CONTRO L'OBBLIGO DI PESTICIDI SARÀ DISOBBEDIENZA

Documento congiunto sottoscritto da aziende agricole, associazioni e cittadini, contro le previsioni del decreto Martina sui trattamenti fitosanitari obbligatori


L'obbligo di utilizzo di pesticidi nella Puglia meridionale è un'offesa all'intelligenza, oltre che una minaccia seria per la salute delle persone, degli animali e dell'ambiente in generale. Non è questione solo di agricoltura, ma soprattutto di sanità pubblica.

Associazioni, apicoltori e aziende bio pugliesi che praticano agricoltura naturale, supportate da numerose realtà extraregionali e da migliaia di cittadini delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, contestano duramente le disposizioni del decreto del ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina del 6 aprile scorso e avviano una campagna di disobbedienza. Il provvedimento che ha resuscitato una delle più controverse disposizioni del vecchio piano del commissario straordinario per l'emergenza Xylella Giuseppe Silletti, reintroducendo l'obbligo di due trattamenti chimici da maggio ad agosto e di altri due nel periodo successivo fino a dicembre (quattro all'anno, dunque) è inaccettabile. Trattamenti non più “fortemente raccomandati” ma cogenti, sanzionabili anche con multe salate, che dovranno svolgere tutti i proprietari di fondi, compresi gli enti pubblici, su tutto il territorio, da Santa Maria di Leuca fino alle soglie della provincia di Bari.
Chi ha previsto ciò immaginando di combattere così il Philaenus spumarius, l'insetto ritenuto il vettore principale del batterio Xylella fastidiosa su ulivi e piante ospiti, non ha tenuto affatto conto (o forse sì?) della pesante esposizioni a sostanze chimiche a cui sarà costretta l'intera popolazione, compresi bambini e donne incinte. E ha ignorato che il batterio è presente solo nel 2% degli alberi colpiti dal disseccamento e che quindi uccidere l’insetto vettore è una mossa del tutto discutibile per contrastare il disseccamento, ma letale per l’ambiente e per tutti gli esseri viventi.
Questa terra ha una salute già fortemente compromessa e non lasceremo che venga avvelenata ancora di più. Perché, non volendo arrivare a pensare che ci sia dolo, di certo si sta agendo con molta colpa, ignorando dati epidemiologici già impressionanti e che sono arcinoti a tutti, in primis alle istituzioni. Chi vive in questo territorio e ne conosce l'affanno non permetterà che questo accada.
Sono tante le ombre del decreto Martina, «indifendibile e privo di ratio», come lo ha definito lo stesso entomologo che ha individuato l'insetto vettore, Francesco Porcelli. Il danno che si rischia di provocare è molto più vasto delle presunte utilità che si professano (tra l’altro, tutte difficilmente comprovabili).
Tra i pesticidi che dovrebbero essere utilizzati, tra l'altro, ce ne sono anche a base di Imidacloprid, principio attivo che una decisione approvata dall’Ue il 27 aprile scorso, con il voto favorevole della stessa Italia, ha vietato per tutti gli usi esterni, non in serra, in quanto ritenuto tra i maggiori responsabili del fenomeno della moria delle api.
Inoltre, il decreto ministeriale, che recepisce la Decisione UE/789/2015 e successive modifiche, introducendo l'obbligo di pesticidi compie una innovazione normativa che non ha fondamento alcuno nelle decisioni di esecuzione comunitarie. Queste e altre argomentazioni più squisitamente giuridiche saranno ampiamente affrontate dinanzi al Tar Lazio.
Nessuno pensi di poter provare a spacciare per acqua fresca l'impiego smisurato di fitofarmaci. Conosciamo gli effetti dell'esposizione a queste sostanze, da anni documentati da autorevoli studi dell'Organizzazione mondiale della sanità e non solo.

Nessun passo indietro verrà fatto, dunque, men che meno di fronte alle rassicurazioni dell'assessore regionale all'Agricoltura, Leonardo Di Gioia, le cui dichiarazioni sono incommentabili. «Risultano infondate le polemiche circa un uso indiscriminato, improprio o anomalo di prodotti chimici nocivi all’ambiente», ha detto Di Gioia. Come lo definirebbe lui l'obbligo di quattro trattamenti chimici all'anno praticamente dappertutto, dalle campagne delle aziende agricole ai cigli stradali, dalle aiuole cittadine agli appezzamenti ad uso domestico? Noi lo definiremmo una bomba chimica che si prepara ad essere sganciata su questo territorio.
Fino a quando non ci sarà una modifica, messa nero su bianco, delle misure fitosanitarie previste, fino a quando l'imposizione non sarà stralciata e non verrà reso possibile l'impiego di sostanze utilizzabili (e non introvabili) anche in agricoltura bio, si andrà avanti a tutti i costi.
È per questo che aziende agricole, associazioni e cittadini chiedono con urgenza alle istituzioni preposte, la convocazione di un tavolo tecnico con esperti del settore in cui si spieghi, punto per punto, quali sono le prove scientifiche dell’efficacia dei trattamenti - che andrebbero ad avvelenare ulteriormente un territorio fortemente provato - dimostrando, dati alla mano, che gli stessi non avranno conseguenze sulla salute pubblica.
Finché azioni così impattanti saranno imposte per legge e finché queste azioni avranno ricadute esterne sull’intera comunità, la società civile non dovrà essere considerata spettatore inerme né interlocutore di secondo piano. I cittadini, al pari degli agricoltori, sono pienamente coinvolti nelle ricadute negative di questa faccenda e pretendono di essere ascoltati e tutelati, come prevede la Costituzione italiana. Si ricorda anche che l’ISDE Italia, l’associazione dei medici per l’ambiente, si è detta fortemente preoccupataper quanto sta succedendo e per i comprovati rischi per la salute.
Il bene primario da tutelare non è la difesa di un'agricoltura tossica, ma della salute!
La rete supporterà e promuoverà i ricorsi giudiziari che si stanno predisponendo, e avvierà una capillare campagna di informazione tra i cittadini, per illustrare i rischi del provvedimento. Si invitano dunque tutti i proprietari terrieri a non effettuare i trattamenti fitosanitari imposti. È prevista anche l'attivazione di sportelli attraverso i quali fornire assistenza legale in caso di sanzioni.
Non si può costringere un popolo ad autodistruggersi. Disobbedire al decreto è un gesto di civiltà ma anche una questione di sopravvivenza.