Il Comitato Opzione Zero aderisce alla manifestazione Side by Side indetta a Chioggia per il 3 febbraio e invita a partecipare!!
L'appello delle associazioni promotrici
Side By Side
Il 3 febbraio a Chioggia la marcia di chi accoglie e non respinge
"Non c'è mai stata, da quando New York è stata fondata, una classe così bassa e ignorante tra gli immigrati che si sono riversati qui come gli italiani. Rovistano tra i rifiuti nelle nostre strade, i loro bambini crescono in luridi scantinati, pieni di stracci e ossa, o in soffitte affollate, dove molte famiglie vivono insieme, e poi vengono spediti nelle strade a fare soldi nel commercio di strada".
Queste le parole usate dal New York Times il 5 marzo 1882 per descrivere gli italiani emigrati in America: un popolo di straccioni, criminali, sporchi e superstiziosi.. Fino agli anni Sessanta erano gli italiani che andavano a morire lungo le frontiere. Trentacinque milioni di nostri connazionaliemigrati tra il 1876 e il 1975, partiti da tutta l'Italia verso mezza Europa, le Americhe, l'Australia.
Se questa è la nostra storia recente, rileggerla può avvicinarci al presente con uno spirito meno ostile che ci permette di comprendere meglio la migrazione odierna e, ancora di più, la lotta e la fatica per l’integrazione. Ad essere descritti da (alcuni?) media come gli italiani di allora, sono, oggi, i marocchini, i siriani, i somali, gli eritrei, i senegalesi, i maliani, i bengalesi.
Sono loro che rischiano la vita lungo le frontiere d’Europa.
In troppi fanno a gara a contare quanti ne sbarcano, pronti a gridare all'invasione, alimentando ad arte le paure che rendono molto sul piano del consenso elettorale.
Crediamo invece che sia ora di chiederci quanti sono quelli che non sono arrivati. Quanti finiscono seppelliti in fondo al Mediterraneo e ancora più a fondo nell’indifferenza delle coscienze.
Dal 1988 sono morte lungo le frontiere dell'Europa almeno 27.382 persone, di cui 4.273 soltanto nel 2015 e 3.507 nel 2014. Il dato è aggiornato al 2 febbraio 2016 e si basa sugli incidenti documentati dalla stampa internazionale negli ultimi trent'anni. Il dato reale potrebbe essere molto più grande. Nessuno sa quanti siano i naufragi di cui non abbiamo mai avuto notizia. Lo sanno soltanto le famiglie dei dispersi, che, dal Marocco allo Sri Lanka, si chiedono da anni che fine abbiano fatto i loro figli partiti per l'Europa e mai più tornati.
Ci chiediamo perché i governi non predispongano canali legali di uscita dal proprio paese e di
ingresso in un altro.
ingresso in un altro.
Ci chiediamo perché i governi, a cominciare dal nostro, stringano accordi con alcuni stati africani - tra cui la Libia - per respingere i migranti costretti così a subire trattamenti (torture, violenze, stupri) disumani e degradanti di cui tutti noi siamo a conoscenza e che sollevano la
nostra indignazione.
nostra indignazione.
Ci chiediamo perché l’accoglienza sia ancora legata a criteri emergenziali – non di rado di tipo speculativo – anziché articolata su prospettive e tempi di lungo respiro che permettano di guardare al futuro all’interno di una cornice di serena e seria integrazione.
Ci accorgiamo inoltre che nel nostro paese diventano sempre più restrittive le norme relative al riconoscimento della protezione internazionale e/o di altri permessi: alla già pessima legge Bossi-Fini si aggiunge il recente decreto Minniti-Orlando. Ci chiediamo se tutto ciò non allargherà a dismisura il numero dei migranti irregolari, privi di qualsiasi diritto e dunque facilmente ricattabili. Temiamo che l’esito di queste politiche vada nella direzione
sopra descritta.
sopra descritta.
Ci chiediamo perché, dopo anni di esperienza e di osservazione, non si siano ancora individuate e attivate modalità di accoglienza diffusa che avrebbero il grande vantaggio, non solo di includere gli stranieri nel tessuto sociale, ma anche quello di smorzare e superare gradualmente le paure più diffuse in alcuni strati popolari.
Eppure esperienze e modalità di accoglienza diffusa e di inclusione sociale esistono già in diverse realtà del nostro paese ed altre ancora che possono esser pensate e sperimentate.
Segno che c’è un’umanità che non si rassegna ad una narrazione fatta solo di respingimenti, esclusione ed intolleranza. Un’umanità che lo scorso marzo ha camminato insieme, fianco a fianco, per le calli di Venezia e che crediamo debba ancora una volta riprendere corpo e parola.
Segno che c’è un’umanità che non si rassegna ad una narrazione fatta solo di respingimenti, esclusione ed intolleranza. Un’umanità che lo scorso marzo ha camminato insieme, fianco a fianco, per le calli di Venezia e che crediamo debba ancora una volta riprendere corpo e parola.
Per questo vorremmo proporre di ritrovarci il 3 febbraio a Chioggia, ancora una volta Side by Side per una giornata di incontro e di mobilitazione regionale per i diritti dei migranti e per esigere una buona accoglienza diffusa e per rivendicare il diritto per ogni essere umano a vivere una vita dignitosa e libera dal bisogno.