Carlo Petrini: sistema alimentare e turistico da ripensare

 L'intervento del fondatore di Slow Food alla Conferenza globale sull'enoturismo in corso ad Alba: "Non si può parametrare l’efficienza del sistema turistico solo con il numero di arrivi delle persone"

Di fronte ai 300 delegati giunti da tutto il mondo, Petrini ha posto l’accento sul fenomeno dell’impoverimento dei borghi: “La grande distribuzione ha fatto sparire le piccole botteghe, il profumo del pane che si sprigionava dal forno di paese, l’osteria dove si giocava a carte e si ritrovavano a socializzare gli anziani. Anche la comunità religiosa, la parrocchia, è ormai sparita. Ma se gli indigeni non ci sono più, se chiudono i negozi e si disperde il benessere sociale, allora occorre cambiare strada e pensare a un’altra forma di sviluppo. Io credo che sia realmente sostenibile un turismo che sa governare il proprio limite: vale per i produttori di vino e per gli operatori. Crescere è un’ottima cosa, ma non esiste in natura la crescita perenne. Occorre armonia, come ci ha insegnato la crisi pandemica. Non si può parametrare l’efficienza del sistema turistico solo con il numero di arrivi delle persone. Non è questo che dobbiamo monitorare, dobbiamo valutare la qualità del turismo e la sua capacità di essere in armonia con il territorio”.

 

Altra questione chiave, per il fondatore di Slow Food, è “la trasformazione del vino in una commodity. Si sta staccando dal mondo agricolo, ha legami sempre più flebili con l’altra agricoltura meno blasonata. Ma una campagna dove c’è solo la viticoltura, dove la monocultura che rende elimina quella che non rende, non va bene. La biodiversità del paesaggio non è data da una distensione monotona di vigneti, ma dalla varietà. Per questo il vino deve riconnettersi al mondo alimentare, deve avere più coscienza e rispetto per le altre colture”.

 

Tra i temi che il Forum mondiale ha messo al centro, c’è il coinvolgimento della Generazione Z. Ma anche qui Petrini ha messo in guardia verso presuntuose semplificazioni: “I giovani non si conquistano con grandi idee di promozione turistica. Li vediamo mobilitarsi per una situazione ambientale disastrata, dove il sistema alimentare è il primo responsabile, con un 30% del cibo sprecato, invasioni di monoculture, eccesso di chimica e fitofarmaci, sacche di caporalato e di sfruttamento dei lavoratori. Il turismo del vino può essere un’autostrada vincente, ma per nulla sostenibile e durabile”. Il cambiamento climatico a cui stiamo assistendo ne è la dimostrazione: “L’atlante delle grandi vigne di Langa che tanti anni fa ho contribuito a creare indicava le posizioni migliori, i cosiddetti cru. Oggi queste vigne danno vini cotti dal caldo e si favoriscono le zone meno esposte, più ombreggiate. Se il turismo del vino non ha coscienza di tutto questo, come può essere un elemento attivo? Questa per me è la vera sostenibilità”.

 

Fonte: La Repubblica