Provvedimento depositato ieri al Tar del Lazio contro il Piano d’azione nazionale. Secondo il Collegio, l’81% delle aziende agricole è priva di autorizzazione all’acquisto di fitofarmaci.
Il Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati ha depositato ieri al Tar del Lazio il ricorso contro il Pan, il Piano d’azione nazionale per l'uso di prodotti fitosanitari che, nella sua attuale formulazione - si legge in una nota del Collegio - non raggiunge nessuno degli obiettivi previsti dalla Direttiva europea n. 128/2009 e che anzi ne ritarda di un anno l’effettiva entrata in vigore (in contraddizione con la stessa disposizione nazionale di recepimento della disciplina europea, che fissava al 26 novembre 2013 l’avvio della nuova disciplina).
Il Pan consiste in una serie di norme che “dovrebbero” ridurre i rischi associati all’uso dei fitofarmaci, pur continuando a garantire strumenti idonei per la protezione delle colture agrarie, ma in realtà - prosegue il comunicato - il testo predisposto dal governo non sembra raggiungere questi obiettivi, moltiplicando all’inverosimile le procedure burocratiche, senza alcun effetto concerto e raggiungendo picchi di vera e propria assurdità.
Per l’acquisto e la vendita di fitofarmaci serve avere sostenuto un corso (di 20 ore ogni 5 anni) e superato un “esame abilitativo” regionale: a questo adempimento vengono assurdamente assoggettati anche itecnici liberi professionisti (con percorsi di studi agrari, secondari od universitari, mai inferiori a cinque anni), che hanno superato un esame di Stato abilitante alla professione (anche) di fitopatologo.
Il Pan in sostanza non distingue, se non marginalmente - sostengono gli Agrotecnici - fra un benzinaio, un musicista, un insegnante di lettere ed un laureato in agraria, libero professionista. Per fare un paragone sarebbe come chiedere ad un medico di fare un “esame regionale” per potere (lui che li prescrive) acquistare un antibiotico in farmacia.
Il ruolo dei tecnici liberi professionisti risulta quindi completamente mortificato, nonostante i molti interventi svolti dal Collegio nei confronti del Governo e della Conferenza Stato-Regioni; le proposte degli Agrotecnici erano volte ad aumentare la consapevolezza dei rischi per la salute pubblica e per quella degli operatori sull’errato impiego dei prodotti fitoiatrici e per promuovere modelli sostenibili di agricoltura. Proposte che salvaguardavano il ruolo dei tecnici liberi professionisti e valorizzavano correttamente il ruolo delle Regioni.
“A questo punto - ha commentato Roberto Orlandi, presidente degli Agrotecnici - posti di fronte a tanta ottusa arroganza, altra strada non rimaneva se non quella di depositare gli atti in tribunale. Non è infatti possibile accettare che un’abilitazione rilasciata dallo Stato, a seguito di un lungo percorso di studi ed il superamento di un esame abilitante, venga disconosciuta completamente dalle Regioni e, da queste, equiparata ad un corso di 20 ore. Mi auguro - ha concluso Orlandi - che anche gli altri Albi professionali di settore cambino atteggiamento e presentino a loro volta analoghi ricorsi, per difendere la professionalità dei loro iscritti, esattamente come noi abbiamo fatto”.
Secondo gli Agrotecnici, i problemi reali nell’uso dei fitofarmaci non vengono affrontati nel Pan; in particolare a fronte di 1.623.000 aziende agricole risultanti dall’ultimo censimento dell’agricoltura, sono state rilasciate (dal 1968 ad oggi) solo 250.000 autorizzazioni all’acquisto di fitofarmaci.
Tolte le 43.000 aziende biologiche (che non usano fitofarmaci) risultanooltre 1.300.000 aziende agricole, cioè oltre l’81%, che verosimilmente utilizzano fitofarmaci senza alcuna autorizzazione. Anche per questo, per difendere la salute pubblica, il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati ha presentato ricorso.
Fonte:Collegio nazionale degli agrotecnici e agrotecnici laureati