Webinar sul vino biologico: tra scelta etica, tecniche di produzione e opportunità di mercato



Suolo e Salute, Edagricole e la Federazione dell’Ordine degli Agronomi organizzano
un webinar gratuito sul mondo del vino biologico.

PROGRAMMA:
SALUTI:
PAOLA ARMATO
Presidente Federazione Regionale Ordini Dottori Agronomi e Forestali della Sicilia
ALESSANDRO D’ELIA
Direttore Generale di Suolo e Salute

INTERVENTI:
  • Normativa e tecniche di vinificazione in biologico
    MIRKO PIOLI – Tecnico Enologo Laboratorio ISVEA
  • Cantina in biologico: attività organizzativa, adempimenti e gestione della documentazione fiscale
    SALVATORE FIORE – Agronomo
  • Etichettatura del vino biologico e procedure di esportazione negli USA secondol’accordo di equivalenza UE-USADA
    MARIA MAGAGNA – Coordinatrice Ufficio Approvazione Etichette di Suolo e Salute
Modera LORENZO TOSI – Giornalista Edagricole
La partecipazione dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali consente il riconoscimento di 0,375 CFP secondo il Regolamento CONAF n.3/2013. Per partecipare è necessaria la registrazione sulla piattaforma SIDAF.
Partecipazione libera e gratuita previa iscrizione online

Negrar d'Estate 2020 - PROGRAMMA


TRENTINO, INIZIATI I LANCI DELLA VESPA SAMURAI



Sono iniziati a San Michele all’Adige (Trento), i rilasci in campo della vespa samurai per contrastare la cimice asiatica. Un’operazione preparata nel dettaglio dal gruppo di lavoro della Fondazione Edmund Mach da anni in prima linea per affrontare questa emergenza e che grazie alla recente apertura normativa che consente l’uso dei parassitoidi si può finalmente concretizzare, anche se per raggiungere una situazione di equilibrio ci vorrà qualche anno.
Oggi al primo lancio erano presenti l’assessore provinciale all’agricoltura, Giulia Zanotelli, il presidente Mirco Franco Maria Cattani, il direttore generale, Mario Del Grosso Destreri, il dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico, Claudio Ioriatti, oltre ai ricercatori e tecnici coinvolti nel gruppo di lavoro.
L’assessore ha espresso soddisfazione per l’importante operazione messa in campo dalla FEM.
“Con grande soddisfazione -ha detto l’assessore Giulia Zanotelli- oggi si da il via ai lanci della vespa samurai per contrastare la presenza della cimice asiatica. Un sentito ringraziamento da parte di tutta la Giunta provinciale va al lavoro che la Fondazione Mach ha compiuto e porterà avanti in futuro relativamente alla lotta biologica e al contrasto alle fitopatie che interessano il nostro territorio. E’ l’inizio di un percorso importante, tanto atteso da parte del mondo agricolo, i cui esiti non saranno immediati ma si vedranno nel corso dei prossimi anni. In parallelo l’attenzione è posta anche sulla lotta alla Drosophila suzukii, dei cui progressi la Fem ha dato evidenza negli scorsi giorni. Fem, mondo agricolo e Provincia continuano quindi a dialogare affinché insieme si possano dare risposte tangibili e concrete alle aziende agricole trentine”.
E’ stato programmato il rilascio di migliaia di femmine di vespa samurai, ovvero 100 femmine per ogni sito, che saranno immesse nell’ambiente naturale per tre volte a distanza di 20 giorni l’una dall’altra. Sono alcune decine i siti interessati, distribuiti su tutto il territorio provinciale e collocati in prossimità delle principali aree frutticole in cui è stata riscontrata una elevata densità di popolazione della cimice.
L’attività di rilascio durerà un paio di mesi e si inserisce nell’ambito dello specifico progetto per la lotta biologica SWAT, finanziato dalla Provincia autonoma di Trento. Il progetto conta sull’importante collaborazione del CREA, coordinatore del programma di lotta biologica a livello nazionale, che ha fornito a FEM il primo nucleo del parassitoide Trissolcus japonicus specializzato nel parassitizzare le uova di cimice perché venisse allevato e moltiplicato nelle strutture di quarantena della FEM.
Gli ambienti identificati sono aree caratterizzate dalla presenza di colture agrarie (frutteti), margini boschivi e a ridotto input chimico che permetteranno alla specie antagonista di insediarsi nel territorio. I punti sono stati distribuiti in tutte le zone a maggior presenza della cimice asiatica, cercando di garantire rilasci in Piana Rotaliana, Val di Non, Val di Cembra, Val d’Adige, Valsugana, Vallagarina, Alto Garda e Valle Laghi.
“I lanci verranno effettuati in concomitanza con il picco della deposizione delle uova da parte della cimice asiatica quindi nei mesi di giugno-luglio in modo da massimizzare il successo dell’operazione” spiegano i ricercatori e tecnici della FEM, i quali assicurano che la vespina, che si riproduce a spese del suo ospite deponendo le proprie uova all’interno delle uova della cimice asiatica, è assolutamente innocua per l’uomo e per gli altri organismi. Per allevare la vespina è stato necessario raccogliere migliaia di esemplari di cimice asiatica e grazie alla collaborazione della cittadinanza il piano di raccolta ha portato a circa 20 mila esemplari .
Monitoraggi sul territorio provinciale
Dalle prime segnalazioni nel 2017 in singoli frutteti, nel 2018 e ancor più nel 2019 la cimice si è diffusa nel territorio provinciale interessando dapprima l’asta dell’Adige, il fondovalle della Val del Sarca e la zona di Denno in bassa val di Non e progressivamente anche la Valsugana e la Val di Non fino a 5-600 m di quota, causando ingenti danni prevalentemente su melo, olivo e actinidia.
Nel 2019 l’insetto è stato trovato anche su ciliegio. Per il suo contenimento è indispensabile innanzitutto attuare un monitoraggio capillare della presenza e diffusione: oltre 20 tecnici FEM sono impegnati fin dal 2017 nel continuo controllo sia nei frutteti che negli ambienti limitrofi di primo sviluppo, quali boschi e siepi. Oltre ai 25 punti ufficiali di monitoraggio collocati in posti sensibili e visitati periodicamente per conoscere l’andamento stagionale, tramite controllo di trappole, osservazioni visive e battiture. La valutazione del danno nel 2019 è stata effettuata su 600 frutteti campione nel periodo estivo e di preraccolta.
La difesa delle colture dall’insetto è resa difficoltosa per la sua elevata mobilità, per la scarsa efficacia dei prodotti fitosanitari disponibili e per le continue re-infestazioni provenienti dagli ambienti circostanti al frutteto dove sono presenti numerose piante ospiti selvatiche. Per questo è fondamentale il costante rapporto dei tecnici con agricoltori e i loro rappresentanti, attraverso numerosi incontri tecnici, avvisi e comunicati specifici e diversificati per ogni zona.
Il settore agricolo è compatto nel gestire questa emergenza, oltre al tavolo gestito da APOT già dal 2018 per la condivisione di strategie e modalità operative sul territorio di tutte le cooperative trentine sulla base dei dati e delle esperienze raccolte da FEM, nel 2020 FEM in collaborazione con la PAT, ha impostato la difesa dalla cimice con un respiro più ampio, attraverso la gestione del verde del comparto extragricolo, coinvolgendo, sotto il coordinamento dell’Assessorato all’agricoltura che ha elaborato il Piano cimice, A22, Servizio strade e Servizio bacini montani PAT, Trentino Trasporti, RFI, Consorzio dei Comuni trentini e Consorzio trentino di bonifica per coordinare la gestione del verde delle ripe, canali, rampe, ferrovie per evitare quanto più possibile la migrazione dell’insetto da questi ambienti nei frutteti.
Online un sito tutto dedicato alla lotta contro la cimice asiatica
Per fornire ai cittadini informazioni precise e aggiornate sugli sviluppi della lotta biologica in provincia di Trento nei confronti della cimice asiatica e di altre specie aliene invasive tramite rilasci della vespina samurai ed altri antagonisti esotici è stato creato un sito web dedicato (https://lottabiologica.fmach.it) dove viene illustrata l’iniziativa di citizen science BugMap per il monitoraggio degli insetti alieni nella provincia di Trento e una specifica area sul sito FEM intitolata “Cittadini per la scienza” incluso un volantino illustrativo.

tratto da: http://www.corriereortofrutticolo.it/2020/06/18/trentino-iniziati-lanci-della-vespa-samurai/

Allarme micro-plastiche: non risparmiano gli ortaggi e la frutta

tratto da: https://www.freshcutnews.it/2020/06/19/allarme-micro-plastiche-non-risparmiano-gli-ortaggi-la-frutta/

Uno studio, per la prima volta al mondo, riporta le concentrazioni di micro-plastiche (inferiori a 10 microns) contenute nella parte edibile di varietà di frutta e verdure tra le più consumate in Italia, come mele e pere, patate, carote, lattuga e broccoli.
La scoperta sconcertante è che le micro-plastiche, una volta degradate, sono assorbite dagli ortaggi ed entrano nella parte edibile come parte integrante e quindi vengono assorbite dall’uomo. I dati raccolti dalla ricerca condotta dal gruppo del Laboratorio di Igiene Ambientale e degli Alimenti dell’Università di Catania, mostrano una contaminazione variabile.
Con dimensioni medie da 1,51 a 2,52 microns, queste micro-plastiche degradate hanno un range quantitativo medio da 223mila a 97.800 particelle per grammo di vegetale rispettivamente in frutta e verdura. Questo porta a stimare, secondo lo studio, che ogni giorno assumiamo, tramite gli alimenti vegetali, una media di 10 microns di plastica a persona. L’EFSA, agenzia europea per la sicurezza alimentare, ha già chiesto alla Commissione Europea un primo passo verso una futura valutazione dei potenziali rischi per i consumatori derivanti dalla presenza di micro-plastiche e nano-plastiche negli alimenti.
“Abbiamo potuto realizzare questo studio – spiega Margherita Ferrante, docente di Igiene generale e applicata all’Università di Catanianonché direttore del Laboratorio – grazie ad un nuovo macchinario di analisi, che abbiamo brevettato quest’anno e che ci permette di analizzare particelle piccolissime delle dimensioni inferiori ai 10 micron fino a 100 nano-metri. Fino ad ora non si era riusciti ad osservare micro-plastiche di dimensioni più piccole del mezzo millimetro”.
Già con un livello di osservazione più approssimativo, era stato accertato che ingeriamo micro-plastiche per l’equivalente di peso un bancomat a settimana (5 grammi circa alla settimana, circa 21 grammi al mese).
“Con questa nuova ricerca apprendiamo che la plastica che ingeriamo è molta di più se si considerano le particelle più degradate e quindi quasi invisibili – precisa Margherita Ferrante -. Tra gli ortaggi e la frutta analizzata, le mele sono quelle che ne assorbono una maggior quantità. Per ogni grammo di frutta ci sono 3 microgrammi di plastica. La lattuga, per contro, è quella che presenta meno micro-plastiche nella sua composizione: 0,7 microgrammi per ogni grammo di prodotto. Adesso stiamo cercando di calcolare il peso effettivo della materia inerte sul totale del prodotto vegetale e stiamo per chiudere anche una ricerca analoga sulle specie ittiche che prospetta risultati sicuramente peggiori”.
Tra le plastiche più presenti rinvenute dentro gli ortaggi analizzati, ci sono il polietilene e il polistirolo che sono i materiali più usati in agricoltura, nelle serre, ad esempio, per le pacciamature, o ancora, nei vivai.
La ricerca, che porta la firma dei ricercatori Gea Oliveri Conti, Margherita Ferrante, Claudia Favara, Ilenia Nicolosi, Antonio Cristaldi, Maria Fiore e Pietro Zuccarello dell’ateneo catanese insieme con Mohamed Banni del Laboratoire de Biochimie et Toxicologie Environnementale di Sousse in Tunisia, è stata pubblicata nei giorni scorsi con il titolo “Micro and nano-plastics in edible fruit and vegetables. The first diet risks assessment for the general population” sull’importante rivista di settore Environmental Research (Elsevier).

LA RIVOLUZIONE EQUA E SOLIDALE #PlanetFairTrade

In occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, Equo Garantito pubblica il Rapporto Annuale 2020, un documento che riporta, ogni anno, le principali questioni affrontate e le attività realizzate dalla nostra associazione. Come vedrete, il nostro è un racconto collettivo, che mette insieme le voci delle persone che ci accompagnano ogni giorno nelle attività che svolgiamo nel corso di tutto l’anno, in primis i nostri Soci.
Per il Rapporto 2020 abbiamo inoltre voluto alzare lo sguardo dal contesto nazionale del Commercio Equo e Solidale al contesto mondiale, creando un legame fra il nostro Rapporto ed il report di recente pubblicazione di WFTO (World Fair Trade Organization, l’organizzazione mondiale del Commercio Equo e Solidale a cui Equo Garantito aderisce) “CREATING THE NEW ECONOMY. Business models that put people and planet first”, una ricerca sul mondo delle 364 realtà di Commercio Equo e Solidale di WFTO a cura del Prof. Bob Doherty (University of York), della Prof.ssa Helen Haugh (Judge Business School, Cambridge University), del Dr. Erinch Sahan (Direttore WFTO) e di Mr. Tom Wills (Traidcraft Exchange, UK).
La ricerca è alla base di una campagna di comunicazione e di azione concreta dal titolo #BusinessRevolution che mira a far conoscere il modello virtuoso e rivoluzionario delle imprese equosolidali ed è scaricabile al link (in inglese) www.wfto.com/jointhebusinessrevolution
La prima parte della pubblicazione è intitolata “La rivoluzione del Commercio Equo e Solidale” e affronta attraverso quattro contribuiti, altrettanti aspetti fondamentali per il movimento nazionale ed internazionale del Commercio Equo e Solidale: la lotta all’ingiustizia, la lotta alla crisi climatica, l’empowerment femminile e la presenza in contesti marginalizzati e difficili. Ciascun contributo è accompagnato da un estratto della ricerca di WFTO a cui ci siamo ispirati, per allargare l’orizzonte e riflettere su quanto emerge, a livello internazionale, sui diversi temi di questa rivoluzione nell’economia.
La seconda parte del Rapporto è dedicata all’attività svolta da Equo Garantito nel corso dell’ultimo anno: il monitoraggio dei soci, l’attività culturale ed educativa, l’advocacy.
La terza parte del Rapporto è dedicata alle riflessioni finali, con un estratto delle conclusioni del report #BusinessRevolution di WFTO ed un commento della Prof.ssa Elena Viganò (docente all’Università di Urbino Carlo Bo), per uno sguardo accademico sul mondo del Commercio Equo e Solidale.
Il Rapporto si chiude infine con una galleria fotografica per raccontare con le immagini quello che le parole non hanno potuto per limiti di spazio.

I Comuni Virtuosi diventano Città Libere dai Pesticidi


Al via la partnership tra la rete europea delle Città Libere dai Pesticidi e l’Associazione Comuni Virtuosi. Un’alleanza che nasce dalla volontà di collaborare concretamente per migliorare la qualità della vita dei cittadini e per proteggere la biodiversità dei territori. Nella consapevolezza – accresciuta in questo periodo di pandemia  – di quanto sia delicato l’equilibrio che lega l’uomo alla natura e delle conseguenze disastrose determinate dalla rottura di questo equilibrio.
In questo momento, infatti, è più che ormai opportuno rivedere i nostri stili di vita e preferire, anche nelle scelte di viaggio, località sostenibili e pesticide free,  per scoprire o riscoprire le tante bellezze naturali vicino a noi, i prodotti tipici dei territori e per sperimentare il potere benefico della natura sul nostro benessere mentale e fisico.

In questi anni è cresciuta la consapevolezza da parte dei cittadini europei dei pericoli derivanti dall’esposizione ai pesticidi, soprattutto per i soggetti più vulnerabili come bambini e nascituri. Da questa consapevolezza è nata la Rete delle Città Libere dai Pesticidi, che conta circa 50 Comuni italiani. Una rete per scambiarsi buone pratiche, per avere visibilità europea, per formarsi e informarsi sulle pratiche sostenibili nella gestione del verde urbano”, spiega Michela Bilotta, coordinatrice del progetto per l’Italia. “Nella scelta della destinazione di vacanza, sapere che il luogo che ci ospita non utilizza pesticidi chimici è un forte attrattore, soprattutto per le famiglie con bambini, più vulnerabili all’esposizione ai pesticidi”.

Nato da Pan Europe, Città Libere dai Pesticidi è un network europeo che ha l’obiettivo di creare una piattaforma di Comuni che vietano l’uso dei pesticidi chimici nelle aree verdi urbane, come parchi, aiuole, cimiteri, campi sportivi.
L’Associazione dei Comuni Virtuosi  è una rete di enti locali  che opera a favore di una gestione sostenibile del territorio sperimentando buone pratiche e attuando progetti concreti  ed economicamente validi.

tratto da: https://www.cambialaterra.it/2020/06/i-comuni-virtuosi-diventano-citta-libere-dai-pesticidi/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT

Vino, Veronafiere lancia wine2wine Exhibition per la ripartenza del mercato



Un evento innovativo e smart dedicato al settore del vino per aggregare business, contenuti, incontri, formazione, idee. È wine2wine Exhibition, il nuovo format dell’ecosistema Vinitaly, in programma a Veronafiere dal 22 al 24 novembre 2020, in contemporanea a wine2wine Business Forum. Tre giornate al servizio delle aziende, rivolte ad un pubblico b2b e b2c e con l’obiettivo sostenere il rilancio del mercato e del sistema-Italia, dopo la fase di lockdown e in vista della ripartenza della Fase 3.

L’iniziativa è stata presentata in streaming oggi da Maurizio Danese, presidente di Veronafiere, e Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere.  All’incontro online, moderato da Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2, sono intervenuti Carlo Maria Ferro, presidente di ICE-Agenzia, e Federico Sboarina, sindaco di Verona, preceduti dai contributi di Luigi Di Maio, ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Teresa Bellanova, ministra delle Politiche agricole, alimentari e forestali, e Luca Zaia, presidente della Regione del Veneto. Oltre mille gli utenti registrati che si sono collegati, tra aziende e giornalisti.

Wine2wine Exhibition rappresenta un progetto inedito per far fronte a un tempo straordinario e con cui Veronafiere vuole dare una risposta positiva alle esigenze dei produttori, prima fra tutte, la necessità di riprendere il dialogo con la community del vino nazionale e internazionale: distributori, buyer, ristoratori, stampa specializzata, opinion leader e anche consumatori.

Si caratterizza come il primo grande evento unitario in autunno rivolto al comparto vitivinicolo che chiama a raccolta istituzioni pubbliche, regioni e consorzi, in collaborazione con ministero delle Politiche agricoleministero degli Affari esteri ICE-Agenzia, impegnata insieme a Veronafiere nell’attività di incoming dei buyer stranieri.

Wine2wine Exhibition è stata sviluppata secondo i protocolli di sicurezza #safebusiness, concordati dai maggiori operatori fieristici italiani e dalle autorità sanitarie. In campo anche gli ultimi strumenti digitali per permettere all’intera comunità internazionale di buyer di partecipare online a incontri b2b virtuali, masterclass e degustazioni guidate.

L’evento prevede domenica 22 novembre l’ingresso ai wine lover e la possibilità di vendita diretta al consumatore, mentre le altre due giornate sono riservate agli operatori del settore.

Sono tre i padiglioni di Veronafiere coinvolti: il 9, il 10 e il 12, con l’accesso dalla nuova porta Re Teodorico, su viale dell’Industria. La logica espositiva è quella del “walk around tasting”, con un percorso per aree tematiche e geografiche con cui raccontare le denominazioni e le tipologie del vino italiano. A queste si aggiungono aree espositive caratteristiche che raccolgono spirits, vini rosati, special wine e vini internazionali.

Punto di forza di wine2wine Exhibition è anche essere un appuntamento cucito a misura delle necessità contingenti delle imprese vitivinicole, con tariffe di partecipazione personalizzate, massimo ritorno economico dell’investimento e minimo impegno organizzativo e logistico per le aziende espositrici “reduci” dalle fatiche dalla vendemmia, grazie a stand e servizi chiavi-in-mano.

In fiera, la rassegna si integra alla perfezione con i momenti di formazione e networking di wine2wine Business Forum (23-24 novembre) e con la presentazione dei 100 migliori vini italiani di OperaWine, selezionati da Wine Spectator (21 novembre). Inoltre, si esplorano nuove opportunità e sinergie nell’agroalimentare con la contemporaneità di B/Open, la manifestazione b2b di Veronafiere sul food biologico certificato e sul natural self-care che debutta il 23 e 24 novembre nel padiglione 11.  

FederBio: l’agricoltura non può prescindere dal biologico

Il biologico è un asset essenziale per il sistema Paese. E per ripartire l’Italia ha bisogno di dare al settore la giusta importanza. Gli Stati Generali dell’economia “Progettiamo il Rilancio”, che si concluderanno domenica 21 giugno, hanno messo al centro anche i temi dell’agricoltura e della produzione alimentare, che con l’emergenza Covid 19 si sono ulteriormente confermati come settori strategici per il Paese. “Stupisce, però, che mentre l’Europa sceglie l’agroecologia e investe per la transizione al biologico attraverso le recenti strategie Farm to Fork e sulla Biodiversità presentate dalla Commissione Ue, dagli Stati generali non emerga con sufficiente chiarezza il biologico come asset strategico per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale”.
FederBio, pur apprezzando l’apertura a un prossimo confronto sul mondo agricolo che la ministra Teresa Bellanova ha lanciato nel corso dell’evento, auspica che le rappresentanze del comparto biologico “siano attivamente coinvolte, fin dai prossimi giorni, per la definizione delle politiche di rilancio del settore agricolo nazionale”.

In un contesto così importante come gli Stati Generali, che seguono un’emergenza sanitaria ed economica senza precedenti, è forte la delusione di FederBio per l’assenza del tema biologico quale elemento “strategico per la ripresa”, come indicato invece chiaramente dal Green Deal europeo che punta a triplicare le superfici coltivate a biologico entro il 2030, passando dall’attuale 8% al 25%.
“È fondamentale che in una crisi economica dai contorni inediti come quella attuale si riesca a mettere al centro l’agricoltura come settore strategico per il rilancio economico del Paese”, dice la presidente di FederBio Maria Grazia Maammuccini. Ma allo stesso tempo è “davvero incredibile che in Italia il biologico non venga considerato una risorsa determinante per il sistema Paese, in totale controtendenza rispetto alle strategie europee. L’emergenza globale ha mostrato in maniera evidente come sia fondamentale garantire cibo sano, che risponda ai principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale”. Occorre cambiare paradigma al più presto e “puntare sull’approccio agroecologico e sulla transizione verso l’agricoltura biologica per rilanciare l’economia nel rispetto della fertilità dei suoli, della tutela della biodiversità e del contrasto al cambiamento climatico. Per fare la nostra parte e raggiungere gli obiettivi indicati dall’Europa, con le recenti strategie Farm to Fork e sulla Biodiversità, occorrono tutti gli strumenti organizzativi necessari per il settore e per questo chiediamo con forza di accelerare l’iter di approvazione del progetto di legge sull’agricoltura biologica, già approvato a larghissima maggioranza dalla Camera e da troppo tempo fermo al Senato”.
tratto da: https://www.cambialaterra.it/2020/06/federbio-lagricoltura-non-puo-prescindere-dal-biologico/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT

Fragole, il vero e il falso sul “non frutto”




Il professor Alberto Ritieni, ordinario di Chimica degli Alimenti all’Università Federico II di Napoli, ci svela alcuni miti alimentari attorno alla fragola un frutto tanto amato che però non è un frutto. Nel numero in edicola del Salvagente (acquista qui il formato in digitale) il test di copertina è dedicato all’analisi di 20 campioni di fragole a caccia di pesticidi e metalli pesantiin tanti non superano la prova perché abbiamo rintracciato sostanze vietate e fitofarmaci in concentrazioni superiore alla norma.
Ora però gustiamoci le risposte del professor Ritieni:
La fragola non è un frutto 
VERO La fragola è un falso frutto perché ciò che mangiamo in realtà è l’infiorescenza ingrossata, mentre i punti neri (acheni) che la “rivestono” sono i veri frutti e non sono come si crede i semi della fragola.
La fragola non è amica della dieta
FALSO È un alimento considerato povero in calorie, apporta solo 27 kcal per 100 grammi di parte edibile. La fragola contiene anche buone quantità di vitamine, specie la C, di acido folico, di sali minerali come potassio (di cui è particolarmente ricca), ferro, magnesio, fosforo, calcio, fornendo un supporto a chi soffre di reumatismi e malattie da raffreddamento.
Sono leggere e posso mangiarne a volontà
VERO/FALSO Sono certamente ipocaloriche ma se condite con zucchero e/o panna montata diventano nemiche della dieta.
È un frutto che contiene zuccheri buoni
VERO Fra i vari zuccheri contenuti nella fragola (circa 5 grammi per 100 grammi di prodotto), trova spazio lo xilitolo, ragion per cui questo frutto naturalmente protegge e sbianca in modo naturale i denti.
Con la fragola faccio un carico di vitamina C, anche più dell’arancia…
VERO/FALSO La fragola apporta molta vitamina C circa 60 mg per etto ma è un 10-12% in meno dell’arancia e un terzo in meno del kiwi che arriva a 93 mg per etto.
I bambini è meglio che non ne mangino: è vero?
VERO/FALSO Pur non essendo un frutto allergizzante si preferisce aspettare
l’anno di vita per dare tempo di consolidare il sistema immunitario.
Bisogna anche tenere conto dei trattamenti che subiscono in campo
ed è meglio attendere perché i bambini non ricevano troppe molecole di sintesi.
La fragola va lavata bene
VERO Le fragole non hanno buccia per cui vanno lavate prima di togliere il picciolo e si può fare per ammollo in acqua e bicarbonato per una mezzora e poi vanno rilavate singolarmente con solo acqua. Vanno lavate bene ma non vanno stressate troppo perché, non avendo buccia, hanno poche difese fisiche e perdono facilmente il valore salutistico.
Lavandola troppo perde benefici?
VERO Sono frutti delicati, vanno consumati velocemente dopo la raccolta e se sono trascurate sovramaturano e “ammollandosi” troppo c’è il rischio di perdere succo e vitamine.


Congresso mondiale del biologico 2021

Si terrà a Rennes, in Francia, dal 6-10 SEPTEMBER 2021  il prossimo Congresso Mondiale del Biologico. Sono attesi più di 2.000 partecipanti in quella che si prevede essere un’opportunità unica per incontrare, discutere e promuovere il settore. Tutte le parti interessate (produttori, distributori, ricercatori e rappresentanti internazionali) sono invitate a contribuire a uno o più dei sei forum della conferenza, che compongono il programma di # OWC2020.

https://owc.ifoam.bio/2020/en

QUANDO:

da lunedì 21 settembre a domenica 27 settembre 2020

Pasta, grandi incertezze per la filiera del grano duro, tra scorte ai minimi storici, costi aumentati e preoccupazioni per la prossima raccolta

È stato uno dei prodotti più acquistati durante gli assalti ai supermercati delle prime settimane di emergenza coronavirus: ovviamente stiamo parlando della pasta, alimento base della dieta italiana, a lunga conservazione ed economico. Ma mentre i carrelli si riempivano e gli scaffali si svuotavano, la filiera del grano duro si è trovata improvvisamente ad affrontare un picco anomalo di domanda, in un periodo di difficoltà nei trasporti, aumenti dei costi e continui cali delle scorte della materia prima. Come riferisce Agricultura, se ne è parlato durante i Durum Days 2020, evento annuale della filiera, che quest’anno si è tenuto interamente online.
Secondo un’indagine dell’istituto di ricerca Areté, la filiera del grano duro sta affrontando una situazione difficile e imprevedibile: da un lato per mesi si è praticamente azzerata la domanda della ristorazione, dall’altro le vendite di pasta attraverso la grande distribuzione sono aumentate del 24% tra marzo e aprile, che però non sono state sufficienti a compensare il crollo degli ordini di ristoranti e mense. Il picco più alto (+40%) si è registrato proprio a marzo, mese in cui gli italiani hanno preso d’assalto i supermercati, ma una volta riempite le dispense di tutta la penisola, le vendite sono rapidamente diminuite, fino a segnare, ad aprile, cali del 10% rispetto alla stessa settimana dell’anno precedente.
Different pasta types on the wooden table.
Per far fronte all’aumento della domanda di pasta dei supermercati, i pastifici hanno superato il 100% della capacità produttiva riducendo i formati e riorganizzando i turni
Per far fronte al boom di acquisti, la produzione di semola negli scorsi mesi è aumentata del 15% e alcuni pastifici sono arrivati a superare il 100% della capacità produttiva, riducendo i formati e riorganizzando i turni di lavoro. Allo stesso tempo sono aumentati i costi per le imprese, a causa delle misure di prevenzione del contagio sui luoghi di lavoro che hanno causato rallentamenti lungo la catena di approvvigionamento e produzione ed “episodi di pronunciata ritenzione da parte dei detentori della materia prima, – ha spiegato durante i Durum Days Cosimo De Sortis, presidente di Italmopa, l’associazione dei mugnai italiani –  fortunatamente superati grazie alla fluidità dei flussi di importazione e alle giacenze di frumento duro presenti nei silos delle industrie molitorie”. E questi maggiori costi sono stati in gran parte assorbiti dalle aziende stesse, che hanno visto i propri margini di guadagno assottigliarsi.
Già prima dell’inizio dell’emergenza i prezzi del grano duro erano più alti del 25% rispetto al 2019 e mentre le scorte hanno raggiunto il punto più basso dell’ultimo decennio, e potrebbero calare di un ulteriore 27% durante la prossima raccolta, secondo stime realizzate da Areté. Quindi, anche se in Italia la superficie coltivata a grano duro aumenta (+6%), non c’è molto ottimismo per la prossima raccolta, che anzi potrebbe subire un calo di qualità a causa della siccità prolungata che ha colpito alcune zone. Un problema che rischia di ostacolare i sempre più numerosi pastifici che, in risposta alla crescente domanda dei consumatori, hanno deciso di usare solo grano 100% italiano.

La valle svizzera che presto sarà 100% bio



Tutto inizia negli anni 2000, quando la Valposchiavo, una piccola valle italofona dei Grigioni con circa 5000 abitanti che si trova tra l’Engadina e la Lombardia, comincia a mettere in discussione la sua economia. «Per dare nuovo slancio alla regione e valorizzare il nostro paesaggio, ma anche i settori produttivi locali, ci siamo impegnati per far inserire la nostra valle e le Ferrovie Retiche nella lista del patrimonio mondiale UNESCO», spiega Cassiano Luminati, coordinatore del progetto di candidatura all’UNESCO e attuale direttore del Polo Poschiavo, un centro di competenza per la formazione continua e il sostegno ai progetti di sviluppo territoriale. In questa valle alpina si trova una delle infrastrutture più emblematiche della Svizzera: il sorprendente viadotto elicoidale di Brusio, su cui passa il treno turistico rosso del Bernina Express. «Siamo orgogliosi di aver ottenuto questo prezioso riconoscimento internazionale nel 2008. Grazie alle misure adottate, l’intero paesaggio culturale visibile dal treno fa parte del perimetro riconosciuto. Questo ha permesso ai vari protagonisti della nostra economia di elaborare una strategia di sviluppo comune». L’idea di convertire la valle all’agricoltura biologica è nata principalmente per riunire tutti gli attori locali. Un’idea che si è fatta strada e che è stata messa in pratica nel 2012 in occasione della Conferenza delle Alpi – l’organo decisionale della Convenzione delle Alpi – tenutasi in Valposchiavo. Dal 2015 la Valposchiavo si presenta dunque come la Smart Organic Valley. «Tutto è iniziato dalla lettura di un libro che spiegava il concetto di smart land basato su criteri suddivisi in cinque aree distinte: paesaggio, competenze, risorse, mobilità e governance». Le dinamiche descritte corrispondevano ai nostri obiettivi e ai nostri valori, quindi abbiamo scelto di adattare questo concetto urbano alla dimensione della nostra valle», ricorda Cassiano Luminati. 

Smart Organic Valley

Questa denominazione anglicizzante è stata approvata e concepita soprattutto da e per gli abitanti della valle. La Valposchiavo è infatti un modello di successo sia dal punto di vista concettuale che da quello umano. Innanzitutto, il suo concetto è unico al mondo: attualmente è l’unica regione che è riuscita a convertire all’agricoltura biologica quasi tutti i suoi produttori. «Alcuni agricoltori si erano già formati all’agricoltura biologica negli anni ‘90. Questo modo di vivere e di lavorare fa parte della nostra vita quotidiana da una decina d’anni. Il nostro obiettivo è passare a una tecnica di produzione completamente biologica entro due anni», afferma Cassiano Luminati. «Ma non si tratta solo di territorio, in realtà noi vogliamo andare anche oltre, perché la certificazione bio in Svizzera esiste solamente per i prodotti». 
Bernina © Filip Zuan

«Affinché il nostro progetto si concretizzasse avevamo bisogno del sostegno di tutti i settori dell’economia. Ed è soprattutto perché molti concittadini e concittadine si sono identificati con il progetto che è stato possibile coinvolgere tutti», racconta Cassiano Luminati. Attualmente, oltre il 90% degli agricoltori ha aderito al biologico e 60 produttori stanno partecipando al progetto di produzione radicalmente biologica. Questa regione italofona dei Grigioni riunisce tutti i tipi di produttori: cerealicoltori, macellai, casari, produttori di frutta e verdura e coltivatori di erbe aromatiche. «Avere un obiettivo in comune ci ha permesso di formare una rete, di coordinarci e di sviluppare forme di aiuto reciproco tra i protagonisti del cambiamento», afferma con orgoglio l’ex presidente della regione. Una nuova armonia che ha influito direttamente sull’ambiente e sulla qualità della vita. «L’impatto più evidente è stato registrato in termini di ambiente e biodiversità. La nostra terra è tornata a essere produttiva e varietà come l’orzo e il grano saraceno, ormai scomparse dalla valle, hanno ricominciato a crescere. Il ritorno delle specie locali ci ha permesso di riscoprire i paesaggi culturali del passato», afferma felice Cassiano Luminati. Questa sinergia è possibile anche attraverso lo scambio intergenerazionale. Le circa 50 aziende agricole della valle sono gestite sia da personale più esperto sia da giovani laureati, e sia da famiglie locali che da nuovi arrivati. «Vengo da una famiglia in cui l’agricoltura biologica è sempre stata parte della quotidianità, quindi per me era logico adottare questo modo di lavorare», dice Annina Raselli, una giovane agricoltrice di Poschiavo. «La decisione di rinunciare all’uso di sostanze chimiche comporta più lavoro, ma non danneggia la natura e mi permette di offrire ai miei clienti frutta e verdura naturali al 100%. La Terra non ha bisogno di noi, siamo noi ad avere bisogno di lei. Il progetto 100% Bio Valposchiavo promuove il consumo locale e responsabile, e sono fiera di farne parte».
Val Poschiavo - MaiolaVal Poschiavo - Maiola

Salvaguardare il patrimonio locale

Se così tanti agricoltori sono passati al biologico è anche perché questo metodo permette di salvaguardare il patrimonio comune. «Abbiamo dovuto lavorare sulla consapevolezza prima che gli abitanti iniziassero a operare cambiamenti. A livello di autorità, abbiamo proposto il concetto e creato diversi strumenti, come per esempio un centro di formazione. Il resto del processo è stato svolto su base individuale. Questo ci ha rassicurato e ha dimostrato che la gente aderisce all’iniziativa innanzitutto per se stessa e per i propri affari», dice Cassiano Luminati, che tra il 2002 e il 2015 è stato anche consigliere comunale a Poschiavo. Una tendenza positiva che ha permesso di salvaguardare un know-how locale che altrimenti rischiava di andare perduto, come nel caso della costruzione di muri a secco. 
Caseificio - Val PoschiavoCaseificio - Val Poschiavo

Oltre alla loro attività di produzione, le aziende agricole della valle hanno optato anche per le energie rinnovabili. La maggior parte ha infatti installato pannelli solari sui propri tetti per produrre energia fotovoltaica. «Abbiamo anche adottato soluzioni innovative nel settore dei trasporti. Poiché la nostra valle è accessibile solo in automobile o in treno, siamo diventati la prima regione dei Grigioni a testare e adottare l’autopostale elettrico come mezzo di trasporto pubblico», precisa Cassiano Luminati. La dinamica positiva di questa comunità grigionese ha influenzato anche la sua vita politica. «Notiamo che i nostri concittadini e le nostre concittadine si sentono più invitati a partecipare e che le discussioni sono più aperte. L’integrazione degli abitanti della Valposchiavo in tutte le decisioni comunitarie delle autorità ha portato a un loro crescente coinvolgimento. Ognuno di noi si rende conto del privilegio di vivere in questa valle. Siamo orgogliosi di essere considerati dal mondo come un esempio. Questo riconoscimento ci incoraggia a perseverare e a immaginare il seguito. Attualmente stiamo lavorando a una visione 2040 per certificare il concetto di Smart Organic Valley». Un’armonia diffusa e sostenibile che fa bene al pianeta e allo spirito.

Il sogno di un’Europa «green» e biodiversa

Il fatto della settimana. Un documento della Commissione europea propone di investire nelle aree
naturali per superare la crisi causata dal coronavirus
Promette di «riportare la natura nelle nostre vite» il documento della Commissione Europea
Strategia per la biodiversità e considera la protezione e il recupero delle aree naturali un
investimento fondamentale per la ripresa economica post-Covid. Con la riforma del sistema
agro-alimentare (Farm-to-Fork, F2F, dal campo alla tavola), costituisce uno dei pilastri del Green
Deal, il patto verde per l’Europa della presidente Ursula von der Leyen. I due documenti, presentati
la settimana scorsa, costituiscono una road map per invertire la perdita della diversità biologica (in
40 si sono estinte il 60% delle specie selvatiche) e mettere al sicuro entro il 2050 gli ecosistemi non
solo europei, ma persino quelli globali, e con questi anche il clima.
Una dichiarazione di intenti – e un’implicita ammissione dell’insostenibilità del sistema attuale che
andrà sostanziata nei prossimi anni con la revisione di direttive, piani e altre strategie coerenti tra
loro che dovranno ottenere maggioranze nel Parlamento Europeo, nel Consiglio dell’Unione, e fondi
adeguati.
LA STRATEGIA PER LA BIODIVERSITÀ intende non solo proteggere ma soprattutto recuperare i
danni inferti agli ecosistemi. Quanto e in che misura lo sapremo il prossimo anno quando saranno
definiti gli obiettivi vincolanti per il 2030: per ora ci si propone di piantare 3 miliardi di alberi nel
rispetto dei principi ecologici; di riportare 25 mila km di fiumi allo stato naturale; di creare aree
protette che coprano il 30% del territorio e il 30% dei mari e riservare una quota del 10% di queste
alla protezione integrale, dove le attività umane non siano consentite; riservare il 10% delle aree
agricole ad elementi naturali del paesaggio (siepi, terrazzamenti, filari, terreni a riposo o a rotazione,
stagni, ecc); arrivare a coltivare almeno il 25% dei terreni con gli standard del biologico (quindi
triplicando la superficie attuale in Europa che è l’8%); dimezzare la dispersione nell’ambiente di
azoto e fosforo contenuti nei fertilizzanti chimici e nel letame, principali responsabili
dell’eutrofizzazione delle acque, e ridurre il loro uso del 20%. Fino a qui, obiettivi senz’altro
necessari, condivisibili, più o meno ambiziosi.
IL NODO IRRISOLTO È QUELLO DEI PESTICIDI, di cui si propone la riduzione del 50% (del
rischio e delle quantità utilizzate), rimandando sine die l’obiettivo davvero ambizioso, lo
zero-pesticidi, quello che scommette sull’agro-ecologia come modello dominante, che invece nelle
carte della Commissione rimane un modello tra tanti possibili. «Il fatto che la Commissione Europea
riconosca la necessità di una riforma dell’agricoltura è già di per sé una rivoluzione – ha commentato
Martin Dermine, di PAN (Pesticide Action Network) – però il vero obiettivo dovrebbe essere
l’eliminazione dei pesticidi di sintesi nell’arco di 20 anni in Europa». Almeno di quei pesticidi,
funghicidi, erbicidi che contengono interferenti endocrini per cui la Endrocrine Society ha stabilito
che non esiste un livello sicuro di esposizione: per questi non è la dose a fare il veleno, vanno
eliminati.
Non siamo di fronte ad una svolta, ma almeno la Commissione dichiara di ambire a rendere gli
standard europei sui pesticidi standard globali, quindi sembra impegnarsi a non cedere sui limiti dei
residui nei prodotti di importazione (i controversi «import tolerances») negli accordi bilaterali come
il CETA, considerando che sono 82 i pesticidi approvati negli Usa e vietati in Europa, in Brasile ben
152 (dati CIEL, Centre for International Environmental Law). «È chiaro il proposito di non
ammettere residui di pesticidi messi al bando in UE nei prodotti importati – dice Nina Holland,
ricercatrice del Corporate Europe Observatory – questo mette il bastone tra le ruote alle
multinazionali che hanno premuto per l’attenuazione degli standard in Europa, minacciando di
ricorrere al WTO. I loro sforzi adesso sembrano falliti».
L’allerta però deve rimanere massima, poiché in uno dei documenti che accompagnano la Strategia
per la Biodiversità, il Refit on Pesticide Regulation (una periodica valutazione sull’adeguatezza della
regolamentazione), la Commissione Europea conclude che la procedura per autorizzazione dei
pesticidi funziona bene, «chiudendo gli occhi di fronte agli evidenti conflitti di interessi, l’uso
strumentale degli articoli scientifici, la mancanza di trasparenza», commenta Angeliki Lyssimachou
di PAN, tra gli autori di un articolo che si basa sul lavoro del gruppo interdisciplinare Citizens for
Science in Pesticides Regulations (ne fanno parte 140 ONG) che mette in evidenza le discrepanze e
le falle di una procedura di autorizzazione che è stata decentrata tra gli Stati membri, ciascuno dei
quali può essere una porta di accesso ad una determinata formulazione di prodotti fitosanitari dopo
che il principio attivo è passato al vaglio dell’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare.
ANCHE LA PAC DOVRÀ ESSERE ALLINEATA agli obiettivi della Strategia per la Biodiversità,
pena l’insuccesso di quest’ultima, dal momento che una parte sostanziale dei fondi dovrebbero
provenire dagli stanziamenti della PAC, la Politica Agricola Comune, che nel periodo 2021-2027
stanzierà 365 miliardi (quasi un terzo del bilancio UE pre-Covid). La proposta di riforma PAC
avanzata nel 2018 dalla Commissione Juncker prevede che ciascun Stato membro elabori un proprio
piano strategico nazionale per concorrere al raggiungimento dei 9 obiettivi fissati dalla riforma, tra i
quali figurano anche la tutela dell’ambiente, del clima, della biodiversità, oltre al sostegno diretto al
reddito degli agricoltori e ai piani di sviluppo rurale. Secondo l’European Environmental Bureau
(EEB), una federazione di associazioni ambientaliste con sede a Bruxelles «è deludente osservare
che la Commissione continua a nascondersi dietro la sua debole riforma della PAC. Invece di rendere
credibile il suo impegno a rafforzare la politica climatica, rimette la responsabilità nelle mani degli
Stati membri, mentre la promessa di supportare l’introduzione di un budget separato per regimi
ecologici specifici è poco più che simbolica». Inoltre, se non si creano parità di condizioni tra gli
Stati con una regia centrale, premiare le pratiche agricole virtuose per l’ambiente sarà pressoché
utopistico.
IL DOCUMENTO SULLE POLITICHE agro-alimentari (F2F) contiene alcuni aspetti inediti a
Bruxelles, come l’attenzione alla percezione dei cittadini sul valore del cibo; un impegno per
accorciare le filiere e a ridurre i trasporti a lungo raggio; misure per facilitare la registrazione dei
semi, anche per il bio e per assicurare un più semplice accesso ai mercati per le varietà tradizionali;
l’impegno a erogare pagamenti diretti «agli agricoltori che ne hanno bisogno e che forniscono servizi
ambientali, invece che a entità e società che hanno unicamente la proprietà della terra»; il
dimezzamento dell’uso degli antibiotici negli allevamenti. L’obiettivo è ridurre l’impatto ambientale
e climatico del sistema agroalimentare, anche se non viene quantificato, né si fa «un’esatta diagnosi
delle debolezze strutturali dell’agricoltura UE come la cronica sovra-produzione degli allevamenti e
la dipendenza dal lavoro dei migranti nel settore frutto-orticolo», secondo EEB. Altre criticità
riguardano la zootecnia, per cui non vengono fissati obiettivi di riduzione vincolanti delle emissioni
di gas a effetto serra né limitazioni delle densità degli animali e neppure si prende in considerazione
di promuovere la riduzione del consumo dei prodotti di origine animale quando si parla di diete più
equilibrate.

© 2020 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE

VIOLENTA GRANDINATA NELLA BASSA VERONESE: FRUTTA COMPROMESSA




Ancora gravi danni per la frutticoltura veronese a causa del maltempo. La violenta grandinata che si è abbattuta ieri (10 giugno) pomeriggio sul Basso Veronese ha colpito frutteti e seminativi in tutta la fascia agricola che costeggia la Transpolesana, da Oppeano a Legnago. Danneggiati in particolar modo le mele e i seminativi, e poi le ciliegie e le prime albicocche.
“I chicchi di grandine non erano particolarmente grossi, ma quello che ha fatto danno è stata la durata e l’intensità dell’evento, tanto che alcune reti antigrandine hanno ceduto per il troppo peso – riferisce Francesca Aldegheri, referente per il settore ortofrutta di Confagricoltura Verona -. Colpiti gli impianti di mele di Palù, Zevio, Oppeano, Ca’ degli Oppi, Isola Rizza e altri ancora fino a Legnago. A Palù ci sono stati anche due impianti antigrandine sfondati: sono caduti pali e reti, i frutti sono stati fortemente danneggiati. Ci sono arrivate segnalazioni di danni anche dalla Mambrotta di San Martino Buonalbergo e da Mezzane, dove sono stati colpiti alcuni vigneti. Purtroppo sono bastati alcuni giorni di maltempo per fare un disastro. Prima la grandine sui vigneti di sabato sera, poi la pioggia persistente che ha fatto spaccare le ciliegie dalla Valpolicella alla Val d’Alpone, adesso la botta sulle mele. Il problema è che questi eventi calamitosi stanno diventando la normalità. Sono sempre più estremi e dove colpiscono mandano all’aria il lavoro di un anno”.
Ancora presto, secondo i tecnici, fare una stima dei danni, anche se si ipotizza che per i meleti fuori rete si possa arrivare a danni del 100 per cento, mentre quelli protetti possono comunque aver riportato un 30 per cento di perdite: quando la grandine è tanta, come quella di ieri, le reti si aprono e le piante vengono in parte colpite. “Se le mele riportano anche piccole botte non sono più commerciabili – spiega Paolo Bissoli, referente di Confagricoltura per la zona di Zevio -. Diversa sorte, per fortuna, hanno avuto i meloni, perché nel Veronese sono quasi tutti sotto tunnel. Invece ci sono danni anche per quanto riguarda i seminativi. Dove la grandine ha battuto forte, possiamo parlare di perdita quasi totale per mais, frumento e soia. Foglie bucate, piante scorticate. In alcuni terreni non è rimasto più niente; dove è andata meglio abbiamo comunque perdite del 20-30%”.
Sabato scorso una forte grandinata si era abbattuta sulla zona della Bassa Valpolicella, con perdite fino al 100 per cento della produzione per i vigneti tra Pedemonte e Cengia, mentre a Fumane e San Pietro Incariano le stime sono del 20-30 per cento di danni. Dieci minuti di ghiaccio puro che hanno colpito tralci, foglie e grappoli. Le piogge violente e persistenti degli ultimi giorni hanno invece fatto il disastro sulle ciliegie dalla Valpolicella alla Val d’Alpone, causando la spaccatura dei frutti. Perdite fino all’80 per cento nelle varietà in raccolta ora. La speranza è che si salvino le varietà tardive, come le Kordia, le Regina e i Duroni, che saranno in raccolta nelle prossime due settimane: non sono ancora del tutto mature e quindi non si sono spaccate.

tratto da: http://www.corriereortofrutticolo.it/2020/06/11/violenta-grandinata-nella-bassa-veronese-frutta-compromessa/

Una interessante e coraggiosa iniziativa sta prendendo piede sulle colline di Verona

L'associazione Alto Borago si propone lo scopo di acquistare e di gestire una vasta area in zona collinare all'interno del SIC Borago-Galina.

Dal dopoguerra ai nostri giorni il Veneto ha subito due grandi devastazioni ambientali, che hanno inciso pesantemente sul paesaggio veneto al punto da renderlo irriconoscibile. La prima è stata causata dalla costruzione di decine di migliaia di capannoni industriali distribuiti a mosaico su tutto il territorio regionale. La seconda è il frutto della trasformazione di decine di migliaia di ettari di boschi e praterie in vigneti.
Questo secondo intervento ha riguardato e sta riguardando anche alcune aree che dovrebbero godere di un particolare regime di protezione. I SIC, ora ZPS o ZSC, infatti sono stati istituiti dall'Unione Europea nel 1992 con questi scopi precisi:
- affinché contribuiscano in modo significativo a conservare gli habitat e le specie a rischio di estinzione;
- affinché contribuiscano alla coerenza della rete di Natura 2000;
- affinché contribuiscano alla salvaguardia della biodiversità della regione in cui si trovano.

La loro funzione è stata definita con una legislazione europea recepita poi dai singoli Stati e dalle Regioni. Purtroppo in provincia di Verona ci sono alcuni SIC situati in zone molto ambite dai produttori di vino.
Il SIC IT3210012 Val Galina e Progno Borago, di quasi 1000 ettari, negli ultimi 15 anni è stato privato di quasi tutti i "prati aridi" che lo caratterizzavano, trasformati un po' alla volta in vigneti nonostante la chiara motivazione per cui questo SIC è stato istituito: "L'ambiente è caratterizzato da una vegetazione di carattere xerofilo (dal greco ξηρός = secco) insediatasi su pascoli abbandonati ed ex coltivi. Interessante è la presenza di molte specie di orchidee e di altre entità rare nella flora della regione".
Le tre dorsali del SIC su cui erano presenti discrete estensioni di prati aridi, quella che corrisponde al monte Ongarine, quella che corrisponde alla Cola e Costagrande, quella che corrisponde alla dorsale dei Gaspari, sono state un po' alla volta vandalizzate con le ruspe e trasformate in vigneti, quasi sempre distruggendo i muretti a secco preesistenti e spesso importando terreno dalla pianura, dato che lo spessore del terreno sulle dorsali è poco o nullo. Negli ultimi anni è invalsa la pratica di spaccare il calcare col martello pneumatico per poi fresarlo fino a trasformarlo in polvere. Tutte queste operazioni sono state ampiamente documentate fin dal 2007 da www.veramente.org. .....

... il resto dell'articolo trovo su: https://www.veramente.org/it/notizie/2020-alto-borago.html

Il declino degli insetti, biodiversità a rischio




“È il momento per la Natura”, con questo slogan si celebra oggi 5 giugno la Giornata Mondiale per l’Ambiente, voluta per la prima volta dalle Nazioni Unite nel 1974, dedicata al tema del drammatico declino della biodiversità del pianeta. Circa un milione di specie viventi (su un totale stimato di circa 8,7 milioni) secondo i dati dell’ISPRA sono minacciate di estinzione. Non è una novità. Sono sempre più numerose le specie in pericolo, a partire dagli insetti, essenziali per gli ecosistemi, che stanno progressivamente scomparendo. Fin dal 2018, la notizia di un’imminente “apocalisse degli insetti“, profetizzata da uno studio realizzato in Germania che aveva constatato il calo di ben il 75% degli insetti in 27 anni, aveva evidenziato ampiamente il fenomeno, seguita da follow-up provenienti da tutto il mondo. La ricerca ha ispirato l’entomologo Roel van Klink, del German Centre For Integrative Biodiversity Research (IDiv) a condurre insieme a ricercatori tedeschi, russi e olandesi un’analisi più ampia: lo studio, pubblicato lo scorso 24 aprile su Science, ha raccolto i risultati di 166 ricerche condotte in 1.676 siti in tutto il mondo tra il 1925 e il 2018 e ha confermato che gli insetti terrestri presentano una riduzione globale dello 0,92% all’anno. I numeri, per quanto siano meno severi dei precedenti, sono in ogni caso allarmanti: «Non lo si noterebbe nemmeno da un anno all’altro, perché la popolazione di insetti varia moltissimo – sottolinea Roel van Klink, scienziato dell’iDiv – e lo 0,92% potrebbe non sembrare significativo, ma in realtà indica il 24% di insetti in meno in 30 anni e il 50% in meno in 75 anni». Le conseguenze sulla biodiversità sono significative, perché gli insetti sono fondamentali per l’impollinazione ma costituiscono anche il cibo di numerose specie. La loro diminuzione può influire sulle abitudini alimentari di numerosi uccelli migratori come le rondini ma soprattutto i coloratissimi gruccioni, che svernano a sud del Sahara e alla fine di aprile rientrano in Italia per fare il nido nelle pareti di argilla lungo fiumi e torrenti. I gruccioni sono importanti bioindicatori ecologici in Veneto, in quanto prediligono le campagne ad elevata qualità ambientale dove abbondano gli insetti alati, dei quali sono abili predatori, arrivando a mangiarne ben 225 al giorno. ...............................
........ il resto dell'interessante articolo lo trovi su: https://www.heraldo.it/2020/06/05/il-declino-degli-insetti-biodiversita-a-rischio/

MELONI, SPAZIO ALLA PRODUZIONE VERONESE. “PREZZI E CONSUMI VOLANO, C’È OTTIMISMO”

Ottima annata per i meloni veronesi, che stanno spuntando buoni prezzi grazie all’assenza della concorrenza delle regioni del Sud Italia. In Sicilia, infatti, la stagione di raccolta volge al termine e quindi il prodotto veronese e veneto in generale ha la strada spianata per avere un posto in prima fila sul mercato. “La raccolta è iniziata da dieci giorni – spiega Francesca Aldegheri, referente per il settore frutticolo di Confagricoltura Verona -. I meloni sono dolci e sani e stanno spuntando prezzi tra 1,30 e 1,50 al chilo al mercato ortofrutticolo. Tra i preferiti dal consumatore c’è il melone retato Macigno, varietà precoce dal color arancio intenso e la polpa consistente, e il Talento, sempre precoce e retato, con produzioni molto abbondanti e a elevata conservazione post raccolta. Di solito il melone fa segnare il record delle vendite tra metà giugno e luglio, ma quest’anno le temperature ci stanno aiutando e quindi anche i consumi volano. Inoltre quest’anno ci ha aiutato una serie di coincidenze temporali: la Sicilia è entrata in scena in aprile e tra poco la raccolta si concluderà, mentre noi abbiamo appena iniziato. Speriamo che questo trend continui e che il consumatore premi il prodotto italiano, una scelta fondamentale in questo momento di emergenza Covid. I nostri meloni a km 0 hanno un alto grado zuccherino, sono rinfrescanti e reidratanti e preparano all’abbronzatura dell’estate grazie alla presenza di antiossidanti come le vitamine A e C. sono inoltre ricchi di sali minerali e quindi ottimi anche per chi pratica sport”.
La superficie coltivata a melone è scesa in Veneto è di circa 1.130 ettari, concentrata per quasi il 70% nella provincia di Verona (770 ettari), seguita da quella di Rovigo (270 ettari). L’anno scorso gli abbassamenti termici e le eccessive precipitazioni registrate ad aprile e maggio avevano generato problemi di asfissia, mentre quest’anno questo problema non si pone. “Ci auguriamo di avere una resa media maggiore – sottolinea Aldegheri -, sperando però che il prezzo tenga. L’anno scorso, infatti, a causa della sovrapproduzione nazionale il prezzo medio annuo registrato alla Borsa Merci di Verona fu di 0,44 euro al chilogrammo, una quotazione davvero bassa".

Tratto da http://www.corriereortofrutticolo.it/2020/06/03/meloni-spazio-alla-produzione-veronese-prezzi-e-consumi-volano-ce-ottimismo/#prettyPhoto