Il
recente decreto legge del Ministro Martina avente per oggetto “Misure di
emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di Xylella
fastidiosa nel territorio della Repubblica Italiana” (GU del 6 aprile 2018)
IMPONE l’utilizzo di pesticidi di riconosciuta dannosità per la
biodiversità, per la sicurezza alimentare e per la salute, violando apertamente
i principi di prevenzione e precauzione, i diritti degli agricoltori e delle
popolazioni potenzialmente esposte e danneggiando le tante imprese che hanno
investito con convinzione nei metodi biologici di coltura come unica forma
sostenibile di agricoltura.
Il
decreto obbliga, nelle aree affette
da xylella fastidiosa, all’uso tra
Marzo e Aprile di erbicidi. Si ricorda che l’erbicida più estesamente
utilizzato è, ovunque, il glifosato,
del quale ISDE ha già denunciato i gravi rischi anche promuovendo recentemente
un appello internazionale (http://www.isde.org/glyphosate_appeal.pdf ).
Lo
stesso decreto obbliga, tra Maggio e
Dicembre, all’uso di insetticidi, indicando in maniera specifica alcuni neonicotinoidi e citando in maniera
preferenziale l’acetamiprid in base
alla sua “ottima efficacia”, sbilanciando di fatto la scelta verso queste
sostanze altamente nocive piuttosto che verso altre (piretrine, olio essenziale
di arancio dolce, pur citate nel decreto), approvate in agricoltura biologica ed
a basso impatto.
L’emivita
biologica dei neonicotinoidi può arrivare a due-tre anni e, quando queste
sostanze sono immesse nell’ambiente, possono rimanere nel suolo e nelle falde
acquifere per lungo tempo senza essere degradate e accumulandosi nelle piante,
comprese quelle a destinazione alimentare. L’acetamiprid, in particolare, è
stato riscontrato nell’11,6 % dei punti di monitoraggio delle acque
superficiali (nelle aree dove è stato cercato) e nel 3,2 % di quelli delle
acque sotterranee. Questi rilievi sono particolarmente gravi in considerazione anche
degli effetti letali e subletali sugli anfibi.
Secondo
evidenze scientifiche elencate dall’agenzia per la protezione ambientale
americana (US EPA), l’acetamiprid è neurotossico e, nei mammiferi, ha
conseguenze biologiche negative su fegato, reni, tiroide, testicoli e sistema
immunitario. Ha inoltre un’alta tossicità per gli uccelli.
Gli
effetti biologici dei neonicotinoidi sull’uomo (che può assumerli per contatto,
per inalazione e per ingestione) devono essere ancora compiutamente chiariti.
Sono stati tuttavia pubblicati sino ad ora 4 ampi studi caso-controllo che descrivono,
in tutti i casi e con metodologia adeguata, associazioni significative tra
esposizione cronica a neonicotinoidi e rischio di alterazioni dello sviluppo
come tetralogia di Fallot, anencefalia, disturbi dello spettro autistico,
alterazioni mnesiche e motorie.
Nello
stesso periodo in cui è stato varato il decreto Martina, l’UE bandiva in tutti
gli Stati l’utilizzo di imidaclopramid,
uno dei neonicotinoidi citati nel decreto, perché insieme ad altri ha effetti
devastanti per le api e, di conseguenza, per la tutela della biodiversità e
della sicurezza alimentare. Già da
gennaio del 2013 l’EFSA aveva giudicato “inaccettabili”
i rischi derivanti dagli effetti dei neonicotinoidi su questi insetti ma,
evidentemente, di questo non si è affatto tenuto conto nel decreto. Va
ricordato che Acetamiprid è tra le sostanze rinvenute più frequentemente in
Italia in concomitanza con fenomeni di morie o spopolamenti di alveari ed è
altamente tossico per altri insetti utili quali lepidotteri e odonati. Inoltre,
Acetamiprid è tossico per i lombrichi e riduce le attività respiratorie dei
microrganismi del suolo, contribuendo ad alterare ulteriormente le già
degradate condizioni pedologiche del territorio, probabili concause
dell’indebolimento immunitario degli olivi salentini.
Per
imposizione di legge, dunque, per la maggior parte dell’anno gli agricoltori
salentini saranno obbligati a contaminare suolo, acqua e prodotti agricoli, a
compromettere gravemente la biodiversità in un’area a rischio desertificazione,
a correre rischi sanitari insieme alle loro famiglie e a farli correre a chi
consuma i loro prodotti.
I
legislatori avrebbero dovuto chiedersi se un utilizzo così pesante di sostanze
tossiche e il prezzo che questo potrebbe comportare in termini ambientali e, di
conseguenza, sanitari, potranno mai essere effettivamente utili ad eradicare o
anche solo a limitare la xylella in un’area molto vasta, nella quale
questo batterio è già da tempo endemico e nella quale si utilizzano già ora
quantità molto elevate di pesticidi.
Ma
ancor prima, dal punto di vista della tutela della salute pubblica e
dell’ambiente, avrebbero dovuto chiedersi quanto etico possa essere imporre per
legge obblighi di questo genere, quanto tutto questo costerà alla Puglia ed ai
pugliesi e quanto tempo ci vorrà a pagare il conto.