Inquinamento. Il
Ministero della Salute, qualche giorno fa, ha reso noto il numero degli italiani che ogni
anno muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico: oltre 34.500. Il silenzio che accompagna questi decessi, segue
anche le responsabilità delle amministrazioni locali. Le stesse che, ignorando
i suggerimenti ministeriali che invitano a favorire e finanziare una mobilità
pubblica ecosostenibile e a programmare reti di percorsi ciclabili e pedonali,
continuano ad investire in nuove infrastrutture viabilistiche per il trasporto
privato a motore ed a cementificare il suolo agricolo e/o verde.
Città luoghi di vita. Anticamente
le città sorgevano dove la natura permetteva la vita, dove c’era la presenza di
acqua, di terreni fertili, di zone riparate e protette.
In alcuni casi quei luoghi si
scoprirono essere anche importanti snodi commerciali, e/o barriere militari
difensive.
In ogni caso la città rappresentava il
luogo dove si abitava, si lavorava, si commerciava e si conducevano i diversi
scambi culturali. Il luogo dove l’aria, l’acqua ed il suolo permettevano la
vita e non la morte.
Anche Verona nasce sulle rive
dell’Adige, da cui ricavava i mezzi per vivere:
si dissetava; irrigava la campagna; pescava; traeva energia dalla
corrente; si difendeva; comunicava con le altre zone toccate dal fiume e
durante la dominazione veneziana l’Adige ha rappresentato il maggiore e più
usato canale di comunicazione tra Verona e Venezia. In quel periodo le fonti di acqua potabile
erano tutelate, così come erano protetti e curati tutti i corsi d’acqua per
mantenere un equilibrato sistema idrogeologico.
La stessa forma della città è stata
determinata dal percorso del fiume.
Esiste un rapporto diretto e naturale
tra il tessuto urbano di Verona e l’Adige.
Poi,
lentamente tutto cambiò. L’Adige fu considerato quasi come un elemento
inopportuno, che rubava spazio al tessuto urbano e alla possibilità di avere
nuove aree da edificare. Ci furono anche vari progetti per interrarlo. Fu
canalizzato nel tratto che attraversa il centro storico e sino a qualche tempo
fa era servito come scarico delle acque fognarie della
città e dei rifiuti.
Rapporto politica/affari. Le città moderne, cresciute dal 1945 ad oggi, non hanno
riconosciuto l’importanza di tenere in buona salute gli elementi naturali
necessari per mantenere le città un luogo di vita, ma hanno seguito i parametri
dettati dall’economia e dalla politica.
In questo modo, il prodotto finale della pianificazione del territorio è
uscito dal rapporto tra la politica e gli affari, con gravi e dannose
conseguenze per la salute pubblica.
Verona come esempio. La
Giunta comunale di Verona non fa eccezione. Anni fa è stato definitivamente bocciato il vecchio progetto
di tramvia elettrica su rotaia e, in attesa del misterioso maxi bus, si sono spesi ingenti risorse economiche per
il progetto del traforo della collina con il collegamento autostradale tra i
caselli di Verona est e Verona nord.
Nell’ultimo
atto della pianificazione del nostro territorio, firmata dal sindaco Tosi, si evince che saranno realizzati circa
3.000.000 di mc di direzionale, commerciale, terziario e ricettivo, nonostante
l’attuale crisi economica; e altri 11.000 nuovi alloggi, nonostante oltre il
20% degli esistenti sia vuoto e che il saldo demografica risulti negativo. La
città, ha perso la sua caratteristica di luogo di vita, per trasformarsi in una
piattaforma che si valorizza economicamente sulla base del costo delle aree e
sulle relative attività e funzioni che ospita. Infatti nel centro storico sono quasi
spariti i bambini e il numero degli abitanti è sempre più basso. I negozi vicinali hanno dovuto chiudere e
tutta la zona si sta trasformando in un luogo per lo shopping e per
l’intrattenimento, spesso alcolico.
Urbanistica partecipata. A mio parere, prima di
iniziare qualsiasi processo di programmazione territoriale, si dovrebbe partire
dall’obiettivo di considerare la città un luogo di vita e non di speculazione
economica. Sarà possibile arrivare a questo modello
di programmazione sull’uso del suolo? Credo di si, se gli abitanti-elettori lo
vorranno ed obbligheranno la politica a cambiare.
Innanzitutto
sarebbe necessario approvare una legge che obblighi le amministrazioni
pubbliche ad attuare una vera urbanistica partecipata,
che preveda una reale partecipazione della società
alla stesura dei piani urbanistici. Attualmente
i reali interlocutori ascoltati dalle pubbliche amministrazioni sono solo i
portatori di interesse economico. Tutto questo deve cambiare, gli interlocutori
della pubblica amministrazione devono essere i cittadini. E’ necessario formare una commissione che rappresenti la
società, in grado di elaborare, con l’aiuto dei cosiddetti facilitatori tecnici, le
proposte di pianificazione da presentare al consiglio comunale. Gli eletti
avranno poi il diritto-dovere di votare i piani urbanistici preparati con un
metodo realmente partecipativo.
Proposte. Ribadisco che se ci fosse la volontà politica,
basterebbero pochi interventi per iniziare un processo che condurrebbe la città
ad essere nuovamente un luogo di vita:
A)
Riportare le coppie giovani in centro, destinando le vecchie caserme per
l’edilizia economica popolare;
B)
contingentare l’apertura dei centri commerciali;
C)
bloccare le nuove espansioni edilizie;
D)
realizzare un serio ed efficiente sistema di trasporto pubblico non inquinante;
E)
pedonalizzare l’intero centro storico e le aree centrali dei borghi periferici;
F)
realizzare i parchi cittadini (dell’Adige, delle Mura, delle Colline, della
Spianà e dello Scalo Merci della Ferrovia);
G)
tutelare con appositi piani ambientali i SIC (Siti di Interesse Europeo), le ZPS
(Zone di Protezione Speciale) e le ZSC (Zone Speciali di Conservazione).
H)
dotare tutti i quartieri della città degli standard di verde previsti dalla
legge;
I) realizzare
un piano regolatore degli edifici storici non utilizzati.
Giorgio Massignan (VeronaPolis)
osservatorio territoriale
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