L’Amarone della Valpolicella: un vino per lo sviluppo del territorio o un territorio per lo sviluppo del vino?

Da veramente.org 
c'è anche l'intervista al nostro Giovanni

E' il titolo del 1° capitolo di una bella tesi preparata da Mattia Dal Molin per il corso di laurea in Progettazione e Gestione del turismo culturale.

Questo lo scopo della tesi: “Con il lavoro di tesi si vuole indagare quali sono i conflitti nati con l’espansione  della produzione vitivinicola, quali sono le rappresentazioni del territorio che hanno i vari attori che agiscono su di esso, quali scenari di sviluppo si delineano per il futuro della Valpolicella”.

Dal Molin parte da una disamina del fenomeno: “Quali sono le motivazioni che hanno favorito questo allargamento della zona di produzione? E quali ricadute sta avendo sui territori questa continua espansione della produzione del vino della Valpolicella?
Diversi sono, infatti, gli elementi contraddittori connessi alla produzione del vino quali: l’inquinamento dell’acqua derivante dell’uso di pesticidi diventato ormai insostenibile per molti cittadini della Valpolicella, le modificazioni del paesaggio e della geologia delle colline per far spazio ai nuovi vigneti, la “monocoltura dell’Amarone, a scapito del Recioto, il tradizionale vino della Valpolicella e di altre attività economiche tipiche del territorio che stanno scomparendo proprio perché meno remunerative rispetto all’Amarone”.
Si analizzano la storia, le politiche comunitarie e nazionali, l’andamento degli impianti e della produzione negli ultimi decenni, le altalenanti fortune del mercato del vino sia a livello locale che a livello nazionale ed internazionale.

L’analisi dei combiamenti intervenuti sul territorio è puntuale: “Dal punto di vista paesaggistico la monocoltura della vite ha spogliato la Valpolicella dei suoi tanti “volti”, come sottolinea il Centro di Documentazione per la storia della Valpolicella: “fino a una cinquantina di anni fa, la vite era consociata con il frumento e i campi venivano protetti dall’attacco degli animali con l’utilizzo di broli, muri o siepi. Oggi invece si è diffusa la monocoltura e solamente in alcune ville si percepisce ancora la presenza dei broli e dei muri di protezione alle colture. L’utilizzo delle siepi, un tempo create per proteggere le coltivazioni dai venti e per delimitare le proprietà, si è perso e questo preclude l’inizio di un cambiamento del paesaggio intorno alla villa”.

Mattia riporta i più importanti dati sull’uso dei pesticidi: “L’inquinamento dovuto all’uso di pesticidi: dal bollettino dell’ARPA del Veneto la situazione della provincia di Verona è tra quelle più preoccupanti. In Veneto nel 2007 sono stati venduti 14.936.186 kg di pesticidi 6.722.975 kg dei quali 23 riguardano la provincia di Verona; inoltre, dai dati Istat del 2010 si rileva che la vendita di pesticidi in regione è aumentata fino a 19.901.775 kg”.

Non mancano osservazioni di ampio respiro: “La distinzione tra valore e risorsa è fondamentale per capire come viene utilizzato un territorio; il concetto di patrimonio, infatti, travalica temporalmente l’uso che una civiltà ne può fare in base ai propri obiettivi, requisiti prestazionali e modi di valorizzare. Se intendiamo il territorio come risorsa, invece, si identifica il valore di un luogo con il suo potenziale uso da parte della società contemporanea”.

La seconda parte della tesi è dedicata alle interviste.
Gli attori da intervistare sono stati divisi in tre macro categorie:
- attori appartenenti al mondo professionale della viticoltura;
- attori locali, come le associazioni;
- attori istituzionali.
“Attraverso la raccolta dei dati si è riusciti a ricostruire il quadro attoriale della Valpolicella, nel complesso si è avuto un buon numero di intervistati: 5 cantine in rappresentanza della categoria degli attori del vino e 5 persone e associazioni in rappresentanza degli attori locali, queste associazioni sono state selezionate perché hanno nei loro scopi quello di fronteggiare l’espansione della viticoltura dando delle alternative a questo tipo di produzione. Per quanto riguarda gli attori istituzionali, quali il Consorzio di Tutela Vini Valpolicella e i diversi Comuni della Valpolicella (il Comune di Marano di Valpolicella e il Comune di San Pietro in Cariano), non è stata eseguita nessuna intervista a causa della non disponibilità a partecipare alla ricerca”.

Triste e scoraggiante la constatazione di Dal Molin sulla disponibilità e sull’interesse degli attori istituzionali. Un brutto viatico per un giovane che sta concludendo il suo percorso scolastico e che si appresta ad entrare nel mondo del lavoro.
Sarebbe molto interessante mettere gli attori di questa tesi attorno ad un tavolo per confrontare i diversi punti di vista e per ragionare sulle prospettive di questo importante settore dell’economia e del territorio.
E quale miglior moderatore dello stesso laureando?

Di seguito lo stralcio della tesi con l'itervento degli attori locali con l'intervista al nostro Giovanni Beghini

3.2 Gli Attori locali.
Per attori locali, sono intesi quegli attori della società “civile” che hanno rilevato della criticità in questo modo di fare viticoltura in Valpolicella, quindi sono inserite in questa categoria persone e associazioni che si battono per un futuro diverso della Valle. Non va letto come un’avversione contro i viticoltori e in generale con il mondo del vino, anzi, ma come un punto di vista diverso su uno stesso territorio.
Coloro che hanno partecipato alle interviste sono:
Campagnola S., curatore sito web www.teladoiolavalpolicella.it
Fedrigo G., scrittore valpolicellese 48

Spezia M., curatore del sito www.veramente.org e membro dell’associazione Carpino nero
Rossignoli M., presidente dell’associazione Borghi di Pietra
Beghini G., membro dell’associazione Terra Viva

Gli attori locali.
L’interessamento alle questioni legate alla viticoltura come evidenziano gli intervistati è nato circa due-tre anni fa, periodo nel quale si può datare la nascita delle associazioni TerraViva (2010) e Borghi di Pietra (2011). La nascita di queste associazioni è dovuta a una nuova sensibilità e attenzione da parte della società rispetto alla viticoltura. Il Sig. Beghini G., rappresentate di TerraViva ci riferisce che: “l’associazione è nata due anni fa, quando in quattro-cinque ci siamo accorti che le fonti di inquinamento in Valpolicella non sono solo il traffico, ne solo il cementificio di Fumane ma la forma di inquinamento peggiore erano i pesticidi che sono vicino alle case, le scuole, perché i campi sono dappertutto”, invece il Sig. Rossignoli M. portavoce dell’associazione Borghi di Pietra vede nell’invasione da parte delle vigne di Cavalo, suo paese, la molla che ha fatto nascere la sua associazione; per il Sig. Spezia M. curatore del sito www.veramente.org, la motivazione per la quale ha iniziato a scrivere sulla viticoltura è quello che stava succedendo intorno alla sua abitazione. È singolare notare come chi solleva queste problematiche sia in qualche modo “estraneo” al mondo del vino e in qualche caso anche non originario del territorio, poiché vi si è trasferito relativamente da poco, come il caso dei Sigg. Spezia e Rossignoli. Tutto sommato però queste associazioni riescono a coinvolgere gli attori del settore vitivinicolo nelle loro attività portando come esempio l’associazione TerraViva, la quale organizza incontri, dibattiti, attività di promozione di colture biologiche riuscendo a coinvolgere molti agricoltori del territorio che sono associati all’associazione. 49

Punti di forza e di debolezza della monocoltura della vite.
Per quel che riguarda le problematiche legate alla monocoltura della vite, si ha un quadro uniforme riscontrato da parte degli intervistati. Uno dei problemi più sentiti è quello idrogeologico/paesaggistico legato allo sbancamento delle colline; come spiega bene il Sig. Spezia: “gli interventi di sbancamento delle colline cambiano la natura del paesaggio, uno può dire che sono cose futili, ma non è vero perché noi abbiamo una costituzione che all’Art. 9 dice che la Nazione tutela il paesaggio oltre ad avere anche un Codice dei beni culturali e del paesaggio […]; quindi questi interventi sono un grosso danno al patrimonio paesaggistico di tutta una Nazione. Poi c’è il problema legato al nuovo assetto geologico delle colline, ci sono una serie di conseguenze, come tutte le frane che si sono verificate due anni fa, circa 25 casi, dopo interventi sulle colline della Valpolicella”. Sempre relativamente alla salvaguardia del paesaggio della Valpolicella il Sig. Fedrigo G. suggerisce che: “si può percepire per me, una decontestualizzazione del vigneto, cioè il vigneto è decontestualizzato dal punto di vista del paesaggio, si parla di storia del paesaggio e il paesaggio della Valpolicella, già provato dagli interventi di urbanizzazione degli anni ’70, si vede ancor più smembrato da questo tipo d’inserimento di vigneti molte volte snaturando il profilo delle colline. Questa riqualificazione del terreno agricolo passa molte volte anche per la distruzione delle marogne tradizionali […], la distruzione dei segni tipici dello stesso territorio agricolo, come lo è l’inserimento dei nuovi tipi di piantate non più la tradizionale pergola, che era una della tipicità della viticoltura in Valpolicella. Il vigneto può sembrare un elemento che lega dal punto di vista dell’estetica del paesaggio, ma in realtà è un fattore di discrepanza quando sorge nelle vicinanza di ville storiche e le sistemazioni collinari così invasive ne deturpano realmente il paesaggio”. Un altro problema importante, sottolineato da tutti gli intervistati, è quello del massiccio uso di pesticidi e prodotti chimici per la concimazione; come dichiara il Sig. Beghini G.: “i pesticidi sono stati usati con molta leggerezza, io faccio il medico e vedo che i contadini sono probabilmente quelli che si ammalano di più di malattie tumorali”. Anche il Sig. Spezia M. si sofferma su questo punto caldo affermando che: “le viti, da una parte, e il mais, dell’altra, sono le due coltivazioni 50

che utilizzano più fitofarmaci in assoluto e Verona è la provincia del Veneto dove si consumano più fitofarmaci, vista la monocoltura della vite sulla parte collinare e la monocoltura del mais nella parte di pianura. Espandere la coltivazione della vite vuol dire aumentare ancora il consumo di questi prodotti, che poi usati in questi numeri rendono necessario valutare quanto tutto incide sull’assetto ecologico di un territorio […] e i residui che lasciano all’interno del vino sono riconoscibili e non è vero che sono innocui, incidono sulla salubrità dei cibi”. Un altro aspetto importante è toccato dal Sig. Campagnola S. il quale sostiene che: “sulla questione della monocoltura ci sarebbe molto da discutere. Dal punto di vista puramente economico, la monocoltura per certi versi è un rischio per le aziende, nel momento in cui il mercato cambierà tendenze, il settore entrerà in crisi; anche qui dovrebbero tenere in considerazione altre coltivazioni tipo ciliegi olivi”. Si è rilevato quindi un problema di dipendenza economica dalla vite della Valpolicella e questi attori si chiedono se, in un’eventuale crisi di settore quali saranno i tempi di riconversione di un territorio votato a monocoltura di questo tipo. È innegabile che tutti gli attori locali riconoscono nella viticoltura un alto valore economico, il quale come spiega il Sig. Campagnola: “in questi momenti in cui tanti tipi di campagna sono assolutamente in crisi, qui c’è una campagna, che anche quest’anno con tutta la siccità è comunque una campagna che rende.”. E come sottolinea ancora il Sig. Beghini: “se (la Valpolicella) è ancora una zona dove l’economia non è a terra, ci sono ancora pochi disoccupati e il reddito non è diminuito si deve soprattutto alla viticoltura”. Un altro fattore positivo che ha avuto un riscontro unanime, è che la viticoltura ha fermato l’espansione dell’urbanizzazione anche se la viticoltura pone essa stessa dei problemi di sostenibilità a medio e lungo termine, come spiega il Sig. Spezia: “se noi riteniamo che un territorio sia una cosa che va protetta e che va valorizzata, allora non ci fai né le villette né i vigneti oltre il limite; se invece il territorio è una risorsa economica, quindi lo uso per fare profitti, allora ci faccio di tutto sopra e una volta che il territorio è stato sfruttato e riempito di villette e vigne, del territorio non ti rimane più niente, sia dal punto di vista della produzione del vino 51

che dal punto di vista edile”.
Dialogo con gli altri attori del territorio.
Un altro punto sul quale si è voluto indagare è quello dell’esistenza o meno di dialogo tra gli attori del territiorio e si è colta una situazione molto propositiva da parte di questi attori locali verso i vitivinicoltori. Un esempio in tal senso è dato dall’associazione Borghi di Pietra che organizza appositi eventi per creare unione tra agricoltori e popolazione sia su tematiche tecniche sia culturali. Anche TerraViva organizza incontri tecnici appositamente per gli agricoltori, ma aperti a tutti, su tecniche di viticoltura biologica con prove pratiche direttamente nei campi, sull’utilizzo dei pesticidi, sulla degustazione di prodotti biologici, il riscontro è particolarmente incoraggiante. Infatti “hanno riscosso un successo che non ci si aspettava, come ad esempio ad una dimostrazione per attrezzi che lavorano le interfila al posto di usare diserbanti si aspettavano 50 persone e ne sono arrivate 250; altra iniziativa che ha avuto un grande successo è il programma di lotta naturale alla tignola della vite nel quale è importante che ci sia un territorio unito di almeno 10 ha per avere dei risultati e l’anno scorso abbiamo messo insieme 25 proprietari con 60 ha, quest’anno 150 ha”. Alla domanda sull’instaurazione di un rapporto con la società e le istituzioni locali è interessante notare come vi sia stata una certa unanimità nel confermare grande difficoltà nell’interagire con le istituzioni che alle volte, come riferisce il Sig. Rossignoli, diventa vera e propria avversione nei confronti della sua associazione, un esempio in tal senso è che dopo due anni di richieste di una sede per le riunioni il Comune di Fumane non abbia ancora risposto alla loro domanda. Un importante contributo ci viene fornito dal Sig. Beghini che dice: “in Valpolicella abbiamo sia un istituto agrario sia un’università di enologia quindi ci dovrebbe essere un grande supporto di ricerca invece purtroppo c’è un grave distacco tra queste realtà e il territorio; noi abbiamo cercato di cucire qualche rapporto grazie alla nostra esperienza su prodotti biologici che abbiamo fatto insieme con l’università […] ma il Consorzio è uno dei problemi che ha l’agricoltura, non è stato molto sensibile alle tematiche da noi sostenute, anche se a parole lo è, speravamo di 52

collaborare con loro per il nostro progetto sulla confusione sessuale ma abbiamo avuto risposta negativa dal presidente, noi abbiamo cercato questa collaborazione perché dalle loro parole sembravano interessati invece purtroppo no e adesso sembrano ancora meno aperti al dialogo […] invece per quel che riguarda la popolazione troviamo appoggio perché il problema dei pesticidi è veramente molto sentito e se non ci sarà un cambio, in futuro il rapporto tra popolazione e contadini diventerà veramente teso”. Anche il Sig. Spezia pone l’accento sulla mancanza di pianificazione territoriale da parte delle istituzioni pubbliche e come la chiusura del Dipartimento di Scienze, Tecnologie e Mercati della Vite e del Vino rappresenti un’occasione persa di crescita del territorio in quanto sarebbe stato importante riuscire ad allacciare rapporti con le aziende e gli agricoltori che avrebbero potuto trarre vantaggi dai lavori di ricerca del dipartimento.
Prospettive future per la Valpolicella.
Nell’ambito di uno sviluppo futuro della Valpolicella sembra abbastanza unanime la risposta nel dire che si dovrebbe avere più rispetto del territorio e del suo paesaggio, bloccando l’espansione urbana di Verona che sta inglobando la Valpolicella come propria periferia. Ma per far questo si dovrebbe partire dal riconoscere e conservare l’unicità del territorio della Valpolicella. Oltretutto si dovrebbe puntare su una riduzione nell’uso dei pesticidi per arrivare ad avere un’agricoltura completamente biologica. Un altro punto in comune è quello di sperare in una fioritura del settore turistico nella regione, che per ora sembra compromesso proprio dal tipo di sviluppo economico e urbano in atto; come afferma il Sig. Campagnola: “c’è un’aspirazione a poter avere anche del turismo, però per ora mancano le strutture... ma quelle si faranno. Ho l’impressione che manchi più che altro una mentalità adatta a uno sviluppo di tipo turistico: manca la mentalità dell’ospitalità […]. Spero solo nelle nuove generazioni questo cambio di pensiero se no questo tipo di sviluppo è compromesso […] poi per ora è solo un turismo legato al mondo del vino e sarebbe bello in futuro vedere persone che vengono qua per le tante cose belle che ci sono”. È stato molto importante chiedere agli intervistati come vedrebbero la 53

Valpolicella senza la vite e si è notato un grande attaccamento a questa coltivazione, anche se la viticoltura non è considerata l’unica attività che ha segnato la storia della Valpolicella. Dalle interviste agli attori locali, è risultata una rappresentazione uniforme del territorio il quale è visto eccessivamente sfruttato dagli agricoltori e imprenditori agricoli. Però si è evidenziato anche un territorio che ha delle grosse potenzialità non sfruttate, le quali secondo questi attori potrebbero essere la chiave per la sostenibilità di questo territorio.