sostenibilità e non il contrario. Per questo non ha senso parlare di sostenibilità se non si parte dal metodo di coltivazione, che può e deve essere biologico”.

Ma anche il neopresidente dell’Unione italiana vini, ha qualcosa da precisare. “Il pensiero dogmatico – ha ribattuto Frescobaldi – è per fortuna lontano dalle pratiche agricole, dove tutto è migliorabile e perfettibile. Lo dice la storia ma anche l’Unione europea, normando la riduzione del ricorso al rame per le pratiche in vigna. Il biologico è stato, ed è, un metodo importante per la difesa del territorio e del consumatore. Un metodo che però può migliorare, per esempio ricercando una molecola che rappresenti una valida alternativa a un metallo pesante come il rame“.

Anche i vini sostenibili italiani – ha aggiunto concludendo il presidente dell’Unione Italiana Vini in risposta ai rilievi dell’AIAB – che saranno, primi in Europa, certificati con una norma pubblica sin dalla prossima vendemmia presentano elementi migliorabili. In questo caso, l’aspetto evolutivo più importante riguarderà il graduale marcamento dell’impronta carbonica e idrica, di fondamentale importanza per riscontrare in modo oggettivo la virtuosità ambientale generata. Solo allora, si spera già dal 2023, si avrà la chiusura del cerchio di un impegno in chiave green, ma anche economico e sociale. Nessuna contrapposizione ideologica, quindi, tra biologico e sostenibile: UIV, associazione che abbraccia centinaia di aziende certificate bio, ha ben chiari quali siano gli obiettivi statutari e strategici che legano il vino ai propri consumatori e alle proprie campagne”.

Fonte: Il Sole 24 Ore

A tutto Gas, quinta edizione


domenica 8 maggio ci sarà la festa del GASpolicella (volantino: http://www.gaspolicella.it/), una giornata per incontrarsi e conoscere numerosi produttori del gas.

In caso di pioggia la festa verrà annullata, siamo all'aperto. 

Verrà  messo un avviso sul sito del gas.




 

Domenica 8 maggio a S. Maria in Stelle

 


RASSEGNA FIERE IN CAMPO 2022