Milioni di piante infette?


di Crocifisso Aloisi*
Alcuni consiglieri regionali della Puglia hanno presentato (e fatto approvare dal Consiglio Regionale) il 10 luglio, una mozione con la quale si dà mandato al presidente della Regione “previa verifica della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di cui all’art. 656 del Codice Penale” di denunciare “Giuseppe Piero Grillo (detto Beppe)” perché sarebbe “incorso nel reato previsto dall’art. 656 del Codice Penale, in quanto idoneo alla diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose, in grado di turbare l’ordine pubblico” per la vicenda del post pubblicato sulla sua pagina Facebook. Si tratta del pezzo scritto dalla giornalista Petra Reski, autrice di diversi articoli ed inchieste di mafia, sull’affaire xylella, anche lei incredibilmente nel mirino dei consiglieri regionali, che Grillo ha postato sul suo profilo con un titolo che ha scatenato tale reazione. 
Non sappiamo come finirà quest’altro ennesimo capitolo che riguarda la faccenda xylella, ma il presidente Michele Emiliano, seppur votando la mozione, ha già espresso forti dubbi sull’efficacia dell’azione intentata. Questa mozione sembra più un’azione politica da usare come arma da brandire di volta in volta contro chiunque pone dei quesiti e parli della faccenda xylella non accettando le verità ufficiali preconfezionate. Una specie di monito preventivo.
Senza entrare nel merito delle tante questioni aperte intorno alla faccenda disseccamento/olivi/xylella, già affrontate in altre sedi e con altre pubblicazioni, inviterei i solerti consiglieri regionali, anche per essere un po’ più credibili nella loro azione, a verificare se ci sono gli estremi del reato previsto dallo stesso 656 del Codice Penale per “diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose, in grado di turbare l’ordine pubblico” nei confronti di chi, già da subito, cioè dopo pochi mesi dal fatidico ottobre 2013, ha iniziato a diffondere la notizia del “milione di piante infette dal batterio” senza aver mai prodotto le prove previste dalla Legge. 
Milione che si è trasformato, strada facendo, in “milioni di piante infette” e ” 10 milioni” o addirittura “20 milioni di ulivi contagiati a morte dal Popolo degli Ulivi” (quest’ultima affermazione potrebbe essere valutata all’interno dello stesso Popolo degli Ulivi per un altro tipo di denuncia).
La legge citata è lo stesso decreto ministeriale Martina, pubblicato ad aprile 2018. Il decreto (e le sue versioni precedenti) prevede infatti che la presenza dell’organismo nocivo, cioè del batterio Xylella Fastidiosa, “è verificata mediante un’analisi e, in caso di risultato positivo, essa è individuata effettuando, conformemente alle norme internazionali, almeno un’altra analisi molecolare positiva”.
Quindi chi parla di pianta infetta deve accertarlo con analisi molecolare, cioè analisi di laboratorio e non esame visivo. E deve fornire questi dati, se ci sono. Tra l’altro sarebbe anche interessante sapere (e quindi verificare un’altra eventuale violazione della legge) chi ha autorizzato questi soggetti a diffondere simili notizie “esagerate e tendenziose, in grado di turbare l’ordine pubblico” e creare “un incalcolabile danno di immagine ed economico” al territorio, visto che, secondo la legge, e alla luce dei risultati emersi dai monitoraggi condotti prima da Silletti, poi dall’Arif, chi volesse diffondere i risultati di indagini o sperimentazioni sull’organismo specificato “deve tempestivamente comunicare i risultati al Servizio Fitosanitario Regionale, prima di darne diffusione pubblica”.
Ma quali sono i dati dei monitoraggi in questi anni? Vediamo un po’. Dal sito della Regione Puglia abbiamo appreso che “in due anni a fronte di 325 mila campioni analizzati è risultato infetto l’1 per cento delle piante, una percentuale comunque bassa rispetto ai milioni di esemplari di ulivi presenti nel territorio pugliese. L’assessore all’Agricoltura della regione Puglia Leonardo Di Gioia dichiara che il servizio fitosanitario funziona e che non esiste alcun boom di casi xylella”. E questo è un aspetto che riguarda la zona di contenimento. Per quanto riguarda la zona dichiarata infetta, cioè la Provincia di Lecce, a cui si aggiungono i territori più a Nord come Oria e Francavilla Fontana ed altri comprensori attigui (zona allargata recentemente, cioè a fine giugno 2018 pur in presenza di percentuali irrisorie di campioni trovati positivi), non si dispongono di sufficienti dati ufficiali che giustifichino e, soprattutto che dimostrino, così come vuole la legge, che l’affermazione relativa ai “milioni di ulivi colpiti dal batterio” sia vera.
Anzi, gli ultimi dati forniti dall’istituto fitosanitario regionale relativo ad una specie di campionamento recentemente fatto in provincia di Lecce, sono quelli relativi all’espianto dei 404 ulivi del cantiere Tap, dei quali sono risultati positivi alla presenza del batterio solo 3 piante su 404, cioè lo 0,7 per cento. Mentre l’anno precedente, precisamente a marzo 2017, sempre per lavori da effettuarsi presso il cantiere Tap (che si trova a Melendugno, cioè in piena zona dichiarata infetta già dal 2015) furono analizzati 211 olivi e solo 4 risultarono positivi. Questi numeri sono percentuali non rappresentativi dell’intera zona infetta perché bisognerebbe utilizzare un campione adeguato, però sono dati molti significativi del reale grado di diffusione del batterio in una zona che, dichiarata infetta (e qualcuno dovrebbe dare spiegazioni anche per questa dichiarazione), dovrebbe presentare dopo oltre 3 anni, percentuali ben più alte di positività. 
Quindi, sommando i monitoraggi effettuati durante il periodo del Piano Silletti ed aggiungendo gli oltre 400.000 fatti negli ultimi due anni e mezzo dall’Arif, si arriva ad un totale di circa 500.000 piante analizzate. Un numero enorme, che testimonia un grandissimo lavoro svolto, ma che non arriva neanche alla metà del “milione di piante infette” che più di qualcuno è andato a raccontare in giro, in giro anche per l’Europa. Come si fa ad affermare che ci sono “milioni di piante colpite dal batterio” quando, in termini assoluti, sono state analizzate in questi anni 500.000 piante che, anche se fossero tutte infette – ma non è così, perché abbiamo visto che la percentuale è inferiore al 2 per cento – non arrivano neanche alla metà di “un milione”?
Fare queste considerazioni non vuole dire negare la presenza del batterio ma implica necessariamente porsi dei seri quesiti, soprattutto nella veste di amministratori pubblici, su ciò che sta accadendo: andare avanti così, con affermazioni prive di riscontri oggettivi e facendo l’associazione ‘pianta secca allora c’è il batterio’ – creando ed alimentando in questo modo un assioma molto pericoloso per questo Territorio – ha già provocato troppi danni e sta facendo perdere altro tempo prezioso per risolvere il problema del disseccamento in atto. Come amministratori pubblici è giunto il momento di fermare questa pericolosa deriva.

*Consigliere comunale del Comune di Galatone