Ne utilizzavano i rizomi, che venivano poi lavorati nelle corti agricole soprattutto dalle donne, anche i bambini partecipavano, e gli anziani.
I rizomi venivano sbucciati con particolari roncole, lavati e poi, infilati a corde e a file, appesi ad asciugare per otto/dieci giorni. Posti nei granai a terminare l’asciugatura (non dovevano formarsi muffe da umidità) e una volta belli asciutti venivano messi in sacchi, pronti per la vendita e la
consegna ai mediatori e commercianti, soprattutto al mercato autunnale a Badia Calavena. Fino ai primi anni ’80 del secolo scorso, poi è subentrata la crisi, per un insieme di diverse cause. La coltivazione, comunque, non è mai stata abbandonata del tutto, vi sono alcune aziende agricole che
ancora la portano avanti, avendo trovato un mercato di nicchia, anche internazionale, per la qualità del prodotto, che permette di continuare la produzione.
Il nome locale per indicare le piante d’Iris è “Gadoi”, o anche “Riosse”. Nomi di derivazione latina il primo (dalla forma delle foglie che ricordano un gladio, la corta spada romana) e “Riosse” per la deformazione parlata di Ireos, o Iris, di antica origine greca.
I rizomi d’Iris sono conosciuti e utilizzati fin dall’antichità’ (greci, egizi, romani) per la produzione di “unguentes”, cioè profumi, e anche per alcune utilizzazioni a scopo medicinale. I rizomi essiccati hanno bisogno di “riposare” all’asciutto per ben tre anni per poter sviluppare al loro interno delle sostanze, gli ironi, alle quali è dovuto il loro caratteristico profumo che ricorda la viola con note particolari, di legno e anche fruttate, per il quale vengono utilizzati dall’industria profumiera, cosmetica e liquoristica. L’Iris viene utilizzato per profumi d’alta gamma, anche per una particolare proprietà dell’olio essenziale ricavato, cioè la capacità fissativa nella composizione
con altre essenze. Il costo è alto, infatti. Vanno utilizzati i rizomi di tre anni, levati da terra e puliti (molto lavoro manuale) e poi altri tre anni per la formazione degli “ironi”, poi la macinatura, la riduzione in polvere d’iris, l’estrazione dell’olio essenziale, fino ad arrivare al top dell’essenza: la “suprema”, tramite un processo di distillazione per separarne l’acido miristico che dà una consistenza di “burro” bianco all’olio essenziale, a temperatura ambiente, estratto per primo.
Questo, in breve. Vi è ancora storia, sopratutto sul fiore, sulle specie utilizzate, sugli altri usi, ecc., ma mi fermo qui al momento.
Per quanto riguarda la Festa dell’Iris (di Campiano), ha una pagina su Facebook, con molte foto degli anni precedenti.
Qui sotto ho allegato alcune foto, dei primi anni ’70, di storiche lavorazioni famigliari dei “gadoi” a Campiano/Cazzano di Tramigna, e una foto del piccolo paesino di
Campiano, in alto, circondato da iris in fiore.
Laura Golinelli