Continua la guerra del grano iniziata da Coldiretti. Tutti dicono la loro sull’indicazione di origine in etichetta

La guerra sull’indicazione in etichetta dell’origine del grano usato per la pasta va avanti da mesi, e vede contrapporsi le aziende produttrici ai ministri Martina e Calenda, alleati di Coldiretti. I consumatori però faticano a capire e si domandano perché le aziende riportano già queste indicazioni quando la pasta è prodotta con il 100% di grano duro italiano (lo fa Barilla con il suo brand Voiello e altri 58 pastifici che abbiamo elencato in questo articolo), ma non lo fanno quando il grano nazionale è miscelato a quello importato (come succede nel 90% dei casi). Si arriva al paradosso alcune aziende dichiarano l’origine del grano estero negli spot o nei propri siti internet, ma non sulle etichette.
L’altra ambiguità riguarda il decreto siglato dai ministri Martina e Calenda sull’obbligo dell’indicazione di origine del grano duro (entrata in vigore prevista: febbraio 2018). Il decreto, che potrebbe avere un suo valore positivo, è considerato dagli esperti carta straccia visto che i ministri lo hanno varato senza presentare la notifica a Bruxelles. C’è di più. I produttori fanno notare che l’indicazione di origine prevista dal decreto escluderebbe la pasta di grano duro IGP (come quella di Gragnano), quella fresca e senza glutine (di riso, mais, soia, segale, etc.), la pasta biologica, quella di farro e così via. C’è un ultimo elemento da considerare, tra pochi mesi dovrebbe essere approvato un provvedimento europeo, in attuazione del Regolamento 1169/2014, che stabilirà regole precise sull’indicazione dell’origine delle materie prime per prodotti come pasta, riso, conserve di pomodoro e tutti gli alimenti costituiti da un ingrediente prevalente. Il regolamento, se verrà approvato, non soddisferà la voglia dei consumatori di sapere il vero paese di origine perché si limiterà a precisare se l’ingrediente prevalente è UE o non UE, come succede per l’olio extravergine di oliva.
Origine del grano
Le aziende riportano l’origine del grano quando la pasta è prodotta con il 100% di grano duro italiano
L’aspetto peggiore della vicenda è però la posizione di Coldiretti quando in numerosi comunicati lascia intendere che la pasta 100% italiana sia migliore. Non è necessariamente vero. La qualità di spaghetti e maccheroni è collegata al tipo di grano duro e non all’origine. In Italia solo il 60% del grano duro è di qualità buona o eccellente e viene già totalmente utilizzato. La rimanente quota non è adatta perché ai limiti o al di sotto dei parametri richiesti dalle aziende. Per coprire il fabbisogno interno importiamo materia prima di alta qualità da: Francia, Australia, Canada, Stati Uniti, pagandola di più.
L’associazione di aziende produttrici di pasta (Aidepi) accusa la lobby di Coldiretti di portare avanti da oltre un anno “una campagna diffamatoria verso i pastai e il grano estero, che sarebbe tossico o contaminato, acquistato per risparmiare. Si tratta– prosegue Aidepi – di bugie a cui Coldiretti non ha mai presentato prove a sostegno“. Anche l’Associazione Industriali Mugnai d’Italia (Italmopa) attacca le lobby degli agricoltori che accusano senza uno straccio di prova il grano duro importato di contenere il pesticida glifosato. “I risultati delle sistematiche analisi di laboratorio effettuate dall’industria molitoria – scrive l’associazione – attestano, in modo inconfutabile, che la presenza di tracce di glifosato può essere riscontrata sia sul frumento importato, sia sul frumento nazionale contrariamente a quanto incautamente e propagandisticamente affermato. La possibile presenza si situa sempre su valori,  sino a 1000 volte inferiori ai limiti comunitari, di assoluta garanzia per il consumatore. È comunque doveroso interrogarsi – conclude Italmopa – sui motivi della presenza di tracce di glifosato anche nel grano duro nazionale.” 
Anche Il Fatto Alimentare ha più volte evidenziato l’assenza di prove a supporto delle accuse di Coldiretti. Purtroppo i giornali e le tv preferiscono credere alle giullarate della lobby ignorando i dati analitici forniti dal Ministero della salute e dagli organi di controllo che dicono l’esatto opposto.
La guerra del grano è il frutto di un atteggiamento miope dei pastifici che non vogliono indicare volontariamente sulle etichette l’origine della materia prima importata. C’è poi la posizione molto pasticciata dei ministri Martina e Calenda che giocando su questa illogica scelta, hanno varato una legge destinata a non entrare mai in vigore. Il ruolo determinante e devastante è quello di Coldiretti che ha portato avanti una campagna folcloristica basata su ambiguità e bugie, convincendo milioni di persone sulla qualità superiore della pasta 100% italiana e sull’inevitabile contaminazione del grano importato. Un vero disastro!
La scelta di Barilla di dichiarare l’origine del grano negli spot ma non sulle etichette, è l’ultimo episodio  della telenovelas. La prossima puntata potrebbe essere la decisione di una grande marca di riportare finalmente in modo chiaro l’origine del grano su tutte le etichette. Chi sarà?

tratto da:
http://www.ilfattoalimentare.it/origine-del-grano-etichetta-pasta-barilla-voiello.html