Il Veneto che proponiamo è radicalmente diverso da quello realizzato e ancora una volta riproposto, senza sostanziali differenze, dal sistema politico di maggioranza e di (debole quando non collusiva) opposizione e che ha avuto la sua traduzione nel nuovo PTRC. Adottato nel 2009 e riadottato nel 2013, ancora una volta senza una reale valenza di piano paesaggistico, i suoi elementi basilari sono da un lato un sistema della mobilità e dei trasporti finalizzato ad alimentare la rete di nuove autostrade, passanti, complanari, ecc. a pedaggio , dall’altro le nuove espansioni urbane (i vari “poli” del terziario più o meno avanzato da localizzare in corrispondenza dei caselli mediante i c.d. “progetti strategici” a regia regionale e, nel contempo, le ulteriori “villettopoli” nei PAT).
Al sistema di mobilità delle persone e del trasporto delle
merci incentrato sui mezzi privati su gomma, è possibile contrapporre un
modello più articolato e sostanzialmente diverso, più simile a quelli dei paesi
europei più avanzati, privilegiando il trasporto pubblico, il SMFR , le
ferrovie e le “vie del mare”. Ad un modello trasportistico di questa natura è
necessariamente connesso un diverso modello di città e di territorio: dalla
città diffusa , informe , priva di identità, senza limiti né confini tra le
aree urbane e quelle periurbane , alla città ricompattata , riconoscibile, in
cui non è più l’edificato che si sfrangia e si diffonde nella campagna ma è il
sistema del verde agricolo (rete , nuclei e corridoi ecologici) che penetra
nella città, collegandosi alle aree verdi urbane (parchi, giardini, viali
alberati, ma anche sistemi di orti urbani).
URBANISTICA
E CONSUMO DI SUOLO
La recente forte crescita di suolo consumato, con la
conseguente impermeabilizzazione dei terreni e l'impossibilità della terra di
assorbire l'acqua piovana, ha comportato distruzione di sistemi idrogeologici,
dissesti, perdita di paesaggio.
E' stato costruito il triplo di quanto fosse necessario.
Eppure si costruisce ancora, anche in una Regione come il Veneto, che con la
Lombardia è la più cementificata d'Italia.
Il rapporto fra dissesto idrogeologico e consumo di suolo
è sempre più evidente e preoccupante.
L'abnorme quantità di costruito non ha dato però risposte
al problema sociale della casa. E' ormai acclarato che non c'è nessun rapporto
fra produzione edilizia e fabbisogno, e questo è dimostrato anche dalla
presenza di 400.000 case vuote. Speculazione edilizia, rendita urbana,
corruzione negli appalti, riciclaggio del denaro sporco, sono i motori che
promuovono l'ulteriore consumo di suolo e la privatizzazione della città. La
crisi dell'edilizia e la condizione dell'habitat umano impongono un radicale
cambiamento fondato sulla rigenerazione dell'edilizia esistente senza consumo
di suolo, la realizzazione di opere realmente utili, la costruzione della città
pubblica con spazi verdi e servizi, edilizia sociale. Una città dei diritti di
tutti che estrometta i germi della corruzione e che offra periferie sicure,
sostenibili, sane e città in cui la dimensione umana sia il fulcro delle
politiche di governo del territorio.
L'attuale modello di sviluppo si sconfigge solo con la
partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e con una cultura
alternativa alla cultura neoliberista che riduce gli spazi democratici.
Quindi, DICIAMO:
NO al project financing
divoratore di denaro pubblico e produttore di tangenti
NO a Piani Casa che danno
possibilità edificatorie senza regole
NO alle grandi opere che sottraggono
denaro alla riqualificazione urbana, alla cura del territorio e alle opere
urgenti per la vita e la salute della gente
NO al ddl del Ministro Lupi, che
affida ai privati, sottraendola agli Amministratori locali, le scelte sulle
trasformazioni urbane. Anche se è di livello nazionale, a questo pericoloso
disegno di privatizzazione della città si deve opporre tutta l'Italia!
NO alla perequazione che
“inventa” aree perequate per divorare terreni ancora liberi. Infido strumento
per barattare consumo di suolo e metri cubi con la cessione al Comune di
servizi o aree verdi, sottraendole all'agricoltura.
NO alla rendita urbana che è la
matrice dei guasti del territorio. Ci sono strumenti per evitarla, che se
applicati, frenerebbero la rincorsa al consumo di suolo. Se il differenziale
dei valori viene quantificato e restituito alla collettività sotto forma di
servizi o di contributo straordinario, perde l'interesse economico alle
operazioni immobiliari speculative (come avviene in altri paesi europei).
NO all’abbandono e alla vendita
di case ERP in presenza di decine di migliaia di domande inevase, di famiglie
che non sono in grado di pagare un affitto a libero mercato o sfrattate per
morosità incolpevole
NO alla vendita ai privati del
patrimonio di Beni Pubblici demaniali (caserme, spiagge,..) che appartengono
alla collettività
NO a nuovi centri commerciali e
poli come Veneto City, Tessera, ecc.
E DICIAMO:
SI agli Ecoquartieri, per
riqualificare le periferie favorendo l'integrazione sociale e la rigenerazione
urbana
SI alla riqualificazione dei
centri storici e sostegno ai piccoli e medi negozi di vicinato
SI ad un forte rilancio degli
investimenti pubblici per il recupero del vasto patrimonio di ERP
SI ad un premio annuale per i
comuni che riducono la superficie impermeabile nel loro territorio
SI all'uso delle risorse europee
destinate, non alle grandi infrastrutture, ma alle opere di prevenzione,
cura, risanamento, messa in sicurezza del territorio anche fuori dal Patto di Stabilità,
cura, risanamento, messa in sicurezza del territorio anche fuori dal Patto di Stabilità,
SI alla perequazione virtuosa che
nei processi di trasformazione urbana recuperi tutte le aree destinate a
Standard nei PRG o nei PAT vigenti
SI a Varianti ai PRG o PAT che
eliminino tutte le residue capacità edificatorie in aree libere in tutti i
Comuni del Veneto, perchè solo la buona pianificazione può frenare
l'impermeabilizzazione della terra.
SI ad una Legge Regionale che
con un articolo unico blocchi immediatamente l'ulteriore consumo di suolo
Si ad un PIANO DEL VERDE per aumentare l'ossigeno dell'aria, la permeabilità del
suolo, le funzioni aggregative e sociali, la bellezza delle città, le pratiche
di agricoltura biologica e di orticoltura sociale nei centri urbani e per creare
una cintura di contenimento al tessuto edificato
Si a leggi e regolamenti che
impediscano l'abbattimento ingiustificato degli alberi.
MOBILITA':
OPERE SBAGLIATE E PROPOSTE ALTERNATIVE
Lo straordinario numero e la portata delle grandi opere
infrastrutturali proposte o in corso di realizzazione nella Regione Veneto deve
far riflettere. Appare infatti chiaro che la gran parte di tali opere non
nasce dalla necessità di servire il territorio veneto, che non è meno
infrastrutturato delle altre regioni italiane, ma dalla volontà di prolungare
all’infinito la durata delle concessioni e dall'intreccio tra politica e
interessi privati per un uso delle risorse pubbliche mirato alla conservazione
dei propri affari e del proprio potere.
Tali obiettivi, presenti anche in molte altre regioni, trovano
in Veneto un terreno straordinariamente fertile che cementa interessi locali e
interessi nazionali. Ne sono coinvolti settori tradizionali, come il campo
delle concessioni autostradali, e settori nuovi, come le opere basate sul
project financing che riguardano, oltre alle infrastrutture di trasporto,
ospedali, servizi e impianti del ciclo delle acque e dei rifiuti e molte altre
categorie di opere e servizi pubblici. Compresi quelli, assai
lucrosi, che hanno a che fare con la salvaguardia di Venezia. Non può
essere altrimenti spiegata l’ostinazione a voler realizzare opere di così
grave impatto ambientale e di così dubbia utilità come il Mose oppure lo scavo
del Canale Contorta finalizzato a far arrivare le grandi navi a Venezia: una
soluzione che spezza l’unitarietà della laguna attraverso l’allargamento e
l’arginamento del canale dei petroli da Malamocco fino alla Marittima.
Per tacere dell’ Alta Velocità ferroviaria da Verona a
Trieste che provocherà danni a Vicenza, dove la collocazione della
stazione in periferia annulla il vantaggio competitivo della ferrovia
nell’accessibilità urbana, ma in compenso apre la strada a lucrose speculazioni
immobiliari.
Ulteriori gravi danni si prospettano nel raccordo Mestre-
Aeroporto di Tessera dove ancora non appaiono superati il rischio della
galleria in gronda lagunare e, nel proseguimento verso Trieste, l’estesa
compromissione delle fragili aree agricole della bonifica settecentesca e
ottocentesca. Una compromissione aggravata dal fatto che si tratta di un’opera
sostanzialmente inutile, dal momento che un intelligente adeguamento della
linea attuale sarebbe perfettamente in grado di rispondere alla domanda e alle
sue prospettive di crescita.
Restando all’affollatissimo comparto autostradale
val la pena di richiamare la sciagurata impostazione autostradale della
Pedemontana veneta, la autostradalizzazione della Orte-Mestre, il proseguimento
della Valdastico a Nord e a Sud, il proseguimento della Autostrada di Alemagna (A27)
la terza corsia della Mestre-Trieste, la Nogara Mare, la nuova Strada del mare
per i vacanzieri della domenica diretti a Jesolo, e così via.
L’aggressività delle concessionarie autostradali non
è cosa nuova; anzi è stata il segno distintivo della politica dei trasporti
nazionale a partire dagli anni cinquanta.
Tuttavia oggi la situazione è molto diversa. Il deciso
rallentamento della crescita della mobilità stradale delle persone e delle
merci verificatosi nell’ultimo decennio non dipende solo dalla crisi economica:
dipende dal cambiamento dell’economia, dei consumi, degli stili di vita, dalla
necessità di tener conto sul serio del contesto ambientale. I tassi di crescita
della mobilità si sono dimezzati rispetto al decennio precedente e in un paese
normale le nuove condizioni obbligherebbero a ripensare la politica dei
trasporti, a dare nuovo impulso alle politiche di riequilibrio modale di cui si
parla da decenni, a togliere di mezzo molte opere inutili. In Italia la nuova
situazione è diventata invece ragione di delega totale della politica
infrastrutturale a capitali finanziari in cerca di collocazioni profittevoli e
prive di rischio. Una delega nella quale lo Stato e le Regioni hanno dismesso
ogni parvenza di programmazione limitandosi a legittimare l’iniziativa privata
e a finanziare le opere. La scoperta delle connivenze e del malaffare
paradossalmente ha avuto come unica conseguenza di rafforzare e accelerare la
realizzazione delle opere stesse, come nel caso del Mose.
In questo difficile contesto, per andare verso il Veneto
che vogliamo non possiamo limitarci a giocare di rimessa, ma dobbiamo costruire
una nuova visione delle cose da fare che sia convincente non solo per noi.
Occorre produrre una nuova adeguata lettura delle necessità e dei problemi e quindi
anche delle possibili soluzioni e delle trasformazioni necessarie. Per
costruire un tale quadro di riferimento dovremmo iniziare dalla organizzazione
di gruppi locali di lavoro su temi non settoriali e costruire il quadro dei
problemi, delle risorse, dei valori, delle potenzialità. Così da elaborare
proposte condivise di politica di tutela e valorizzazione di quelle risorse.
Le principali questioni da promuovere o da combattere
relative alle infrastrutture e alle grandi opere possono essere sintetizzate,
in termini di SI e di NO, nella maniera seguente:
· SI all’impegno per la riforma
della Legge Obiettivo e la ripresa della programmazione in capo
all’Amministrazione pubblica, così da impedire il proliferare delle
irresponsabili iniziative di project financing permesse dalla normativa
attuale;
· SI ad una riforma del processo
decisionale nel quale le opere non solo devono essere programmate e decise
dalla Amministrazione pubblica, ma devono nascere da un serio processo di
partecipazione delle collettività locali anche attraverso l’ introduzione del
Débat public alla francese per la scelta e la elaborazione di progetti
condivisi, capaci di rispondere alle esigenze dei territori che attraversano.
· SI ad una impostazione delle
decisioni in materia di infrastrutture stradali e ferroviarie che nasca dal
censimento delle condizioni di manutenzione, sicurezza, capacità di
assorbimento dei flussi effettivi di traffico, da attuare attraverso un
piano–programma di interventi di adeguamento del sistema, a partire dagli
assi di medio e grande traffico.
· SI alla massima utilizzazione
delle reti infrastrutturali esistenti, anche attraverso la loro
rifunzionalizzazione tecnologica, e alla loro massima integrazione prima di
realizzare opere nuove.
· SI a politiche urbane e territoriali
di riduzione della dipendenza degli insediamenti dalla mobilità
automobilistica. Si tratta di sviluppare una nuova concezione urbanistica a
maggiore densità e continuità degli insediamenti, capace di favorire il ruolo
centrale del trasporto pubblico e un esteso ricorso alla mobilità non
motorizzata dei pedoni e delle biciclette. Nelle aree esterne l’integrazione
tra gli assi forti del trasporto pubblico dei bus e delle ferrovie con le rete
stradale deve consentire di minimizzare i percorsi in automobile.
· SI alla sperimentazione
realmente partecipata di quartieri eco-sostenibili nei quali si coniugano uso
di energie rinnovabili, compensazione delle emissioni di CO2, prevalenza di
mobilità pedonale e ciclistica, centralità del trasporto pubblico, permeabilità
dei suoli, sicurezza idraulica, equilibrio ecologico e continuità della rete
delle aree verdi urbane e periurbane.
· SI alla progressiva
trasformazione dell’auto da “bene privato” a “servizio” attraverso la
diffusione e l’innovazione tecnologica nelle formule di car sharing, car
pooling;
· SI ad un deciso trasferimento
del trasporto delle merci dalla strada alla ferrovia, così da conseguire
l’obiettivo europeo di trasportare su ferrovia tutte le merci che percorrono
più di 300 km entro il 2020.
· NO al project financing all’italiana di
infrastrutture e di servizi, che autorizza le più azzardate avventure senza
rischio per i proponenti e con rilevante danno per gli utenti e per la finanza
pubblica
· NO alle grandi opere nell’agenda
regionale (PTRC e Piano dei trasporti) che configurano un arretrato e
incongruente insieme di infrastrutture per la massimizzazione della mobilità
automobilistica, con rilevanti effetti
di dispersione territoriale, inquinamento e consumo di suolo;
· NO al taglio delle risorse per il
trasporto pubblico
· NO alla privatizzazione delle
aziende di trasporto pubblico e alla loro fusione in grandi aziende sempre più
lontane dalle reali necessità della domanda di trasporto locale.
TERRA
E AGRICOLTURA
Il tema Terra è legato all'agricoltura. La produzione di
cibo riguarda tutti, non solo i contadini, non solo gli imprenditori agricoli,
che sono dal punto di vista numerico una minoranza, ma che dal punto di vista
dell'economia, degli effetti sul territorio, della qualità della vita di questo
paese rappresentano un settore di primaria e vitale importanza: la produzione
di cibo.
Il fatto che l'agricoltura sia vista sempre come un
argomento settoriale va superato, perché il cibo è un problema che riguarda
tutti.
L'agricoltura è pesantemente sovvenzionata, è il primo
capitolo di spesa della comunità europea, la famosa PAC (Politica Agricola
Comunitaria), che si regge su due pilastri: il sostegno al reddito, e il
sostegno alle azioni agroambientali, ovvero i benefici che può portare un
modello agricolo piuttosto che un altro.
Al sostegno al reddito, che è di fatto una rendita, va
detto definitivamente NO.
• Basta spendere soldi dei contribuenti per sostenere
un'agricoltura che (usa in
modo massiccio pesticidi, sostenendo chimica di sintesi e metodi che arrecano
danno all'ambiente, alla salute, impoveriscono e desertificano i suoli agricoli),
non produce nulla di utile per l'ambiente e la collettività, e dove il plus del
“contributo” va in tasca ancora una volta all’intermediazione commerciale
(prezzi bassi delle materie prime e nessun vantaggio per l’utente finale).
Va detto SI a un'agricoltura che produca servizi
per la salute, il paesaggio, l'ambiente. Questa è l'agricoltura che va
sostenuta, con il contributo, ma anche con un maggiore riconoscimento di
prezzo.
Un altro tema è il lavoro. Si parla delle nuove schiavitù.
La filiera agricola che c'è in Italia riserva ai produttori prezzi talmente
bassi che difficilmente il lavoro viene regolarizzato. Per le piccole e medie
imprese agricole, che magari riescono anche ad impegnarsi in nicchie
favorevoli, la cosa è aggravata dall’eccessiva burocrazia che vige in questo
Paese. In Italia il costo di un bracciante agricolo è molto più alto che in
Austria e Germania, a parità di reddito netto al lavoratore.
Il modello agricolo:
• dobbiamo dire NO all'agricoltura chimico-industriale,
quella che sta devastando le colline del trevigiano, il basso Veneto...
un'agricoltura che non produce niente di interessante per la collettività,
anzi...
• dobbiamo dire SI ad un'agricoltura biologica,
biodinamica e comunque rispettosa dei ritmi della terra, che non sia destinata
ad una logica di nicchia, ma che orienti tutta la produzione agricola e
garantisca redditi “reali”.
• Quindi SI ad un'agricoltura realmente
socialmente, economicamente ed ecologicamente sostenibile.
• Riguardi al problema dell'energia in agricoltura: biogas
e biomasse. Bisogna dire NO.
Il modello, fondato sull'incentivazione coi contributi pubblici, con cui è
stata messa in atto nel Veneto, e non solo, questa strategia, è devastante per
il lavoro degli agricoltori, per il territorio e per l'ambiente.
• SI ad energie pulite in agricoltura che
devono avere un rapporto preciso e una relazione con l'attività agricola vera.
• NO
all'uso di Organismi Geneticamente Modificati .
• NO ad un cibo globalizzato. Dobbiamo
sapere da dove viene il cibo, chi lo ha prodotto, cosa ne costituisce il prezzo
e favorire le associazioni che preservano i semi autoctoni e ne favoriscono la
circolazione; fare educazione alimentare nelle scuole, confrontarci sul
cibo con gli enti locali... Quindi l'atto di consumare il cibo, di alimentarsi,
come elemento fondamentale del nostro rapporto col territorio.
• NO agli
allevamenti intensivi per l'aspetto etico, salutare e per il notevole inquinamento
che producono, nonché per il grande consumo di acqua, di energia e di
suolo."
• SI ad una gestione dei terreni che
favorisca la cooperazione giovanile e sociale e contrasti le tendenze al
nuovo latifondismo.
Documento di sintesi gruppo Acqua
PROPOSTE CONCRETE PER UNA POLITICA DELL’ACQUA SOSTENIBILE
(Relazione sintetica a cura di Vincenzo Pellegrino)
Indice
1- USI
CIVILI
Riduzione del consumo
1.
Aggiornamento e razionalizzazione del
Piano regionale degli acquedotti;
2.
finanziamento di interventi di
manutenzione, anche straordinaria, delle reti acquedottistiche;
3.
campagne di sensibilizzazione per la
riduzione degli sprechi e dei consumi;
4.
realizzare serbatoi di accumulo
domestico delle acque di pioggia per irrigazione di orti e giardini e
alimentazione wc;
Riduzione dell’inquinamento
1.
Completamento/messa in efficienza dei
sistemi di depurazione civile;
2.
no allo spargimento dei fanghi di
depurazione su campi destinati a produzioni alimentari;
3.
riduzione del consumo di detersivi e
detergenti ad alto impatto chimico;
4.
sostituzione dei sistemi fognari
misti con quelli a linee separate per acque nere e meteoriche.
Su tutto
1.
Sì alla disponibilità di acqua
potabile come diritto fondamentale ed inalienabile per ogni essere umano; no alla sua mercificazione;
2.
difesa degli esiti dei Referendum del
2011: sì alla ripubblicizzazione del servizio idrico secondo il modello
dell’azienda speciale a gestione partecipata e monoservizio;
3.
immediata cancellazione della norma
che introduce i “distacchi” per morosità incolpevole ed il divieto di allaccio
a case occupate “senza titolo”;
4.
no alla privatizzazione del servizio
idrico; sostegno alla campagna di "obbedienza civile" attraverso
l'autoriduzione delle bollette con eliminazione della voce relativa alla
"remunerazione del capitale";
5.
attivazione di un'ampia campagna
popolare per l'applicazione dei risultati referendari e per l'inserimento in
Costituzione del "Diritto all'Acqua";
6.
revisione dei criteri di assegnazione
e di tariffazione delle concessioni per acque minerali.
2- SETTORE
AGRICOLO
Irrigazione
1.
Incentivazione di pratiche colturali
a bassa richiesta d’acqua;
2.
promozione dell’utilizzo di tecniche
di irrigazione ad alto rendimento come quelle “a goccia” e per sub-irrigazione;
3.
passaggio da monocolture a
coltivazioni differenziate;
4.
favorire la transizione verso
coltivazioni biologiche, biodinamiche, integrate e a filiera corta (Km Zero,
agricoltura di prossimità); progressiva riduzione dell’uso di sostanze
altamente inquinanti come erbicidi e pesticidi;
5.
no alla produzione dei cosiddetti
biocombustibili e di OGM;
6.
governo partecipato dei Consorzi di
bonifica-irrigazione con tariffazione correlata alla sostenibilità.
Zootecnia
1.
Riduzione della domanda di carne con
il rilancio della dieta mediterranea e la promozione di quelle vegetariana e
vegana e comunque a basso consumo di carne e proteine animali;
2.
no agli allevamenti di tipo
intensivo; sì all’allevamento di animali "in libertà" con alpeggio in
collina – montagna;
3.
stringenti obblighi di depurazione
delle acque di scarico degli allevamenti e attuazione di controlli sulla
qualità;
4.
no all’uso di acque reflue dei campi
per abbeverare il bestiame;
5.
dalla PAC (Politica Agricola
Comunitaria) spesso irrazionale e contraddittoria alla PAR (Politica Agricola
Regionale) in grado di valorizzare le specificità locali e far incontrare, con
una filiera corta, l’offerta dei prodotti con la domanda. Promozione al consumo
di prodotti locali.
3 -
SETTORE INDUSTRIALE
Riduzione del consumo
1.
Introduzione delle “migliori
tecnologie disponibili” per ridurre la quantità d’acqua utilizzata nelle
industrie ad alto consumo come cartiere, concerie e impianti chimici;
Riduzione dell’inquinamento
1.
Conversione ecosostenibile delle
attività industriali; cessazione di quelle ad alto impatto ambientale e
sanitario non convertibili;
2.
introduzione del divieto di
produzione industriale di materiali inquinanti e sostanze pericolose; obbligo
dei produttori all'uso di imballaggi realizzati in materiali integralmente
riciclabili;
3.
completamento e messa in efficienza
dei sistemi di depurazione con attuazione sistematica dei controlli e
superamento della normativa sugli scarichi che prevede l’obbligo di preavviso
dei controlli (Legge Merli).
4 -
SETTORE IDROELETTRICO
1.
Stop
al rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici su
acque superficiali; messa in efficienza e
mitigazione degli impianti esistenti; sì a eventuali nuovi impianti solo se non
impattanti;
2.
passaggio dal concetto di deflusso
minimo vitale (DMV) a deflusso ecologico (DE) in grado di garantire il
mantenimento degli obiettivi di qualità ecologica di un corpo idrico e dei suoi
servizi ecosistemici;
3.
reali e sistematici controlli per
garantire il rispetto deflusso ecologico nei tratti dei corsi d’acqua sottesi
da derivazioni;
4.
sì allo sfruttamento idroelettrico,
anche con incentivi, di salti/portate su collettori fognari, condotte
acquedottistiche e canalizzazioni in genere;
5. revisione degli attuali strumenti di incentivo
da mantenere solo per impianti che soddisfino tutti i requisiti di tutela
dei corsi d’acqua [1]
e della biodiversità;
6.
procedure aperte e partecipate da
tutti i portatori d'interesse nella definizione dei Piani di Gestione dei
Bacini idrografici.
5 -
DISSESTO IDROGEOLOGICO ED IDRAULICO
Montagna
1.
Rimboschimento della fascia
pedemontana e sistemazione, mediante tecniche di ingegneria naturalistica,
delle pendici montane e collinari instabili; cura dei boschi esistenti;
2.
utilizzo dei bacini e micro-bacini
montani e pedemontani per favorire il trattenimento delle precipitazioni a
monte con conseguente riduzione delle portate di piena;
3.
incentivare il ripopolamento delle
valli montane e la rimessa a coltura dei terreni abbandonati anche con
realizzazione di nuovi terrazzamenti.
Pianura
1.
Stop immediato ed assoluto al consumo
di suolo sia agricolo che naturale;
2.
riqualificazione, rinaturalizzazione
e manutenzione fluviale;
3.
restituzione ai corsi d’acqua di
sufficienti spazi per l’espansione delle acque di piena anche attraverso
l’arretramento, ove possibile, degli argini maestri e formazione di ampi bacini
di laminazione su aree agricole limitrofe ai fiumi;
4.
recupero all’uso agricolo o a verde
pubblico delle molte aree industriali e artigianali dismesse e abbandonate;
5.
valorizzazione ed uso dei corsi
d’acqua idonei come vie di navigazione in particolare per il trasporto merci:
messa in effettivo esercizio del Po e del Fissero – Tartaro – Canal Bianco – Po
di Levante quali reali vie di trasporto interno per le merci;
6.
in via generale, serve invertire
l'attuale gestione del territorio favorendo la permeabilità dei suoli
(coefficiente udometrico) ed il rallentamento della velocità di deflusso delle
acque verso valle.
6 -
GENERALI
PIANIFICAZIONE DEGLI USI
1.
L’utilizzo dell’acqua deve avvenire
attraverso una sua attenta pianificazione che consideri l’acqua innanzitutto
come un elemento naturale necessario alla vita sulla terra e quindi come una
risorsa rinnovabile ma limitata; il suo uso deve avvenire nel rispetto
dell’equilibrio del suo ciclo naturale;
2.
serve quindi una politica che limiti
i consumi e riduca drasticamente i carichi inquinanti che, a causa dei processi
di accumulo negli organismi viventi, determinano patologie gravi, danni alla
salute e relativi costi;
3.
partecipazione democratica alla guida
dei Consorzi di bonifica-irrigazione e introduzione di strumenti di “controllo
popolare” sull’attività di organi tecnici quali Autorità di Bacino e Geni
civili;
4.
sì all’introduzione dei “contratti di
fiume” per una tutela partecipata del corso d’acqua e per un uso solidale delle
sue acque;
5.
riscoperta e rilancio della “cultura
fluviale” per la valorizzazione ambientale e culturale dei corsi d’acqua;
6.
forte azione di informazione e
sensibilizzazione della popolazione ed educazione nelle scuole a favore di un
uso responsabile e della tutela della risorsa Acqua.
TUTELA DALL’INQUINAMENTO
1.
Introduzione di sanzioni penali in
caso di inquinamento doloso o colposo delle acque;
2.
introduzione di norme di tutela
speciale dall’inquinamento della fascia di ricarica delle falde (dalla gronda
pedemontana alla linea delle risorgive) particolarmente estesa e importante in
Veneto (no a cave, discariche, produzioni inquinanti).
Documento di sintesi gruppo Aria
a cura di Paolo Lugnan
- Incenerimento dei rifiuti : si
boccia questa politica in quanto contraddittoria a quella del riciclo, riuso e
corretto utilizzo delle materie prime. Analogamente si richiede la revoca del
Decreto Clini che autorizza la combustione di rifiuti nei cementifici. Si
denuncia il fatto che oltre al pericolo della combustione di sostanze tossiche,
o che tali diventano dopo il trattamento termico, al cemento così prodotto si
aggiungono sostanze, in percentuali rilevanti, tossico-nocive.
In questo senso va rigettata l'espressione di "opere
di interesse strategico" che in verità giustifica qualsiasi abuso. Va,
invece, data grande evidenza alle Valutazioni di Impatto Ambientale (da poco
assoggettate ad un controllo del conflitto di interesse dei membri appartenenti
alle Commissioni).
- Informazione e formazione: Grande importanza viene data a questi strumenti veicolati
tramite la rete dei Comitati per diffondere la conoscenza dei dati e dei reati
ambientali (a questo proposito è stata manifestata l'esigenza di una eventuale
copertura legale): la rete dei Comitati anche come utile "sirena di
allarme", che evidenzi l'eventuale latitanza delle istituzioni preposte ad
allertare le popolazioni nei casi di superamento delle "soglie di
allarme" che metta in pericolo la salute umana (così come previsto dalla
normativa comunitaria da noi recepita con il D.Lgs. 155 del 13.08.2010).
- Piano educativo rivolto alle giovani generazioni: Importante, anche se più di medio-lungo termine. Un progetto ben
strutturato di sensibilizzazione ai temi ambientali che si rifletta
positivamente nei comportamenti dei genitori, correggendoli.
-Pubblicazione del nuovo Piano di Risanamento
dell'Atmosfera: l'ultimo è del 2004, si stigmatizza
che senza un rientro nei limiti almeno europei (quelli dell'O.M.S. che guardano
oggettivamente alla salute umana senza condizionamenti politici sono molto più
stretti) si deve vietare ogni autorizzazione a nuove emissioni, specialmente se
si tratta di combustione di rifiuti o biomasse.
- No alla combustione incontrollata dei residui vegetali
in agricoltura. Anche operazioni banali come
la bruciatura dei tralci di vite dopo la vendemmia, se le coltivazioni sono
pesantemente trattate con prodotti chimici, può provocare l'immissione in
atmosfera di sostanze tossiche che si sommano ai normali residui della
combustione.
- No all'uso, in agricoltura e nella manutenzione del
verde, dei pesticidi: molecole di sintesi, non esistenti
in natura, che in maniera diretta o indiretta espongono tutti gli esseri
viventi, uomo compreso, al rischio di malattie acute e croniche.
- No agli incentivi della Regione Veneto per caldaie a
biomasse.
- No alla costruzione di grandi centrali di produzione di
energia specialmente se a biomasse.
- Si ad incentivi per la conversione a metano o
elettricità dei veicoli, con particolare riferimento ai mezzi del trasporto
pubblico.
- Si ad incentivi miranti alla sostituzione di caldaie
inquinanti con sistemi di riscaldamento a basso impatto ambientale.
- Si alla ristrutturazione e riqualificazione energetica
degli edifici esistenti, preferibilmente
mediante coibentazione con materiali naturali con un maggior uso del solare
termico e delle pompe di calore.
-No al taglio all'ingiustificato degli alberi, Si alla salvaguardia e all'aumento degli alberi in
ambito urbano e agricolo
- Si ritiene necessaria un'analisi quantitativa del
danno sanitario provocato dall'inquinamento dell'aria. L'ultimo rapporto dell'Agenzia Europea
per l'Ambiente, Air Quality 2014, stima in 64.000 le morti premature, in
Italia, dovute alle sole polveri sottili (PM 10), a queste perdite sono da
sommarsi i costi delle cure delle varie patologie connesse. In questo panorama
si inseriscono le inquietanti prospettive di involuzione (sono previsti tagli
per 6 miliardi nei prossimi due anni) del Sistema Sanitario Nazionale, che, una
volta che siano eliminate storture e inefficienze nella sua struttura ,
rappresenta una conquista: quella
del diritto alla salute per tutti i cittadini, sancito dalla nostra
Costituzione.
- Rappresentanza politica nelle pubbliche amministrazioni: i Comitati dovrebbero costituire una forza di pressione che
trovi giustificazione nelle esigenze
di cambiamento e di tutela delle future generazioni da parte della popolazione
amministrata. La creazione di
vincoli che i candidati siano tenuti a rispettare per arrivare a comportamenti
più coerenti col buon senso (rispettare alberi e zone verdi, ad esempio) e la
legalità.
Documento di sintesi
gruppo Energia
a cura di Michele Boato, Paolo Cacciari, Gianni Tamino,
Luca Fattambrini
Programma regionale
Energia
- Riduzione dei consumi, efficienza energetica e risparmio: non basta semplicemente sostituire il solare e l’eolico
all’impiego di petrolio e metano: le energie rinnovabili vanno accoppiate ad un
grande sviluppo di risparmio ed efficienza energetica, per far diminuire i
consumi, anche con innovazioni tecnologiche.
- Vere energie rinnovabili, in luoghi idonei: le fonti sono rinnovabili se hanno capacità di rigenerazione
superiori al consumo Quindi la fonte deve rigenerarsi nello spazio e nel tempo
di utilizzo. Invece le fonti fossili (gas, petrolio e carbone) hanno cicli di
rigenerazione di ere geologiche. Ma anche le biomasse, se provengono da lontano
provocano distruzione di boschi e foreste) non sono sostenibili. Così l’uso
energetico delle acque può compromettere ecosistemi e naturalezza dei fiumi, il
fotovoltaico e l’eolico (tecnologie in generale positive), se mal collocate,
possono alterare il paesaggio e la funzione agricola dei campi.
- No ai combustibili fossili, in particolare al carbone (a Marghera e P.Tolle): non abbiamo bisogno di nuove centrali,
ma di sostituire le centrali più inquinanti con fonti veramente rinnovabili e
sostenibili.
- No alle trivellazioni per la ricerca e sfruttamento di
gas e petrolio anche in relazione alla
particolare vulnerabilità del Delta e delle lagune veneziane in ordine alla
subsidenza e all’aumento del livello medio del mare
- No agli impianti a biomasse e agli incentivi (promossi anche dalla Regione Veneto) al di fuori di precise
condizioni: il recupero di energia dalle biomasse è una possibilità solo a
patto che la materia prima sia prelevata in loco e nel massimo rispetto degli
equilibri ambientali (manutenzioni dei boschi, residui di segherie) e che la
produzione di energia avvenga in impianti di piccola taglia. I Fondi Europei
devono favorire le vere fonti rinnovabili, non le centrali a biomasse.
- Dal modello energetico accentrato delle grandi centrali, si
passi al modello decentrato (smart
grids, reti intelligenti)
- Vanno fatti, con la partecipazione popolare, Piani energetici Comunali delle
Energie Sostenibili (PAES)
con cui, tra l’altro, vanno create e sostenute “reti di energia popolari”,
anche attraverso l’azionariato popolare, per installare sistemi energetici di
autosufficienza locale.
- Nuova politica urbanistica, nuova edilizia, nuova
mobilità: edilizia e nuove costruzioni a
consumo zero. Mobilità pubblica efficiente.
-Creazione di una Agenzia
regionale per l’Energia (come
esistono in FVG ed E.R.), organo tecnico con lo scopo di informare, formare,
dare consulenza e progettazione sia ai singoli che alle aziende e ai Comuni
(anche per i PAES). - Va promosso il sistema delle ESCO (Energy Service
Company) per sostenere singoli, gruppi e Enti locali nel risparmio energetico e
uso fonti rinnovabili.
- Va creato un Fondo
per l’assistenza ai soggetti in “morosità involontaria” nel pagamento delle bollette
energetiche (analogamente a quanto fatto a Cremona per le bollette dell’acqua
con la “Banca dell’acqua”)
Sulla base di questi contenuti va rifatto il Piano Energetico
Regionale (adeguato al V Rapporto dell’
IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change e al Patto di Lima COP20 sul
cambio climatico) , anche attraverso la
pubblica discussione con i cittadini.
Risorse
e rifiuti
Il Veneto può e deve puntare alla riduzione del 20% dei
rifiuti prodotti e almeno all’80% di raccolta differenziata e riciclo,
attraverso il sistema porta a porta . Già Ponte nelle Alpi (col suo 90%) ed altri 34 Comuni superano
l’85% di differenziata e quasi un centinaio di Comuni superano l’80%.
Servono iniziative forti per favorire la progettazione e
commercializzazione di prodotti facilmente riparabili e riusabili e penalizzare
gli usa e getta e quelli non riparabili (ad obsolescenza programmata).
- Comunque già ora, arrivati al 66%,vanno chiusi gli
ultimi due inceneritori , a
Padova e Schio e non va riattivato il “bidone” di Verona. L’incenerimento dei
rifiuti non va attuato, anche per motivi sanitari, neppure nelle centrali
elettriche, nei cementifici o in altri impianti.
- Le frazioni organiche dei rifiuti non vanno bruciate,
nemmeno indirettamente come biogas, è decisamente meglio il recupero di
attraverso la produzione di compost ottenuto per via aerobica che
restituisce all’ambiente materia organica e riduce il carbonio in atmosfera.
- E vanno raccolte e recuperate come materia anche le
altre frazioni, carta, plastiche, metalli, legno e tessili. Con la raccolta
domiciliare, va introdotta in tutti i comuni la tariffa proporzionale alla
quantità di rifiuto “non riciclabile” in modo da ridurre i rifiuti, le
discariche e i costi che le utenze sostengono. Anche la frazione detta “non
riciclabile” va riciclata col sistema dell’estrusione attuata già in vari impianti anche in
Veneto.
- Vanno avviate indagini epidemiologiche sugli effetti
sanitari degli inceneritori di Padova e di Schio
Il Piano Regionale Rifiuti va radicalmente rifatto sulla base di questi contenuti. E va riformato il sistema delle
Commissioni regionali di Valutazione Ambientale, oggi del tutto dipendenti
dalla volontà politica della Giunta.
Sintesi e lavori pubblicati sul SITO
http://comitativeneto.altervista.org/
Documento di sintesi gruppo Terra
a cura di
Carlo Costantini. Luisa Calimani, Maria Rosa Vittadini, Franco Zecchinato