Pasta, grandi incertezze per la filiera del grano duro, tra scorte ai minimi storici, costi aumentati e preoccupazioni per la prossima raccolta

È stato uno dei prodotti più acquistati durante gli assalti ai supermercati delle prime settimane di emergenza coronavirus: ovviamente stiamo parlando della pasta, alimento base della dieta italiana, a lunga conservazione ed economico. Ma mentre i carrelli si riempivano e gli scaffali si svuotavano, la filiera del grano duro si è trovata improvvisamente ad affrontare un picco anomalo di domanda, in un periodo di difficoltà nei trasporti, aumenti dei costi e continui cali delle scorte della materia prima. Come riferisce Agricultura, se ne è parlato durante i Durum Days 2020, evento annuale della filiera, che quest’anno si è tenuto interamente online.
Secondo un’indagine dell’istituto di ricerca Areté, la filiera del grano duro sta affrontando una situazione difficile e imprevedibile: da un lato per mesi si è praticamente azzerata la domanda della ristorazione, dall’altro le vendite di pasta attraverso la grande distribuzione sono aumentate del 24% tra marzo e aprile, che però non sono state sufficienti a compensare il crollo degli ordini di ristoranti e mense. Il picco più alto (+40%) si è registrato proprio a marzo, mese in cui gli italiani hanno preso d’assalto i supermercati, ma una volta riempite le dispense di tutta la penisola, le vendite sono rapidamente diminuite, fino a segnare, ad aprile, cali del 10% rispetto alla stessa settimana dell’anno precedente.
Different pasta types on the wooden table.
Per far fronte all’aumento della domanda di pasta dei supermercati, i pastifici hanno superato il 100% della capacità produttiva riducendo i formati e riorganizzando i turni
Per far fronte al boom di acquisti, la produzione di semola negli scorsi mesi è aumentata del 15% e alcuni pastifici sono arrivati a superare il 100% della capacità produttiva, riducendo i formati e riorganizzando i turni di lavoro. Allo stesso tempo sono aumentati i costi per le imprese, a causa delle misure di prevenzione del contagio sui luoghi di lavoro che hanno causato rallentamenti lungo la catena di approvvigionamento e produzione ed “episodi di pronunciata ritenzione da parte dei detentori della materia prima, – ha spiegato durante i Durum Days Cosimo De Sortis, presidente di Italmopa, l’associazione dei mugnai italiani –  fortunatamente superati grazie alla fluidità dei flussi di importazione e alle giacenze di frumento duro presenti nei silos delle industrie molitorie”. E questi maggiori costi sono stati in gran parte assorbiti dalle aziende stesse, che hanno visto i propri margini di guadagno assottigliarsi.
Già prima dell’inizio dell’emergenza i prezzi del grano duro erano più alti del 25% rispetto al 2019 e mentre le scorte hanno raggiunto il punto più basso dell’ultimo decennio, e potrebbero calare di un ulteriore 27% durante la prossima raccolta, secondo stime realizzate da Areté. Quindi, anche se in Italia la superficie coltivata a grano duro aumenta (+6%), non c’è molto ottimismo per la prossima raccolta, che anzi potrebbe subire un calo di qualità a causa della siccità prolungata che ha colpito alcune zone. Un problema che rischia di ostacolare i sempre più numerosi pastifici che, in risposta alla crescente domanda dei consumatori, hanno deciso di usare solo grano 100% italiano.