L'acqua veronese assediata da erbicidi e reflui industriali, il convegno. dall'Arena


La zona meno a rischio è la città mentre nelle aree di provincia si trova ogni genere di inquinante, fino al tossico tetracloroetilene.

Il convegno sull'acqua organizzato all'Ater dai gruppi ambientalisti. 
L'acqua è un bene comune e tutti sono responsabili della sua conservazione. Ma alcuni soggetti, in particolare fra gli industriali, gli agricoltori e gli allevatori, tendono a sottrarsi a questo impegno, dettato non solo dalla coscienza ma anche dalla legge. Si originano così inquinamenti delle risorse idriche, con la compromissione delle falde, dalle quali attinge l'acquedotto pubblico. Se ne è parlato al convegno «Lo stato delle acque in provincia di Verona» organizzato all'Ater dalle associazioni Legambiente, Terra Viva e Il Carpino, gli enti responsabili del controllo dell'acqua pubblica (e della sua decontaminazione) che hanno tracciato la mappa delle maggiori criticità nel Veronese. Da quanto esposto da Acque Veronesi, Ulss 20 e Arpav, emerge che la zona meno esposta a rischi è la città. Allargandosi verso la provincia, le analisi delle falde e dei pozzi mettono in luce la presenza di antiparassitari ed erbicidi nelle acque sotterranee della fascia pedemontana, dove persistono coltivazioni; concimi e fertilizzanti nelle zone di fondovalle e ai piedi delle colline; sostanze di origine industriale un po' dappertutto, in particolare nell'est veronese.
«Ma, per quanto riguarda i fitofarmaci, la maggior parte delle volte la concentrazione in falda non supera i limiti stabiliti per legge», illustra Marina Zuccaro, tecnico dell'Arpav. «Per esempio, attraverso le analisi dei campioni raccolti, abbiamo rinvenuto residui di atrazina, un erbicida ritirato dal commercio nei primi anni Novanta, nei dintorni di Zevio e Castelnuovo. Purtroppo, anche se in piccole percentuali, inquinanti di questo tipo permangono a lungo nell'ambiente».
Mario Dal Grande, responsabile del controllo di qualità di Acque Veronesi, spiega: «Il 74 per cento dell'acqua che esce dai rubinetti domestici arriva dalle falde. Di questa, il 23 per cento deve essere purificato per garantirne la potabilità. Il processo, in molti casi, prevede un filtraggio con carboni attivi che assorbono le sostanze nocive».
«Tra le contaminazioni riscontrate negli ultimi anni», elenca Dal Grande, «ci sono quelle da erbicidi, in particolare l'atrazina, a Sommacampagna, Vigasio, Mozzecane. Sono stati poi rilevati i nitrati, composti inorganici derivanti dalle concimazioni, sia nelle zone ai piedi della Lessinia, come Nesente e Montorio, sia a Soave e Pescantina. E infine, le sostanze che derivano da sversamenti industriali accidentali o illeciti, come il tetracloroetilene, riscontrato a Negrar, Poiano, San Bonifacio, San Giovanni Lupatoto».
Massimo Valsecchi, direttore del Dipartimento di prevenzione dell'Ulss 20, commenta: «L'azienda sanitaria, insieme all'Arpav e ad Acque Veronesi, tiene monitorata costantemente l'acqua di acquedotto per individuare e riparare subito i danni causati dagli inquinanti. Tuttavia, esiste anche una parte di popolazione che si serve di pozzi privati, con un consumo a suo rischio e pericolo visto che su quelli non si fanno controlli». La nostra provincia, continua Valsecchi, «è fortemente urbanizzata, industrializzata e coltivata. Perciò l'attenzione sulla qualità dell'acqua va sempre mantenuta alta».
Eppure, due assenze sono risultate fuori luogo: quella dei rappresentanti della politica (eccetto l'eurodeputato del Pd Andrea Zanoni) e della magistratura. Come dice Valsecchi: «Rafforzare il meccanismo per il quale chi inquina paga sarebbe un buon punto di partenza per risanare il territorio».
Lorenza Costantino e FOTO MARCHIORI
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L'arena del 2 febbraio 2013