Da sempre, le donne sono custodi della cultura alimentare. E non più soltanto in ambito domestico: in Italia sono oltre 600.000 quelle alla guida di un’impresa agroalimentare e rappresentano il 29% del totale della filiera. Con il 18%, il settore è al terzo posto tra quelli con maggiore concentrazione femminile, dopo commercio e servizi. Il talento al femminile e le sue declinazioni nel settore food sono al centro dell’evento “Il Cibo è Donna – Il Fattore Rosa secondo Pink Lady®”, occasione per presentare i risultati di una survey nazionale che l’Associazione Pink Lady® Europe, in sintonia con questa visione, ha commissionato alla società di ricerca SWG al fine di indagare un tema quanto mai attuale: “L’imprenditoria al femminile nella filiera del food”(1).
Le imprese femminili crescono, ma resta un “gender gap” 
L’indagine, che ha coinvolto un panel di imprenditrici e un campione di donne di età compresa tra i 29 e i 65, parte da un dato confortante. In Italia, nel 2017 le imprese al femminile erano oltre 1.331.000, pari al 21,86% del totale: 10.000 in più rispetto all’anno precedente e quasi 30.000 in più sul 2014. Eppure, secondo i dati raccolti dalla Commissione Ue, nei 28 paesi membri le donne titolari d’impresa guadagnano in media il 6% in meno dei colleghi uomini: il “gender gap” resiste anche nell’imprenditoria.

Il contributo delle imprenditrici in un comparto in forte evoluzione
Il mondo del food sta vivendo un’epoca di grandi trasformazioni e deve affrontare temi quali la salvaguardia ambientale, la eco-sostenibilità di produzione e distribuzione, la difesa idrogeologica, la biodiversità, la crescita lungo una filiera che rappresenta l’11,5% del PIL in Italia. In questo contesto, il peso specifico delle donne sta crescendo. Eurostat rileva che nell’UE il 37% della forza lavoro agroalimentare è femminile e un’azienda su cinque è condotta da una donna. A stimolarle sono il valore della filiera corta, l’importanza di “fare rete”, recuperare i terreni e preservare il paesaggio, prendersi cura del bene comune, reimparare dalla natura valori dimenticati, come l’attesa, l’osservazione, l’ascolto, le relazioni e le sinergie.
L’imprenditoria: una scelta convinta e soddisfacente…
L’indagine Pink Lady® /SWG evidenzia che lo spirito imprenditoriale è nel Dna e nella storia personale delle imprenditrici intervistate: il 60% ha sempre avuto in mente di lavorare in proprio e l’80% viene da una famiglia con un’azienda nel settore agroalimentare. Per il 54% lavorare in agricoltura è stata una scelta (immediata o maturata nel tempo), per il 40% un’occasione e solo per il 6% un ripiego. Due terzi delle intervistate si è dichiarata molto soddisfatta della strada intrapresa. Anche le donne intervistate hanno mostrato il loro interesse per il mondo del food: se vi fossero le condizioni, il 18% ambirebbe senza esitazione a diventare imprenditrice in quel settore, il 48% la vedrebbe come una eventualità probabile, mentre solo il 6% la esclude a priori.
 …anche se non mancano le criticità
Le imprenditrici devono misurarsi con difficoltà e limiti da superare. Tra le prime spicca la difficoltà di accesso al credito (47%) e ai servizi di prossimità nelle aree rurali (40%), l’impreparazione del mercato all’innovazione (20%), lo scarso accesso di queste attività alla ricerca (20%), l’insufficienza di corsi di formazione accessibili e adeguati (13%). Quanto ai secondi, le intervistate ammettono una limitata esperienza di marketing e comunicazione (27%), la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia (27%) e i servizi informatici e tecnologici (7%).
L’agroalimentare: scelta di passione e riscoperta di un mondo
Sollecitate a spiegare i motivi dell’interesse verso il settore agroalimentare, imprenditrici e donne hanno fornito risposte non sempre univoche. Per chi già conduce un’azienda prevalgono la passione (47% vs. il 17% delle donne) e le buone opportunità economiche (40% vs. 18%), oltre alla riscoperta di un mondo insieme antico e moderno (27% per entrambe le categorie). La motivazione preferita dalle donne coinvolte nella survey è la vita sana (53% vs. il 7% delle imprenditrici). Seguono la voglia di natura (30% vs. 20%) e il desiderio di ritrovare ritmi ormai dimenticati (21% vs. 7%). Le donne più delle imprenditrici vedono nell’agroalimentare anche grandi potenzialità di innovazione (13% vs. 7%).
I fattori-chiave: tenacia, competenza e capacità organizzativa
Quali abilità occorrono per svolgere con efficacia la propria attività? Le imprenditrici mettono ai primi tre posti la tenacia (60%), ancora una volta l’essere innamorate del proprio lavoro (53%) e un mix di competenza, organizzazione e gratificazione nell’essere autonome (27%). Le donne mettono al primo posto competenza e formazione (41%), capacità organizzative (40%) e tenacia, anche di fronte alle difficoltà (36%).
I trend più in voga: attenzione al cibo, e-commerce, km 0 e agriturismi
Altri insight interessanti emersi dalla survey sono quelli riguardanti le tendenze che stanno caratterizzando il mondo agroalimentare. Secondo sia le imprenditrici che le donne, spiccano su tutte l’attenzione al cibo, le nuove forme di vendita, come quelle che puntano sull’online o sui prodotti a km 0 e la formula dell’agriturismo. Assai meno trendy risultano l’informazione sul settore e la presenza di cultura e arte nell’ambito food. “Pollice verso” nelle risposte delle donne anche per il rilancio di specie antiche e trascurate, così come per l’investimento nella ricerca volta a migliorare le tecniche di allevamento e agricole, tendenze queste che, anche se riscontrano meno interesse sui media, risultano significativamente importanti per le imprenditrici. La ricerca è frutto di due indagini quantitative – la prima all’interno di un campione nazionale di 1000 donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni, la seconda su tutto il territorio italiano tra 19 imprenditrici del settore agroalimentare e una foodblogger e un’indagine desk basata su dati Fao 2016, Eurostat, CREA, Istat e Unioncamere. Tutte sono state realizzate a ottobre 2018.