La crisi ucraina e i suoi contraccolpi globali hanno messo in evidenza quanto l’Italia sia deficitaria su molti fronti per quando riguarda il cibo: produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di auto-approvvigionamento.
L’Italia è quindi costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati.
Non fa differenza il settore del biologico dove per molte produzioni il ricorso alle importazioni da Paesi Terzi extra UE ha un peso molto importante rispetto al fabbisogno nazionale.
In particolare, la situazione appare grave per quanto riguarda mais e soia biologici che arrivano in Europa, e nel nostro Paese, soprattutto da aree interessate in questo momento dalla guerra.
L’Ucraina è il quarto Paese esportatore di mangimi bio in Europa (7.383 tonnellate solo nel 2020) e il Kazakistanche è al terzo posto per l’esportazione di mangimi (11.651 tonnellate nel 2020) è solito esportare con una triangolazione che include l’Ucraina.
In Europa quindi siamo di fronte ad una situazione di carenza di mangimi bio che dovrebbe fare scattare più di un’allerta, sia per quanto riguarda le importazioni che per quanto riguarda le produzioni nazionali.
In Italia, solo nel 2019 (dati Sinab), sono state importate 6.681 tonnellate di soia biologica di cui il 46.2% (3.087 tonnellate) provenienti esclusivamente dall’Ucraina. Anche per il mais biologico, il 67.9% delle importazioni provengono dall’Ucraina.
Quantitativi importanti che quindi verranno a mancare, con gravissime ripercussioni sulla disponibilità e sul prezzo di questi prodotti.
La produzione nazionale di soia e mais biologici purtroppo è ferma a livelli molto ridotti con il mais coltivato in biologico solo per il 2,6% della superficie totale maisicola nazionale e la soia biologica che arriva al 4,8% del totale della superficie coltivata in Italia.
Rispetto alla media nazionale delle superfici bio, che rappresentano circa il 16% delle superfici totali, la bassa presenza di coltivazioni bio per soia e mais rappresenta quindi un ulteriore grande problema di disponibilità.
L’allarme per la scarsa disponibilità di mangime biologico viene quindi lanciato da Coldiretti BIO, associazione delle imprese biologiche e biodinamiche di Coldiretti, che ha registrato un aumento generalizzato dei prezzi pari mediamente al 20-30% fino a picchi di oltre il 50 %
Le materie prime proteiche da agricoltura biologica iniziano a scarseggiare con conseguente riduzione del loro impiego nelle percentuali della quota di composizione della razione alimentare giornaliera, con rischio di abbassamento della qualità del prodotto.
Molte aziende agricole stanno rivedendo la programmazione delle semine a causa del mutato scenario e delle improvvise variazioni di prezzo, anche per favorire la produzione di mangimi aziendali, dando priorità alla coltivazione aziendale di frumento, orzo e pisello proteico. A questa emergenza si affianca anche la grave situazione di siccità che non ha permesso il normale accrescimento dell’erba medica, che potrebbe portare ad una riduzione di resa pari al 50% della produzione totale annua.
In questa fase, quindi, è necessario rivedere alcune scelte normative specifiche per il settore del biologico, per consentire a numerose aziende in crisi, in particolare della zootecnia, di superare la fase critica del momento attuale, senza subire le pressioni del marcato, con scelte che sarebbero irrecuperabili per il loro futuro. Interventi sulle norme relative alle razioni alimentari per ampliare le possibilità di scelta e trovare soluzioni economicamente percorribili; interventi per semplificare le procedure per la pianificazione produttiva e la semina, favorendo soluzioni più elastiche e soprattutto la necessità di accelerare sull’adozione del logo del biologico italiano, appena approvato, per la costruzione di filiere biologiche interamente made in Italy. Su questi temi si sta concretizzando in questi giorni l’impegno di Coldiretti BIO, per fornire qualche strumento per fronteggiare meglio il difficile momento di crisi.
Fonte: Coldiretti BIO