Pesticidi nel Po: erbicidi e atrazina (serviranno 8 anni solo per dimezzarla)

Pensavamo di esserci liberati dell’atrazina, bandita da 25 anni dalle coltivazioni, e invece le ultime analisi dell’acqua del Po ha scoperto che ce n’è ancora tanta nell’acqua del grande fiume e ci vorranno ancora parecchi anni prima di eliminarla. Nel bacino del Po c’è una contaminazione importante da pesticidi che riguarda la maggior parte delle acque superficiali e una grande parte delle acquesotterranee, in molti casi sono superati i limiti di legge. Secondo il rapporto Ispra siamo in presenza di una situazione inaccettabile «anche sulla base del confronto con i limiti di legge. Obiettivo dello studio, come dichiarato, è però quello esaminare l’inquinamento in una prospettiva di sostenibilità ambientale, valutandone non solo la dimensione spaziale e i livelli, ma anche la dimensione temporale». Questo può essere fatto attraverso l’analisi della contaminazione di alcune sostanze non più in uso, la cui evoluzione dipende ormai solo dalle caratteristiche intrinseche delle stesse e da quelle dell’ambiente. In poche parole si sono cercati i veleni che non avrebbero dovuto esserci per legge da oltre dieci anni.  

L’atrazina è ancora rilevata, anche se in basse concentrazioni, nei fiumi e nelle acque sotterranee: ci vogliono 8 anni affinché la concentrazione della sostanza nel fiume Po si dimezzi; nelle acque sotterranee del Bacino, invece, l’atrazina rimane stabile e a livelli circa 4 volte più alti rispetto ai corsi d’acqua. Il motivo? Nelle acque sotterranee vengono a mancare quasi del tutto i meccanismi di degradazione e la concentrazione evolve con i tempi di ricambio estremamente lenti delle falde. 

IL RAPPORTO  
Il rapporto ha coinvolto le Regioni e le Agenzie regionali/provinciali per la protezione dell’ambiente che effettuano il monitoraggio nell’ambito dei programmi di rilevazione previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 mentre l’Ispra ha fornito gli indirizzi tecnico-scientifici, raccolto ed elaborato i dati ed ha evidenziato le criticità riscontrate. 

COSA SONO I PESTICIDI  
I pesticidi sono le sostanze utilizzate per combattere organismi ritenuti dannosi e come tali possono essere pericolosi per tutte le forme di vita. Ci sono quelli definiti prodotti fitosanitari  utilizzati per la protezione delle piante e per la conservazione dei vegetali, e i biocidi impiegati in vari campi di attività (disinfettanti, preservanti, pesticidi per uso non agricolo, ecc.). Spesso i due tipi di prodotti utilizzano gli stessi principi attivi


«La regolamentazione europea dei pesticidi ha una lunga tradizione ed è fra le più articolate e complete a livello mondiale - scrive l’Ispra -.
Una valutazione approfondita del rischio viene svolta prima dell’immissione sul mercato; è regolamentata anche la fase finale del ciclo di vita, con la definizione di livelli considerati non pericolosi negli alimenti e nell’ambiente». In anni recenti è stata regolamentata anche la fase intermedia del ciclo, quella dell’uso, con una serie di misure per migliorare le pratiche agronomiche, minimizzando l’uso di sostanze chimiche, a proteggere i corpi idrici e le aree sensibili, a fornire un addestramento adeguato agli operatori.

Il rischio pesticidi è ancora sottostimato: lo dimostrano le lacune conoscitive in tema di effetti cumulativi e una regolamentazione in cui la valutazione del rischio sia fatta sulle singole sostanze.  


Dopo un lungo monitoraggio, iniziato nel 2003, l’Ispra ha pubblicato il report «Sostenibilità ambientale dell’uso dei pesticidi – il Bacino del Po»; per oltre dieci anni, gli esperti dell’Istituto hanno studiato l’evoluzione della contaminazione da pesticidi nel bacino del fiume Po, il più importante d’Italia per dimensione e per concentrazione delle attività umane. È stata analizzata la presenza nel fiume e nelle acque sotterranee di alcuni erbicidi non più usati da anni (atrazina, simazina, alaclor) dimostrando che le sostanze possono persistere nell’ambiente più di quanto stimato in fase di autorizzazione. 

I RISCHI  
Se da una parte il mondo scientifico è sempre più attento allo studio sulle conseguenze e sulla limitazione degli effetti del cambiamento climatico, e sono stati messi limiti ben precisi: oltre i 2 gradi di innalzamento della temperatura saraà il disastro; non è stato finora proposto un limite per quanto riguarda l’inquinamento chimico a causa di una conoscenza largamente incompleta degli effetti delle sostanze sulla salute umana e sull’ambiente. È possibile, inoltre, che l’inquinamneto possa agire non solo con effetti diretti sui singoli organismi, ma  
anche attraverso un lento indebolimento delle strutture degli ecosistemi


Le conclusioni ottenute per l’atrazina sono indicative di quello che può essere il destino ambientale di altri pesticidi: in particolare, per sostanze della stessa famiglia, come la terbutilazina, che è attualmente il principale contaminante del bacino del Po. Nel 2014, la sostanza è, infatti, presente nel 42,9% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 5,4% di quelli delle sotterranee. Analoga diffusione si ha per il metabolita desetil-tebutilazina. È necessario inoltre considerare che nelle acque sono presenti miscele di sostanze diverse. 

PERCHE’ IL FIUME PO SOTTO ESAME  
La possibilità di riferirsi a un bacino delimitato, la cui idrologia è ben nota e di cui si conosce adeguatamente l’utilizzo del suolo e il carico di pesticidi impiegati, può fornire utili elementi per una risposta al problema della sostenibilità ambientale dell’inquinamento chimico. Lo studio esamina la contaminazione residua del bacino del Po dovuta ad alcuni pesticidi non più in uso: in modo particolare è stata presa in considerazione l’atrazina, un erbicida vietato in Italia definitivamente dal 1992, dopo una serie di provvedimenti temporanei a partire dalla seconda metà degli anni ‘80. La revoca delle sostanze produce generalmente effetti più veloci nelle acque superficiali, più lenti nelle acque sotterranee. Tenendo conto della complessa interazione tra i due comparti, lo studio vuole fornire sulla base di una serie storica di 12 anni di monitoraggio indicazioni per comprendere quanto certe sostanze impiegate in agricoltura possono permanere nell’ambiente 


Per alcune sostanze considerate «estremamente preoccupanti» non c’è una soglia di sicurezza per la salute e per l’ambiente: si tratta delle sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione (CMR), delle sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche e, infine, degli interferenti endocrini. L’atrazina, per esempio, è un interferente endocrino. 

La sostenibilità dell’uso dei pesticidi, pertanto, non può basarsi semplicemente sul rispetto di determinati limiti di legge, ma deve considerare la capacità degli ecosistemi di rispondere ai fattori di stress antropici e di ripristinare le condizioni precedenti, o almeno condizioni ecologicamente sostenibili (resilienza). 

tratto da:
http://www.lastampa.it/2017/02/15/scienza/ambiente/focus/pesticidi-nel-po-atrazina-anni-solo-per-dimezzarla-WiwAVYcQwrdaHwgK5LmaLI/pagina.html