da SLOWINE: Montagne di schei* in Veneto, ma non per la ricerca

Qualche giorno fa siamo andati a visitare il Centro Sperimentale per la Viticoltura di San Floriano (in Valpolicella), ente istituito dall’Amministrazione Provinciale di Verona nel 1977 con l’obiettivo di salvaguardare e migliorare le produzioni viticole ed enologiche legate strettamente ai vitigni autoctoni di questo territorio. Negli anni, grazie anche alla professionalità e alla passione del responsabile Emanuele Tosi, il Centro ha prodotto un gran numero di ricerche, sia in campo viticolo che enologico.

Dal punto di vista viticolo si è occupato della conservazione della variabilità varietale di varietà iscritte al Catalogo nazionale; della caratterizzazione e conservazione di varietà minori o dimenticate (recenti iscrizioni al Catalogo nazionale di Oseleta, Spigamonti e a breve Cabrusina); di selezione clonale – recentemente in collaborazione con Vitiver (consorzio vivaisti viticoli veronesi) – con la prevista iscrizione di una ventina di cloni delle principali varietà locali nei prossimi tre anni; di valutazione della piattaforma ampelografia con diversi vitigni italiani a bacca rossa per l’eventuale inserimento nell’elenco dei vitigni autorizzati in provincia di Verona; della valutazione delle forme di allevamento, in particolare del confronto pergola – guyot; di validazione del metodo della confusione sessuale nel veronese e della valutazione di varietà resistenti alla peronospora e all’oidio nel veronese. Di quest’ultima ricerca parleremo prossimamente in un altro post …). Anche l’attività di ricerca enologica non è stata da meno e si è concentrata in particolare su: selezione di lieviti locali per tipicizzare le produzioni di vino Soave, Valpolicella e Amarone; selezione di lieviti aziendali; studio del coinoculo lieviti batteri nell’Amarone; studio dell’interazione della Botrytis cinerea nei vini da uve appassite (Recioto di Soave e Amarone); studio dell’utilizzo di lieviti non saccharomyces. Infine è stata realizzata la zonazione dei vigenti dei soci della Cantina Valpolicella di Negrar e della Cantina Valpantena di Quinto, oltre alla zonazione dei principali areali Doc (Soave, Bardolino, Durello, Arcole, ecc.). Senza tralasciare l’attività di analisi chimiche e sensoriali, gli incontri di aggiornamento e di formazione per tecnici e l’organizzazione (o partecipazione) a convegni sulle principali tematiche vitivinicole.


Insomma un’attività fervida che ha arricchito e arricchisce ancora l’intero mondo della produzione vitivinicola veronese. Ma ora il Centro Sperimentale rischia di chiudere: se verranno eliminate – come prevede l’attuale governo – le Amministrazioni provinciali il centro rimarrà “senza padrone” ma soprattutto senza risorse, in quanto non è un soggetto istituzionale autonomo con possibilità di partecipare a finanziamenti pubblici di varia natura. Per salvarlo la strada maestra sarebbe quella di creare una Fondazione che lo rilevi, della quale potrebbero far parte, con quote diverse di partecipazione, soprattutto i vari Consorzi di Tutela della provincia di Verona (ne ricordiamo solo tre, di grande importanza e valore: Valpolicella, Soave, Bardolino …). Ma nessuno sembra intenzionato a perseguire questa soluzione e pertanto il Centro è destinato a una lenta agonia. Già ora alcuni operai – tra cui il valido cantiniere che si occupava delle microvinificazioni sperimentali – sono stati dislocati dall’amministrazione provinciale alla manutenzione stradale …
Insomma ci siamo trovati di fronte a uno di quei casi che avevamo denunciato durante la presentazione nazionale di Slow Wine 2014 a Venezia, nell’ottobre scorso: nel mondo del vino c’è grande bisogno di ricerca seria, come quella portata avanti fino ad oggi da questo Centro, ma nessuno se ne cura, anzi le poche realtà valide esistenti rischiano di chiudere i battenti … Proprio mentre stavamo uscendo, con umore piuttosto mesto, dal Centro sperimentale è arrivata – per una di quelle singolari coincidenze della vita – una mail del Consorzio Arcole (Doc situata nella pianura veronese, a ridosso dei confini con la provincia di Vicenza) che riportava questa notizia:Arcole Doc, 2014 strategico per progetti e valori. Il consiglio del consorzio approva investimenti promozionali per 1.500.000 €. Incuriosito dalla cifra mi metto a leggere il testo: “… Sud Est asiatico, America Latina e Centro America, Europa Extra Ue e Medio Oriente: questi i mercati obiettivo del programma promozionale per il Consorzio dell’Arcole, stilato in sinergia con Uvive ed approvato nell’ultimo consiglio del consorzio per l’anno 2014. … Il nuovo progetto, approvato nell’ambito delle azioni OCM rivolte ai paesi terzi da Ministero delle Politiche Agricole e Regione Veneto, vede infatti il Consorzio dell’Arcole come capofila in un percorso volto ad attivare opportunità di internazionalizzazione per tantissime aziende venete. … Il nuovo progetto di internazionalizzazione per il 2014 coinvolge 39 aziende e testimonia quanto questo territorio possa essere strategico nel panorama dei vini Veneti a denominazione”. Parole e numeri altisonanti, senza dubbio. Ma andiamo a questo punto a vedere cosa esprime oggi la denominazione Arcole, servendoci dei dati di Siquria, l’Organismo di certificazione dei vini DOP e IGP delle province di Verona e Vicenza (dati riferiti al 2012).
Uve rivendicate = 9.619 q.li. Potenziale di vino atto a diventare Doc Arcole = 6.733 hl. Vino imbottigliato come Doc = 1.455 hl, così suddiviso nelle varie tipologie ammesse dalla denominazione: Arcole Merlot 469 hl., Arcole Pinot Grigio 377 hl., Arcole Cabernet Sauvignon 233 hl., Arcole Chardonnay 201 hl., Arcole Bianco + Arcole Rosso + Arcole Nero 175 hl. (non proprio una produzione con forte connotazione territoriale, vista la quasi totale presenza di varietà internazionali …). I 1.455 ettolitri corrispondono a circa 194.000 bottiglie da 0,75 lt.
È quest’ultimo il dato significativo: si producono 194.000 bottiglie di Arcole e si spenderanno 1,5 milioni di euro per promuoverle all’estero. In sostanza verranno spesi in promozione 7,7 euro per ogni bottiglia, quando il prezzo di vendita medio di un Arcole Doc non arriva a 3,5 euro. Si spenderà in promozione più del doppio del valore della produzione Doc in bottiglia: una follia! Mentre per la ricerca, qualche chilometro più in la, non c’è una lira …
schei, in veneto = soldi, denaro
Scritto da Fabio Giavedoni