Una quarantina d’anni è il tempo medio che la scienza
impiega a riconoscere i veri effetti di una nuova molecola immessa in ambiente
dall’industria chimica. In barba al principio di precauzione è necessaria una
trafila di avvenimenti che vanno da denunce, ricerche, morti e malattie,
dibattiti, pressioni dell’opinione pubblica, cambiamenti culturali, presenza di
persone giuste nel momento giusto. Spesso è anche necessario che l’industria
abbia in progetto l’immissione sul mercato di una molecola sostitutiva, che
rischia poi di percorrere lo stesso cammino. Citiamo solo l’amianto, il fumo di
sigaretta, il piombo tetraetile nella benzina, ma non dimentichiamo gli
ftalati, i perfluoroalchilati. In effetti questi tempi sono inversamente
proporzionali alla forza economica e politica delle industrie e delle lobbies
che producono le sostanze in questione. Ma se i tempi della scienza sono
biblici i tempi della politica, e spesso della cultura, sono geologici. Credono
gli “ambientalisti” di aver vinto qualche battaglia con la recente decisione
della IARC di classificare il glifosate non più “possibile” cancerogeno (2b)
bensì “probabile” cancerogeno a quarant’anni dal suo brevetto? Credono che
questo basti a spostare gli equilibri, a fare cultura, a cambiare le cose ? Si
illudono! Certo, gli agricoltori e le loro organizzazioni proveranno un po’
più di vergogna (ho già visto trattare con diserbante e poi arare per
nascondere l’erba gialla) ma questo non
basta. Ancora le ARPA mostrano articoli
scientifici degli anni ’80, firmati dai laboratori Monsanto, per giustificare
l’ assenza del glifosate fra le sostanze ricercate ogni anno nelle acque superficiali e profonde
e l’ISPRA non può pubblicare dati corretti. Inizia ora la battaglia, Monsanto
ha già dichiarato “spazzatura” gli articoli che hanno portato la IARC allo
storico passo e molte organizzazioni ambientaliste hanno chiesto il ritiro dal
commercio in Italia (e in Europa) del famigerato diserbante. La FIAB, la AIAB,
il WWF, Legambiente, ISDE e molte altre. Sono ancora troppo poche, dovrebbe
iniziare una campagna di boicottaggio, una richiesta di etichettatura in cui si
dichiari se il prodotto ne è esente o meno. Tanto per renderci conto della
portata dell’avvelenamento collettivo cui siamo sottoposti ricordo che uno studio
mostra che quasi la metà delle persone testate, residenti in varie città
europee hanno tracce di glifosate nelle urine, che 14 su 20 prodotti da forno
ne contengono tracce, che tutti i prodotti OGM, quindi in Europa tutti gli
animali provenienti dalla zootecnia industriale, che sono cresciuti con mangimi
OGM (probabilmente il 90% dei mangimi.
Da una decina di anni il mondo scientifico pubblica una
quantità di lavori impressionante sul glifosate dai quali si desume che la sua
tossicità è multisistemica. Non colpisce un solo organo o un solo apparato,
agisce a livello enzimatico ed entra in molti metabolismi. Ma andiamo con
ordine. C’è una evidenza di prevalenza di tumori della mammella (solo quelli
ormono-dipendenti), dei tessuti linfopoietici (linfoma), mentre a carico dei
tessuti germinativi provoca teratogenicità (malformazioni alla nascita),
infertilità (a livello sperimentale anche a quantità parti ad una particella
per milione), disbiosi intestinale, intolleranze alimentari e celiachia per il suo comportamento da
antibiotico sulla flora batterica intestinale
(infatti era stato brevettato anche come antibiotico). Un altro
problema, rilevato proprio qualche giorno fa, è il contributo ancora
misconosciuto che da all’aumento preoccupante dell’antiobito-resistenza cui
assistiamo impotenti ogni anno. Si è notata anche una netta capacità aritmogena
(la fibrillazione atriale per esempio) segnalata in un articolo del settembre
2014. Probabilmente ci saranno altre sorprese visto il raggio d’azione
ubiquitario e multi sistemico. Autismo ,Alzheimer, depressione, per quel che riguarda il sistema
nervoso, insufficienza renale cronica, diabete, ipotiroidismo sono altre
patologie su cui si indaga.
Intanto da 40 anni è
impunemente in commercio ed ora ben il 70% della terra arabile del pianeta ne è
impregnata. Il 31 dicembre scade la sua licenza di commercio, rinnovata di
dieci in dieci anni. Altri dieci anni, con un ritmo di crescita delle vendite
impressionante (nel mondo da 30 a 80 mila tonnellate annue) è insostenibile per
il pianeta, per la fertilità del suolo, per la biodiversità botanica, per le
tutte le specie di animaletti della terra e per la stessa specie umana.
Giovanni Beghini
link per la petizione di avvaz
https://secure.avaaz.org/it/monsanto_dont_silence_science_loc_eu/?pv=160&rc=fb
https://secure.avaaz.org/it/monsanto_dont_silence_science_loc_eu/?pv=160&rc=fb