tratto da:
La†Corte†di†Giustizia†Ue∫†«La†mutagnesi†fa†Ogm»†¸†Sanità24†≠†Il†Sole†24†Ore
Le mutazioni provocate dalle tecniche o dai metodi di mutagenesi dirette a produrre
varietà di specie vegetali resistenti a un erbicida, costituiscano modifiche arrecate al
materiale genetico di un organismo, e quindi sono da considerarsi Ogm.
L’affermazione è contenuta nella decisione della Corte di Giustizia Europea nella causa n.
C-528/16 depositata il 25 luglio.
Più in dettaglio:
L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 12 marzo 2001 (emissione deliberata nell’ambiente di
organismi geneticamente modificati), sull’emissione deliberata
nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la
direttiva 90/220/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che
gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi
costituiscono organismi geneticamente modificati ai sensi di tale
disposizione.
L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con
l’allegato I B, punto 1, a tale direttiva e alla luce del considerando 17 di
quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che sono esclusi dall’ambito
di applicazione della direttiva in parola solo gli organismi ottenuti con
tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie
applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.
L’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13
giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante
agricole, come modificata dal regolamento (CE) n. 1829/2003 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, deve essere
interpretato nel senso che sono esentate dagli obblighi previsti da tale
disposizione le varietà geneticamente modificate ottenute con tecniche o
metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con
una lunga tradizione di sicurezza.
L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con
l’allegato I B, punto 1, a quest’ultima, nei limiti in cui esclude dall’ambito di
applicazione di tale direttiva gli organismi ottenuti con tecniche o metodi di
mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una
lunga tradizione di sicurezza, deve essere interpretato nel senso che esso
non ha come effetto quello di privare gli Stati membri della facoltà di
assoggettare siffatti organismi, nel rispetto del diritto dell’Unione, in
particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci sancite
dagli articoli da 34 TFUE a 36 TFUE, agli obblighi previsti dalla direttiva in
parola, o ad altri obblighi.
I fatti
Una serie di associazioni ambientaliste si opposero alla decisione del
ministero dell’Agricoltura francese che non considerava come Ogm gli
organismi ottenuti attraverso mutagenesi e, conseguentemente, ammise la
coltivazione e la commercializzazione di varietà di colza rese resistenti agli
erbicidi, ottenute attraverso mutagenesi.
Secondo le associazioni ambientaliste, gli organismi viventi immessi
nell’ambiente in grandi o piccole quantità per scopi sperimentali o come
prodotti commerciali possono riprodursi e diffondersi oltre le frontiere
nazionali, interessando così altri Stati membri; gli effetti di tali emissioni
[sull’ambiente] possono essere irreversibili. Conseguentemente la tutela
della salute umana e dell’ambiente richiede che venga prestata la debita
attenzione al controllo di rischi derivanti dall’immissione deliberata
nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (Ogm).
In base al trattato, l’azione della Comunità per la tutela dell’ambiente
dovrebbe essere basata sul principio dell’azione preventiva,
conseguentemente il ministero francese sarebbe venuto meno al principio di
precauzione. Secondo il Governo francese, al contrario, i rischi asseriti deriverebbero non
dai proprietari della pianta ottenuta grazie alle modificazioni genetiche, ma
dalle pratiche di coltivazione degli agricoltori. Inoltre, le mutazioni ottenute
attraverso le nuove tecniche di mutagenesi sito-diretta sarebbero simili alle
mutazioni spontanee o indotte in modo casuale e le mutazioni involontarie
potrebbero essere eliminate al momento della selezione varietale, mediante
tecniche d’incrocio.
Secondo il giudice del rinvio, i rischi della selezione naturale e quella
genetica a che potrebbero risultare da sementi prodotte mediante
transgenesi non sarebbero identiche, come sostenuto dagli agricoltori e dal
ministero. Infatti, poiché si tratta segnatamente delle mutazioni ottenute
mediante le nuove tecniche di mutagenesi sito-diretta, la modifica diretta
del genoma che esse comportano genererebbe gli stessi effetti
dell’introduzione di un gene estraneo, propria alla transgenesi. Inoltre,
giacché lo sviluppo di nuove tecniche di mutagenesi consente
un’accelerazione delle modificazioni del patrimonio genetico incomparabile
rispetto alle modificazioni che possono intervenire naturalmente o
casualmente, si moltiplicherebbero le probabilità che si verifichino danni
derivanti da modificazioni involontarie del genoma o delle proprietà della
pianta così ottenuta. Da qui la decisione della Corte Europea, che fa affermato che l’articolo 2,
punto 2, della direttiva 2001/18, dev'essere interpretato nel senso che gli
organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi costituiscono
Ogm, ai sensi di tale disposizione. Tale giudice chiede poi se l’articolo 3,
paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B,
punto 1, a tale direttiva e alla luce del considerando 17 di quest’ultima, debba
essere interpretato nel senso che organismi siffatti sono esclusi dall’ambito
di applicazione di questa stessa direttiva solo se sono stati ottenuti per
mezzo di tecniche di mutagenesi utilizzate convenzionalmente in varie
applicazioni, con una lunga tradizione di sicurezza.
Orbene, come sottolinea in sostanza il giudice del rinvio, i rischi legati
all’impiego di tali nuove tecniche o nuovi metodi di mutagenesi potrebbero
essere simili a quelli risultanti dalla produzione e dalla diffusione di Ogm
tramite transgenesi. Pertanto, dagli elementi di cui dispone la Corte emerge
che, da un lato, la modifica diretta del materiale genetico di un organismo
tramite mutagenesi consente di ottenere i medesimi effetti dell’introduzione
di un gene estraneo in detto organismo e, dall’altro, che lo sviluppo di tali
nuove tecniche o nuovi metodi consente di produrre varietà geneticamente
modificate a un ritmo e in quantità non paragonabili a quelli risultanti
dall’applicazione di metodi tradizionali di mutagenesi casuale.
Inoltre, come precisato dal considerando 4 della direttiva 2001/18, gli
organismi viventi immessi nell’ambiente, in grandi o piccole quantità, per
scopi sperimentali o come prodotti commerciali, possono riprodursi
nell’ambiente e diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così
altri Stati membri. Gli effetti di tali emissioni sull’ambiente possono essere
irreversibili. Parimenti, il considerando 5 di tale direttiva sottolinea che la
tutela della salute umana e dell’ambiente richiede che venga prestata la
debita attenzione al controllo dei rischi derivanti da una siffatta immissione