È quanto è emerso nel corso del convegno La filiera del biologico: numeri, sfide e sostenibilità, organizzato dal Consorzio il Biologico in occasione dell’ultima assemblea dei soci tenutasi la scorsa settimana a Bologna.
Secondo i dati presentati da Silvia Zucconi, responsabile marketing intelligence di Nomisma, in Europa, più della metà dei terreni biologici è concentrata in quattro Paesi: Francia, Spagna, Italia e Germania. L’Italia vanta la più alta percentuale di superfici bio sul totale europeo la cui media si assesta al 9,2% contro l’1,6% a livello mondiale. Ha il 16% della SAU contro il 10% di Germania e Spagna e il 9% della Francia e detiene il primato europeo per numero di aziende biologiche (71.590).
“Oggi il giro d’affari mondiale del biologico – ha detto Zucconi – vale 120,6 miliardi di euro. Di questi, oltre un quarto viene generato dalle produzioni europee con un fatturato nell’Unione di 44,4 miliardi di euro a cui l’Italia contribuisce con 3,9 miliardi di euro, pari al 3% del mercato mondiale del bio, contro la quota del 12% della Germania e dell’11% della Francia”.
Questo significa che nel nostro Paese, il giro di affari, e quindi i consumi, rimangono ancora bassi rispetto ai Paesi più orientati ad acquisti consapevoli e di prodotto certificato.
Di più, l’andamento delle vendite dei prodotti bio negli iper e supermercati, dall’anno scorso, in Italia, sta registrando dati di decrescita che, a marzo di quest’anno, si è assestata al -3,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente.
Sono i prodotti più alto-vendenti che registrano le principali riduzioni dello scontrino nel periodo 2020-2021. Come le uova, ad esempio, che generano un fatturato di oltre 100 milioni di euro, di cui quasi il 20% di prodotto bio, con acquisti in calo del 7,2%; le confetture (78,3 milioni di fatturato di cui l’83,4% bio, in calo del 3,6%); la pasta secca di semola (39,3 milioni di business, di cui il 5,5% bio, che decresce del 3,2%); l’olio extra vergine di oliva (36,2 milioni di euro di cui il 6,5% bio, in calo del 4,2%); la frutta secca (34,9 milioni di fatturato, di cui il 7% bio, che perde 4,3 punti percentuali) e gli yogurt ai gusti (29,6 milioni di euro di giro d’affari, di cui il 6,6% bio, in calo del 2,3%).
Per contro tra i prodotti bio in crescita emergono le gallette di riso (fatturato: 76,7 milioni di euro che crescono del 13,4%); i cereali per la prima colazione (35,9 milioni di fatturato che crescono dell’11,6%) e le creme alimentari spalmabili (19,3 milioni di giro d’affari in crescita dell’11,3%). In un certo senso si tratta di una corsa che potrebbe anche mutare i posizionamenti nel ranking dei prodotti agroalimentari per i quali il bio ha un peso maggiore, che ad oggi sono le confetture, le gallette di riso, le bevande alla soia e i cereali per la prima colazione.
“Tra le cause di questa minore spesa di biologico – ha detto Zucconi – pesa innanzi tutto l’inflazione, per il 43% del campione. Impatta anche una certa prudenza agli acquisti legata alla paura delle possibili conseguenze del conflitto russo ucraino (per il 41% degli intervistati), il caro bollette, 13%, il cambio climatico, 11%; l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, l’11%; l’aumento dei prezzi di altri beni e servizi, 10%; il caro benzina, 9% e l’emergenza Covid, 5%. Tutte queste concause hanno fatto scendere l’indice di fiducia dei consumatori, tra marzo 2019 e marzo 2022, da quasi 130 a 94. Ben trentasei punti in meno”.
Di fronte a questa situazione, il 77% delle famiglie cambierà le proprie abitudini alimentari. Ad esempio, concentrando la spesa su prodotti indispensabili (45%); riducendo la spesa pur di non rinunciare alla qualità dei prodotti (21%); riducendo sia spesa che qualità dei prodotti acquistati (11%).
Solo il 22% dei consumatori non cambierà le proprie abitudini alimentari. Di questi, il 7%, perché preferisce indebitarsi ricorrendo a dei finanziamenti piuttosto che rinunciare ai propri standard alimentarL’Italia è al quattordicesimo posto, sul mercato globale, per numero di acquirenti di bio. Nel Bel Paese il consumo procapite si assesta a 64 euro annui contro i 418,35 della Svizzera; i 383,58 della Danimarca; i 284,6 euro del Lussemburgo; il 253,63 dell’Austria; il 212,32 della Svezia; i 188 euro procapite della Francia e i 180,25 della Germania. Danimarca, Austria e Svizzera, inoltre, hanno la quota di bio, sul totale del carrello della spesa, più alta di tutti e rispettivamente al 13, 11 e 11%.
Un dato positivo: negli ultimi nove anni, dal 2012 al 2021, è cresciuto, in Italia, il numero di famiglie orientate verso un acquisto consapevole, di ben 10 milioni, dal 13 milioni di del 2012 a 23 milioni del 2022. Questo significa che l’indice di penetrazione che, prima, era del 53% è aumentato di 36 punti percentuali arrivando all’89%.
Gli acquirenti abituali di bio rappresentano più della metà della popolazione. Tra questi il 76% son o vegetariani o, comunque, hanno stili alimentari orientati al salutismo; il 62% è rappresentato da famiglie con figli di età inferiore ai 12 anni; il 59% sono persone con un livello di istruzione elevato, vale a dire laurea o più, e il 57% appartiene alla generazione dei Millenials.
“Importante analizzare i motivi per il primo acquisto di prodotti bio – ha precisato Zucconi -. In questo caso, emerge che i driver sono, innanzitutto, i benefici per la salute, per il 65% del campione; la curiosità per il 57% e le preoccupazioni per l’ambiente per il 42%. Per contro, tra i macro motivi per cui questi acquisti vengono ripetuti c’è un 39% che si basa su ragioni etiche; un 36% su ragioni legate alla salute e il 16% alle garanzie che i prodotti bio offrono”.
Tra le opportunità da cogliere il fatto che oggi, i consumatori hanno una maggiore attenzione ai temi della sostenibilità; sugli scaffali gli assortimenti bio si approfondiscono anche con differenziazioni sulla segmentazione dei prezzi; e, inoltre, è previsto un aumento dei consumi fuori casa.
“Per cogliere queste opportunità servirà – chiosa Zucconi – fornire maggiori informazioni sui prodotti anche per scongiurare confusione tra i marchi esistenti e porre attenzione al rischio di cambiamenti strutturali degli acquisti a causa di questa situazione di incertezza. Un’altra sfida da non sottovalutare è la concorrenza di altri segmenti di prodotti che, come il Bio, si collocano nel paniere del benessere e del salutismo”.
articolo tratto da: https://greenplanet.net/consorzio-il-biologico/
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