SANA 2020: il Salone internazionale del Biologico e del naturale si terrà dal 3 al 6 settembre 2020

“Dall'inizio dell’emergenza Coronavirus il Sistema fieristico nazionale e internazionale ha dovuto far fronte a un enorme impegno per il riposizionamento degli eventi previsti in questi mesi – dichiara Antonio Bruzzone, Direttore Generale di BolognaFiere -. A questa complicata fase di riprogrammazione si è aggiunta la consapevolezza di dover lavorare, con ancora maggior energia, per creare le più favorevoli condizioni a supporto del business delle imprese. È in quest’ottica che BolognaFiere ha deciso di svolgere nelle stesse date la 32esima edizione di SANA, il Salone internazionale del biologico e del naturale (organizzato in collaborazione con FederBio/Assobio) e COSMOPROF WORLDWIDE BOLOGNALe due manifestazioni apriranno il 3 settembre e si concluderanno domenica 6 settembre SANA e lunedì 7 settembre COSMOPROF. Stiamo lavorando in questi giorni alla definizione di un lay-out degli eventi che accrescerà le opportunità di incontro e di networking per gli espositori e gli operatori dei due eventi. La concentrazione nelle prime settimane di settembre dei principali saloni internazionali del sistema fieristico nazionale sarà un plus per l’incoming delle delegazioni commerciali estere che potranno pianificare al meglio le proprie agende programmando la visita non solo a eventi in svolgimento nello stesso Quartiere fieristico ma, anche, a scala nazionale. Mai come in questo momento – prosegue Bruzzone - la situazione ci richiede la massima flessibilità e il massimo impegno; è quanto stiamo facendo andando a individuare tutte le possibili sinergie attivabili e le nuove iniziative da mettere in pista per garantire la crescita e lo sviluppo delle imprese a livello globale”.

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Gli ospiti principali di questi RIFUGI sono:
– le api solitarie del genere osmia: a differenza delle api domestiche
che sono sociali e tra le quali esiste un’ape regina, l’unica fertile e le api
operaie che si occupano della sopravvivenza della comunità, le api
solitarie depongono tutte le uova ed ognuna costruisce il proprio nido.
Questi insetti, molto importanti per l’impollinazione, depongono un
uovo per cavità, riempiono di miele e polline il nido in modo da essere
consumati dalla prole durante il loro sviluppo, e poi lo chiudono con un
tappo di fango. E per chi di voi avesse paura di essere punto,
tranquillo: le api solitarie, seppur dotate di pungiglione, non sono
aggressive. Esistono anche le api solitarie del genere Megachile, dette
anche tapezziere perchè chiudono e rivestono il nido con pezzetti di
foglie.
– le vespe solitarie: anche queste non sono insetti sociali, e a differenza
delle altre vespe e calabroni, non formano alveari ma costruiscono
ognuna il proprio nido. Sono predatrici, paralizzano la preda senza
ucciderla e la nascondono nel proprio nido
– i bombi: anche loro sono insetti ottimi impollinatori
– le coccinelle: riguardo alla grande utilità di questi insetti in agricoltura
potete leggere Le coccinelle amiche dell’agricoltura biologica
– le forbicine: si possono nutrire di uova di altri insetti
– le crisope: si nutrono anche loro di acari e pidocchi
– le farfalle: seppure da bruchi possono essere dannosi per le piante, gli insetti adulti sono ottimi impollinatori




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MANODOPERA AL TEMPO DEL COVID-19: ECCO I RISULTATI DELL’ANALISI DEL CSO

La filiera ortofrutticola a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19 sconta una preoccupante carenza di manodopera. Nel pieno dell’emergenza sanitaria attuale la questione della limitazione alla circolazione dei lavoratori ha impattato anche il settore dell’agroalimentare.
“CSO Italy – dichiara il Direttore di CSO, Elisa Macchi– ha ritenuto utile porre attenzione, con le proprie attività di ricerca, a questo delicato momento con un’analisi quantitativa sulla carenza di manodopera straniera stagionale condotta su un campione di soci CSO Italy che rappresenta circa 600.000 tonnellate di ortofrutta. Un campione non in grado di rappresentare il mondo ortofrutticolo italiano nel suo complesso, ma capace di descrivere comunque un’importante realtà.”
È stata compiuta un’analisi quantitativa su un campione di soci, focalizzata su alcune colture (sia frutticole che orticole) e su alcune principali aeree di produzione (Emilia Romagna, Trentino, Piemonte, Campania e Lazio). La manodopera straniera rappresenta per il settore ortofrutticolo un fattore chiave durante le attività di raccolta dei prodotti freschi: in base al campione analizzato, nel triennio 2017-2019 i produttori hanno impiegato circa 53.000 lavoratori stagionali (sia italiani che stranieri). I lavoratori stagionali stranieri, rappresentano il 44,6% del totale nel complesso, di cui il 77,2% impegnato nelle operazioni di raccolta, quote elevatissime se si pensa che gli stranieri in Italia rappresentano il 10% della popolazione italiana (fonte Ismu, 2020).
A causa dell’emergenza sanitaria, molti migranti stagionali, già da marzo sono stati impossibilitati a venire in Italia, mettendo a rischio il raccolto. Dal lavoro è emerso, quindi, che la carenza di manodopera in Italia dipende in larga misura dai lavoratori stranieri in particolare nel periodo di raccolta.
“La maggior parte di essi, circa il 51% proviene dall’Est Europa e a seguire dall’Africa – specifica Assunta Cecere, di CSO Italy – e si è evidenziato, nel dettaglio, che la maggior parte dei Paesi di provenienza riguarda: Romania, Marocco, India, Albania e Polonia. In base al dossier, anche per il 2020 i produttori ortofrutticoli del campione studiato, confermano l’importanza della manodopera stagionale straniera, con una previsione di oltre 17.000 unità per le colture e aree di produzione oggetto dello studio.”
“Questo numero –dichiara Federico Passarelli, di CSO Italy– conferma la tendenza degli ultimi anni e dimostra come nonostante la minore produzione prevista per quest’anno il fabbisogno di manodopera rimanga elevato”.
A livello europeo, invece, la mancanza di manodopera straniera stagionale appare simile allo scenario italiano: i principali Paesi agricoli europei (Belgio, Francia, Spagna, Polonia, Germania) necessitano tra i 20.000 e i circa 300.000 lavoratori stagionali per sostenere le attività produttive dell’intero settore nel 2020. Ogni Paesi EU ha messo in campo attività di reclutamento volontario di lavoratori stagionali per il settore agricolo: purtroppo, questo sistema non sta garantendo un apporto sostanziale (per esempio, in Francia molti rinunciano a lavorare in campagna perché è troppo faticoso). L’elemento in comune tra questi Paesi è l’impellente necessità di creare un sistema capace di coniugare la disponibilità di manodopera e il rispetto delle precauzioni sanitarie anti COVID-19: alcuni Paesi, come Polonia, Germania e Francia stanno introducendo la “quarantena attiva”.
“Siamo consapevoli –conclude il direttore Macchi- che, oggi più che mai, la forza lavoro straniera specializzata può svolgere un ruolo decisivo per il sistema imprenditoriale locale ed europeo e ci auguriamo che la “quarantena attiva” venga accolta anche in Italia”.
Il documento sarà scaricabile nella banca dati online di CSO Italy: https://www.csoservizi.com/

tratto da: http://www.corriereortofrutticolo.it/2020/05/22/manodopera-al-tempo-del-covid-19-ecco-i-risultati-dellanalisi-del-cso/

Stop al glifosato per difenderci dal virus

In questi mesi “sistema immunitario” è stata tra le parole chiave più digitate nei motori di ricerca: secondo alcuni analisti queste query  sono cresciute del 66% rispetto ai mesi precedenti. Non a caso, infatti, avere un sistema immunitario efficace in grado di resistere a infezioni batteriche e virali è fondamentale per affrontare pandemie come quella che stiamo vivendo. E per preservarci da quelle future. Uno scenario che evidenzia il ruolo, provato da numerosi studi e ricerche, del glifosato nell’indebolire il nostro sistema immunitario. A partire dalla correlazione ormai assodata tra l’esposizione al glifosato e il rischio di sviluppare il linfoma non Hodgkin – un tumore che parte dai linfociti, cellule principali del sistema immunitario. Secondo numerose evidenze scientifiche – da ultimo una recente ricerca Usa- chi è esposto in maniera elevata e per lunghi periodi a erbicidi contenenti glifosato ha un rischio superiore del 41% di sviluppare questa patologia. Una correlazione d’altronde accertata anche nelle aule di tribunale statunitensi: è costata alla Bayer Monsanto risarcimenti milionari a persone che si sono ammalate di linfoma proprio a causa – hanno affermato i giudici – del glifosato.
 A questo si aggiungono gli effetti negativi – anche questi oggetto di numerosi studi – che il glifosato anche a dosi considerate sicure ha sul microbioma intestinale dei mammiferi (e quindi anche sul sistema immunitario). In pratica sulla comunità microbica presente nel nostro intestino che svolge un ruolo fondamentale nel modulare una serie di funzioni, a partire dalla risposta immunitaria.
Qui entra in gioco l’enzima Epsps. L’azione erbicida del glifosato si basa proprio sull’inibizione di questo enzima che attiva un percorso biochimico noto come percorso shikimate, vitale per la sopravvivenza delle piante. Tuttavia, anche alcuni ceppi di batteri presenti nell’intestino hanno il percorso shikimate, che viene danneggiato dall’inibizione dell’enzima con effetti sullo stato del microbioma.
Al riguardo un gruppo di agricoltori del Missouri ha di recente intentato contro la Bayer Monsanto una class action  – poi risolta dalla multinazionale con il versamento di 39,6 milioni di dollari –chiedendo e ottenendo la correzione nell’etichetta del RoundUp specificando che il prodotto ha effetti anche sull’organismo umano.
tratto da: https://www.cambialaterra.it/2020/05/stop-al-glifosato-per-difenderci-dal-virus/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT

Viaggi: scegliere un turismo senza pesticidi

L’Associazione borghi autentici d’Italia e la rete Città libere dai pesticidi propongono  di visitare nei prossimi mesi le città in Italia che hanno detto stop ai pesticidi, dove la bellezza si unisce alla sostenibilità e al rispetto ambientale.

Viaggi amici dell’ambiente. Fare una scelta ecologica è possibile anche quando si viaggia, utilizzando l’occasione per ripensare i nostri stili di vita e avvicinarci alla natura. Un modo concreto per farlo è visitare quei luoghi che uniscono bellezza e sostenibilità ambientale. Comuni grandi e piccoli che hanno scelto di dire basta all’impiego della chimica di sintesi nelle loro aree verdi.
La proposta viene dall’Associazione borghi autentici d’Italia e dalle Città libere dai pesticidi, rete europea ideata da Pan Europe, che riunisce i Comuni che hanno vietato l’uso dei pesticidi nelle loro aree verdi, per tutelare la salute dei cittadini e proteggere l’ambiente. Città e borghi impegnati in prima linea in progetti di green economy, a supporto di un’economia circolare che ha nel riuso e nel riciclo i suoi punti di forza.
L’Associazione borghi autentici d’Italia e Città libere dai pesticidi propongono un’esperienza completa che mette al centro dei viaggi l’ambiente: percorsi pedonali e ciclabili, arte, cultura, accoglienza e, in molti casi, iniziative legate a prodotti biologici a chilometro zero. Una proposta che acquista particolare importanza in queste mesi di pandemia che hanno reso ancora più evidente la fragilità degli equilibri ambientali del pianeta e la necessità di preservarli, agendo concretamente contro la devastazione dei territori e della biodiversità.
Quale proposta per i viaggi 2020? Per esempio a Sorradile, in Sardegna, sarà possibile visitare un giardino che presenta una grande varietà di piante autoctone. A Melpignano, in provincia di Lecce, si potrà incontrare Geo, un asinello tosaerba che tiene in ordine le aiuole e gli spazi pubblici del Comune. Oppure a Fallo in Abruzzo, dove hanno escluso da anni l’utilizzo dei pesticidi, sarà visitabile una riserva naturale dedicata alla lontra.
Un progetto di rilancio del turismo che è andato di pari passo con un legame sempre più stretto tra le due associazioni. “Aderire al network delle Città libere dai pesticidi è stata una scelta in linea con la centralità che nei borghi autentici assumono le pratiche di sostenibilità ambientale, l’attenzione alla qualità della vita delle persone che li abitano e una convinta strategia per il contrasto al cambiamento climatico”, afferma Rosanna Mazzia, presidente dell’Associazione borghi autentici d’Italia.
tratto da: https://www.cambialaterra.it/2020/05/viaggi-scegliere-un-turismo-senza-pesticidi/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT

COMUNICATO: I veleni in agricoltura portano all’estinzione delle api e dell’umanità - Vandana Shiva


“La protezione delle api è un dovere ecologico, portarle all'estinzione è un crimine ecologico.
Una minaccia per le api è una minaccia per l'umanità”
Di Vandana Shiva, Presidente di Navdanya International
"Se l'ape sparisse dalla faccia della terra, all'uomo resterebbero solo quattro anni di vita".
- Maurice Maeterlinck, The Life of the Bee[1]
Negli ultimi 50 anni i prodotti agrotossici sono stati diffusi ovunque e stanno portando le api verso l'estinzione. Le scelte che l'umanità ha di fronte sono chiare, operare per un futuro senza veleni

 che salverà le api, i contadini, il nostro cibo e l'umanità oppure continuare a servirsi di veleni in agricoltura, mettendo a repentaglio il nostro futuro comune, procedendo alla cieca verso l'estinzione grazie all'arroganza con la quale si pensa di poter sostituire le api con l'intelligenza artificiale e i robot. "Le api robotiche potrebbero impollinare le piante in caso di una apocalisse di insetti", riporta un recente titolo del Guardian, che riferisce come gli scienziati olandesi "credono di poter creare sciami di droni simili alle api per impollinare le piante quando i veri insetti saranno estinti".[2] [3]

"In 15 anni prevediamo una crisi in cui non ci saranno abbastanza insetti al mondo per l'impollinazione e la maggior parte delle nostre vitamine e dei nostri frutti non ci saranno più", ha detto Eylam Ran, Amministratore Delegato di Edete Precision Technologies for Agriculture. La sua azienda afferma che “il suo impollinatore artificiale può incrementare il lavoro delle api e, in ultima analisi, sostituirle. Il sistema rispecchia il lavoro dell'ape da miele, iniziando con una raccolta meccanica del polline dai fiori e terminando con una distribuzione mirata che utilizza i sensori LIDAR, la stessa tecnologia utilizzata in alcune auto a guida automatica".[4]
Ma non ci sono sostituti per la biodiversità dell’ecosistema e per i doni delle api. Ogni cultura, ogni fede ha visto le api come maestre - capaci di dare, di creare abbondanza, di creare il futuro delle piante attraverso l'impollinazione, e di contribuire alla nostra sicurezza alimentare e al nostro benessere. La generazione di semi di oggi si trasforma in quella successiva solo grazie al dono offerto dall'impollinatore. Le ricerche di Navdanya hanno dimostrato che più del 30% del cibo che mangiamo è prodotto da api e impollinatori.
L'economia della natura è un’economia di dono. In ogni tradizione l'ape è stata esemplificata come maestra del dono. I testi buddisti sottolineano che da una moltitudine di esseri viventi, le api e altri animali impollinatori prendono ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere senza danneggiare la bellezza e la vitalità della loro fonte di sostentamento. Per gli esseri umani, agire alla maniera delle api è una manifestazione di vita compassionevole e consapevole.
San Giovanni Crisostomo ha scritto: "L'ape è più onorevole degli altri animali, non perché lavora, ma perché lavora per gli altri" (12ª Omelia). Nella tradizione islamica, il 16° capitolo del Corano si intitola "L'Ape".  Questo capitolo è noto per essere la rivelazione di Dio. Nella tradizione indù, c'è una meravigliosa citazione nella scrittura Srimad Mahabhaghavatam che recita: "Come un'ape che raccoglie miele da tutti i tipi di fiori, i saggi cercano ovunque la verità e vedono solo il bene in tutte le religioni".
Assieme come specie diverse e culture diverse e attraverso un' agricoltura e un'alimentazione ecologica senza veleni, rigeneriamo la biodiversità dei nostri impollinatori e ripristiniamo la loro sacralità. Abbiamo il potere creativo di fermare la sesta estinzione di massa e la catastrofe climatica senza la necessità di false soluzioni tecnocratiche.
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[1] Maurice Maeterlinck è un Premio Nobel belga https://www.nobelprize.org/prizes/literature/1911/maeterlinck/biographical/


[2] https://gmwatch.org/en/news/latest-news/18543


[3] https://seedfreedom.info/wp-content/uploads/2018/11/The-Future-of-Our-Daily-Bread-_-LowRes-_-19-11-2018-REVISED.pdf


[4]  https://www.reuters.com/article/us-earth-day-israel-machinepollination/with-bees-on-decline-mechanical-pollination-may-be-solution-idUSKBN22210K


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Ufficio Stampa Navdanya International
tel. 328 6334318 – 329 8622125
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Breve scheda informativa
  • Esistono oltre 20.000 specie di api di cui l'ape domestica è solo una. Sono tutte impollinatrici e sono responsabili della maggior parte dell'impollinazione delle colture.1
  • La maggior parte degli impollinatori sono selvatici, ma alcune specie di api possono essere gestite, come le api da miele (Apis mellifera, Apis cerana), alcuni calabroni e alcune api solitarie.1
  • Mosche, vespe, falene, tarme, coleotteri e pipistrelli, per citarne alcuni, rappresentano anch'essi impollinatori vitali, in quanto impollinano ciascuno diversi tipi di colture.
  • L'ape e gli altri impollinatori sono simboli del dono della natura, della cooperazione, della diversità e delle relazioni simbiotiche necessarie alla vita.
  • Gli impollinatori producono un terzo del cibo che mangiamo.
  • Le api mellifere impollinano 71 delle 100 colture più comuni che rappresentano il 90% dell'offerta alimentare mondiale.1
  • Secondo la FAO, il 75% dei principali tipi di colture alimentari mondiali dipende dagli impollinatori.1
  • A livello globale, il contributo delle api alla produzione di colture è stato stimato in 200 miliardi di dollari. 
  • Esse ci forniscono cibo, noi forniamo loro cibo. Questa è la reciprocità, la legge del ritorno, l'economia circolare reale. Senza impollinatori, la maggior parte delle piante non si riprodurrebbe, e senza la riproduzione delle piante, il nostro approvvigionamento alimentare sarebbe a rischio.1
Il problema:
  • La trasformazione dell'uso del suolo a causa dell'intensificazione delle attività agricole e dell'espansione urbana è uno dei principali fattori di perdita di impollinatori, soprattutto quando le aree naturali, che forniscono risorse per il foraggiamento e la nidificazione, sono degradate o scompaiono.1
  • I pesticidi, come definiti dalla FAO, sono "qualsiasi sostanza, o miscela di sostanze, di ingredienti chimici o biologici destinati a respingere, distruggere o controllare qualsiasi parassita o a regolare la crescita delle piante". Il termine è usato genericamente per indicare tutte le sostanze che interferiscono, ostacolano o distruggono gli organismi viventi, siano essi microrganismi, virus, muffe, funghi, insetti, "erbacce" e soprattutto impollinatori.2
  • Queste sostanze chimiche sono soggette a bioaccumulo, con conseguente avvelenamento a lungo termine degli organismi umani e delle api.2
  • I sistemi alimentari industriali hanno distrutto la biodiversità del pianeta sia con la diffusione delle monocolture, sia con l'uso di sostanze tossiche e veleni come pesticidi, erbicidi e fertilizzanti chimici che stanno uccidendo api, farfalle, insetti e uccelli, provocando la sesta estinzione di massa.2,3
  • Gli impollinatori sono stati decimati a causa delle super tossine ad alto dosaggio nelle colture Bt, come il cotone Bt.3
  • Anche la quantità, la diversità e la salute degli impollinatori è a rischio a causa di una serie di altri fattori, tra cui il cambiamento climatico, le specie invasive e le malattie e gli agenti patogeni emergenti.1
  • Il collasso globale del numero di insetti è una minaccia per quasi tutte le altre specie del pianeta, poiché gli insetti fungono da fonte primaria di cibo per migliaia di specie animali.
  • Le multinazionali stanno promuovendo la nozione di impollinazione robotica, laddove api robotiche, simili a droni, sono progettate per impollinare le piante oppure l’idea di creare api geneticamente modificate che si suppone siano resistenti ai pesticidi. Queste sono soluzioni false, perché causerebbero un inquinamento massiccio e costi di smaltimento enormi, e non risolverebbero il problema di fondo di un modello agricolo fallimentare.7
Soluzioni e azioni:
  • Le aziende agricole basate sulla biodiversità rappresentano dei santuari per tutti i tipi di impollinatori, essendo necessari diversi impollinatori per le diverse colture.
  • La biodiversità delle piante consente di controllare i parassiti attraverso le relazioni tra gli insetti e i loro predatori.3
  • La Legge del Ritorno, della restituzione alla Terra, ha fatto sì che le società creassero e mantenessero la trama della vita, comprese le api, e che potessero avvalersi della biodiversità nel corso di migliaia di anni. La sicurezza alimentare dipende dalla protezione delle api.1
  • Le popolazioni sane di impollinatori selvatici aumentano le rese in modo significativo. Questo viene mantenuto solo attraverso la coltivazione di colture biodiverse.1
  • Il miglioramento della diversità degli habitat all'interno del paesaggio e il coinvolgimento di habitat non agricoli hanno dimostrato di mitigare la perdita di impollinatori, di aumentarne il numero e di migliorare i servizi ecosistemici.1
  • Nel novembre 2019, un'ampia alleanza di ONG, iniziative del settore agricolo, movimenti di base, associazioni di apicoltori e scienziati di tutta Europa, sostenuta da una rete di organizzazioni della società civile, si è riunita nell'Iniziativa dei cittadini europei (ICE) "Salviamo le api e agricoltori". Lo scopo è quello di ottenere un cambiamento di paradigma nell'agricoltura europea che consenta alle api e agli agricoltori di prosperare in un ambiente sano.4
  • Elementi del paesaggio come alberi, corsie di fiori selvatici e siepi fungono da habitat in cui insetti, uccelli, lucertole e molti altri animali si nutrono, si riproducono e trovano rifugio, tra cui anche quelli benefici che impollinano le colture o combattono i parassiti.Elementi del paesaggio come alberi, corsie di fiori selvatici e siepi fungono da habitat in cui insetti, uccelli, lucertole e molti altri animali si nutrono, si riproducono e trovano rifugio, tra cui anche quelli benefici che impollinano le colture o combattono i parassiti.5
  • La promozione della coltivazione di varietà leguminose che attirano le api, come lenticchie, ceci, fagioli e così via, va a beneficio della biodiversità, del suolo e degli agricoltori. Nell'agricoltura senza pesticidi, le leguminose che attraggono le api svolgono un ruolo fondamentale: forniscono il mangime per gli insetti benefici e allo stesso tempo arricchiscono i terreni in azoto, fertilizzando così naturalmente i terreni e promuovendo suoli vitali.5
  • Le praterie sono habitat importanti per le api e gli impollinatori. I prati sfruttati in modo intensivo ed eccessivo limitano la disponibilità di foraggio per le api e per gli altri insetti e riducono la diversità dell'ecosistema. La gestione estensiva delle praterie, senza pesticidi e fertilizzanti chimici, è una misura che può migliorare rapidamente la biodiversità.5
  • Insieme, come specie diverse e culture diverse e attraverso l'agricoltura e l'alimentazione ecologica senza veleni, che offre soluzioni per il clima e rigenera la biodiversità, abbiamo il potere creativo di fermare la sesta estinzione di massa e la catastrofe ecologica.6
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  1. The Future of our Daily Bread: Regeneration or Collapse
  1. Manifesto 
    Food for Health
  1. Il Futuro del cibo – Biodiversità e agroecologia per un’alimentazione sana e sostenibile
  1. Salviamo api e agricoltori – Iniziativa dei Cittadini Europei
  1. Annex to the European Citizens' Initiative “Save bees and farmers! Towards a Bee-friendly agriculture for a healthy environment

  1. Per un cibo e un’agricoltura liberi da veleni entro il 2030

  1. Robotic bees for crop pollination: Why drones cannot replace biodiversity

(Antico dipinto realizzato da Maria-Anne Leopoldine Preindlsberger - 1855 -1927)

Lo stretto legame tra pesticidi e celiachia


Un recente studio dimostra come l’esposizione alle sostanze tossiche contenute nei fitofarmaci e anche nel teflon aumenta fino a 9 volte il rischio di diventare celiaciL’esposizione ai pesticidi aumenta il rischio di celiachia da cinque a nove volte nei giovani, in particolare tra le donne. Per la prima volta uno studio – condotto dall’Università NYU Grossman School of Medicine Langone e pubblicato sulla Environmental Research – ha stabilito l’esistenza di un legame misurabile tra l’esposizione ambientale a sostanze chimiche tossiche presenti nei pesticidi, nelle pentole antiaderenti e nei ritardanti di fiamma e il rischio di sviluppare la celiachia. La ricerca ha coinvolto 30 bambini e giovani adulti (dai 3 ai 21 anni) a cui era stata recentemente diagnosticata la celiachia. Sono stati messi a confronto, attraverso l’analisi del sangue, i livelli di alcune sostanze chimiche nel loro gruppo e in quello di un gruppo di controllo formato da 60 giovani non celiaci.

Risultato: le persone che avevano nel sangue alti livelli di sostanze chimiche correlate ai pesticidi avevano maggiori probabilità di sviluppare celiachia.
La ricerca ha anche evidenziato un rischio superiore di sviluppare celiachia per le donne. Per le ragazze un alto livello delle sostanze incriminate fa crescere di otto volte la probabilità di sviluppare intolleranza al glutine.Per i Pfas, contenuti in prodotti come il teflon, il rischio di diventare celiaci sale fino a nove volte.
La celiachia è una malattia su base infiammatoria dell’intestino tenue caratterizzata dalla distruzione della mucosa di questo tratto intestinale.È causata da una reazione autoimmune al glutine, la frazione proteica alcol-solubile di alcuni cereali quali grano, orzo, segale. Attualmente si stima che circa l’1% della popolazione mondiale sia celiaca, soprattutto donne. 
Fino ad oggi si riteneva che le cause della celiachia fossero genetiche. Questo invece è il primo studio che indaga se e in che misura le cause ambientali possano avere un ruolo nello sviluppo di questa patologia.
“Questi risultati sollevano anche un’altra questione: esistono potenziali collegamenti tra questi prodotti chimici e altre malattie autoimmuni intestinali? Sono temi che meritano un attento monitoraggio e ulteriori studi”, ha commentato Jeremiah Levine, docente presso il Dipartimento di Pediatria della New York University Langone.

tratto da: https://www.cambialaterra.it/2020/05/lo-stretto-legame-tra-pesticidi-e-celiachia/?utm_source=Newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterCLT

È il momento di scommettere sulla bicicletta. Perché se non ora… quando?

Ormai è chiaro, la bici potrebbe essere la regina indiscussa di quel cambiamento che abbiamo bisogno di vedere nelle nostre strade e che, nella gestione dell’emergenza da covid-19, è un indispensabile aiuto per muoversi in sicurezza durante la fase 2. Nelle nostre città, in questi due mesi di lockdown, abbiamo avuto una tregua dall’odore persistente dello smog e dal rumore assordante del traffico, come da tempo non ci ricordavamo.
E ora non vogliamo rinunciare a quel miraggio che ci ha come risvegliati. Ed è questo il momento buono per avere il coraggio di modificare il nostro stile di vita, per mettere in atto quelle soluzioni che abbiamo posticipato per troppo tempo. Proprio come la mobilità sostenibile e l’utilizzo di mezzi alternativi all’auto, che rendono evidente che il futuro può andare in una sola direzione.
Partire dalla crisi per cambiare le proprie abitudini. C’è chi non crede sia possibile, chi ci spera, chi lo esige. E c’è chi in passato ci ha creduto e ne è uscito vincente, proprio come ci dimostra l’esperienza dei Paesi Bassi, che furono capaci di rialzarsi dalla crisi energetica che li colpì duramente nei primi anni ’70, quando le decisioni prese dall’Opec (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) condussero ad una impennata dei prezzi e a un’improvvisa interruzione del flusso dell’approvvigionamento di petrolio. In mancanza di carburante, la bicicletta è stata la soluzione su cui il Paese ha scommesso.
Ora, se guardiamo ai Paesi Bassi, rimaniamo meravigliati dalle centinaia e centinaia di biciclette che popolano le strade e le piazze. Sono il risultato positivo di un momento di difficoltà che ci mostra che cambiare si può, reagendo e sfruttando una situazione di crisi per ripensare ai propri sistemi di trasporto.
Prendendo in riferimento l’esempio di Torino, città ai primi posti per inquinamento atmosferico, nei primi giorni della fase 2 i dati rilevati da 5T, azienda che gestisce la Centrale della Mobilità nell’area metropolitana torinese e del Piemonte, illustrano che le centraline hanno riportato un aumento del traffico veicolare del 35%, dovuto principalmente alla ripresa lavorativa,  mentre si denota che il traffico su piste ciclabili è aumentato di quasi 10 volte rispetto alle auto, con un aumento di 335%. Un risultato che fa ben sperare, perchè sono tante, tantissime le persone che credono fortemente in questo cambiamento. 
Tra le decisioni prese dalla giunta comunale, attualmente, c’è quella di adeguare i controviali della città ad un uso prevalentemente ciclabile, dove la velocità massima consentita alle auto sarà di 20 km/h. Parliamo di un totale di 80 km che si suddividono in 27 corsi, molti dei quali sono tra i più trafficati della città.

La decisione è stata presa sulla base delle precedenti richieste dei comitati e delle associazioni ambientaliste locali che vedono nella ciclabilità la chiave di volta per cambiare le nostre abitudini insostenibili, con la consapevolezza che in questa crisi non possiamo non ripartire da qui. Specialmente se parliamo di Torino, dove la cultura dell’automobile ha imperato per decenni e dove reinventarsi mettendo al primo posto la sostenibilità ambientale è una sfida ancora più grande.
Intanto il governo Conte ha approvato questa mattina il “Decreto Rilancio” dopo che, in questi giorni, si è alzata la voce dei vari Movimenti Cicloattivisti che hanno ricordato che le principali Città Metropolitane stanno procedendo speditamente alla costruzione della rete ciclabile d’emergenza ed è importante che lo Stato le supporti in fatto di mobilità sostenibile.
Il decreto contiene attualmente nuove misure come il bonus per l’acquisto di bici classica, a pedalata assistita o a monopattini per i comuni superiori a 50.000 abitanti, ha introdotto la figura obbligatoria del mobility manager per realtà superiori a 100 dipendenti, la definizione di “corsia ciclabile” sulle carreggiate e la “casa avanzata”, una linea di arresto posizionata davanti alle automobili per tutelare i ciclisti. Non tutti i provvedimenti attesi sono stati inclusi nel decreto come ad esempio i soldi e le indicazioni da destinare ai Comuni per la realizzazione delle ciclabili di emergenza per la Fase 2 nonostante in molte città i lavori siano già iniziati.
E’ fondamentale, in questo momento, incentivare l’uso della bici ma anche garantire la sicurezza e la salute dei cittadini e non lasciare isolate le amministrazioni locali ma promuovere una visione comune e sistemica. La cultura della bici la creiamo quando creiamo una cultura dell’uguaglianza e della convivenza. Una città dove le macchine in strada imparano a rispettare e a convivere con la sana “lentezza” delle biciclette è una città che ha imparato a dare valore al rispetto, dove i mezzi a due ruote smettono di essere un ostacolo o un ingombro ma diventano parte di uno stile di vita collettivo. Perchè il vero cambiamento lo facciamo insieme.

tratto da: https://www.italiachecambia.org/2020/05/momento-scommettere-bicicletta-perche-se-non-ora-quando/

Il mondo del bio contro il rapporto EFSA sui rischi da multiresiduo

Le rappresentanze del biologico e le associazioni ambientaliste contestano il rapporto EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) dal titolo “Cumulative dietary risk characterisation of pesticides that have chronic effects on the thyroid”, che minimizza gli effetti sulla salute dei multiresidui.
Il report, riguardante i risultati di due studi pilota retrospettivi su rischi per la salute umana da esposizione cumulativa a multiresiduo di pesticidi per via alimentare, è giunto alla rassicurante conclusione che da tale esposizione non vi sarebbero conseguenze negative per alcuni effetti cronici sulla tiroide e per due effetti acuti sul Sistema Nervoso Centrale (gli unici indagati).
Lo studio affronta un problema di cruciale importanza per la salute pubblica, data la presenza di residui di uno o più pesticidi nel 40,6% degli alimenti, come riportato da EFSA in un  report del 2018,  in cui però non si faceva distinzione fra multiresiduo e singolo residuo. Dagli ultimi controlli eseguiti in Italia il multiresiduo è in aumento, sono presenti più di un pesticida nel 40% dei campioni di frutta e nel 15% delle verdure, con un massimo di 9 diversi pesticidi nelle fragole e 6 nell’uva da tavola.
Le associazioni ISDE, WWF, Legambiente, FederBio, Slow Food, Apab, Aiab, Lipu e Pro Natura ritengono che questo report dell’EFSA sia solo un esercizio di tipo matematico-statistico, costruito su un modello gravemente lacunoso, in cui si è ricercato solo quello che a priori era prevedibile non trovare, senza invece indagare su ciò che la comunità scientifica da tempo segnala. Per le Associazioni il report di EFSA è un grande “castello di carta”, le cui rassicuranti conclusioni non possono essere in alcun modo condivise. Esistono, infatti, numerose criticità sia di ordine generale che metodologico bene evidenziate nel documento di analisi prodotto dalle stesse Associazioni ambientaliste: Considerazioni sul report EFSA “Cumulative dietary risk characterisation of pesticides that have chronic effects on the thyroid”.
“Il report appare, più che uno studio finalizzato a tutelare la salute pubblica, un maldestro tentativo di assoluzione dei pesticidi e dell’attuale modello agricolo dipendente dalle sostanze chimiche di sintesi – dichiarano le Associazioni – la presenza di multiresiduo negli alimenti rappresenta un problema di grande rilievo per la salute pubblica ed è fonte di preoccupazione nella comunità scientifica e nella società civile, specie per gli effetti sulle componenti più sensibili della popolazione come i bambini, anche perché si assiste ad un aumento della percentuale di campioni con multiresiduo e del numero dei pesticidi presenti”.
Le Associazioni evidenziano inoltre che “la letteratura dispone ormai di consolidate conoscenze che attestano i vantaggi per la salute derivanti da una alimentazione biologica il cui incremento comporta riduzione nella incidenza di infertilità, malformazioni, allergie, otite media, ipertensione in gravidanza, sindrome metabolica, elevato indice di massa corporea, linfomi non Hodgkin. La salute dell’uomo non si può disgiungere da quella degli ecosistemi del Pianeta e sempre più si afferma, anche nel mondo accademico un modello agricolo che rigetta l’uso della chimica e si fonda su un paradigma completamente diverso, quello dell’agricoltura biologica che è l’implementazione pratica dei principi dell’Agroecologia”
“In definitiva con questo report, l’EFSA ha perso una buona occasione per recuperare credibilità e riconquistare la fiducia dei cittadini europei, valori già pesantemente offuscati dalla vicenda glifosate e dai pesanti conflitti d’interesse che hanno caratterizzato il percorso autorizzativo dell’erbicida per il suo utilizzo fino al 2022″, scrivono le associazioni – ISDE, WWF, Legambiente, FederBio, Slow Food, Apab, Aiab, Lipu, Pro Natura –  a conclusione del comunicato.

tratto da: https://www.greenplanet.net/il-mondo-del-bio-contro-il-rapporto-efsa-sui-rischi-da-multiresiduo-di-pesticidi/

L’UE per un futuro sostenibile: portare le superfici agricole bio al 25%

La Commissione Europea vuole “riportare la natura nelle nostre vite” e si prepara a varare una serie di obiettivi, da qui al 2030, per invertire la tendenza alla perdita di diversità biologica. Tra questi la proposta di piantare tre miliardi di alberi e intensificare la lotta al traffico di animali selvatici, ma anche destinare il 30% delle terre e il 30% dei mari a aree protette, tagliare l’uso dei pesticidi del 50% e quello dei fertilizzanti del 20%, e aumentare le superfici agricole coltivate con metodo biologico dall’8% ad almeno il 25%. La strategia dovrebbe vedere la luce dopo diversi rinvii, l’ultimo dei quali dovuto alla sospensione dei lavori a causa del Coronavirus. Il documento trae un importante lezione dal propagarsi della pandemia, legata come altri morbi (Sars, Aviaria, Ebola) alle interferenze dell’uomo con la natura. La biodiversità (celebrata il 22 maggio prossimo durante il World Biodiversity Day, ndr) dovrebbe essere “unelemento centrale” del Piano per la ripresa da lanciare contro la crisi economica causata dal Covid-19. Tra gli altri obiettivi annunciati: Piani urbani per il verde in tutte le città con più di 20 mila abitanti entro il 2021 e l’uso del 10% della superficie agricola UE per creare paesaggi ad alta diversità collegati tra loro, in modo da formare infrastrutture verdi. La Commissione punta anche a un buono stato di tutte le acque superficiali e sotterranee entro il 2027. La linea europea, del resto, è già evidente da tempo e ribadita anche dal vicepresidente dell’esecutivo comunitario, Frans Timmermans, nella sua audizione di inizio maggio alla Commissione Agricoltura dell’Europarlamento, quando mettendo fine alla polemica sulla data di presentazione della strategia Farm to Fork, ha rifiutato la richiesta di rinviare ulteriormente le iniziative del Green Deal dell’UE, per concedere più tempo ad altre consultazioni anche con gli agricoltori. Timmermans ha respinto l’idea, espressa da vari europarlamentari, dell’esistenza di una contraddizione tra sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale: “Se vogliamo la sicurezza alimentare a lungo termine, se vogliamo prospettive a lungo termine per il nostro settore agricolo, dobbiamo agire sulla crisi climatica”.

tratto da: https://www.greenplanet.net/riportare-la-natura-nelle-nostre-vite-ecco-il-diktat-ue-per-un-futuro-sostenibile/

LE IENE NEL FOGGIANO TRA CAPORALATO, LAVORO NERO E ASTE A DOPPIO RIBASSO



Il dramma del caporalato e del lavoro nero torna ad essere tristemente protagonista in tv grazie ad un servizio de Le Iene. L’inviato del programma di Italia 1 Gaetano Pecoraro è andato nel Foggiano dove ha mostrato che cosa si nasconde dietro a parte dell’agricoltura locale, partendo da Borgo Mezzanone, una ex pista aeroportuale diventata negli anni un ghetto di duemila braccianti che lavorano anche dodici ore al giorno, a 3-4 euro l’ora, in nero, raccogliendo ortofrutta, dai pomodori ai carciofi, e vivendo in condizioni disumane.
Pecoraro ha intervistato lavoratori sfruttati, imprenditori onesti e disonesti, facendo emergere un quadro drammatico delle condizioni di lavoro e di vita dei braccianti, schiacciati da un sistema che sembra non offrirgli possibilità.
Gli immigrati nel servizio de Le Iene denunciano lo sfruttamento ricordando come senza il loro lavoro la frutta e la verdura non arriverebbe sugli scaffali dei supermercati, che in questo periodo di emergenza da CovId-19 hanno visto aumentare sensibilmente la domanda di generi alimentari, ortofrutta compresa. “Se noi siamo puliti anche voi mangiate cose pulite”, racconta per esempio Alaj, che da 11 anni vive in condizioni a dir poco precarie, lavorando anche oltre 300 giorni all’anno. Tutti chiedono paghe dignitose, un contratto, abitazioni e il riconoscimento delle giornate lavorative. “Senza di noi, voi non potete mangiare”, spiegano i braccianti rivolgendosi agli italiani.
Una situazione molto problematica, confermata dal procuratore capo di Foggia Ludovico Vaccaro, che è al lavoro nella lotta al caporalato e allo sfruttamento della manodopera formata da immigrati costretti a lavorare senza contratto e tutele.
Interviene anche la ministra Teresa Bellanova che, oltre a insistere sulla lotta al caporalato e alla tutela anche dei lavoratori immigrati sfruttati, si dice favorevole ad approvare la norma contro le aste a doppio ribasso, che non sono ancora illegali, e contraria alla concorrenza sleale.
Nella seconda parte del servizio, oltre alle truffe ai danni dell’Inps rivelate da un testimone anonimo, un imprenditore racconta come ha denunciato il sistema della aste a doppio ribasso esercitate sui produttori dalla grande distribuzione. Un meccanismo che finisce per piegare il settore fino allo sfruttamento del bracciante, vittima finale del sistema. (e.z.)

Qui il servizio completo de Le Iene

SALTATA Domenica 17 maggio la Festa dell'iris a Campiano

In alta Val Tramigna (Campiano) e Val d’Illasi, zona collinare fino a Badia Calavena compresa, le famiglie contadine coltivavano l’Iris nelle zone marginali dei terreni agricoli, quelle non adatte per i cereali o altre primarie colture. Era una coltivazione che dava un’integrazione al reddito famigliare. 
Ne utilizzavano i rizomi, che venivano poi lavorati nelle corti agricole soprattutto dalle donne, anche i bambini partecipavano, e gli anziani. 
I rizomi venivano sbucciati con particolari roncole, lavati e poi, infilati a corde e a file, appesi ad asciugare per otto/dieci giorni. Posti nei granai a terminare l’asciugatura (non dovevano formarsi muffe da umidità) e una volta belli asciutti venivano messi in sacchi, pronti per la vendita e la 
consegna ai mediatori e commercianti, soprattutto al mercato autunnale a Badia Calavena. Fino ai primi anni ’80 del secolo  scorso, poi è subentrata la crisi, per un insieme di diverse cause. La coltivazione, comunque, non è mai stata abbandonata del tutto, vi sono alcune aziende agricole che 
ancora la portano avanti, avendo trovato un mercato di nicchia, anche internazionale, per la qualità del prodotto, che permette di continuare la produzione.
Il nome locale per indicare le piante d’Iris è “Gadoi”, o anche “Riosse”. Nomi di derivazione latina il primo (dalla forma delle foglie che ricordano un gladio, la corta spada romana) e “Riosse” per la deformazione parlata di Ireos, o Iris, di antica origine greca. 
I rizomi d’Iris sono conosciuti e utilizzati fin dall’antichità’ (greci, egizi, romani) per la produzione di “unguentes”, cioè profumi, e anche per alcune utilizzazioni a scopo medicinale. I rizomi essiccati hanno bisogno di “riposare” all’asciutto per ben tre anni per poter sviluppare al loro interno delle sostanze, gli ironi, alle quali è dovuto il loro caratteristico profumo che ricorda la viola con note particolari, di legno e anche fruttate, per il quale vengono utilizzati dall’industria profumiera, cosmetica e liquoristica. L’Iris viene utilizzato per profumi d’alta gamma, anche per una particolare proprietà dell’olio essenziale ricavato, cioè la capacità fissativa nella composizione 
con altre essenze. Il costo è alto, infatti. Vanno utilizzati i rizomi di tre anni, levati da terra e puliti (molto lavoro manuale) e poi altri tre anni per la formazione degli “ironi”, poi la macinatura, la riduzione in polvere d’iris, l’estrazione dell’olio essenziale, fino ad arrivare al top dell’essenza: la “suprema”, tramite un processo di distillazione per separarne l’acido miristico che dà una consistenza di “burro” bianco all’olio essenziale, a temperatura ambiente, estratto per primo. 
Questo, in breve. Vi è ancora storia, sopratutto sul fiore, sulle specie utilizzate, sugli altri usi, ecc., ma mi fermo qui al momento.

Per quanto riguarda la Festa dell’Iris (di Campiano), ha una pagina su Facebook, con molte foto degli anni precedenti.
Qui sotto ho allegato alcune foto, dei primi anni ’70, di storiche lavorazioni famigliari dei “gadoi” a Campiano/Cazzano di Tramigna, e una foto del piccolo paesino di 
Campiano, in alto, circondato da iris in fiore.

Laura Golinelli

Caro Sindaco. ... lettera da "Gli amici delle api".

L'Associazione Terra Viva riporta una lettera pubblicata da "Veramente.org" firmata genericamente "Gli amici delle api".
Teniamo a precisare che il tema api è di grande attualità ed importanza e per questo è stato riportato anche questo punto di vista. Teniamo a precisare inoltre che apprezziamo e condividiamo gli sforzi che il comune di Negrar ha compiuto e compie per cercare di difendere l'ambiente in generale e le api. In particolare approviamo e sosteniamo la scelta di diventare "Comune amico delle api" sperando che ciò sia davvero un contributo al miglioramento dell'ambiente. I fatti ci diranno.
Terra Viva


Caro Sindaco,
in questi difficili giorni di pandemia sui tabelloni elettronici dell'Amministrazione comunale è stata data la bella notizia che Negrar di Valpolicella diventa Comune Amico delle Api. 
Se andiamo sul sito ufficiale del Comune la notizia è riportata con data 20 aprile:
"La Giunta Comunale ha approvato il provvedimento di ADESIONE ALLE INIZIATIVE DEI . Si tratta di un progetto COFINANZIATO DALLA COMUNITA' EUROPEA che punta a promuovere a 360 gradi l'attività degli apicoltori:
- perchè le api salvaguardano la biodiversità;
- perchè migliorano la sicurezza alimentare;
- perchè sviluppano il benessere socio - economico di ogni comunità".

Caro Sindaco, ma quanti perché. Perché uno, perché due, perché tre. Quante cose sanno fare le api!
E gli uomin? Che fanno? Perché delegare alle api compiti che spetterebbero a tutti noi?
Non dovremo essere noi a salvaguardare la biodiversità, la sicurezza alimentare, il benessere socio-economico di ogni comunità?
Le api ne hanno già abbastanza di lavoro da fare per poter sopravvivere e riprodursi in un ambiente iper antropizzato com'è il nostro territorio, sempre più ostile a loro.
Come si legge sul sito del Comune di Negrar di Valpolicella, le virtù delle api viste con gli occhi degli uomini sono innumerevoli. Per le api forse non è lo stesso. Le api facevano quello che fanno ben prima che la nostra comparsa sul pianeta mettesse in dubbio la loro sopravvivenza. E continueranno a farlo, continueranno a sopravvivere e a riprodursi anche in nostra assenza, sempre che la scomparsa della nostra specie non sia anche la causa della loro sparizione.
Le api, lo sappiamo, così come le altre specie vegetali e animali, vivono tranquillamente anche senza di noi. La nostra specie nell'economia dell'evoluzione non ha poi tutta quell'importanza che si arroga, se non, negativamente, per la distruzione delle altre specie.
Ma torniamo a bordo. Allora, Negrar di Valpolicella diventa amico delle api. E prima? Che è successo alle api di Negrar di Valpolicella prima di questa lieta notizia? Nessuno lo sa. Lo sanno invece gli apicoltori. Purtroppo lo sa anche chi in questa prima decade di maggio 2020, quando la notizia di Negrar Amico delle Api ha iniziato a girare, ha assistito a una improvvisa moria di api.
Che ci sia ancora lo zampino degli uomini?
Torniamo a Negrar e alla lieta notizia. Finalmente d'ora in poi Negrar diventerà amico delle api. Di quelle decimate a centinaia e a migliaia negli anni passati per scelte economiche scellerate nessuno parla. È troppo pericoloso parlarne. Troppo compromettente. Chi dovrebbe pagare i danni che le api hanno subito a causa di una vignettizzazione che ha distrutto centinaia di ettari di boschi e praterie e sparso nell'aria una quantità impressionante di veleni?
Nessuno dice niente.
Forse le statistiche delle api morti? Forse quelle degli uomini morti chi per questo e chi per quel tumore?
Nessuno dice niente.
Chi dovrebbe prendere la parola? Viene il sospetto che la news "Negrar di Valpolicella diventa amico delle api" sia un nuovo slogan con velleità ecologistiche, sì, ma ipocrite, buono per raccogliere consenso, ma che nella realtà dei fatti è solo fumo negli occhi. Basta girare per i campi in questi giorni di trattamenti dei vigneti, trattamenti massicci che non conoscono orari, in barba al regolamento che vale solo per l'altro, mai per se stessi e che comunque nessuno controlla. Ora a dominare è il covid-19, trattamento in più trattamento in meno, cosa cambia?
E le nostre api, di cui siamo diventati finalmente amici, quei veleni nell'aria non lo respirano forse come facciamo anche noi che api non siamo? Come possiamo dirci amici delle api se, in mancanza di un senso di responsabilità individuale per l'ambiente, nessuno va mai per i campi a controllare e a multare chi usa in maniera irresponsabile la chimica e ammazza le api? E se fosse finalmente la volta buona?
La bella notizia c'è. Ci rallegra il cuore che il Comune di Negrar sia diventato amico delle api. Negrar ha veramente deciso di diventare amico delle api? Se così fosse, perché non incominciare con dare una medaglia al valore alle api che ancora sopravvivono qui sul nostro territorio? Perché non portare una corona di fiori alle api cadute letteralmente sui campi?
Viene naturalmente da pensare che chi ama un amico, di una vera amicizia, non di un'amicizia digitale, come quella che siamo tristemente abituati a trovare sul mercato, dicevamo appunto che chi ama un amico in primo luogo lo rispetta e, se sta male, se ne prende gratuitamente cura, senza voler nulla in cambio. Un amico non fa calcoli. Non accontenta cani e porci pur di essere amico di tutti. Perché amici di tutti, soprattutto quando questi tutti sono realtà economiche che vedono la tutela dell'ambiente solo come ostacolo al raggiungemento del proprio profitto, non si può essere. Non si può essere amici delle api e anche amici di chi le api le ammazza con i veleni. Allora per essere amici delle api, caro Sindaco, bisogna avere la forza di decisioni coraggiose, di dire le cose come stanno e di smetterla di menare il can per l'aia come si è sempre fatto nel comune di Negrar di Valpolicella, magari dando un colpo al cerchio e uno alla botte.
Vogliamo diventare veramente amici delle api?
Bene. Allora decidiamo da che parte stare. Tertium non datur.

Gli amici delle api.




Deliberazione della Giunta Regionale n. 1082 del 30 luglio 2019.
https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=400076

Approvazione dei nuovi Indirizzi regionali per un corretto impiego dei prodotti fitosanitari e dei requisiti minimi aggiornati di Proposta di regolamentazione comunale/intercomunale per l'utilizzo dei prodotti fitosanitari, in applicazione del Piano di Azione Nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (DM 22 gennaio 2014), e delle DGR n. 380 del 28 marzo 2017 e n. DGR n. 1820 del 4 dicembre 2018.

XXVIII. Sanzioni e azioni di controllo.
1. Le violazioni delle norme sul corretto acquisto, utilizzo e detenzione dei prodotti fitosanitari sono sanzionate secondo le disposizioni legislative e normative che regolamentano la materia.
2. Qualora l'utilizzo dei prodotti fitosanitari risulti lesivo dell'incolumità o del rispetto ambientale deve essere segnalato alle autorità (Sindaco, Aziende, ULSS, etc..) competenti per territorio per i necessari provvedimenti.
3. Fatto salvo quanto previsto dalla normativa specifica di settore e qualora il fatto non costituisca reato le violazioni alle norme del presente Regolamento, secondo quanto disposto dalla DGR n. 1133/2017, sono accertate da:
- il Servizio regionale di vigilanza di cui alla legge regionale 30 dicembre 2016, n. 30 "Collegato alla legge di stabilit regionale 2017";
- le ULSS competenti per territorio;
- l'AVEPA nell'esercizio delle proprie unzioni;
- gli Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria.
4. Per l'accertamento delle violazioni e l'applicazione delle sanzioni, così come per le contestazioni avverso le sanzioni comminate si osservano le disposizioni e le procedure stabilite dalla normativa vigente. In particolare la DGR n.1133/2017, nell'allegato A, ha approvato il modello di verbale di accertamento e contestazione da utilizzare in Sede di controllo, nonché le seguenti modalità da attivare per la trasmissione del verbale di accertamento, contestazione e notifica:
- venga trasmesso al Sindaco competente per territorio copia del verbale di accertamento e contestazione di illecito amministrativo;
- entro 30 giorni dalla data di contestazione e notificazione il trasgressore possa presentare scritti difensivi o chiede di essere sentito dal Sindaco stesso;
- il Sindaco, valutate le motivazioni difensive, ha facoltà di inviare ordinanza relativa all'ingiunzione o all'archiviazione in base all'art. 18 della legge 689/1981;
- qualora l'Uicio accertatore non riceva comunicazione di avvenuto pagamento, trascorsi 60 giorni dalla notifica, lo stesso Ufficio provvederà ad inviare rapporto scritto al Sindaco, in base all'art. 17 della legge 689/1981;
- il Sindaco, ricevuto il rapporto, dovr emettere ordinanza di pagamento della sanzione;
- venga dato annualmente (entro 31 dicembre) riscontro alla Regione Veneto Î Direzione Agroambiente, Caccia e Pesca, mediante una relazione dettagliata sulle attivit di controllo svolte e sulle sanzioni emesse, così come stabilito al punto 5) del deliberato della DGR n. 1133/2017.

tratto da: https://www.veramente.org/it/notizie/2020-fitoarmaci-api-valpolicella.html