TRENTINO Fitofarmaci, la Lilt chiede uno studio sulla salute

TRENTO. «La cosa più importante è promuovere, finalmente, una ricerca seria e attendibile in provincia, per verificare se ci sono rischi per la salute correlati all’utilizzo dei fitofarmaci. Ad oggi, infatti, non esistono studi affidabili sul tema né in Italia né in Trentino. Ne esistono tanti, invece, fatti in Europa e negli Stati Uniti che dimostrano come le correlazioni tra patologie e pesticidi esiste. Però se l’Italia, da sola, consuma il 33% dei pesticidi di tutta Europa e se il Trentino è tra i territori che ne fa più uso nel Paese allora forse è il caso di approfondire la questione anche noi». E’ il presidente della Lilt (Lega italiana lotta ai tumori) del Trentino Mario Cristofolini a lanciare l’appello alla Provincia e in particolare all’Osservatorio epidemiologico del Trentino affinché si studi in maniera puntuale e precisa che rischi per la salute umana esistono utilizzando grandi quantità di fitofarmaci in agricoltura.
Ad oggi, infatti, buona parte delle rassicurazioni ad agricoltori e cittadini, in Trentino, sono affidate a uno studio condotto nel 2012 dall’Azienda sanitaria (Servizio epidemiologia clinica e valutativa) in Val di Non che «ha preso in esame incidenza e mortalità per tumori, morbo di Alzheimer e malattia di Parkinson – si legge nel Profilo di salute della Provincia di Trento del 2013 (in quello del 2014 il tema non è più affrontato) - malattie respiratorie, tiroidite di Hashimoto, aborti spontani e altri eventi avversi della gravidanza (nati prematuri, nati sottopeso, nati con anomalie congenite, nati morti). Da tale analisi non emerge alcuna correlazione tra l’essere residenti nell’area ad alta densità di meli e l’insorgenza di patologie». «Uno studio che però dice poco – spiega Cristofolini – perché va a valutare un campione molto piccolo di popolazione e se si va ad analizzare tumori che, magari, colpiscono una persona ogni 10.000 abitanti su un campione di poche decine di migliaia di persone non si possono riscontrare delle reali differenze statistiche. Insomma si deve scendere nel dettaglio. Andare ad analizzare le varie cause delle malattie. L’Osservatorio epidemiologico può fare queste analisi ma, ad oggi, non è stato messo in condizione di farle». Lo studio, per Cristofolini dovrebbe riguardare tre macrocategorie di soggetti: le persone esposte ai prodotti per ragioni professionali (coloro che fabbricano il pesticida, lo trasportano, lo preparano e gli agricoltori che lo applicano), quelle esposte per questioni ambientali e residenziali e quelle esposte attraverso la dieta alimentare. «I più a rischio, ovviamente, sono i primi – continua Cristofolini - e su di loro ci sono evidenze di patologie dovute allo stress ossidativo e alle alterazioni mitocondriali. I fitofarmaci sono anche interferenti endocrini e provocano sbalzi ormonali che possono causare obesità, pubertà precoce per le femmine e tardiva nei maschi, avere conseguenze sull’apparato respiratorio e su quello neurologico: soprattutto per il parkinson ci sono forti evidenze, ma anche per l’alzheimer e la Sla. E poi c’è il cancro. Segnalazioni si hanno per il pancreas, il melanoma, il colon, la prostata, i linfomi, le leucemie. Ma c’è un’altra categoria molto esposta: i bambini. Loro sono a forte rischio sia nella fase di gestazione della mamma sia nei primi anni di vita. Diciamo, per concludere, che è molto alto il rischio che la sovra esposizione da pesticidi sia causa di tumori e malattie molto gravi e proprio per questo la Provincia dovrebbe incaricarsi di fare analisi precise e puntuali. Al tempo stesso mi preme ricordare che se in questo caso parliamo di rischio, per il fumo e l’alcool siamo già certi che sono sostanze cancerogene e molto più pericolose e dipendono direttamente dai nostri comportamenti».