La natura è sempre altrove. Mostra in valle del Tasso

Artisti: David Aaron Angeli, Marzia Boldi, Andrea Cantagallo, Tommaso Carozzi, Matteo Cavaioni, Matia Chincarini, Graziano Concari, Stefano Dalle Vedove, Antonella Gandini, Erika Garbin, Laure Keyrouz, Lucia Maggio, Nelida Mendoza, Igor Novelli, Anna Grazia Perlini, Lorella Salvagni, Marzia Sandri, Dario Scala, Federico Seppi, Luciana Soriato, Alex Yair von Pentz.
Inaugurazione: sabato 12 Luglio alle ore 16.30, Piazza di Pazzon (Caprino V.se)
Curatori: Nadia Melotti e Dario Trento
Periodo: dal 12 Luglio al 14 Settembre 2014
Orario apertura : visitabile dall’alba al tramonto
Sede Espositiva: Valle del Tasso da Pazzon a Porcino, Comune di Caprino Veronese

Ufficio Stampa: Segreteria Baldofestival, baldofestival@baldofestival.org Tel 339 1306669

La valle del Tasso è un confine. E’ un corso oltre in quale il nostro modo di usare la natura si ferma e la natura guadagna alcune libertà. Il fiume che vi scorre all’interno forma una bella caduta d’acqua tra le rocce e il bosco attorno. E’ vero, un sentiero attraversa la valle in tutta la sua lunghezza e il bosco viene periodicamente curato: seppure più leggera, la mano umana agisce anche qui a garantire un suo controllo di massima e una parte di questo controllo è anche l’arrivo di artisti, installazioni e pubblico che ogni due anni animano l’estate della valle. Queste note ci introducono in modo semplice a una questione di fondo: la natura non è, all’origine, la nostra casa; non è nata per ospitarci e facilitare la nostra sopravvivenza. Essa è stata, anzi, per l’uomo, un terreno da conquistare palmo a palmo al prezzo di lunghissime ed enormi fatiche: bonifica di terre paludose, corsi di fiumi regolarizzati, terrazzamenti nei prati di montagna. L’Italia aveva portato questo uso del territorio a un grado di applicazione altissimo. Fino alla fine della 2^ guerra mondiale più della metà della popolazione viveva del lavoro della terra. Poi questa si è riversata progressivamente nelle città e la manutenzione di questo immenso lavoro sulla natura ha ceduto, provocando perdite e danni progressivi. I terrazzamenti, i muretti, le siepi, i prati sono stati abbandonati e i terreni ridotti a una gigantesca normalizzazione adatta al lavoro delle macchine. Ampi terreni coltivati sono stati restituiti al bosco o lasciati inselvatichire. L’equilibrio tra le parti controllate dall’uomo e quelle abbandonate è in continuo mutamento. I confini tra la natura assoggettata al nostro dominio e quella che si riconquista i propri spazi si infittiscono progressivamente e ciò deve spingerci a riflettere sui modi con cui ci rapportiamo alla natura. Abbiamo un bisogno connaturato di interpretarla per assoggettarla al nostro dominio in modo da garantirci la sopravvivenza.
Lo facciamo attribuendo ad essa significati e funzioni che, ogni volta, semplificano la complessità ed esuberanza dei fenomeni. La natura è sempre più ricca di come la rappresentiamo ma noi non possiamo rapportarci ad essa se non rappresentandola e interpretandola. La natura però non è solo il luogo della sopravvivenza. Tutte le culture conoscono l’esperienza della trasformazione e del rinnovamento attraverso l’abbandono e il ritorno alla natura selvaggia, alla solitudine dei boschi, ai deserti, alla visione del mare. La natura smette allora di giocare il ruolo di provocatrice e stimolatrice, casomai siamo noi a corto di domande da rivolgerle. La piccola esperienza antropologica degli artisti e del pubblico che periodicamente vengono a frequentare la valle del Tasso ci mostra le potenzialità che nasconde questo piccolo e cesellato teatro. Ci invita ad uscire dagli approcci pigri per trovare nuovi tagli, scorci e visioni.
Soprattutto per ripulire e temprare il nostro strumento sovrano di conoscenza, il linguaggio. Esso ci ha regalato infinite conquiste e affermazioni, a patto però di mantenerlo aperto alla modificazione e al rinnovamento. Il grembo della natura è uno dei luoghi più efficaci per realizzare tutto ciò.