Il 46% delle aziende agricole italiane pronte a spendere per la sostenibilità

Attenzione alla conservazione delle risorse naturali e alla riduzione dei fattori produttivi, ma anche un forte interesse per un parco macchine moderne a zero emissioni e per lo sviluppo di nuovi impianti per la valorizzazione energetica delle biomasse di origine agricola.
È la ricetta per gli investimenti green delle aziende agricole italiane che intervistate dall’Istituto di Scienze e Tecnologie per l’Energia e la Mobilità Sostenibili del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR Stems) – in collaborazione con il Dipartimento di scienze della formazione (DSF) dell’Università degli studi Roma Tre, L’Informatore Agrario e FederUnacoma – hanno dichiarato in quasi la metà dei casi (46%) di essere disposte a investire più di 10 mila euro per limitare l’impatto della propria attività agricola sull’ambiente e sul clima, con un 7,4% del campione pronto a spendere più di 100 mila euro.
Secondo i risultati l’indagine, presentata il 22 ottobre a Eima International e realizzata su un campione rappresentativo di 456 conduttori di aziende agricole e agro-meccaniche, la disponibilità alla spesa è influenzata soprattutto dalle dimensioni (circa tre quarti delle aziende disposte a spendere più di 50 mila euro sono medio-grandi, sopra i 20 ettari) e dall’orientamento produttivo dell’impresa, con una propensione all’investimento molto più elevata nei settori, come quello zootecnico, in cui il problema dell’inquinamento è particolarmente sentito, o in filiere in cui l’adozione di pratiche sostenibili nella produzione rappresenta un driver anche per il mercato: non è un caso che almeno un’azienda orto-florovivaistica su dieci (13,7%) dichiari una soglia di spesa superiore ai 100 mila euro.
Ad oggi, la maggior parte delle aziende dichiara di aver investito prevalentemente sulla conservazione delle risorse naturali e sulla riduzione degli input produttivi: quasi il 40% degli intervistati ha adottato soluzioni agronomiche e tecnologiche volte al risparmio idrico, mentre sono più della metà (55%) quelli che si sono impegnati per ottimizzare l’utilizzo dei fattori di produzione (ad esempio fertilizzanti, fitofarmaci, sementi).