I risultati hanno di fatto smentito l’ipotesi che il calo della quantità di pesticidi utilizzati stia riducendo il loro impatto ambientale così come l’idea che le colture OGM porterebbero a ridurne l’uso.
I motivi potrebbero essere molteplici, gran parte dei quali non ancora noti a causa della mancanza di open data relativi all’uso di sostanze chimiche in agricoltura in buona parte dei Paesi nel mondo. Una lacuna importante per il team di ricercatori che si è comunque ritenuto soddisfatto per aver avuto a disposizioni quelli alla base dello studio.
Lo studio ha utilizzato i dati del governo degli Stati Uniti sull’uso dei pesticidi e il livello di tossicità di 380 pesticidi usati nel Paese dal 1992 al 2016. Ciò ha consentito di valutare i cambiamenti nel tempo. Guardare esclusivamente la quantità di pesticidi applicata avrebbe fornito un’immagine falsa, hanno fatto sapere gli scienziati.
Una evidenza tangibile è che “i composti più tossici per i vertebrati sono stati sostituiti da altri meno nocivi e questo è davvero un successo. Ma allo stesso tempo i pesticidi sono diventati più specifici e quindi, purtroppo, anche più dannosi per organismi quali gli insetti impollinatori e gli invertebrati”, ha commentato Schulz, che ha aggiunto: “Le colture geneticamente modificate sono state introdotte sostenendo che avrebbero ridotto la dipendenza dell’agricoltura dai pesticidi chimici. Questo ovviamente non è vero se ci si attiene ai livelli di tossicità”.
Insomma nulla di rassicurante emerge dalla ricerca, ma il bicchiere non è ancora vuoto: “Più informazioni abbiamo rispetto ai problemi esistenti, meglio è. In quest’ottica definirei il nostro studio una buona notizia, in quanto punto di partenza di un successivo dibattito politico e sociale sul tipo di effetti che vogliamo che i pesticidi abbiano o non abbiano”, ha concluso Schulz.
Fonte: The Guardian