Olio extravergine di oliva: una petizione per vietare la vendita sottocosto nei supermercati. L’illusione del cibo a basso costo

In questi giorni Maria Lisa Clodoveo del Dipartimento interdisciplinare di medicina dell’Università di Bari ha lanciato la petizione “Stop all’olio extravergine di oliva come prodotto civetta dei supermercati”. L’obiettivo è cercare di vietare la vendita sottocosto dell’olio extravergine ormai diventata un’abitudine, come si vede sui volantini delle catene di supermercati recapitati nella casella della posta. Molti degli alimenti pubblicizzati nella prima pagina sono considerati “prodotti civetta”, perché richiamano l’attenzione dei consumatori attraverso una vistosa riduzione del prezzo. È una tecnica consolidata per estendere il “giudizio di convenienza” dal singolo prodotto all’intero assortimento. La finalità non è tanto quella di aumentare le vendite dei prodotti in promozione, ma di attrarre clienti che riempiranno il carrello con altri prodotti con  margini di profitto più elevati.
La petizione lanciata sulla piattaforma di petizioni Change.org, è rivolta alla ministra delle Politiche agricole alimentari, forestali, Teresa Bellanova, e al sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe L’Abbate. Lo scopo è realizzare una proposta di legge che vieti l’utilizzo dell’olio extravergine di oliva come prodotto civetta sui volantini dei supermercati. Questo tipo di promozione crea “disinformazione” per il consumatore medio che si abitua a comprare l’extravergine a prezzi stracciati e non è più disponibile a pagare un prezzo equo e sostenibile. In questo modo però si recano danni alla filiera olivicola olearia nazionale, e al tessuto sociale di vaste aree la cui economia si basa sull’olio.
olio extravergine sottocosto
“Stop all’olio extravergine di oliva come prodotto civetta della gdo”, la petizione lanciata su Change.org
La vendita come prodotto civetta provoca danni economici irreversibili, che si proietteranno sulle economie agricole locali, sul territorio italiano. La questione non ruota intorno al rischio di frodi, ma è incentrata sul perpetuarsi di un modello di marketing non sostenibile per la filiera. L’olio “civetta” è certamente un extravergine, ma indifferenziato. Se tutte le settimane i volantini inculcano nella mente di chi compra che il valore di un extravergine è mediamente 3 euro al litro (prezzo eccezionale riservato ad un numero di bottiglie limitato), gli oli a prezzo pieno e con caratteristiche distintive di origine, composizione, gusto, valore nutrizionale e salutistico, non troveranno mercato perché il costo di produzione è almeno il doppio rispetto a quello sbandierato sul volantino.
Quando il prezzo si attesta a livelli estremamente bassi, chi produce olio qualità o viene espulso o riduce la qualità
Il rischio è che si crei un fenomeno noto in economia come “selezione avversa”. Quando il prezzo medio di un prodotto si attesta a livelli estremamente bassi, chi produce lo stesso alimento di qualità superiore o viene espulso dal mercato con conseguenze drastiche sull’attività imprenditoriale e sui posti di lavoro, oppure cambia segmento e si avvia verso un olio di qualità inferiore, compatibile con i costi di produzione per ottenere un reddito adeguato in grado di gestire l’azienda e pagare i dipendenti.
Quando l’olio extravergine di oliva, viene presentato sui volantini con prezzi spesso al di sotto del valore di mercato (il cosiddetto sottocosto), una porzione della filiera ne trae vantaggio mentre il resto degli stakeholder ne pagherà conseguenze sul lungo termine con riflessi sull’economia e sulla società.
L’extravergine di oliva è un prodotto “identitario” per l’Italia e genera, nelle regioni vocate, più del 10% del Pil agricolo. L’identità è legata alla storia e ai miti di questo alimenti, alla sacralità attribuitagli da tutte le religioni, alla dimensione alimentare e di cultura gastronomica, al valore paesaggistico delle piante da cui nasce che, da elemento del territorio, si trasformano in “paesaggio interiore” capace di fondere il vissuto di ogni individuo in una dimensione collettiva.
olio extravergine d'oliva
Svendere l’extravergine significa condannare gli oliveti all’estinzione e cancellare l’identità di migliaia di italiani
Svenderlo significa condannare gli oliveti all’estinzione e cancellare l’identità di migliaia di italiani, perché una coltura che non fornisce il “giusto” reddito ai “custodi” non ha le ragioni imprenditoriali per essere sostenuta e perde i requisiti di sostenibilità sociale, economica e ambientale. In questo percorso c’è anche la chiusura di migliaia di frantoi presenti sul territorio. Il cibo a basso costo non esiste. Dietro un mercato al ribasso si possono nascondere, a lungo termine, materie prime scadenti, scarso rispetto delle leggi sull’igiene, sulla sicurezza dei lavoratori, sullo smaltimento dei rifiuti, sulla sicurezza dei consumatori.
In altri paesi i consumatori si stanno muovendo in questa direzione. In Francia milioni di persone stanno boicottando i beni low cost chiedendo a gran voce prodotti di qualità. La filosofia anti low cost porta il nome “C’est qui le patron?” e mira alla sostenibilità socio-ambientale delle filiere, premiando la conversione al biologico, il benessere animale e qualità del cibo somministrato agli animali, un equo compenso ai produttori, l’origine controllata delle materie prime e l’indicazione de luogo di produzione delle merci oltre ai profili nutrizionali degli alimenti.
Anche in Italia possiamo fare una rivoluzione dei consumatori, partendo da una semplice firma sulla petizione #NOEVOOLOWCOST e diffondendone i contenuti.